EUROBOND? SI, MA SIAMO SERI!
Solidarietà europea sul debito: non
facciamo i furbi! Cambiare situazioni incredibili, viste da fuori. Facciamo le
riforme. La crisi è un’occasione. Non si tratta di imporre progetti (riforme)
ma di orientare e motivare: convincere l’opinione pubblica. I progetti? Li
faranno gli interessati (i Davigo del caso)
Ursula von der Leyen, presidente della Commissione
europea, ha detto al Corriere di oggi che l’Europa deve “aiutare le imprese e
il mercato del lavoro, e investire nel settore della sanità”. E Mario Monti nell’editoriale
dello stesso quotidiano lancia gli European Health Bond: un asset di sicurezza
attiva che potenzi i sistemi sanitari del Sud Europa, sconfigga il Covid-19 e
crei un “bastione forte di eccellenza”, anche per gestire i movimenti migratori
futuri. Parla ai Paesi del Nord: non è “un disavanzo moralmente riprovevole”, un
cavallo di Troia. Si tratta di “lasciar nascere gli eurobond o lasciar morire
la Bce”. Chiaro e leggermente minaccioso. A noi cicale manca sempre un pezzo
del discorso: il pezzo che spiega la scivolata della Lagarde e ricorda le esortazioni
di Mario Draghi (l’Italia faccia le riforme!).
Presi da paura ed euforia, diciamo: siamo forti, ce la
faremo. Medici, infermieri e forze dell’ordine ce lo confermano. Il punto è: e
dopo? L’economia si riprenderà ma frenata (quanto?) da un debito pubblico
cresciuto e dal vizio italico di trovare il colpevole e non cambiare niente. Cos’è
il populismo se non lisciarci reciprocamente il pelo e lasciar correre le cose
come sono? Tempo al tempo. E il sovranismo? Non v’impicciate: qui decidiamo noi,
e nessuno ci controlli; fuori gli untori e noi a spendere e far festa.
L’emergenza, la crisi, è un’occasione per riflettere e
cambiare. Perché questa difficoltà,
questa guerra? Dove siamo bravi (ce
la faremo)? E dove cambiare, crescere? Se non si risponde a queste
domande si muore per niente e poi si torna a ballare. Da irresponsabili.
Ho già detto del perché:
siamo ingordi di possibilità, ammaliati dalla potenza; non vediamo che contiene
gli opposti (luci e ombre). E più cresce la luce, più s’allunga l’ombra. Qui,
ne abbiamo di strada da fare! Dove siamo
bravi lo sappiamo: nel bisogno facciamo squadra e siamo creativi. Su dove cambiare e crescere serve uno scarto; concentriamoci di più sulle Relazioni (e
sulle Istituzioni). Tenere sveglio l’Io (liberi), comprendere l’Altro (averlo
presente, a partire dagli ultimi) e sentire che siamo nulla fuori dalle nostre Relazioni.
Curiamocene: cresciamo. Così, solo così, rispettiamo e apprezziamo le
Istituzioni. Riflettiamo sull’ingordigia; rallegriamoci della nostra forza e
impariamo a stare insieme, a inter-essere.
Faccio tre esempi di crescita, su cui dare segnali. Farebbero
dell’Olanda un eurobond fan. Dico del come
e perché darli. Lascio i progetti, i fini, gli obiettivi,
all’orizzonte (dove in effetti sono) e parlo del percorso e delle motivazioni. Non si tratta, dunque, di definire
(imporre) riforme, ma di orientare e motivare. Parlarne apertamente, coraggiosamente.
I progetti li faranno gli interessati competenti. Non ho dubbi che li faranno,
quando saranno maturi nell’opinione pubblica. La Politica indirizzi, motivi,
approfondisca. Renda partecipi, convinca.
1.
La Giustizia. Servono semplicità e certezza
di tempi. Anche Davigo si convincerà a cambiare se c’è un autorevole e
rispettoso indirizzo, approfondito in sedi e modi opportuni, con continuità. Guardandosi
attorno. Se ne parliamo in mezz’ora due volte all’anno, Davigo chiede risorse, ognuno
sta dalla sua, la fiducia cala e gli investitori scappano.
2.
La PA locale (i “rami bassi” di Cassese). Va asciugata per accrescerne ruolo ed efficacia.
Faccia hub di servizi che creino valore per imprese, professionisti e famiglie).
Non penso a ridurre i dipendenti. Anzi. Serve più PA, sguardo lungo e lavorare in gruppo: dai Sindaci ai vigili.
Raddoppiamo gli incentivi a consorziarsi, cambierà tutto e crescerà la fiducia
dei mercati. Milano ha 134 Comuni, 1 ogni tre chilometri. Il Nord Milano: 1 ogni
chilometro!
3.
La Sanità: attualità e applausi ma,
riflettiamo. Anche in Lombardia i suoi “tempi” la fanno scivolare dal pubblico
al privato. Senza dirlo. Dopo aver pagato con le tasse, pago di nuovo la
prestazione urgente. Non è né trasparente né giusto. Certo, servono fondi per
la ricerca, l’innovazione, l’emergenza. Non così! Le risorse aggiuntive ci
sono: 30, 40 miliardi all’anno spesi cash
dalle famiglie. E altri sono disponibili, per la salute. La Sanità pubblica si
proponga meglio e ne prenda una fetta, concorra; ha eccellenze e reparti
solventi. Non le sarà difficile. Sono due i terreni su cui può farlo: la Prevenzione (una prateria: cominci
dall’età scolare, parli di benefit e welfare aziendali e proponga percorsi
Salute agli anziani) e la Personalizzazione
(i tempi, lo specialista e la relazione, il rispetto, su cui molto ha fatto). Qual
è il principio? Quello dettato da Hans Georg Gadamer in “Dove si nasconde la salute”: il grande medico mira a creare una
bella relazione e a negarsi al ruolo; che il paziente lo ascolti, si fidi e non
abbia bisogno di lui! È così. Certo, andrebbe spiegato anche a politici e
sindacalisti, che amano troppo rappresentare e tutelare. Prometto che, per
parte mia, lo farò.
Dunque, sì alla solidarietà europea sul debito, ma non
facciamo i furbi: cambiamo situazioni anacronistiche, incredibili, viste da
fuori. Ascoltiamo Draghi: facciamo le riforme!
Francesco Bizzotto
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