sabato 5 ottobre 2024

CLIMATE CHANGE

CALAMITÀ NATURALI

I cittadini saranno responsabili attivi dei propri beni?

Era il maggio 2012, Governo tecnico Monti, dopo il terremoto che colpisce l’Emilia-Romagna e parte della Lombardia, viene emanato il DL15 maggio 2012, n. 59: Disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile. Il decreto prevede all’art 2 la copertura assicurativa su base volontaria contro i rischi di danni derivanti da calamità naturali con l’obiettivo di avviare un regime assicurativo per la protezione dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati. L’operatività del sistema è rimandata ad un regolamento da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell’economia e delle finanze. Un decreto coraggioso perché segna una svolta nel nostro sistema di welfare soprattutto a livello di principio, escludendo la prosecuzione di un sistema assistenzialista, non più sostenibile, chiedendo al cittadino di farsi parte proattiva, anche con un’assicurazione volontaria supportata da incentivi. Questo dunque in teoria, ma in pratica? Il Governo aveva tempo fino al 15 agosto 2012 per emanare i regolamenti attuativi che dovevano esplicitare anche le misure individuate per evitare che le compagnie si prendano i rischi migliori, non stipulando polizze nelle aree maggiormente a rischio. Sono passati quasi 15 anni e lo aspettiamo ancora. 

Nel 1992 il Presidente del Consiglio Amato dichiarò che lo Stato non aveva la capacità di gestire in modo corretto e con criteri di economicità l’erogazione di indennizzi a valle di gravi calamità naturali e accennò alla possibilità che tale funzione potesse essere svolta dalle compagnie assicurative. Per almeno tre volte (2002, 2004, 2008) in leggi finanziarie si è tentato di inserire l’assicurazione obbligatoria su edifici privati per rischio calamità. 

Ma la prima forza politica a parlare di rischi catastrofali e della necessità di assicurarli fu solo il PCI durante la Prima Repubblica. Le strategie di previsione e prevenzione si basano su alcuni capisaldi che sono: 

1. la riduzione sistematica del rischio, con azioni e interventi che devono essere attuati prima che il danno si concretizzi in forma di disastro o catastrofe. Si tratta di una razionalizzazione del rapporto tra ambiente e insediamenti antropici ottenuta con il controllo pianificato della sicurezza su tutto il territorio. 

2. La preparazione e l’approntamento dell’organizzazione di protezione civile e, in particolare, la predisposizione delle forze, dei mezzi, delle misure organizzative, delle procedure operative. 

3. L’elaborazione dei programmi e dei modelli da applicare per la riabilitazione e la riparazione definitiva dei danni che possono essere causati da un evento catastrofale. 

All’interno della spesa per l’attività di soccorso e ricostruzione, si possono liberare delle risorse attraverso un sistema misto che affianchi, come avviene in molti paesi colpiti spesso da simili eventi catastrofali, all’intervento statuale l’intermediazione assicurativa, opportunamente incentivata attraverso specifici provvedimenti fiscali. Nel caso si optasse per un’assicurazione privata obbligatoria con l’estensione della copertura incendio sarebbe fondamentale che la valutazione dei rischi sia lasciata autonomamente alla Compagnie senza interventi “politici” non supportati da valutazioni tecniche. 

Un altro aspetto sarebbe la creazione di un fondo di garanzia in grado di intervenire in forma integrativa per eventi di particolare gravità. I recenti eventi climatici hanno evidenziato casi di abusivismo e mancate verifiche; infatti, il pubblico controlla poco e male a causa dei suoi conflitti d’interesse e spesso anche perché coinvolto nella corruzione. Una Compagnia di assicurazione, il cui compito è stimare i rischi per costruire il premio, sarebbe invece motivata a chiedere ai controllori che le norme siano rispettate. Inoltre il modello assicurativo risarcirebbe direttamente i soggetti danneggiati affidando loro le risorse necessarie per la ricostruzione ed evitando che si perdano nelle inefficienze, nei ritardi, negli sprechi della macchina burocratica e nella corruzione, per non parlare della criminalità organizzata. Il risarcimento diretto consente ai danneggiati di essere padroni delle proprie scelte. La ricostruzione deve avere un senso per l’individuo, che potrebbe se vuole anche decidere di allontanarsi da un territorio che lo angoscia, per ricostruirsi la vita da un’altra parte, e questa è una grande scelta di libertà individuale ed economica. 

Qualsiasi intervento in tema di assicurazione private per calamità naturali ha purtroppo un punto debole spaventoso: il dissesto idrogeologico del suolo e l’abusivismo ad alto rischio. Si è costruito praticamente ovunque anche nelle “zone rosse” come, ad esempio, quelle individuate nelle “Carte di localizzazione di probabili valanghe”, per non parlare del Vesuvio e dell’Etna. È necessario pensare ad una riforma strutturale di risposta alla calamità, in questa cornice va inserito il tema dell’assicurazione degli immobili privati. Va costruito un modello di risk partnership tra Stato/ Industria assicurativa/ cittadini contraenti elaborato su una piattaforma precisa di assunzioni di responsabilità. 

Qualche esempio? Norme edilizie e sfruttamento del territorio coerenti con una metodologia di assicurazione per eventi naturali, particolare attenzione alla tenuta del comparto assicurativo e di riassicurazione tenuto conto del fatto che quest’ultimo è basato anche su un sistema di ricorso a strumenti di finanza derivata; sgravi fiscali per i cittadini assicurati. 

Non a caso i primi a non essere interessati sono le Compagnie di assicurazioni, Confedilizia, gli ordini professionali. Fare delle scelte in questo paese è sempre difficile. 

Ci sono esempi di altri paesi simili al nostro? Si, la copertura assicurativa obbligatoria è abitualmente offerta in partnership tra soggetti pubblici e privati; il settore privato ha competenze di valutazione dei rischi e dei danni, delle reti di distribuzione e di liquidazione, questo è quel che succede per esempio in Francia, Spagna, Svizzera, Turchia, Islanda. In Francia la polizza è obbligatoria dal 1982 e costa 25 euro annui, adesso a causa degli eventi verificatesi in particolare nei territori d’oltremare si sta valutando di portali a 40 euro. Una delle obiezioni che si fa a questa proposta è che sia una tassa, e allora? qualora fosse, che male c’è? Le tasse non sono una cosa bella, affermazione più che mai bizzarra, ma una cosa necessaria. Come sosteneva Benjamin Franklin, uno che di tasse se ne intendeva avendo fatto una rivoluzione (americana) per pagarne di meno: “nella vita nulla è inevitabile, tranne la morte e le tasse”, e non ho mai sentito dire che la morte è bellissima. Un’ultima nota tecnica personale, in Italia l’unica polizza obbligatoria di massa è stata la RCAuto, e per anni ha avuto una tariffa amministrata, cioè una tariffa uguale per tutti. Credo che per il periodo iniziale, qualora diventi obbligatoria la polizza “catastrofali”, si debba usare lo stesso criterio, essendoci in questo paese poca concorrenza e la tendenza all’oligopolio. 

Comunque, non preoccupatevi, non succederà niente.

Massimo Cingolani   1.10.24  su HTTPS://WWW.ARCIPELAGOMILANO.ORG

ESG E PARTECIPAZIONE

 L'IMPRESA MOSTRA ALLA POLITICA

L'impresa è in crisi: il 77% dei lavoratori dipendenti non si sente coinvolto (Rapporto Gallup 2024) e non è soddisfatto. Si perde il 17% di produttività. 

Eppure, il Rischio più sentito dalla media e grande impresa Usa (dopo il digitale e le guerre) riguarda i collaboratori, le competenze, la risorsa umana. Talché si propone in primis di essere attrattiva per i competenti. 

L'impresa Usa mira a capovolgere l'approccio del '900: ad aumentare la partecipazione responsabile, il lavoro di Gruppo, in Rete, per stabilire un contatto forte con i clienti; e a estendere l'imprenditività, il Rischio e la concorrenza ("correre insieme per obiettivi condivisi" – Massimo Cacciari) ai collaboratori autonomi e dipendenti, per favorire creatività e innovazione, cura delle relazioni e dedizione. 

Ora, leggiamo che anche nelle nostre grandi imprese quotate si discute molto dei valori ESG dell'Onu (Ambiente, Inclusione sociale, Governance - Decisioni condivise). 

Il mondo delle imprese occidentali indica alla Politica la via per recuperare il rapporto con gli elettori: coinvolgere i competenti, fare spazio negli Statuti dei Partiti al Lavoro di Gruppo, in Rete; alla Partecipazione organizzata e continuativa (seria  scientifica). Per progetti e obiettivi che si misurino tra loro per il consenso. Oltre le tattiche, le emergenze, i leader improbabili, le alleanze strumentali. 

Serve – lo ribadiamo – mettere in chiaro questo orientamento politico nella vita interna dei Partiti (conforme al nostro dettato costituzionale: "metodo democratico"). 

E urge dare un vantaggio fiscale alle imprese che fanno accordi di Rete con i collaboratori dipendenti e autonomi. Confindustria lo chieda!

Non c'è un altro modo per l'Occidente di tramontare alla cultura della "caverna egoica", del benessere solo materiale, quantitativo, e risorgere a una cultura nuova, che non separi il calcolo razionale, statistico (la storia) dalla magia relazionale, la logica dalla spiritualità, il semplice agire dal ricco contemplare. 

Guarda caso, solo l'attrezzatura spirituale (la contemplazione, che è fatta di concentrazione, coscienza, azione misurata, gentilezza) ci consentirà di gestire e reggere i grandi Rischi del nostro tempo: quelli della Intelligenza artificiale e quelli della malizia, della violenza, della guerra (della logica che isola).

Eppure, la Politica (l'indirizzo e le regole; l'esclusiva della violenza) viene prima della libera impresa.

Francesco Bizzotto 

mercoledì 2 ottobre 2024

RIFLESSIONE DOPO UN INCONTRO

CASE DI COMUNITÀ

Salute e Famiglia: essere “rivoluzionari”?

 Partire dalla domanda e cambiare, innovare. Prevenire i danni, sostenere la Famiglia

Papa Francesco a Venezia ha detto ai giovani; “Siate rivoluzionari”, “creatori di novità”. È quel che serve per un Sistema Sanitario che è pilastro di civiltà ed è in difficoltà. Serve un confronto tra Istituzioni, competenze e discipline diverse – con un chiaro indirizzo e coordinamento – e mettere radici nella pubblica opinione. Quali valori e interessi devono stare al centro? Quali obiettivi? Come troviamo l’equilibrio tra esigenze, rischi e risorse?

Se partiamo dai problemi (i medici, le liste d’attesa, le prescrizioni inappropriate, difensive, esagerate, la razionalizzazione dell’offerta / chiudere strutture) ci perdiamo. Vincono il lamento e la rabbia: servono soldi per pagare le prestazioni, assumere, aumentare gli stipendi. Qui possiamo arrivare: assumere, formare e pagare di più competenti responsabili. Ma, come ci arriviamo? Dobbiamo partire dalla domanda e cambiare, innovare per incontrarla. Quali valori ed esigenze sono in campo?

I cittadini vogliono che il Servizio si occupi della Salute ben prima che della malattia. Lo dice la Costituzione all’art. 32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività”. Ora, spendiamo il 5% dei fondi disponibili per la Prevenzione, che può ridurre malattie, infortuni ed epidemie comportamentali del 50%. In specifico, mi diceva anni fa un medico (donna) del Policlinico di Milano, lo fanno visite mirate in età scolare a occhi, orecchi e articolazioni. E ieri 29 settembre sul Corriere della sera, Silvio Garattini ha detto: Conta vivere bene, lo stile di vita; “il mercato della medicina [del rimedio] venga penalizzato. (…) Come tutti i mercati vuole crescere sempre di più”;

E poi vogliono che si allarghi lo sguardo; che si affronti il tema Salute a partire dalla Famiglia, curando, coltivando il desiderio di maternità e paternità. Per stili di vita (la coppia, i figli) coscienti, attrezzati, non poveri, isolati e attardati su riferimenti aridi, edonistici, solo materialistici. Per Prevenire i fallimenti e le tragedie che sappiamo. È tempo che l’impegno preso con la 194 (Consultori famigliari) venga mantenuto e rilanciato. Per non lasciare il tema a scontri d’altri tempi o a conservatori maldestri e strumentali.

Come non vedere che queste due esigenze (fare Prevenzione, partire dalle Famiglie) sono intrecciate e possono stare insieme nelle Case di Comunità (socio sanitarie) di cui si parla? A Paderno Dugnano questo progetto pare bene impostato. Va sostenuto con il peso della pubblica opinione e vanno affrontati i nodi locali decisivi: quello dei Medici di famiglia e quello degli specialisti e infermieri necessari. Ad oggi, il 50% delle Case di Comunità non decolla per mancanza di personale. I Medici di famiglia tornino protagonisti stimati in rete, interconnessi. Per la cura della salute di persone a tutto campo.

La Casa di Comunità (socio sanitaria) può affrontare le situazioni di lieve gravità e ricorrenti (vaccini) o di emergenza. Può ridurre gli accessi ai Pronto soccorso (Codici Bianchi e Verdi fanno il 67%!) e dare al sistema della cura la giusta dimensione, che consenta di razionalizzare, formare e pagare i suoi preziosi specialisti e attori.

Serve un dialogo organizzato, aperto tra tutti i soggetti interessati e competenti, per una riflessione non episodica, che porti a progetti di gestione concordati e finanziati in modo opportuno. Stiamo seduti su montagne di soldi: più il progetto è avanzato, innovativo, coinvolgente, ricco di contributi e del sostegno della pubblica opinione, più ha probabilità di essere finanziato. Sta a noi renderlo interessante, accattivante, credibile. Facciamolo!

Francesco Bizzotto

sabato 31 agosto 2024

DEMOCRAZIA

É "OPINIONE PUBBLICA"

La pace é il Rischio più grande e più bello! 

Colpisce il piccolo ruolo apparente dell'UE nelle due terribili guerre in corso. Sono certo che sia molto impegnata per il cessate il fuoco, ma la violenza continua. Cosa manca? 

Manca fiducia nell'Opinione pubblica, la vera superpotenza, anche dove é compressa e manipolata (un po' lo é sempre). Questa fiducia ci indurrebbe a una paziente, aperta, ripetuta, precisata e instancabile motivazione al dialogo e alla pace. É larga parte della cultura europea. Non si tratta di convincere i leader. 

Perché non si ha fiducia nell'Opinione pubblica? Perché la logica che guida gli Stati e le loro Istituzioni é vecchia: centralista, "piramidale" (in alto il comando, in basso l'esecuzione), solo razionale. Parla alle convenienze materiali di pochi, delle élite. 

Cosa si tratta di fare invece? Cosa deve fare l'Europa? 

1° Può osservare, vedere, imparare dalla "rete" sociale globale emergente tra nazioni e imperi e anche nella frontiera della medio grande impresa innovativa. Sì, in economia! 

La "rete" non accetta supremazie fittizie e dunque aggressive, manipolatrici, violente. La "rete" – che é latente – esige un salto di qualità nelle relazioni e nella loro logica implicita: la reciprocità, il rispetto. Il Mediterraneo lo insegna! Non che oggi non servano le portaerei. Anzi. Le voglio europee. 

2° L'Europa può / deve praticare la logica della "rete". Significa creare mille occasioni per parlare e lavorare insieme, fare gruppo, inter-essere (neologismo del monaco buddhista Thich Nhat Hanh). Fidarsi che questa logica (la buona ragione quantistica, influente) possa far emergere una realtà - verità condivisa. É questa la "verità"! Ben oltre il livello dei leader, dei responsabili, della scienza.

É la 70° idea del Brainstorming praticato nelle aziende vincenti, creative (in specie anglosassoni). Ed é il messaggio di Gesù: "Chi fa la verità viene alla luce!" Una sensibilità, una visione che rischiara la prospettiva. É l'Opinione pubblica! 

La Russia, ad esempio, con l'aggressione alla Ucraina, si è giocata dieci anni di crescita materiale e spirituale. Che vinca o che perda la guerra – in entrambi i casi – se ne giocherà altri 10 o più. Non le conviene. Dirlo a Kirill!

Non conviene a nessuno né vincere né perdere. L'unica via seria è un accordo di pace. Dirlo, articolarlo, motivarlo, insistere, a dispetto di tutto. Mirando a cosa? All'Opinione pubblica! Anche a quella russa e cinese, che c'è, vivissima. 

Così in Medio Oriente, per israeliani e palestinesi e non solo. Per tutto lo splendido Medio Oriente. 

Solo la pace apre prospettive di vantaggio per tutti. Sconfitta e vittoria (militare) lasciano ferite e pulsioni di rivalsa (di vendetta) ancestrali, ingovernabili, incontrollabili. Dirlo, motivarlo, esplorarlo, insistere. 

La pace é il grande Rischio da correre (da imparare a gestire). Un Rischio che merita. Una probabilità, certo, non una certezza. Al suo cuore c'è la sensibilità e capacità di anticipare gli eventi avversi (la Prevenzione). 

É un Rischio non statistico, bensì soggettivo, relazionale, analogico, processuale. Vitale. Alla Bruno de Finetti, grandissimo filosofo, matematico applicato e, per un po', anche Assicuratore. 

Avere fiducia nelle buone ragioni del dialogo e del buon senso. Quando, dunque, si farà la Pace? Quando lo vorrà l'Opinione pubblica globale. É la sostanza della Democrazia, che é da fare, da praticare.

Francesco Bizzotto 

lunedì 26 agosto 2024

KAMALA HARRIS

CETO MEDIO E RISCHIO

Raddoppia la concorrenza ("correre insieme per obiettivi condivisi" - Massimo Cacciari) 

Quando Harris pone al centro il "ceto medio", manda questo messaggio: sosteniamo l'istruzione e la formazione professionale, diamo spazio alle capacità e alla mobilità sociale; favoriamo l'inclusione di competenze nei circuiti d'impresa e di vita sociale. 

Incontra così un dibattito strategico che è vivo nella medio grande impresa Usa, anche se pandemie e guerre lo hanno messo in second'ordine: attrarre e soddisfare i migliori talenti / specialisti – meglio se tra loro molto diversi – per innovare e concorrere in rete. 

Harris e l'impresa Usa dicono: diamo ossigeno, rafforziamo il nostro punto di forza: l'iniziativa personale imprenditiva in relazioni responsabili (impresa e volontariato). Avremo così la massima espressione del potenziale di concorrenza ("correre insieme per obiettivi condivisi ", Massimo Cacciari), e quindi "gioia"! 

E avremo le risorse per ridurre le disuguaglianze, far crescere le chance (possibilità, occasioni, rischi, responsabilità) e la fratellanza (tutelare il bisogno, sempre, direbbe Claudio Martelli; fare giustizia, tagliare alla radice il rancore, la rabbia). 

Vale anche per il nostro far Politica: tattiche e alleanze siano al servizio di ricerche, visioni, progetti e dibattiti (opinione pubblica e consenso). Per farli, ti devi organizzare per competenze, passioni, snodi chiave, priorità. 

Non ridurre ma raddoppiare la "concorrenza". Così l'Occidente tramonta alle "caverne egoiche" (delle persone e degli Stati / imperi) e fa vivere i suoi valori. l'Europa deve qui dare un contributo speciale, classico e nuovo.

PS. Suggerisco a Harris (e ai politici europei) di dare un vantaggio fiscale alle imprese che rischiano accordi sindacali / aziendali in tal senso.

Francesco Bizzottto 

mercoledì 24 luglio 2024

"PERICOLI" DI GUERRA

 COME TRASFORMARLI IN "RISCHI" 

 Ammiriamo le riflessioni di molti nostri giornalisti. Ad esempio il 23 luglio 2024 (Editoriale del Corriere della sera: L'EUROPA INDIFESA), Angelo Panebianco offre spunti e motivazioni interessanti: la Difesa europea è centrale; rafforziamo la "gamba europea" della Nato con il 2% del Pil. Ora, dice Panebianco, "un diffuso sentimento antimilitarista, ha reso l'opinione pubblica insensibile alle esigenze della sicurezza". 

Siamo d'accordo e proponiamo di mirare alla Governance dei Rischi di guerra, violenza, prepotenza. Ora, non sono Rischi (misura, probabilità), ma Pericoli smisurati, direbbe Niklas Luhmann. E gli esperti (ciascuno nel suo ambito) attendono il Cigno nero di Nicholas Taleb: incredibile, impossibile, impensabile (sia in positivo sia in negativo). 

Abbiamo detto che la Difesa europea, per essere un Rischio misurato, deve cercare un equilibrio tra forza e diplomazia: una Politica estera. Dunque: Difesa / deterrenza / armi e Diplomazia (un'Istituzione forte e una Persona giusta, tipo Draghi). Basterà? 

PIÙ COLLABORAZINI E MENO CONFLITTI 

Panebianco ci fa dubitare. Serve rilanciare l'idea e le autorità di Governo delle Relazioni (collaborazioni e conflitti) tra Stati sovrani. L'idea cara al presidente Mattarella. L'Onu, ad esempio, rivedendone il sistema decisionale. E pure il Tribunale dell'Aia. Per moltiplicare le collaborazioni e ridurre i conflitti. Per non svegliarci un mattino con 60 km di carro armati in fila verso una capitale europea. O peggio. 

Dobbiamo, in generale, aprirci e attrezzarci per anticipare le tragedie. Lo ha detto Ilaria Capua a proposito del rischio che epidemie tipo Covid, ma molto più letali, passino dai polli ai bovini e poi all'uomo. Anticipare è l'imperativo. 

Ora, se manca un elemento (Armi, Diplomazia, Governo dei conflitti) – vedi in Medio Oriente –, se non ci impegniamo a trasformare in Rischi misurati i Pericoli smisurati in cui siamo, questi crescono e aprono al Cigno nero. Non ce lo possiamo piu permettere. 

IL RISCHIANTE. OLTRE L'UOMO PREDATORE 

Rapporti tra Stati, Ambiente, Economia, Digitale, Intelligenza Artificiale. Possiamo andare oltre l'uomo di cui siamo eredi; oltre l'intelligenza da predatori che ci caratterizza: balziamo sulla preda (il Possibile), poco curanti di Rischi e Pericoli. 

Così invitava a fare – diciamo ad Angelo Panebianco – l'eroe liberal Joseph Schumpeter. Pensava ai Rischi come ad aspetti marginali dell'iniziativa, gestibili con accantonamenti finanziari (neanche specialistici, assicurativi). Un errore. Il business, come ogni attività – tanto più se innovi –, è una moneta a due facce. Viaggiano insieme; vanno osservate e gestite in contemporanea. Mai separatamente. 

Così, in questa ricerca di equilibrio, di armonia, di qualità, il rischiante scopre altri business, altre, migliori Possibilità. È l'amore per la qualità che carica sviluppi quantitativi. L'amore per la quantità (l'ingordigia) carica ribaltamenti, incomprensioni, guerre. 

L'amore per la qualità, l'arte, la bellezza, la giustizia (parte decisiva della cultura europea, occidentale) ci invita a portare al tramonto l'uomo predatore e aprire all'uomo nuovo. Un "Oltre uomo" che ci salvi, che ami il Rischio, il "bel rischio" di Deborah Lupton, che insegna a gestire l'incertezza. A Sidney.

Francesco Bizzotto 

mercoledì 17 luglio 2024

CASSA DEPOSITI E PRESTITI

DONNE IN CDP

Donne (4) e uomini (6). Per fare cosa?

Quel che serve 

"Per fare cosa?" non lo chiediamo agli uomini – che qui ci hanno portato con il loro modo di rischiare (il comando semplice, opaco, a volte geniale) – ma alle donne sì. Rappresentano la modalità del fare Rete, lavorare in Gruppo (l'Inter-essere buddhista). Quel che serve. 

È modalità da approfondire, praticare (gli Usa lo stanno facendo). Per reggere i Rischi della AI. implica specialisti con visione ampia e un nuovo umanesimo: "contemplativo" direbbero le suore cattoliche (Usa) della Lcwr; capace di alta concentrazione cosciente, di osservazione che ammira e apprezza. Capace, quindi, di agire in relazione con gentilezza (immaginare, anticipare). Quel che serve. 

Per non perdere il livello raggiunto di benessere e libertà personali; per reggere e trarre nuovi vantaggi dalle Possibilità/Rischi in cui siamo, diamo spazio al nostro lato femminile, in primis alle donne! È quel che serve.

 

PS. Dunque, per Gestire bene i Rischi (non farci male), torna utile la saggezza dell'artigiano vetraio: "stare sul pezzo, non dare confidenza, non avere paura". Quel che serve.

Francesco Bizzottto

martedì 16 luglio 2024

SU UN PROGETTO DI SISTEMA PUBBLICO - PRIVATO

RISCHI E ASSICURAZIONI.CRONACA

Riprendiamo e applichiamo vecchi spunti politici specifici. Il mestiere con visione ampia

"Le assicurazioni stanno investendo in innovazione e Intelligenza artificiale. Ma serve un nuovo approccio, una nuova cooperazione tra pubblico e privato a livello Ue". Così la presidente di Ania Bianca Maria Farina a un convegno del marzo scorso sul ruolo delle Assicurazioni. 

Ora, "Assicurazioni Generali e Intesa S. Paolo guardano al fondo di fondi che Cassa depositi e prestiti (Cdp) sta attivando per spingere gli investimenti nelle eccellenze imprenditoriali italiane, in particolare nelle medie imprese quotate" (così Paola Pica, Corriere della sera, 14.7.'24). È "un progetto di sistema pubblico-privato promosso dal governo". 

Qui ne parliamo bene, lo sosteniamo e critichiamo (contribuiamo, con rispetto) dal nostro punto di vista. 

Innanzitutto, ci pare decisiva la collaborazione pubblico-privato. È sostenuta e motivata anche da Draghi. Gli investimenti necessari (infrastrutture, ambiente, inclusione sociale, digitale) sono tali che il pubblico da solo non può farcela. Peccherebbe di dirigismo, salirebbe il debito, sbaglierebbe. Serve fare Rete con il privato. 

È un bel modo per mettere a terra l'intuizione "rivoluzionaria" (così Salvatore Rossi, primo presidente di Ivass) di Solvency II, che impegna le Compagnie europee a fare – per rendere sicuri i lori bilanci – "investimenti infrastrutturali prospettici" materiali e sociali; a guardare avanti, formare i trend. Ricordiamo che gli Assicuratori europei sono investitori istituzionali di lungo periodo da 12mila miliardi. 

COSA MANCA? 

POLITICHE INDUSTRIALI e DEMOCRAZIA ECONOMICA 

Ci permettiamo ora di invitare governo e parti sociali (e di mercato) a dare coerenza e forza a questa visione condivisa. Per aumentarne la probabilità di successo. Serve, ci pare: 

1° Saldare investimenti e politiche industriali. Come? Con la cultura chiave della Gestione dei Rischi, al cui cuore c'è la Prevenzione. 

2° Muovere le Relazioni d'impresa ("osare più democrazia"). 

– Politiche industriali. In quale ottica? Ma, quella matura, quasi scontata, della Gestione dei Rischi, della Prevenzione dei danni. Lo auspicava Pierluigi Stefanini, presidente del Gruppo Unipol, vent'anni fa in un dibattito al Politecnico di Milano. 

L'offerta è pronta ed è domanda latente degli assicurati. Le Compagnie hanno qui investito. Manca solo un motivato indirizzo politico, un po' di opinione pubblica e un vantaggio fiscale per chi innova in questa direzione. Per inciso: solo così la Politica non sfugge ma assume e corre il suo proprio Rischio. 

Si tratta di inclinare verso la cultura dell'anticipare gli eventi, ormai d'obbligo data la tendenza dei danni a essere senza rimedio. Sì, indennizzi e risarcimenti rischiano di perdere senso quando il sinistro lascia un deserto. 

Lo insegna l'anglosassone ERM (Enterprise Risk Management), le cui punte avanzate mirano all'approccio strategico e dunque alla Governance, alla condivisione. 

– Democrazia economica. Provare a muovere le relazioni d'impresa. Si tratta di lanciare segnali di innovazione sociale; di fare prove di libera e responsabile "partecipazione", secondo l'auspicio del papa; di "osare più democrazia" (Pierre Carniti, 1976); di scommettere che "la libertà viene prima" (Bruno Trentin, 1994). 

Fare Rete dentro le imprese per sostenere l'impegno responsabile, la dedizione creativa, il contributo innovativo delle persone a diverso titolo competenti e coinvolte. Come altro si può fare innovazione diffusa? Quale altra base può avere la nostra capacità di intraprendere e competere? Come reggere l'urto autoritario?

NO CONTRAPPOSIZIONI; SÌ RISCHI 

Ora, osserviamo le Compagnie dall'interno: come superare il contrasto storico tra Reti commerciali e Direzioni? Un equivoco durato troppo a lungo, che ha impedito lo sviluppo dei relativi Servizi, ovvero la moderna, ampia e attesa Gestione dei Rischi. Una Gestione indispensabile per fare il mestiere di Assicuratore di questi tempi; per misurare davvero (e quindi assicurare) i Rischi per quel che sono: realtà soggettive, processuali, relazionali, vive, dinamiche. Tutto il contrario delle probabilità cantate da un certo digitale: individuali, ferme, statistiche. 

Così, l'Assicuratore è interessato a dati di relazione, determinazione, concentrazione, impegno, processo, dinamica (small data), assai più che a dati storici (big data). Più che al passato, gli serve capire, è interessato al futuro. Da costruire insieme.

Francesco Bizzotto

lunedì 8 luglio 2024

SANITÀ: "Liste di attesa: dov'è la fregatura".

GABANELLI PRENDE UN ABBAGLIO (prende il toro per la coda) 

Sanità. La pagina di oggi di Milena Gabanelli sul Corriere (e 'sta sera da Mentana) descrive e denuncia ma solo in superficie. È aspetto decisivo. 1° errore, grave: parlarne così, per passate. Si fa in molti ambiti, specie tra specialisti di farmaci e di cure: ognuno chiuso in sé stesso; l'Italia delle corporazioni finto appassionate. Serve un confronto di idee e interessi diversi, che miri a un reciproco capirsi per farsi capire (dalla Opinione pubblica). Per incontrare l'interesse del cittadino. Dirlo forte! Questo confronto (una concorrenza per la Salute) dovrebbero organizzarlo i partiti, ma tant'è. 

2° errore: prendere il toro per la coda. Le liste d'attesa, gli aspetti gestionali, il controllo, le sanzioni sono conseguenze, effetti importanti ma aggirabili e indecifrabili, se sbagli l'approccio. Lo diciamo con rispetto per il coraggioso e solitario lavoro di denuncia di Milena Gabanelli. L'approccio, dunque. Da tempo proponiamo – qui, ad esempio: https://networkassicuratoripd.blogspot.com/2022/12/salute-anticipare-malattie-e-sofferenze.html – di partire dalle esigenze dei cittadini e dal dettato costituzionale: porre al centro la Salute e la Prevenzione, non la Malattia e le cure. Si finge di non vedere: troppi gli interessi centrati sulla Malattia. Dominano. 

L'articolo 32 della Costituzione recita: "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività". Chiaro? Come tutelare la Salute è il tema. Equivale a dire: come soddisfare le esigenze del cittadino, correndo sul doppio binario della Prevenzione e della Cura. Vediamo. Quali esigenze? 

1° i cittadini vogliono (chiediamoglielo!) una tutela pubblica, sociale ed eguale, con un certo standard fiscalmente sostenibile garantito a tutti, al Nord come al Sud, al residente come all'immigrato. È questione di umanità, fraternità e giustizia. 

2° i cittadini vogliono (chiediamoglielo!) poter integrare, personalizzare, le tutele della Salute. Si può fare in molti modi: con lo stile e le scelte di vita; investendo per la Salute. Da ultimo, per curarsi al meglio al suo venir meno (nella malattia). Siamo tutti un po' costretti in questo trend: spendiamo, con qualche esitazione, per curarci al meglio. 

3° i cittadini vogliono (chiediamoglielo!) semplicità ed efficienza. Il 70% dei problemi di Salute sono risolvibili con un consiglio e con rimedi semplici. Servono le strutture socio sanitarie locali di cui dopo il Covid si parla. A che punto sono queste decisive strutture? Se lo chiedete, è facile vi dicano: mancano i soldi. Non è vero. Siamo seduti su montagne di soldi, anche a prescindere dal Pnrr. 

Abbiamo proposto di parlarne con gli investitori istituzionali più interessati alla Salute dei cittadini (gli Assicuratori), che nel mondo fanno quasi un terzo dei loro affari (in tutto 6mila miliardi) tutelando la Salute. In Europa poi hanno 12mila miliardi di investimenti che l'Ue, con Solvency II, ha stabilito debbano mirare a essere "infrastrutturali e prospettici", cioè utili ai bilanci delle compagnie (innanzitutto) perché capaci di anticipare, di dare forma e forza ai trend, di ridurre i "sinistri". 

Inutile dire che questi investimenti sono nella nebbia e questo mercato (della Salute) esiste solo per coloro a cui non serve: i ricchi.

Francesco Bizzotto

giovedì 4 luglio 2024

UE & UK. AUSPICABILI NUOVE INTESE

È TEMPO DI STRINGERE 

LONDRA, AD ESEMPIO, ASSICURA AL TOP 

Danilo Taino nell'editoriale del Corriere del 3 luglio fa giornalismo di alta qualità politica. Questo giornalismo, sempre più spesso, supplisce a produzioni politiche di bassa qualità di troppi Partiti. Purtroppo. 

"Londra-Ue un legame necessario" e possibile, dice. E lo dimostra. Anche l'UK crediamo ci stia pensando. Uno dei primi passi di Re Carlo é stato una visita ufficiale in Francia. 

Taino ricorda le tensioni post Brexit e l'illusione europea "che la City di Londra fosse riproducibile sul continente, a Francoforte, a Parigi o ad Amsterdam. Non è successo: la piazza internazionale della capitale britannica é il risultato di qualche secolo di storia". L'Ue "ha bisogno di una piazza finanziaria sofisticata, efficiente e internazionale. E questa c'è". É la City. 

Lo é anche per il mercato Assicurativo. Londra ha un approccio al Rischio assicurabile che non ha pari. Offre tutte le carte per fare bene e (se vuoi) per innovare, creare, personalizzare. Il resto d'Europa assicura in modo più rigido. Investe molto sulla tecnologia e sta (da decenni) perdendo pezzi di capitale umano; di cultura assicurativa. 

In particolare, l'Assicuratore londinese ha un approccio disponibile, interessato alla gestione attiva, cioè alla Prevenzione dei danni. Vede il Rischio per quello che é: una probabilità, insieme, da valutare e formare / creare. Un modo di fare avanzato, scientifico: il Rischio, infatti, é tale (una Probabilità) se è misurato. Ed é misurato se é letto come un processo (una realtà dinamica, non statica). Un processo sia soggettivo sia relazionale. Molti soggetti in relazione. Il suo obiettivo? La "Giusta misura" – Métrion – dei filosofi greci; un misurare saggio, armonioso. 

Non puoi misurare una realtà se la pensi oggettiva, ferma, a sé stante, solo matematica. Lo fanno spesso i mercati del continente europeo (Assicuratori e Assicurati) e tendono a farlo i Paesi semplici, affluenti. Così, però, si infragilisce il lavoro e, in particolare, la Finanza assicurativa che ha un ruolo decisivo e non può rimanere sola. 

Se le viene a mancare il sostegno (il senso) della gamba industriale (la gestione tecnico - relazionale del Rischio all'altezza dei tempi e dei mercati), la Finanza assicurativa si annebbia e fatica a fare affari (buoni e strategici "investimenti infrastrutturali prospettici", li chiama l'Ue con Solvency II). 

Quella del mercato assicurativo é una lunga storia di sostegno decisivo ai coraggiosi che solcano gli oceani, esplorano il nuovo, creano, rischiano. Questa storia ha radici nelle grandi città italiane (Venezia, Genova) e oggi ha Londra come capitale e riferimento.

Francesco Bizzotto