Il discorso del presidente provvisorio del Senato Liliana Segre
pronunciato il 13 ottobre 2022 nell'Aula di Palazzo Madama in apertura della prima seduta della XIX legislatura
"Colleghe Senatrici, Colleghi Senatori, rivolgo
il più caloroso saluto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e a
quest'Aula. Con rispetto, rivolgo il mio pensiero a Papa Francesco. Certa di
interpretare i sentimenti di tutta l'Assemblea, desidero indirizzare al
Presidente Emerito Giorgio Napolitano, che non ha potuto presiedere la seduta
odierna, i più fervidi auguri e la speranza di vederlo ritornare presto
ristabilito in Senato. Il Presidente Napolitano mi incarica di condividere con
voi queste sue parole: "Desidero esprimere a tutte le senatrici ed i
senatori, di vecchia e nuova nomina, i migliori auguri di buon lavoro, al
servizio esclusivo del nostro Paese e dell'istituzione parlamentare ai quali ho
dedicato larga parte della mia vita". Rivolgo ovviamente anch'io un saluto
particolarmente caloroso a tutte le nuove Colleghe e a tutti i nuovi Colleghi,
che immagino sopraffatti dal pensiero della responsabilità che li attende e
dalla austera solennità di quest'aula, così come fu per me quando vi entrai per
la prima volta in punta di piedi. Come da consuetudine vorrei però anche
esprimere alcune brevi considerazioni personali.
LA GUERRA IN UCRAINA - Incombe su tutti noi in queste
settimane l'atmosfera agghiacciante della guerra tornata nella nostra Europa,
vicino a noi, con tutto il suo carico di morte, distruzione, crudeltà,
terrore...una follia senza fine. Mi unisco alle parole puntuali del Presidente
della Repubblica Sergio Mattarella: "la pace è urgente e necessaria. La
via per ricostruirla passa da un ristabilimento della verità, del diritto
internazionale, della libertà del popolo ucraino".
IL CENTENARIO DELLA MARCIA SU ROMA - Oggi sono
particolarmente emozionata di fronte al ruolo che in questa giornata la sorte
mi riserva. In questo mese di ottobre nel quale cade il centenario della Marcia
su Roma, che dette inizio alla dittatura fascista, tocca proprio ad una come me
assumere momentaneamente la presidenza di questo tempio della democrazia che è
il Senato della Repubblica. Ed il valore simbolico di questa circostanza casuale
si amplifica nella mia mente perché', vedete, ai miei tempi la scuola iniziava
in ottobre; ed è impossibile per me non provare una sorta di vertigine
ricordando che quella stessa bambina che in un giorno come questo del 1938,
sconsolata e smarrita, fu costretta dalle leggi razziste a lasciare vuoto il
suo banco delle scuole elementari, oggi si trova per uno strano destino
addirittura sul banco più prestigioso del Senato!
IL NUOVO SENATO - Il Senato della diciannovesima
legislatura è un'istituzione profondamente rinnovata, non solo negli equilibri
politici e nelle persone degli eletti, non solo perché' per la prima volta
hanno potuto votare anche per questa Camera i giovani dai 18 ai 25 anni, ma
soprattutto perché' per la prima volta gli eletti sono ridotti a 200.
L'appartenenza ad un così rarefatto consesso non può che accrescere in tutti
noi la consapevolezza che il Paese ci guarda, che grandi sono le nostre responsabilità
ma al tempo stesso grandi le opportunità di dare l'esempio. Dare l'esempio non
vuol dire solo fare il nostro semplice dovere, cioè adempiere al nostro ufficio
con "disciplina e onore", impegnarsi per servire le istituzioni e non
per servirsi di esse.
LA POLITICA URLATA - Potremmo anche concederci il
piacere di lasciare fuori da questa assemblea la politica urlata, che tanto ha
contribuito a far crescere la disaffezione dal voto, interpretando invece una
politica "alta" e nobile, che senza nulla togliere alla fermezza dei
diversi convincimenti, dia prova di rispetto per gli avversari, si apra
sinceramente all'ascolto, si esprima con gentilezza, perfino con mitezza.
IL VOTO DEL 25 SETTEMBRE - Le elezioni del 25
settembre hanno visto, come è giusto che sia, una vivace competizione tra i
diversi schieramenti che hanno presentato al Paese programmi alternativi e
visioni spesso contrapposte. E il popolo ha deciso. È l'essenza della
democrazia. La maggioranza uscita dalle urne ha il diritto-dovere di governare;
le minoranze hanno il compito altrettanto fondamentale di fare opposizione.
Comune a tutti deve essere l'imperativo di preservare le Istituzioni della
Repubblica, che sono di tutti, che non sono proprietà di nessuno, che devono
operare nell'interesse del Paese, che devono garantire tutte le parti. Le
grandi democrazie mature dimostrano di essere tali se, al di sopra delle
divisioni partitiche e dell'esercizio dei diversi ruoli, sanno ritrovarsi unite
in un nucleo essenziale di valori condivisi, di istituzioni rispettate, di
emblemi riconosciuti.
LA COSTITUZIONE REPUBBLICANA - In Italia il principale
ancoraggio attorno al quale deve manifestarsi l’unità del nostro popolo è la
Costituzione Repubblicana, che come disse Piero Calamandrei non è un pezzo di
carta, ma è il testamento di 100.000 morti caduti nella lunga lotta per la libertà;
una lotta che non inizia nel settembre del 1943 ma che vede idealmente come
capofila Giacomo Matteotti. Il popolo italiano ha sempre dimostrato un grande
attaccamento alla sua Costituzione, l'ha sempre sentita amica. In ogni
occasione in cui sono stati interpellati, i cittadini hanno sempre scelto di
difenderla, perché' da essa si sono sentiti difesi. E anche quando il
Parlamento non ha saputo rispondere alla richiesta di intervenire su normative
non conformi ai principi costituzionali - e purtroppo questo è accaduto spesso
– la nostra Carta fondamentale ha consentito comunque alla Corte Costituzionale
ed alla magistratura di svolgere un prezioso lavoro di applicazione
giurisprudenziale, facendo sempre evolvere il diritto.
LE RIFORME - Naturalmente anche la Costituzione è
perfettibile e può essere emendata (come essa stessa prevede all'art. 138), ma
consentitemi di osservare che se le energie che da decenni vengono spese per
cambiare la Costituzione - peraltro con risultati modesti e talora peggiorativi
- fossero state invece impiegate per attuarla, il nostro sarebbe un Paese più
giusto e anche più felice. Il pensiero corre inevitabilmente all'art. 3, nel
quale i padri e le madri costituenti non si accontentarono di bandire quelle
discriminazioni basate su "sesso, razza, lingua, religione, opinioni
politiche, condizioni personali e sociali", che erano state l'essenza
dell'ancien regime. Essi vollero anche lasciare un compito perpetuo alla
"Repubblica": "rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione
di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del
Paese". Non è poesia e non è utopia: è la stella polare che dovrebbe
guidarci tutti, anche se abbiamo programmi diversi per seguirla: rimuovere
quegli ostacoli!
LE FESTIVITA' CIVILI NON SIANO DIVISIVE - Le grandi
nazioni, poi, dimostrano di essere tali anche riconoscendosi coralmente nelle festività
civili, ritrovandosi affratellate attorno alle ricorrenze scolpite nel grande
libro della storia patria. Perché' non dovrebbe essere così anche per il popolo
italiano? Perché' mai dovrebbero essere vissute come date "divisive",
anziché' con autentico spirito repubblicano, il 25 Aprile Festa della
Liberazione, il 1 Maggio festa del lavoro, il 2 Giugno festa della Repubblica?
Anche su questo tema della piena condivisione delle feste nazionali, delle date
che scandiscono un patto tra le generazioni, tra memoria e futuro, grande
potrebbe essere il valore dell'esempio, di gesti nuovi e magari inattesi.
IL LINGUAGGHIO DELL'ODIO – Altro terreno sul quale è
auspicabile il superamento degli steccati e l'assunzione di una comune responsabilità
è quello della lotta contro la diffusione del linguaggio dell'odio, contro
l'imbarbarimento del dibattito pubblico, contro la violenza dei pregiudizi e
delle discriminazioni. Permettetemi di ricordare un precedente virtuoso: nella
passata legislatura i lavori della "Commissione straordinaria per il
contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione
all'odio e alla violenza" si sono conclusi con l'approvazione all’unanimità
di un documento di indirizzo. Segno di una consapevolezza e di una volontà
trasversali agli schieramenti politici, che è essenziale permangano.
LA CENTRALITA' DEL PARLAMENTO - Concludo con due
auspici. Mi auguro che la nuova legislatura veda un impegno concorde di tutti i
membri di questa assemblea per tenere alto il prestigio del Senato, tutelare in
modo sostanziale le sue prerogative, riaffermare nei fatti e non a parole la centralità
del Parlamento. Da molto tempo viene lamentata da più parti una deriva, una
mortificazione del ruolo del potere legislativo a causa dell'abuso della
decretazione d'urgenza e del ricorso al voto di fiducia. E le gravi emergenze
che hanno caratterizzato gli ultimi anni non potevano che aggravare la
tendenza. Nella mia ingenuità di madre di famiglia, ma anche secondo un mio fermo
convincimento, credo che occorra interrompere la lunga serie di errori del
passato e per questo basterebbe che la maggioranza si ricordasse degli abusi
che denunciava da parte dei governi quando era minoranza, e che le minoranze si
ricordassero degli eccessi che imputavano alle opposizioni quando erano loro a
governare. Una sana e leale collaborazione istituzionale, senza nulla togliere
alla fisiologica distinzione dei ruoli, consentirebbe di riportare la gran
parte della produzione legislativa nel suo alveo naturale, garantendo al tempo
stesso tempi certi per le votazioni.
L'EMERGENZA ENERGETICA - Auspico, infine, che tutto il
Parlamento, con unità di intenti, sappia mettere in campo in collaborazione col
Governo un impegno straordinario e urgentissimo per rispondere al grido di
dolore che giunge da tante famiglie e da tante imprese che si dibattono sotto i
colpi dell'inflazione e dell'eccezionale impennata dei costi dell'energia, che
vedono un futuro nero, che temono che diseguaglianze e ingiustizie si dilatino
ulteriormente anziché ridursi. In questo senso avremo sempre al nostro fianco
l'Unione Europea con i suoi valori e la concreta solidarietà di cui si è
mostrata capace negli ultimi anni di grave crisi sanitaria e sociale. Non c’è
un momento da perdere: dalle istituzioni democratiche deve venire il segnale
chiaro che nessuno verrà lasciato solo, prima che la paura e la rabbia possano
raggiungere i livelli di guardia e tracimare. Senatrici e Senatori, cari
Colleghi, buon lavoro!".
Nessun commento:
Posta un commento