mercoledì 4 dicembre 2019

UN PATRIMONIO DI ALTO VALORE


ARMACÌE


i muri a secco di Calabria Esempio di gestione positiva del rischio di cambiamento climatico. Creare, insieme, lo sviluppo
Armacìa nel territorio del Parco dell’Aspromonte

Il potente intreccio della Calabria:Mare, Territorio, Paesaggio, Bellezza, Storia, Tradizioni, Comunità, Valori, Istituzioni, Turismo, Produzioni, Commerci.

Università Mediterranea e Ordine dei dottori agronomi e forestali di Reggio Calabria propongono un’azione concreta di gestione del rischio ambientale. Le armacìe come buon esempio. Partire dal basso, dalla terra, per anticipare e mitigare gli effetti del cambiamento di clima. La gestione del rischio proposta intreccia un punto di forza (Key Performance Indicator: la bellezza e ricchezza del territorio che incontra l’attività emergente, il turismo) con un punto debole, un rischio, un’area di miglioramento che può cambiare il paesaggio (Key Risk Indicator) e può essere decisiva per lo sviluppo di qualità: i muretti a secco. L’armacìa tampona l’erosione del suolo, favorisce il microclima necessario alle piante mediterranee e diviene un vero e proprio “corridoio ecologico”. Ritorniamo ad avere cura e cultura delle armacìe, emblema dell’agricoltura “eroica” e saggia degli antenati. Per una sicurezza come safety (Bauman: capacità di correre con profitto i rischi del nostro tempo).


"Il cambiamento climatico ci riguarda” ha detto Scott Kulp, prima firma di uno studio del Centro di ricerca no-profit Usa Climate Central, pubblicato su Nature il 30.10 u.s. Traguarda al 2050: i mari s’innalzeranno di 10 metri, spariranno il Sud Vietnam e Venezia, e l’Adriatico arriverà a lambire Padova e Treviso. Mumbai (18 milioni di abitanti) sarà sommersa e Giacarta (13 milioni) già corre ai ripari: arretrerà di 100 chilometri. Il mare è un problema; ci sono poi i fenomeni atmosferici estremi e intensi (siccità prolungata, desertificazione e salificazione del suolo, trombe d’aria e bombe d’acqua). Gestire bene il Rischio del Cambiamento Climatico (RCC) è una priorità.
Come fare? La Calabria ci provi. Qui il RCC (parte del più ampio Rischio Ambientale – RA), è associato a un tremendo rischio sismico e vulcanico, un rischio idrogeologico “di notevole importanza” (dice la locale Protezione civile) e un contenuto rischio di dissLe parole chiave in Calabria: recuperare, prevenire e adattarsi in modo attivo.esto da fattori antropici (inquinamento, impermeabilizzazione dei terreni e consumo di suolo). 


Proponiamo di leggere il RA con le azioni di cura e di crescita della Calabria. Possibilità e rischi sono i due lati dello stesso foglio, della stessa realtà. Non separiamo lo sviluppo della regione dalle azioni di gestione dei rischi, a partire da quelli strategici (come immaginiamo il futuro, a cosa miriamo?). Pensiamo che i rischi vadano gestiti in positivo, per lo sviluppo (di qualità) e mentre lo si fa. Perché la gestione del RCC, e più in generale del RA, crea sinergie sorprendenti.

Per la crescita di qualità della Calabria e per gestirne i rischi, proponiamo di partire dal basso, dalle parti elementari, dal terreno, costruendo la realtà che ci interessa verso l’alto. Vogliamo capire la parte (darle senso e gestirne i rischi) guardando in alto, alle sue relazioni significative nel sistema a cui contribuisce. Dalla semplicità alla complessità, dalla natura alla cultura, dalla terra all’uomo. Dalla vite al vino, potremmo dire.

E ci chiediamo quali siano i punti di forza o indicatori chiave nella storia e per la prospettiva della Calabria: i suoi Key Performance Indicator (KPI), dal punto di vista del RCC e del RA. E quali i suoi punti deboli, le sue esposizioni, le aree di crescita o miglioramento (Key Risk Indicator: KRI). Dalla buona gestione del loro intreccio può venire uno sviluppo di qualità e una sicurezza come safety (Zygmunt Bauman: armonia, capacità di reggere bene anche grandi rischi).

Ci pare che il primo KPI calabrese sia costituito dalla plastica bellezza e ricchezza del territorio (foreste incontaminate e agroalimentare di carattere: il vino, ad esempio) che incontra l’attività emergente, il turismo. Dunque: paesaggio da rispettare, attività agricole da innovare e sostenere, strutture per il turismo da immaginare e ripensare.

E il primo KRI? È rappresentato (se trascuriamo, solo per un attimo, il rischio sismico – vulcanico e ci concentriamo sul RCC) dalla seria esposizione del territorio ai fenomeni atmosferici estremi e intensi di cui abbiamo detto. È da qui che ci è utile partire. E, proponendoci di gestire questi rischi (anticiparne gli effetti, prevenire i danni, proteggere i territori), abbiamo subito incontrato un aspetto di cultura, di storia e di saggezza antica che ci ha sorpreso e meravigliato: le armacìe, i muri a secco della Calabria.

Le armacìe (un sistema di terrazzamenti costruito con pietre incastrate prelevate dal terreno), possono dare tenuta ed equilibrio al territorio anche nella prospettiva aperta dal RCC, ed essere cerniera di attrazione e promozione del turismo di qualità che la Calabria merita. È forse il primo passo, la più bella evidenza di un più ampio progetto che auspichiamo. E, non aspettiamo il progetto; proponiamoci di essere pratici, concreti, amanti del rischio misurato e gestito, bello e positivo. Lavoriamo sulle armacìe! Da qui verranno novità sorprendenti.

In Calabria, come in gran parte della penisola, il muro a secco rappresenta un patrimonio ancestrale che si perde nella notte dei tempi, e un segno identificativo del paesaggio agro-forestale. Nel territorio reggino, in particolare, oltre a delimitare i confini e sorreggere terreni agricoli, le armacìe hanno segnato e caratterizzano ancora oggi gli ambienti con terrazzamenti che, lungo i ripidi versanti della Costa Viola, ospitano i vigneti. Altri esempi di quest’arte possono essere ammirati sulla dorsale ionica, come su gran parte dei pendii dell’Aspromonte, dove orografie ed ecosistemi differenti presentano questo comune denominatore. Le armacìe fanno poi parte integrante del territorio che si affaccia sullo Stretto di Messina, con le Isole Eolie a fare da sfondo. Qui rappresentano un indiscutibile valore aggiunto del paesaggio, apprezzato e utile alla multifunzionalità dell’agricoltura, che dalle armacìe può trarre indiscutibili vantaggi.

Il sistema / modello dei “muri a secco” calabresi, riveste anche una specifica funzione ambientale. Forma gradoni – baluardo di difesa del suolo – che sono un filtro regolatore delle acque che ruscellano dai dislivelli: crea micro invasi che riducono il dilavamento del terreno e aumentano la disponibilità di acqua nel tempo; è antesignano delle moderne “briglie filtranti”, utilizzate in idraulica per ridurre la pressione idrostatica. L’armacìa tampona l’erosione del suolo e contribuisce a prevenirne la desertificazione e salificazione. Con il contenimento idrico, favorisce il microclima necessario alle piante mediterranee a superare la crisi estiva e assume un ruolo ambientale di importanza fondamentale: diviene un vero e proprio “corridoio ecologico” che consente a una microfauna costituita da mammiferi, insetti, piccoli rettili e anfibi, di trovarvi un habitat ideale e di operare in sinergia con l’agricoltura umana, garantendo un ecosistema sano e privo di parassiti. L’armacìa crea una importantissima nicchia eco sistemica, una riserva di biodiversità di notevole resistenza, valore e interesse.

Il riconoscimento dell’Unesco (l’arte del Dry stone walling – costruire muri a secco – è Patrimonio dell’Umanità) costituisce una dichiarazione di valore per i territori e assume il forte significato di strumento per la corretta, preventiva, gestione del RCC.

Purtroppo, la nobile arte della costruzione di questi manufatti è molto trascurata. E le manutenzioni sono divenute saltuarie, se non inesistenti, con la conseguenza di un inevitabile abbandono delle zone coltivabili solo con questa tecnica ed ancora peggio con la graduale distruzione delle armacìe. A breve potrebbe significare addirittura la loro cancellazione. Si tratterebbe della rimozione di un patrimonio storico e culturale di altissimo valore per la Calabria e per l’Italia, che rappresenta – dalla notte dei tempi - l’immagine dei luoghi reggini sia costieri sia dell’entroterra rurale. Significherebbe la cancellazione di una tradizione secolare agro forestale e pastorizia di cui l’armacìa è il simbolo (testimone della convivenza di diverse comunità). Un esempio di architettura naturalistica e di alto ingegno bucolico dal forte impatto emozionale: l’armacìa è emblema dell’agricoltura “eroica” dei nostri antenati.

Le armacìe sono dunque un patrimonio di alto valore da recuperare, conservare, proteggere e valorizzare, anche per le generazioni future. Vite, ulivo, foraggio, cereali, ortaggi, zootecnica, erano le attività tipiche dei terrazzamenti. Oggi, con un rigoroso programma di studio e progettazione che li rilanci, possono divenire strumento della multifunzionalità dell’agricoltura, che vede nel turismo naturalistico un eccezionale veicolo di promozione ed economia territoriale.

L’Università Mediterranea si propone di favorire l’acquisizione di conoscenze, abilità e modelli da parte di laureati, tecnici e maestranze, per il recupero, la manutenzione e la costruzione ex novo di questi splendidi manufatti, preziosi per l’ambiente e per l’economia locale, e indispensabili per gestire il RCC.



Demetrio Fortugno (dottore forestale – ODAF Reggio Calabria) e Francesco Bizzotto (docente Master Risk management Università Mediterranea di Reggio Calabria)




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