RIMEDIARE O ANTICIPARE?
Per
misurare i Rischi, dobbiamo agire Ex Post (Big data) o Ex Ante (Small data)?
“Un mondo di tecnologie embedded [ben
integrate] intorno a noi. Sensori e
meccanismi di comunicazione che consentono di spargere l’intelligenza
artificiale ovunque: nei muri, sulle sedie, nei tavoli, negli elettrodomestici,
in auto. Sistemi digitali che ti riconoscono e organizzano i servizi di cui hai
bisogno”.
È il
mondo immaginato da Peter Schwartz, ingegnere Usa già consulente
tecnologico di Steven Spielberg (Minority Report) e di altri registi. Vicepresidente
di Salesforce, gigante di servizi informatici per le imprese, manco a dirlo, esplora
il futuro ed è ottimista. Non crede ma simpatizza per la “singularity” (la
fusione uomo - macchina a opera di genetica, nanotecnologie, robotica e Intelligenza
artificiale). Alle domande, ai timori di Massimo Gaggi (intervista al Corriere
della sera - La Lettura dell’8 c.m.) sulla "tecnologia che sorveglia"
e che viene usata "per reprimere", riconosce che c'è una “crisi di
fiducia” e "ci sono problemi di privacy e di possibili pregiudizi negli
algoritmi che gestiscono i processi". Aggiunge: è certo utile "una
commissione etica" e le imprese "devono essere più trasparenti e
sentirsi più responsabili per le conseguenze sociali". Chiede Gaggi: regole
esterne o autoriforma? "Bisogna reinventare il capitalismo (risponde ...)
pensando alla comunità e alla qualità del lavoro, oltre che al profitto degli
azionisti". Reinventare mi piace. Schwartz è attento.
Ma, ritiene
che si tratti di problemi (e incidenti) superabili, gestibili, in un radioso
percorso tecnologico; si deve tener meglio conto del contesto e dei processi.
Intende: cose esterne, di funzionamento. La sua idea: implementare tutto il
possibile e essere trasparenti, responsabili. Pensa: i problemi si risolvono; facciamoci
una buona assicurazione. Vedo apertura nell’idea della commissione etica, ma
anche questa finisce separata. Ritengo che non siano cosette a cui si possa
rimediare in itinere, ex post, facendo i bravi, stando attenti, assicurandosi. Non
è così. Le Possibilità (incrociate con le libertà) sono talmente grandi che il
vecchio approccio ex post (il rimedio) non basta. Il problema è la valutazione
del rischio. È una sfida anche per l’Assicuratore: deve agire per misurare
avanti. Bello e difficile.
“Le
modalità di calcolo del rischio, come sono state sinora definite dalla scienza
e dalle istituzioni legali, collassano.” Ulrich
Beck, La società del rischio, Carocci, ‘00, p. 29
"Più non è possibile quello che era possibile nelle epoche
passate dove, per una razionale previsione del futuro bastava guardare il
passato.” Umberto Galimberti, Psiche e techne, Feltrinelli, ‘04, p. 52
Cos’è la Possibilità se non Potenza, ora scatenata dai luoghi
del sacro e del potere politico e posta nelle mani del potere economico? Ne
parla Mauro Magatti in Oltre l’infinito, Storia della potenza dal sacro alla
tecnica, Feltrinelli, ’18. Ma, "ciò che è in potenza è in potenza gli
opposti", diceva Aristotele e ci ricorda Emanuele Severino (L’embrione e il paradosso di Aristotele, Corriere
della sera, 01.12.’04). Oggi la Possibilità (un foglio a due lati) va gestita
per quello che è: aperta a nuovi vantaggi e a perdite e danni. Vantaggi
e danni della Possibilità sono stati separati ma non sono distinguibili; sono
luce e ombra. Servirebbe un ideogramma, un’immagine. I danni possibili, poi, sempre
meno sono valutabili nello spazio di una gestione economica classica, e sempre più
come imprevedibili conseguenze indesiderate di lungo termine. Il geniale Joseph
Schumpeter,
ad esempio, non vede necessario che l’impresa si assicuri, perché pensa al
rischio in termini di stabilità ciclica: basta guardare al passato. Lo pensano
tutti (tranne, mi pare, Giulio Giorello). Non è così.
A ben
vedere, “the dark side of the moon” (album dei Pink Floyd del ‘73),
ovvero il lato oscuro, contraddittorio, folle e necessario della Possibilità /
Potenza si presenta come:
A.
Pericolo (opaco, incerto, vago; si sa poco; chi decide? – Niklas
Luhmann, Sociologia del rischio, B. Mondadori, ‘96), oppure
B.
Rischio (si sa, è valutato / misurato, atteso, gestito; una
probabilità responsabile), oppure
C.
Azzardo (un agire smisurato, tracotante, esagerato, aggressivo;
un bluffare), oppure
D.
Cigno nero (Possibilità positiva e negativa di enorme
impatto, impensabile, imprevedibile, dirompente, ansiogena – Nassim Nicholas
Taleb, Il Cigno nero, Il Saggiatore, ‘08).
È evidente: navighiamo tra
Pericoli e Azzardi, e percepiamo l’acre odore del Cigno nero. È chiaro ora
perché gli Assicuratori vogliono occuparsi dei piccoli rischi? Gli sfugge la
misura.
Dunque,
le Possibilità, per quanto mirabolanti nel loro lato in fiore, vanno viste (insieme)
anche nel lato in ombra, e ridotte a misura, cioè a Rischi, a probabilità. Non
possono più essere Pericoli (chi, come decide?) o Azzardi. E la misura? Basta
la probabilità frequentista che – per dire del futuro – guarda agli eventi del
passato? No. La probabilità che serve esce dal misurare avanti: è una
valutazione (soggettiva e di gruppo) attiva; un grado di attesa, dice Bruno
de Finetti (Filosofia della probabilità, Il Saggiatore, ’79). Attendere
significa tendere a, darsi un obiettivo, anticipare: “Dare un’attendibile
misura di ciò che non si può misurare oggettivamente” (idem, p. 70). È
questione di motivazione, azione e fiducia, non solo di informazioni. Infatti
informarsi, relazionarsi, implica influire, formare. Ci vuole altro che una
bella squadra di ingegneri per gestire questa Potenza!
I Risk
manager Usa hanno posto la questione delle scelte strategiche (partono da qui).
Attendo che scendano apertamente in campo a dire: rallentiamo, fermiamoci, respiriamo,
riflettiamo; perché il rischio in molti ambiti può dar luogo a eventi tragici e
senza rimedio. Anche il vecchio Risk Management collassa. Qui, il primo nemico è il multitasking (la multiprocessualità; fare più cose insieme). Serve
piuttosto pacatezza, concentrazione e interdisciplinarietà; serve spirito (laico)
contemplativo, per osservare e vedere e capire bene (vedere avanti, appunto,
anticipare). Servono specialisti con visione larga. Non bastano certo i Big data,
buoni, ottimi, per percorsi e processi ripetitivi, tecnici. Questi all’uomo vanno
bene se gli ritornano in un formato
comprensibile e accessibile, utile alla sua vita offline dice Deborah Estrin. Perché quando
pensa e decide, è libero e nuovo; “qualcosa di qualitativamente unico”, “totalmente
incalcolabile” (Monica Martinelli, L’uomo intero, la lezione
inascoltata di Georg Simmel, Il Melangolo, ’14). Egli in realtà procede per Small data, per indizi, intuizioni che fanno
uscire dagli schemi, scoprire i trend, vedere oltre.
Ha detto Federico
Faggin (fisico, inventore e
imprenditore italiano naturalizzato statunitense) al Corriere della sera
del 20 novembre scorso: l’Intelligenza artificiale non deve piegarsi a “far
soldi o controllare le persone”; “serve uno statuto etico”; “le ripercussioni
sono largamente imprevedibili”; “stiamo giocando con il fuoco”.
Dunque, accanto
agli ingegneri, ai Peter Schwartz (per curare the dark side del pensiero tecnico) serve un nuovo Risk management
(per un nuovo capitalismo). Servono – dice l’ONU – decisioni strategiche e governance
condivise. Verba docent, exempla trahunt.
Prima di ritrovarci senza Assicuratori e senza libero mercato. E andare a
sbattere.
Francesco Bizzotto – docente
di Risk management Master Università Mediterranea di Reggio Calabria – Dicembre
2019
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