ARMACÌE
i muri a secco di Calabria Esempio di gestione positiva
del rischio di cambiamento climatico. Creare, insieme, lo sviluppo
Armacìa
nel territorio del Parco dell’Aspromonte
Il potente intreccio della
Calabria:Mare, Territorio, Paesaggio,
Bellezza, Storia, Tradizioni, Comunità, Valori, Istituzioni, Turismo,
Produzioni, Commerci.
Università Mediterranea e Ordine dei dottori
agronomi e forestali di Reggio Calabria propongono un’azione concreta di
gestione del rischio ambientale. Le armacìe come buon esempio. Partire dal
basso, dalla terra, per anticipare e mitigare gli effetti del cambiamento di
clima. La gestione del rischio proposta intreccia un punto di forza (Key
Performance Indicator: la bellezza e ricchezza del territorio che incontra
l’attività emergente, il turismo) con un punto debole, un rischio, un’area di
miglioramento che può cambiare il paesaggio (Key Risk Indicator) e può essere
decisiva per lo sviluppo di qualità: i muretti a secco. L’armacìa tampona
l’erosione del suolo, favorisce il microclima necessario alle piante
mediterranee e diviene un vero e proprio “corridoio ecologico”. Ritorniamo ad
avere cura e cultura delle armacìe, emblema dell’agricoltura “eroica” e saggia degli
antenati. Per una sicurezza come safety (Bauman: capacità di correre con
profitto i rischi del nostro tempo).
"Il cambiamento
climatico ci riguarda” ha detto Scott Kulp, prima firma di uno studio del Centro di
ricerca no-profit Usa Climate Central, pubblicato su Nature il 30.10 u.s. Traguarda
al 2050: i mari s’innalzeranno di 10 metri, spariranno il Sud Vietnam e
Venezia, e l’Adriatico arriverà a lambire Padova e Treviso. Mumbai (18 milioni
di abitanti) sarà sommersa e Giacarta (13 milioni) già corre ai ripari:
arretrerà di 100 chilometri. Il mare è un problema; ci sono poi i fenomeni
atmosferici estremi e intensi (siccità prolungata, desertificazione e
salificazione del suolo, trombe d’aria e bombe d’acqua). Gestire bene il Rischio
del Cambiamento Climatico (RCC) è
una priorità.
Come
fare? La Calabria ci provi. Qui il RCC
(parte del più ampio Rischio Ambientale – RA),
è associato a un tremendo rischio sismico e vulcanico, un rischio idrogeologico
“di notevole importanza” (dice la locale Protezione civile) e un contenuto rischio
di dissLe
parole chiave in Calabria: recuperare, prevenire e adattarsi in modo attivo.esto da fattori antropici (inquinamento, impermeabilizzazione dei
terreni e consumo di suolo).
Proponiamo
di leggere il RA con le
azioni di cura e di crescita della Calabria. Possibilità e rischi sono i due
lati dello stesso foglio, della stessa realtà. Non separiamo lo sviluppo della regione
dalle azioni di gestione dei rischi, a partire da quelli strategici (come
immaginiamo il futuro, a cosa miriamo?). Pensiamo che i rischi vadano gestiti in positivo, per lo
sviluppo (di qualità) e mentre lo si fa. Perché la gestione del RCC, e più in generale del RA, crea sinergie sorprendenti.
Per la crescita di qualità della Calabria e per gestirne i
rischi, proponiamo di partire dal basso, dalle parti elementari, dal terreno,
costruendo la realtà che ci interessa verso l’alto. Vogliamo capire la parte
(darle senso e gestirne i rischi) guardando in alto, alle sue relazioni
significative nel sistema a cui contribuisce. Dalla semplicità alla
complessità, dalla natura alla cultura, dalla terra all’uomo. Dalla vite al
vino, potremmo dire.
E ci chiediamo quali siano
i punti di forza o indicatori chiave nella storia e per la prospettiva della
Calabria: i suoi Key Performance Indicator (KPI), dal punto di vista del RCC e del RA. E quali i suoi punti deboli, le sue esposizioni, le aree di
crescita o miglioramento (Key Risk Indicator: KRI). Dalla buona gestione del
loro intreccio può venire uno sviluppo di qualità e una sicurezza come safety (Zygmunt Bauman: armonia, capacità
di reggere bene anche grandi rischi).
Ci pare che il primo KPI
calabrese sia costituito dalla plastica bellezza e ricchezza del territorio
(foreste incontaminate e agroalimentare di carattere: il vino, ad esempio) che
incontra l’attività emergente, il turismo. Dunque: paesaggio da rispettare,
attività agricole da innovare e sostenere, strutture per il turismo da immaginare
e ripensare.
E il primo KRI? È rappresentato
(se trascuriamo, solo per un attimo, il rischio sismico – vulcanico e ci
concentriamo sul RCC) dalla seria esposizione
del territorio ai fenomeni atmosferici estremi e intensi di cui abbiamo detto. È
da qui che ci è utile partire. E, proponendoci di gestire questi rischi
(anticiparne gli effetti, prevenire i danni, proteggere i territori), abbiamo
subito incontrato un aspetto di cultura, di storia e di saggezza antica che ci
ha sorpreso e meravigliato: le armacìe, i muri a secco della
Calabria.
Le armacìe (un sistema di
terrazzamenti costruito con pietre incastrate prelevate dal terreno), possono
dare tenuta ed equilibrio al territorio anche nella prospettiva aperta dal RCC, ed essere cerniera di attrazione e
promozione del turismo di qualità che la Calabria merita. È forse il primo
passo, la più bella evidenza di un più ampio progetto che auspichiamo. E, non
aspettiamo il progetto; proponiamoci di essere pratici, concreti, amanti del rischio
misurato e gestito, bello e positivo. Lavoriamo sulle armacìe! Da qui verranno
novità sorprendenti.
In Calabria, come in gran
parte della penisola, il muro a secco rappresenta un patrimonio ancestrale che
si perde nella notte dei tempi, e un segno identificativo del paesaggio
agro-forestale. Nel territorio reggino, in particolare, oltre a delimitare i
confini e sorreggere terreni agricoli, le armacìe hanno segnato e caratterizzano ancora oggi
gli ambienti con terrazzamenti che, lungo i ripidi versanti della Costa Viola,
ospitano i vigneti. Altri esempi di quest’arte possono essere ammirati sulla
dorsale ionica, come su gran parte dei pendii dell’Aspromonte, dove orografie
ed ecosistemi differenti presentano questo comune denominatore. Le armacìe
fanno poi parte integrante del territorio che si affaccia sullo Stretto di
Messina, con le Isole Eolie a fare da sfondo. Qui rappresentano un
indiscutibile valore aggiunto del paesaggio, apprezzato e utile alla
multifunzionalità dell’agricoltura, che dalle armacìe può trarre
indiscutibili vantaggi.
Il sistema / modello dei
“muri a secco” calabresi, riveste anche una specifica funzione ambientale. Forma
gradoni – baluardo di difesa del suolo – che sono un filtro regolatore delle
acque che ruscellano dai dislivelli: crea micro invasi che riducono il
dilavamento del terreno e aumentano la disponibilità di acqua nel tempo; è antesignano
delle moderne “briglie filtranti”, utilizzate in idraulica per ridurre la
pressione idrostatica. L’armacìa tampona l’erosione del suolo
e contribuisce a prevenirne la desertificazione e salificazione. Con il contenimento
idrico, favorisce il microclima necessario alle piante mediterranee a superare
la crisi estiva e assume un ruolo ambientale di importanza fondamentale: diviene
un vero e proprio “corridoio ecologico” che consente a una microfauna costituita
da mammiferi, insetti, piccoli rettili e anfibi, di trovarvi un habitat ideale
e di operare in sinergia con l’agricoltura umana, garantendo un ecosistema sano
e privo di parassiti. L’armacìa crea una importantissima
nicchia eco sistemica, una riserva di biodiversità di notevole resistenza,
valore e interesse.
Il riconoscimento dell’Unesco
(l’arte del Dry stone walling – costruire
muri a secco – è Patrimonio dell’Umanità) costituisce una dichiarazione di
valore per i territori e assume il forte significato di strumento per la
corretta, preventiva, gestione del RCC.
Purtroppo, la nobile arte
della costruzione di questi manufatti è molto trascurata. E le manutenzioni sono
divenute saltuarie, se non inesistenti, con la conseguenza di un inevitabile abbandono
delle zone coltivabili solo con questa tecnica ed ancora peggio con la graduale
distruzione delle armacìe. A breve potrebbe significare addirittura la loro
cancellazione. Si tratterebbe della rimozione di un patrimonio storico e
culturale di altissimo valore per la Calabria e per l’Italia, che rappresenta –
dalla notte dei tempi - l’immagine dei luoghi reggini sia costieri sia
dell’entroterra rurale. Significherebbe la cancellazione di una tradizione secolare
agro forestale e pastorizia di cui l’armacìa è il simbolo (testimone
della convivenza di diverse comunità). Un esempio di architettura naturalistica
e di alto ingegno bucolico dal forte impatto emozionale: l’armacìa è emblema dell’agricoltura
“eroica” dei nostri antenati.
Le armacìe sono dunque un patrimonio di alto valore da recuperare, conservare,
proteggere e valorizzare, anche per le generazioni future. Vite, ulivo,
foraggio, cereali, ortaggi, zootecnica, erano le attività tipiche dei
terrazzamenti. Oggi, con un rigoroso programma di studio e progettazione che li
rilanci, possono divenire strumento della multifunzionalità dell’agricoltura,
che vede nel turismo naturalistico un eccezionale veicolo di promozione ed
economia territoriale.
L’Università Mediterranea si propone di favorire l’acquisizione
di conoscenze, abilità e modelli da parte di laureati, tecnici e maestranze,
per il recupero, la manutenzione e la costruzione ex novo di questi splendidi
manufatti, preziosi per l’ambiente e per l’economia locale, e indispensabili per
gestire il RCC.
Demetrio Fortugno (dottore forestale – ODAF Reggio
Calabria) e Francesco Bizzotto (docente Master Risk management Università
Mediterranea di Reggio Calabria)