mercoledì 18 novembre 2015

TRACCIAMENTI DEL JOBS ACT


CREDITI AL CONSUMO
Il Jobs Act non ha portato un solo posto di lavoro in più, tuonano le varie opposizioni: interne ed esterne. Probabilmente è anche vero, ma il mercato automobilistico in luglio, in particolare a Milano è aumentato del 14,54 % e a far volare questi incrementi è l’aumento di domanda dei privati principalmente giovani, cresciuta del 20%. Ma non solo, sono in aumento anche i consumi di materiale tecnologico come telefonini, computer e piccoli elettrodomestici. Secondo il Centro Studi di Confcommercio un trend di questo tipo potrebbe portare a un aumento del PIL al 2% alla fine del quarto trimestre dell’anno, dando una definitiva accelerazione alla crescita del paese.
Apparentemente questi due elementi del Jobs Act, aumento del mercato auto e dei consumi in generale sembrano non essere collegati, ma non è così. Il Jobs Act indica una riforma del diritto del lavoro in Italia, promossa e attuata in Italia dal governo Renzi, attraverso diversi provvedimenti legislativi varati tra il 2014 e il 2015. Il termine deriva dall’acronimo “Jumpstart Our Business Startups Act“, riferito a una legge statunitense, promulgata durante la presidenza di Barack Obama nel corso del 2012, a favore delle imprese di piccola entità. In Italia il termine è stato invece usato per definire un insieme di interventi normativi in tema di lavoro a carattere più generale.
Eccoli i primi effetti del Jobs Act. Secondo i dati sui rapporti di lavoro, tratti dal sistema informativo delle comunicazioni obbligatorie, lo scorso marzo ci sono stati circa 21mila contratti di lavoro in più rispetto alle attivazioni registrate nello stesso mese di un anno prima con un saldo positivo di ben 92 mila unità rispetto alle cessazioni. Significativo (+54mila) il balzo compiuto dai rapporti a tempo indeterminato, ora fortemente incentivati, e la cui quota sul totale sale così dal 17,5 al 25,3%. Mentre la quota dei contratti a tempo determinato cala dal 63,7 al 59,4%.
Significativo anche il dato delle trasformazioni della tipologia dei contratti, che segnala un miglioramento della qualità del lavoro: a marzo sono state infatti 40.034 le trasformazioni di rapporti di lavoro a tempo determinato in rapporti a tempo indeterminato contro le 22.116 nello stesso periodo del 2014.
La stabilizzazione dei contratti produce un effetto virtuoso: l’accesso al credito, un aspetto a lungo dibattuto, ma che aveva bisogno di una novità del genere per ripartire. Le auto e quasi tutti i beni sono venduti nel più del 70% dei casi attraverso sistemi di finanziamento. Con il consolidamento del contratto di lavoro, anche i giovani hanno potuto accedere alla rateizzazione , senza dover ricorrere alla garanzia di parenti o amici con buste paga a tempo indeterminato.
Secondo i dati forniti dagli operatori del settore l’aumento di mutui e prestiti e del 50% in più rispetto all’anno precedente e la tendenza è ancora in crescita. Infatti un finanziamento è in vigore mediamente 36 mesi, quanto la durata di un contratto a tutele crescenti e anche nel caso non fosse rinnovato, il trattamento di fine rapporto, cioè la liquidazione garantisce la rata finale. Questo dimostra che un mercato del lavoro più stabile e competitivo non può che rilanciare l’economia.
Storicamente la crisi dell’auto è sintomo di crisi generale e stagnazione, basti pensare che una delle prime operazioni della prima presidenza Obama fu quella di rilanciare l’auto, con il sostegno del governo federale all’operazione Fiat/Chrysler e non solo. Inoltre, secondo una previsione del “Salary budget planning study” di Towers Watson nei prossimi mesi i lavoratori del nostro paese beneficeranno di un aumento dei salari fermi al palo negli ultimi anni.
A partire dal 2016, i lavoratori potranno beneficiare di una crescita degli stipendi. La combinazione di un discreto aumento dei salari e un’inflazione vicina a livelli record negativi saranno un fattore determinante per i dipendenti italiani, i quali inizieranno a vedere un reale incremento del loro reddito dopo anni di crescita zero. La ricerca, condotta nel luglio 2015 con 8.000 questionari ricevuti da 110 aziende del settore privato, rivela che lo stipendio medio italiano è cresciuto del 2,5%: questo, unito alla bassa inflazione annuale del 0,4%, porterà a una crescita in termini reali delle paghe che non si registrava da molti anni.
Aumento dei salari e aumento dei consumi potranno generare una crescita generalizzata dell’economia, che non potrà che generare nuova occupazione. Analizzare il Jobs Act in questa prospettiva evidenzia che certe polemiche appaiono solo strumentali e contingenti, soprattutto quando a farle è chi sostiene di essere un riferimento per il mondo del lavoro.

Massimo Cingolani da Arcipelagomilano.org 17 novembre 2015

mercoledì 4 novembre 2015

L’INDICE DI RISCHIO PER LE CITTA’


I LLOYD'S DI LONDRA GUARDANO ALLA POLITICA MILANESE


Quali sono i veri rischi di Milano? Le criticità e le opportunità? Secondo i Lloyd's di Londra che hanno commissionato all'Università di Cambridge “Il City Risk Index”, in Italia sono a rischio 44 miliardi di dollari di PIL. L'analisi evidenzia l'impatto economico dei problemi che minacciano le città. Obiettivo della mappatura dei Lloyd's? Sviluppare un maggior confronto tra assicuratori, governi nazionali e locali, aziende per limitare le incognite del futuro e proteggere le infrastrutture. Il lavoro indica che i pericoli legati alle attività dell'uomo, quali attacchi informatici, terrorismo e fluttuazioni del prezzo del petrolio, costituiscono le minacce più significative rispetto alle tradizionali catastrofi naturali come inondazioni e terremoto.

La paura più importante per il PIL mondiale è il crollo dei mercati finanziari, basti pensare a: crisi greca, rallentamento dell’economia cinese, Volkswagen. Infatti tale criticità rappresenta un quarto dei potenziali danni descritti nello studio. Nel caso Italia il 70% delle perdite deriva da “rischi legati direttamente alle attività dell'uomo, quali il crollo dei mercati, shock petroliferi e cyber attack”.

Il report rileva che Milano insieme a Torino, Roma e Napoli, potrebbero produrre nel corso del prossimo decennio un PIL pari a 499 miliardi di dollari e il 9% sarebbe a rischio a causa dell'insieme delle minacce naturali derivanti dall'attività umana. Secondo il City Risk “la crisi dei mercati costituisce l’esposizione economica più significativa ponendo a rischio 12,02 miliardi di dollari di PIL, seguita dalla crisi del prezzo del greggio 9,68 miliardi di dollari, attività di hacker 6,49 miliardi, pandemia umana 3,87, e inondazioni 3,36.

A Milano, principale centro finanzia-rio italiano, i tre rischi legati al settore finanziario, crollo dei mercati, cri-si petrolifera e attacchi informatici, rappresentano circa tre quarti del PIL in pericolo. La quota del PIL to-tale critico a Milano, a causa di minacce legate all’uomo, è la quarta più alta a livello mondiale e riflette una tendenza comune a molte metropoli sviluppate. Ebbene, di questi potenziali rischi e di opportunità per evitarli, ben difficilmente si parlerà nella prossima campagna elettorale, perché semplicemente non sposta-no un voto.

Forse di quelli evidenziati, quelli che in una piccola quota potrebbero a-vere uno spazio sono le inondazioni in una parte di una zona di Milano, la 9, dove esiste il problema del Seveso, ma le scelte fatte e il buon la-voro del Consiglio di Zona e, non ultimo il sottovalutato lavoro di ana-lisi e proposte fatte dal Network Assicuratori PD, dovrebbero tampona-re eventuali attacchi.

Una pandemia o una crisi igienico sanitaria potrebbero incidere solo se speculatori politici professionisti, magari padani, cercassero un unto-re al quale addossare responsabilità, ma obiettivamente, a parte del possibile inquinamento a seguito dello smaltimento di rifiuti pericolosi in corsi d’acqua, non sembra un problema a breve termine.

Visto che l’obiettivo di tale ricerca è fare in modo che parte di questi rischi siano trasferiti nel settore assi-curativo, non sarebbe male che la politica facesse in modo che tali premi fossero intermediati sulla piazza di Milano. In questa città, tra chi produce occupazione in via di-retta e indiretta c’è anche l’inter-mediazione assicurativa, anche se al mondo politico milanese in maniera bipartisan, non interessa molto, probabilmente perché gli addetti a questo settore non esprimono un voto ben organizzato, a differenza di commercianti, taxisti, ecc.

La campagna elettorale si giocherà, forse, sul bilancio di Expo, ma molto più probabilmente su buche nelle strade, immigrazione e sicurezza reale o percepita, in particolare in certe zone. Un terreno sul quale il centrosinistra sarà sempre in difficoltà, come afferma Renzi “salviamo la vita ai migranti anche se costa voti”. Ogni formazione politica ha dei principi non negoziabili.

Il traffico, è un problema che i milanesi ancora subiscono e sentono ancora come di non semplice soluzione, a parte chi vive in centro. La chiusura del centro e la presenza di spazi commerciali aperti sempre e raggiungibili solo in auto ha trasferito il problema, compreso quello del-la qualità dell’aria nelle zone esterne.

I candidati alle primarie del PD hanno cominciato il loro giro partendo dalle periferie, sapendo che molto probabilmente lì si giocherà un bel pezzo delle sfida. Potrebbero anche cominciare a pensare come indirizzare e dove redistribuire una parte del PIL che si produrrà secondo le stime dei Lloyd's, possibilmente non tutto nell’Area C.

Massimo Cingolani

da Arcipelago Milano.org 29.x.2015

mercoledì 21 ottobre 2015

ELEVAZIONE A 3.000 EURO DEL CONTANTE E ASSICURAZIONI



Sull’aumento del limite di 3.000 euro all’utilizzo del contante riprendiamo quanto già detto nel 2013…… RITENENDO ANCORA VALIDI OSSERVAZIONI E RICHIESTA.
Se si vuole aiutare i consumatori ed incentivare i consumi, si intervenga per ridurre il costo delle transazioni con bancomat e carte di credito.
Ecco il testo integrale:
mercoledì 3 luglio 2013
Pagamento in contanti: se 1000 vi sembrano pochi!
Basta improvvisazioni, diamo certezza a imprese e consumatori. Non si modifichi nuovamente il limite. Non si coinvolga il settore assicurativo.
Facciamo appello al buon senso di Governo e Parlamento perché l’annuncio del sottosegretario allo Sviluppo economico Simona Vicari di voler per l’ennesima volta modificare il tetto all’impiego di contante nei pagamenti finisca per restare tale.
Sia per il metodo che per il merito. Infatti non solo sarebbe assurdo modificare per la sesta volta in 6 anni la soglia e sempre per valori diversi – dal 2007 ad oggi da 12.500 , 5.000, 12.500, 2500, 1.000 e ora forse 3.000 -, ma anche perché come sanno tutti quelli che vivono in questo Paese, gran parte del “nero” viaggia con transazioni in contanti.
Inoltre le argomentazioni in riferimento al settore assicurativo lasciano a dir poco meravigliati Senza pensare che gli italiani non possono comprare neanche una polizza vita senza usare carte o assegni».  Forse sarà utile ricordare che dal 2006 il Codice delle Assicurazioni  impone l’obbligo per gli intermediari di versare “su conto separato” i pagamenti di polizze, a garanzia degli assicurati e che per questo la "tracciabilità dei mezzi di pagamento" è di estrema importanza. Giova forse riportare le considerazioni fatte allora dall’Isvap in risposta alle obiezioni sull’art.47 del REGOLAMENTO n. 5 del 16 OTTOBRE 2006 CONCERNENTE LA DISCIPLINA DELL’ATTIVITA’ DI INTERMEDIAZIONE: “I limiti all’utilizzo del contante rispondono ad esigenze di maggior tutela del consumatore, in quanto consentono la tracciabilità delle operazioni effettuate; risultano, inoltre, compatibili con lo sviluppo raggiunto da mezzi di pagamento diversi dalla moneta e dalla diffusione dei depositi bancari e postali presso le famiglie italiane. Tale approccio, presente da tempo nel settore finanziario, è stato di recente confermato dalla legge 248/2006, con riguardo alle modalità di estinzione delle obbligazioni pecuniarie verso professionisti”.
E dato che in più di dieci anni il settore non ha messo in discussione la correttezza del Regolamento n.5, né per la presunta difficoltà nell’incassare i premi, né per la crescita della raccolta, che anzi nel vita sta registrando una netta ripresa, chiediamo di lasciare tranquilli assicurati e assicuratori.
 

 
 

mercoledì 23 settembre 2015

MISURE TIMIDE SE NON CONTRADDITTORIE


DDL CONCORRENZA
TIMIDAMENTE MA SI VA AVANTI
Approfondire il Disegno di Legge Concorrenza lascia una sensazione di moderata soddisfazione, sapendo che arrivare a quello che auspicava Renzi, cioè ”il Ddl concorrenza in Parlamento incontrerà le resistenze delle lobby ma noi le sfideremo”, non è per niente facile. Tanto rumore per nulla? Questo è quello che pensano associazioni professionali e dei consumatori ma forse rispetto alle lenzuolate di Bersani, rimaste poi delle affermazioni più di principio che sostanziali, questo è un primo passo avanti.

L’art.1 enuncia: «La presente legge interviene a rimuovere ostacoli regolatori all’apertura dei mercati, a promuovere lo sviluppo della concorrenza e a garantire la tutela dei consumatori, anche in applicazione dei princìpi del diritto dell’Unione europea in materia di libera circolazione, concorrenza e apertura dei mercati, nonché alle politiche europee in materia di concorrenza».

È sufficiente pensare alla non attuata liberalizzazione delle vendite dei farmaci di fascia “C “, alla possibilità reale per gli agenti di assicurazione di avere più mandati, tralasciando poi il silenzio delle varie istituzioni sulla questione Über/tassisti, per non essere troppo fiduciosi. La concorrenza dovrebbe essere favorita proprio per costruire seppur faticosamente, un mercato efficiente e di vera competizione.

Quando si scorre il suddetto Ddl, le misure appaiono timide se non contraddittorie. Ad esempio nel settore assicurativo non emerge nessuno sforzo particolare per costruire polizze ben fatte per tutelare l’assicurato che è capace di ricercare solo il prezzo basso. La portabilità dei fondi pensione salta del tutto: l’articolo 15, che prevedeva il totale trasferimento della posizione previdenziale del lavoratore in qualunque strumento di previdenza complementare, è stato sostituito con una norma che rinvia l’esigenza di «aumentare l’efficienza delle forme pensionistiche complementari collettive» a un tavolo di consultazione tra ministeri e parti sociali, da insediarsi entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge.

Novità anche per i notai: grazie a un emendamento dei relatori passeranno da uno ogni 7mila abitanti a uno ogni 5mila. La norma potrebbe portare il numero dei notai «dagli attuali 7mila fino a 10-12mila, dipenderà dai concorsi». Non è tutto. Cade per gli avvocati la possibilità di effettuare i passaggi di proprietà di beni immobili non residenziali di valore catastale non superiore ai 100mila euro, che torna così di competenza esclusiva dei notai. Con una serie di emendamenti bipartisan al Ddl, approvati dalle commissioni, l’articolo 28 del provvedimento («Semplificazione del passaggio di proprietà di beni immobili adibiti ad uso non abitativo») è stato sostituito con una norma che trasferisce , dai tribunali al Consiglio nazionale del notariato il registro delle successioni.

Inoltre anche le società di capitali potranno diventare titolari di farmacie private e quindi i soci non dovranno più essere obbligatoriamente farmacisti. Non esisterà più il limite massimo di quattro licenze in capo allo stesso soggetto. In sostanza quindi, potranno crearsi catene farmaceutiche e ci sarà più margine per sfruttare le economie di scala, fino a oggi molto ristrette dal limite di quattro licenze. Questo è quanto è stato fatto a favore della concorrenza tra farmacie, e quindi dei consumatori. Ci si augura possa produrre effetti tali da controbilanciare il punto a suo sfavore: la mancata liberalizzazione della vendita dei farmaci di fascia C.

Modifiche pure sul fronte della RcAuto. Tra le condizioni per ottenere gli sconti dalle assicurazioni non ci sarà più quella di far riparare la macchina dopo un incidente in una carrozzeria convenzionata, che tanto aveva indispettito le associazioni dei carrozzieri: in un altro emendamento si legge che «resta ferma la facoltà per l’assicurato di ottenere l’integrale risarcimento per la riparazione a regola d’arte del veicolo danneggiato avvalendosi di imprese di autoriparazione di propria fiducia». È confermato che la scatola nera dovrà essere installata a spese della Compagnia. E sono previste multe più elevate per le assicurazioni che si rifiutano o eludono gli obblighi a contrarre e a rinnovare una polizza (fino a 15mila euro) e per quelle che non applicano gli sconti obbligatori (fino a 40mila euro). Infine, le imprese di assicurazioni dovranno praticare uno «sconto significativo» a chi contragga più polizze.

Nello stesso tempo però o, come rilevato a più riprese dalle associazioni dei consumatori e dall’Organismo unitario dell’avvocatura, per i milioni di italiani titolari di una polizza RC auto non ne deriva nessun vantaggio bensì una riduzione dei diritti. Secondo Federconsumatori e Adusbef, i previsti sconti per chi accetterà di farsi inserire sulla macchina la scatola nera saranno infatti più che compensati dal costo di disinstallazione in caso di cambio di Compagnia. Quanto alla creazione di carrozzerie convenzionate, secondo i titolari delle officine creerà un monopolio abbassando la qualità delle riparazioni. Peggio ancora, l’obiettivo di rivedere al ribasso la liquidazione del danno biologico si tradurrà in risarcimenti più bassi fino al 40%.

Il caso specifico relativo alla riduzione del danno biologico per le piccole lesioni, che è quello che più ha agitato le associazioni e anche l’opposizione, è però stato “corretto” dall’introduzione di una sorta di danno morale che andrebbe a sommarsi al risarcimento personalizzato. Il sindacato maggioritario degli agenti di assicurazione (SNA) ha ribadito che: ”Pur comprendendo le ragioni delle imprese di assicurazione, non può non trascurare le istanze delle migliaia di piccole aziende artigiane che costituiscono l’ossatura dell’autoriparazione in Italia, nonchè le rivendicazioni delle Associazioni dei Consumatori e delle Vittime della Strada. La garanzia di un comportamento trasparente e corretto delle Compagnie e di un equo risarcimento a tutti i danneggiati, deve costituire un caposaldo irrinunciabile sul quale si basa qualsiasi futuro sviluppo dell’assicurazione in Italia.”.

In conclusione ci si poteva aspettare di più da questo decreto ma bisogna tener conto sia della forza delle lobby, sia dell’inadeguatezza di molti parlamentari e comunque, rispetto alle lenzuolate di Bersani, rimaste solo sulla carta, qualcosa è stato fatto. È solo l’inizio di quello che un governo innovatore si troverà davanti, l’importante è che la marcia sia cominciata.

 Massimo Cingolani   da arcipelago Milano 23 settembre 2015

giovedì 17 settembre 2015

LE BELLE NOTIZIE FATICANO AD EMERGERE


TRE BELLE NOTIZIE. UNA LATENTE

Desideriamo rilanciare due belle notizie del Corriere dell'11 cm, e darne una terza, inedita, latente, incredibile:
  • A Expo il tetto di Palazzo Italia è rivestito da 750 pannelli di cemento che, come spugne, assorbono lo smog. E' un prodotto (i.active Biodynamic) di Italcementi.
  • L'impresa Directa Plus (con sede nel polo tecnologico di Lomazzo) ha presentato al sindaco di Como un "salsicciotto" a base di grafene - un nanomateriale di atomi di carbonio - capace di pulire acqua e aria. 
   Milano e il lago di Como sono realtà splendide. Con forse un solo difetto: sono troppo inquinate. In tutta la nostra ambizione di crescita c'è troppo inquinamento. Ci sono troppi pericoli.
  Il sistema urbano inquinato e pericoloso limita la nostra possibilità di crescita qualitativa, che innova e si fa apprezzare nel mondo.

  Pensiamo al disastrato assetto idrogeologico lombardo (stiamo aspettando la prossima calamità). E alla quantità incredibile di rifiuti e di pericoli (poco nulla si sa) che ammorbano il territorio e il futuro. Anche qui il Cigno nero della catastrofe è in agguato.

  Eppure c'è in campo il grafene del caso. E' la terza notizia. C'è un soggetto economicamente interessato (punto decisivo) a ridurre al minimo i danni. E' in assoluto l'investitore istituzionale più potente e liquido, dichiaratamente disponibile a investire su infrastrutture e progetti che riducano a rischi i pericoli, e li mettano sotto controllo. E' l'Assicuratore. Un po' confuso e molto negletto.

  E l'abito di investitore istituzionale sta a puntino su un corpo - una sostanza, un ruolo, una "politica industriale", direbbe Dario Di Vico del Corriere della sera - di tutto rispetto: ha il compito di liberarci dai grandi rischi e (ormai) di Gestirli a tutto campo, per poterli misurare e assicurare. Così spiana la strada al proprio business. E' fattore di un essenziale equilibrio economico e sociale.

  Ora, a questo grafene dei rischi, per esprimere il suo potenziale, serve una Politica che abbia un certo respiro. Che spesso manca.

  Ad esempio. Il Comune di Milano ha pensato a un progetto di riassetto idrogeologico del milanese, a partire dall'idea che l'abbondanza d'acqua è una preziosa risorsa (può produrre energia). E qualcuno ha riflettuto: se lavoriamo sui rischi di disastro ambientale, gli Assicuratori saranno contenti. Facile che vendano più polizze, a premi inferiori, rischiando di meno, con meno sinistri. Potrebbero essere interessati a investire.

L'idea ci ha entusiasmato e ci auguriamo che abbia seguito .

Così come il progettino di gestione minimale del rischio di esondazione del Seveso, che con pari logica lo stesso Comune aveva messo in campo, coinvolgendo esperti responsabili. Sappiamo che si è infilato in discussioni di quartiere, di partiti e di gruppi. Ci auguriamo che non si perda.

Come sempre, le belle notizie faticano ad emergere. E, quando viaggiano, sono a rischio.

  Network Assicuratori lombardi - Francesco Bizzotto, Massimo Cingolani, Nicola Cattabeni, Corrado Bassetti, Emiliano Ortelli, Gianfranco Pascazio, Radames Viola

venerdì 11 settembre 2015

PARLIAMO DI LAVORO !


JOBS ACT, PENULTIMO ATTO
Stanno uscendo gli ultimi decreti attuativi del Jobs act (legge 183/14). Sembra di poter dire che il Governo Renzi si muove su una tastiera ampia e positiva per i lavoratori, per le imprese e per il sistema istituzionale interessato (pubblico e privato).
L'obiettivo è centrato. Mancando su uno di questi tre terreni la riforma non reggerebbe.
Ora il lavoro sarà più tutelato e attivato, l'impresa più libera e concentrata sull'innovare e competere, le Istituzioni (con una forte regia centrale) potranno concorrere tra loro ed esaltare le specificità (ruolo, missione, efficienza, risultati). L'intero sistema sarà informatizzato: assunzioni, trasformazioni e licenziamenti solo per via telematica; ogni lavoratore avrà un fascicolo elettronico personale accessibile. Tutti saranno più trasparenti e responsabili.
I Centri per l'Impiego (CpI - pubblici: il vecchio Collocamento) saranno liberi da incombenze certificative e amministrative (un sogno!), e potranno dispiegare le loro sensibilità e competenze (vien da dire: la loro storia) nei servizi più utili - orientamento e formazione - e nelle Politiche attive, nel Dialogo tra Domanda e Offerta di lavoro, in questa delicata e decisiva relazione di fiducia tra lavoratore e impresa. E' bene che siano gestiti dal Ministero e potenziati. Oggi sono una piccola armata Brancaleone (8.000 persone impegnate, contro 100.000 in Germania). Le voci pessimiste sul loro ruolo di professori - giuristi - economisti - giornalisti ora tacciono.
Beninteso, la riforma è impostata e la sua attuazione è battaglia politica largamente da fare a livello locale: Regioni e Città. Ci sono diversi nodi significativi. Quattro in particolare, viste le cose da Milano:
1) Tra pubblico e privato sia vera concorrenza (correre per obiettivi condivisi: l'interesse dei cittadini coinvolti). Non sia collaborazione, sinergia, muffe tranquillizzanti. Solo la concorrenza fa uscire il meglio. Lo sa l'imprenditore (che tende al monopolio) e lo deve / vuole scoprire l'ente pubblico. Il timore? Che alcune regioni vogliano essere più brave dei bravi e accontentino tutti (in negativo) con la spartizione. Alcuni ruoli (la gestione della "condizionalità" - riduzione dei diritti, decurtazione delle indennità per chi non si attiva) saranno in capo ai CpI. Per il resto, si sperimenti, regione per regione. L'utente avrà un Assegno di ricollocazione e potrà scegliere. C'è materia per un bel confronto. A Milano alcune PMI lo hanno già fatto: una pre-selezione di personale da parte del CpI è gratuita; nel privato costa cara. Io immagino che ci sarà chi è per i monopoli (pubblici e privati), e chi per la concorrenza, la trasparenza, l'efficienza e la soddisfazione del cittadino. E mi auguro che questa soddisfazione - con le migliori pratiche e i casi esemplari - sia misurata e pubblicizzata.
2) Nasce la rete dei servizi per le politiche del lavoro, coordinata dall'ANPAL (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro). Le Politiche Attive saranno centrali e il sostegno pubblico subordinato alla attivazione dell'interessato. Il Governo definirà un indirizzo triennale, obiettivi annuali e servizi minimi d'obbligo per tutti (LEP). E un unico sistema di controlli. La rete coinvolgerà tutti i soggetti interessati e li obbligherà a convergere con i loro dati. Sembra poco? E' quasi tutto. Senza dati puntuali, locali, non si fanno buone politiche del lavoro. In tema Maurizio Ferrera dice sul Corriere del 10 cm: "In nessun Paese Ue i dati medi sono così fuorvianti come da noi." La rete poi comprenderà le Università (essenziali) e le Camere di commercio, e quindi le imprese. Diciamolo papale papale: senza le imprese, le Politiche per il lavoro non si schiodano dalla fatica che sappiamo. E' stato un limite pauroso della vecchia sinistra che parla laburista e pratica l'antagonismo. E vedremo se le imprese sapranno mostrare "la giusta tensione verso il nuovo" che è loro mancata (Dario Di Vico sul Corriere della sera).
3) Politiche attive per chi? Il decreto attuativo apre alla tesi "positiva" a me cara: anche "per i soggetti a rischio di disoccupazione", non solo per i disoccupati. Potrà sembrare poca cosa ma consente, a livello di regione e di CpI, di allargare i servizi ai giovani laureati e precari incastrati in brutte situazioni. E, un po' alla volta, a tutti coloro che desiderano crescere, cambiare, misurarsi, rischiare, fare impresa. Si tratta di anticipare i problemi, non aspettare le crisi. Farà bene anche alle Agenzie private, oggi schierate - mi pare il loro limite - al servizio della Domanda (delle grandi imprese). Si prospetta un salto di qualità epocale.
4) L'Agenzia del lavoro (AFOL) Metropolitana di Milano. È in posizione di vantaggio grazie a un decennio di investimenti significativi di Provincia e Comuni. Sta costruendo la struttura unica che rilancia una bella tradizione di scuole professionali e di progetti in difesa del lavoro. Ha esperienze avanzate di Politiche attive e di servizi al lavoro e anche all'impresa. Bisognerà che questa realtà possa contare e farsi rispettare. La regione Lombardia deve praticare il federalismo e accettare che AFOL faccia il suo cammino. Anzi, chiederle di essere test di Politiche avanzate, innovative, anche ad alto rischio (dove rischio implica sempre progetto ben misurato). Per esempio, coinvolgendo soggetti inusuali (da noi) ma interessati al lavoro sicuro e alla prevenzione del danno. I lettori sanno qual è la mia proposta: l'Assicuratore, a certe condizioni. E la Milano Città Metropolitana - che vediamo un po' in affanno - ha qui un'occasione per fare bene: aiuti di più l'AFOL Metropolitana.
Questo è il Jobs act al penultimo atto. L'ultimo sarà la battaglia politica locale della attuazione. Ora, la nostra Politica locale è debole. La Lombardia vacilla. Milano sottovaluta il tema. Parliamone, differenziamoci chiaramente. Il Sindacato vuole servizi veri per il lavoro e svolgerà un ruolo positivo. Il lavoro è la prima preoccupazione di famiglie e imprese. Milano ha il miglior capitale umano d'Europa. Essere chiari e seri qui significa attrarre investimenti. Primarie sì, primarie no. Parliamo di lavoro!
Francesco Bizzotto, già presidente AFOL Nord Milano

venerdì 7 agosto 2015

ULTIMISSIME SUL DDL CONCORRENZA

DUE PASSI AVANTI E UNO INDIETRO?

Il defatigante iter di approvazione alla Camera del disegno di legge “Concorrenza” testimonia ancora una volta le difficoltà che incontra il governo in campo economico sociale, quando cerca di assumere come riferimento l’interesse generale, in questo caso quello del cittadino assicurato.


Le indiscrezioni di stampa ci fanno capire che, oltre alle lobby degli assicuratori, anche quelle di autoriparatori, avvocati, medici e società di gestione dei sinistri dispongono in Parlamento di poderose sponde, capaci di stravolgere a loro esclusivo vantaggio ogni provvedimento in materia di Rca. A partire dal diluvio di leggi e decreti attuativi che ormai da anni inondano il settore, con assai modesti risultati per i costi del servizio per il cittadino assicurato. Ci son voluti oltre tre anni solo per la rilevazione attraverso tutor e valichi telesorvegliati dellle targhe da abbinare alla banca dati delle assicurazioni e quando partirà, forse a ottobre, rischia di non produrre effetti perché non normata nel codice stradale.

Il nostro giudizio positivo sul dl del governo l’avevamo già detto lo scorso marzo (vedi comunicato sul Blog). Ora, sulla base delle indiscrezioni di stampa pare che tutti quei provvedimenti siano confermati con una sostanziale eliminazione delle opzioni per gli assicurati di scegliere il tipo di servizio desiderato.

Se l’obiettivo è quello di ridurre i costi delle polizze, sembra che si sia pensato a tante cose perdendo di vista il vero obiettivo.

Il ruolo del Governo dovrebbe essere orientato a due sostanziali strategie:

1.     La riduzione dei costi dei sinistri per portarli a livello europeo (se si vuole la tariffa europea)

2.     Stimolare la concorrenza tra le Compagnie assicurative.

 
Per il punto 1 è necessario (l’abbiamo ribadito più volte) incentivare la diffusione della scatola. Per fare in modo che il suo utilizzo sia diffuso, l’unica accortezza da fare è rendere i dati utilizzabili in sede giudiziaria. La scatola nera permette inoltre di raggiungere l’obiettivo che l’on. Impegno vorrebbe raggiungere con regole tariffarie “improprie”: la tariffa può venire costruita su nuove variabili legate alla qualità di guida riducendo il peso della variabile geografica, al Sud tariffe come al Nord. Inoltre al Sud sarebbe necessario intervenire per far rispettare le leggi: casco in testa e cinture allacciate. Questi sono aspetti che impattano non poco sulla frequenza e sull’entità dei sinistri.

L’altra strada è legata alle microlesioni: tabelle predefinite allineate ai livelli europei. Liquidazioni rapide e tribunali sollevati da numerose e costose cause. Questo approccio può poi essere esteso alle macrolesioni, quantomeno per uno standard di partenza a cui attenersi nelle valutazioni.

Tutto il resto (sconti stabiliti per legge, carrozzerie, banca dati antifrode, etc) incidono molto meno o addirittura nulla.

Per il secondo punto ci chiediamo dove sia finito il testo base della polizza obbligatoria. È curioso che la legge definisca “obbligatorio” avere una polizza senza specificarne il contenuto: forse è arrivato il momento di definire “cosa” sia obbligatorio. Solo in questo modo il consumatore può scegliere attraverso lo strumento “Preventivatore IVASS” che fino ad ora confronta il prezzo delle pere con quello delle banane.

E su questa polizza il Governo potrebbe introdurre una fiscalità di “vantaggio”: il testo obbligatorio potrebbe essere gravato di una imposta inferiore.

Per tutto il resto il Governo dovrebbe capire che esiste un mercato che, è vero, in questo momento non è particolarmente incline alla concorrenza ma che, con quanto detto sopra, è pronto a offrire servizi al consumatore.

Le Compagnie infatti stanno sempre più orientandosi a diventare “solutori” di problemi e non “erogatori” di denaro.

Ma è questo che chiede il consumatore evoluto.

Alcuni consumatori preferiscono una scatola nera compresa nel prezzo, altri preferiscono acquistarla a parte, altri ancora utilizzeranno una App integrata nel telefono. La cosa importante è che l’utilizzo della tecnologia sia utile a scovare i furbetti.

Il prezzo e il modello di business vincente lo definisce il mercato se il consumatore viene messo nelle condizioni di poter confrontare e scegliere.

Anche nel caso della carrozzeria: il consumatore (onesto) vuole l’auto riparata velocemente e a regola d’arte, sarà il mercato a definire se il modello vincente è quello delle carrozzerie convenzionate o quello delle carrozzerie libere.

Desta comunque meraviglia che ancora si pretenda di imporre a tutte le imprese una percentuale obbligatoria di sconti stabilite per decreto. Ma non avevamo detto basta alle tariffe di Stato, quando le abbiamo liberalizzate il secolo scorso? Per fortuna siamo in Europa e sicuramente qualche rilievo non mancherà di arrivare.

In ogni caso forse qualche voto di fiducia in più verrebbe vissuto da qualche parlamentare come lesivo del suo ruolo, ma rafforzerebbe di molto la difesa della democrazia, che è sempre più minacciata dall’inconcludenza di un sistema che, come Penelope, disfa di notte quello che tesse di giorno.

mercoledì 29 luglio 2015

EXPO E ASSICURAZIONI


 CULTURA DEL RISCHIO IN AGRICOLTURA

Parlare di Expo e assicurazioni, non vuol dire necessariamente indagare su gare poco trasparenti, ma significa anche dibattere in positivo di cultura della prevenzione. A questo proposito, un’associazione di intermediari, più precisamente di agenti, durante il periodo dell’Esposizione ha organizzato una serie di convegni laboratorio per approfondire in maniera scientifica il rapporto tra agricoltura e assicurazioni, in particolare il “trasferimento al sistema assicurativo dei rischi della filiera dei prodotti enogastronomici italiani di qualità“.

Il mondo delle assicurazioni non può far mancare il suo contributo a un settore come quello dell’agroalimentare, che costituisce una colonna portante dell’economia e il principale volano del nostro sviluppo sui mercati esteri. Non si deve poi dimenticare che le compagnie di assicurazione, in particolare nell’allora Regno Lombardo Veneto, nacquero per tutelare gli agricoltori dagli incendi e dalla grandine.

Il settore agroalimentare riveste nel nostro Paese una notevole importanza, ma è anche grande la sua vulnerabilità rispetto a un’ampia casistica di pericoli ed è necessario far capire agli imprenditori l’importanza di una gestione del rischio integrata, trasversale e altamente qualificata.

Quella agricola è un’attività continuamente esposta al rischio; in particolare dai fattori esterni di sistema, quali le condizioni ambientali e climatiche che incidono direttamente sui risultati economici dell’esercizio, che per loro natura sono difficilmente assoggettabili al controllo imprenditoriale. Oltre a questi vi è il rischio di mercato, riferito al prezzo di vendita dei prodotti, rischio connesso al costo dei fattori produttivi da acquistare fino ad arrivare al processo di globalizzazione delle politiche agricole. Vi è dunque la necessità di attuare strategie di controllo dei pericoli che portino a una riduzione dell’esposizione dell’azienda in caso di eventi avversi.

Le difficoltà avvertite dall’agricoltore sono di due tipi, quelle legate alle avversità biotiche e a quelle abiotiche, che generano il rischio di produzione, ossia che le rese e la qualità prodotta siano inferiori alle attese. Per biotiche si intendono i parassiti di origine animale come gli insetti, oppure non parassitarie come le erbe infestanti. Quella abiotiche sono quelle di natura meteo-climatica come la siccità, il vento sciroccale forte, le temperature, la grandine, o di “altro tipo” quali l’inquinamento del suolo, dell’acqua e dell’aria, l’uso non corretto di diserbanti, gli incendi.

Il paradigma di tutti questi tipi di alea è il frumento, una coltura che per la sua capacità di adattarsi ha esteso il proprio areale di coltivazione ai cinque continenti, ora i cambiamenti climatici veloci rischiano di mettere in crisi questa preziosa risorsa dell’umanità. Tendenzialmente, ci si attende una intensificazione delle incertezze e delle incognite dei principali parametri di riferimento, dalle temperature, alle rese e alle qualità organolettiche. Le problematiche relative alla coltivazione del frumento caratterizzate dall’insorgenza di nuove patologie vegetali sono solo l’inizio di un nuovo interesse al rischio in agricoltura.

Nel nostro paese ci sono poi delle specificità di attenzione come il fenomeno della contraffazione, che provoca danni enormi al Made in Italy, non solo in termini economico -produttivi, ma identitari, per questo richiede uno sforzo sinergico: un’operazione culturale volta ad evidenziare le ripercussioni “sociali” di questa tipologia di danno e soluzioni innovative per contrastarla. Il settore assicurativo può giocare un ruolo strategico nella misura in cui, sarà in grado di qualificarsi come “security manager” innescando un circolo virtuoso di progresso e futuro.

Ogni settimana nello Spazio economico europeo (SEE) si verificano 22 ritiri di prodotti alimentari dal mercato a causa dei possibili danni che possono arrecare ai consumatori, negli Stati Unti il numero sale a 30. Dall’analisi delle informazioni, obbligatorie e facoltative, presenti sulle etichette emerge l’importanza cruciale del controllo della filiera produttiva e il suo valore in termini di vantaggio competitivo. Infatti un solo ingrediente contaminato può rendere necessario il ritiro e la sostituzione del prodotto e causare una prolungata interruzione di attività, nonché un grave danno di reputazione e una perdita di profitto.

Il rischio reputazionale si colloca ai primi posti nella lista dei top business risk e la diffusione di internet e dei social media espone a ulteriori pericoli il “brand” delle aziende, in particolare quelle di piccola dimensione, che non possiedono gli strumenti interni per fronteggiare una crisi d’immagine. In questo senso il ruolo del mondo assicurativo è da un lato quello di creare una cultura del rischio etica, consapevole e volta a far comprendere al management l’importanza di processi e strutture che tutelano i valori intangibili; dall’altro quello di sviluppare garanzie specifiche di crisis mitigation e financial loss.

Il primo concetto da chiarire quando si parla di filiere agroalimentari è che un alimento è tale se, e solo se, è sicuro. Ciò posto, ogni alimento è soggetto a una diversa esposizione al rischio, non solo inerente il suo stato di conservazione, ma dipendente dalle sue caratteristiche intrinseche che tendenzialmente lo possono esporre o proteggere dai microorganismi. Alimenti comunemente considerati sicuri come i vegetali sono in realtà i maggiori responsabili dei casi più frequenti di ospedalizzazione per intossicazione alimentare. Infine, in un’ottica di filiera occorre considerare che spesso l’anello debole è costituito dal consumatore e dal suo comportamento dal momento in cui acquista un alimento a quando poi lo consuma.

Queste iniziative terminano con una semplice battuta: “in ordine al manifestarsi dei rischi in agricoltura, occorre attrezzarsi con strumenti adeguati o affidarsi all’intercessione dei santi? con riferimento al miracolo di San Grato “… la grandine cade nel pozzo risparmiando le campagne …”.

Massimo Cingolani

ASSICURARE LA SALUTE

C’È UN CAVALIERE BIANCO?

Bologna Medicina, maggio 2015. L’appello di Luc Montagnier, premio Nobel 2008: «Nei nostri Paesi mancano sì i fondi alla ricerca. Pubblici e privati. Ma c’è un fatto, più importante: serve più spirito di innovazione». E nel 2012 aveva detto: «La nuova medicina deve essere innanzitutto preventiva e personalizzata». Cambiamo il sistema Salute. Apriamo alla concorrenza (correre insieme per obiettivi condivisi) per fare spazio alla Prevenzione e premiare le eccellenze. Chiamiamo il soggetto più interessato alla Prevenzione delle malattie e alla Personalizzazione delle cure: l’Assicuratore. Farà arrivare risorse aggiuntive per due vie. E guardiamo al rischio di non Auto-sufficienza in età avanzata. Si può dimezzare con la Prevenzione e la Riabilitazione. Serve un progetto di respiro, che abbia consenso. Serve la Politica.

Tira aria di tagli alle prestazioni sanitarie. Ma al sistema, stanco di cure gestionali, servono prospettive e apertura. Investimenti, non ristrettezze. Risorse aggiuntive, ricerca e innovazione, non chiusure e tagli. Ora che il consumo leggero si è contratto e il risparmio è aumentato (siamo primi al mondo, secondo Piketty), c’è spazio per un’offerta di percorsi e servizi di cura della Salute. Possono farci risparmiare un sacco di soldi. Vedo le due iniziative di Montagnier per attrarre investimenti e un soggetto (un cavaliere bianco) interessato a favorirle, per due vie, dirò:

1° La Prevenzione. Si tratta di rompere il monopolio del rimedio (anticipare la cura). Investire in percorsi di prevenzione di malattie, infortuni, epidemie comportamentali. La chiusura qui porta a eccessi specialistici (carenza di visione) ed è alla base del lievitare del rischio di responsabilità dei medici. Non a caso nell’antica Cina venivano pagati per il solo tempo della Salute. È una scelta etica. E, come convincere il monopolio ad aprirsi? Con…

2° La Personalizzazione. È esigenza espressa. Rimette al centro il cittadino e si piega al suo carattere. Gli offre possibilità di scelta nel merito, non pro forma, come nel sistema di cura lombardo. Gli fa scegliere priorità, percorsi, comportamenti. E poi gli specialisti, le terapie alternative, i tempi del ricovero, il comfort. Implica un concorrere alla sua soddisfazione. E un lasciarsi misurare da lui. Un concorrere tra operatori di Prevenzione, cliniche e ospedali, e all’interno degli stessi ospedali. È il senso dei reparti solventi. Questa concorrenza sortirà come effetto un qualificarsi del privato e l’innalzarsi dello standard di base. A cominciare dai tempi delle prestazioni. Oggi da piangere.

E qual è il cavaliere bianco economicamente interessato a prospettive così virtuose? L’Assicuratore. Un mestiere con una storia tra le più antiche. Quasi millenaria. Eppure con un’immagine offuscata e un respiro affannoso. Non siamo più nel XVII secolo, quando alle porte di Milano si leggevano cartelli con scritto: “Vietato l’accesso a zingari e assicuratori”. Tuttavia è necessario che l’Assicuratore si esprima meglio, si sbilanci di più, si affermi. Si renda disponibile a innovare, investire, dare garanzie e rischiare sulla Salute, com’è nel suo DNA.

È un mediatore orientato ai grandi numeri e interessato alla Salute, cioè a non pagare sinistri. Ed è un investitore strategico, di lungo periodo, con questo nuovo orizzonte: investire per rendere misurati i grandi rischi. In nessun altro modo può renderli assicurabili. Dunque, può far giungere risorse alle strutture che sanno eccellere per due vie: l’investimento diretto su grandi progetti e la scelta (a costo mediato, accessibile) del cittadino. Offre spesso nelle sue polizze “Sanitarie” percorsi di Prevenzione che possono essere ampliati e mirati. Mi diceva un’esperta: bastano tre visite in età scolare per ridurre del 50% le malattie in età adulta. Fate quattro conti!

Quella dell’Assicuratore è una funzione di solidarietà impersonale (scelta, su misura e pagata) nei grandi rischi. Una funzione, che va oltre la gestione comunitaria (mutualistica) dei rischi omogenei, dei diritti. Tiene insieme libertà d’iniziativa, di rischio, e sicurezza di relazioni sociali.

La logica dell’Assicuratore, fin dai tempi di Alfonso Desiata, è integrativa del pubblico (non sostitutiva). Si tratta, allora, non di delegare ma di definire un progetto e un rapporto istituzionale. Un progetto politico che abbia consenso su un chiaro indirizzo: salvaguardare, innovare e integrare il sistema Sanitario. Lo fa da vent’anni la Germania.

E la Germania è un buon riferimento anche per il capitolo non scritto più delicato, di cui si discute in questi giorni a Bologna: il rischio di non Auto-sufficienza in età avanzata. Quasi metà delle famiglie sperimenta la sofferenza e la fatica di questa malattia. Non possiamo chiudere gli occhi e lasciare sprecare fiumi di risorse in rimedi senza progetto. E soprattutto senza porre al centro della gestione di questo rischio i due punti indicati da Montagnier: la Prevenzione (che qui significa anche Recupero, Riabilitazione: possibile al 50%) e la Personalizzazione, che implica anche responsabilità (pensarci bene, per tempo).

Diamoci, dunque, questi obiettivi: garantire, non tagliare, le Prestazioni di base, attirare risorse con la Personalizzazione che premia le Eccellenze, rompere il monopolio della Cura con la Prevenzione, investire in Ricerca e per l’Auto-sufficienza in Età avanzata.

Obiettivi possibili? Solo con un’articolata e plurale discussione politica. La Politica: la carità più grande, diceva Paolo VI. Milano e la Lombardia lo sanno. Ci mettano il cuore e la testa.

Francesco Bizzotto