lunedì 28 ottobre 2024

ONU DA AFFERMARE E RIFORMARE

NON CEDERE ALLA VENDETTA 

NÉ ARRENDERSI ALLA LOGICA DELLA GUERRA

(rincorsa e miseria)

Sbaglia il Corriere della sera (Editoriale di ieri di Paolo Valentino) a prendersela con il segretario generale dell'ONU Guterres. 

Noi opulenti, ogni tanto ci svegliamo. Dopo decenni di trascuratezza, ci accorgiamo di quanto sia importante potenziare e riformare l'ONU. Per mettere il dialogo davanti alle armi, non cedere né alla barbarie né alla vendetta (come ha detto Macron a Netanyahu). 

Solo l'ONU può portare a una pace giusta, ha più volte ribadito il presidente Mattarella. 

Se però non vogliamo la barbarie e non lavoriamo per l'ONU, ci rimane una sola via, utile a Putin, a cui molti si vanno acconciando; prendere atto dei rapporti di forza militare, delle conquiste territoriali. Ma, questa via porterà alla rincorsa delle armi (e delle aggressioni) e alla miseria per tutti. 

Un esempio. Il siparietto tra Di Battista e Cacciari dei giorni scorsi, con il primo, filo Trump, che si sente più vicino ai russi che agli inglesi e il Cacciari pacifista (non una parola sull'ONU) che dice: l'Europa si distingua dagli Usa; lavori per un accordo con la Russia. Rispettare gli imperi, prenderne atto!

Così, anche per Zelensky (logica della forza) il roccioso e volonteroso segretario generale dell'ONU Guterres, che dialoga con i BRICS, diventa un ostacolo. 

Ma, ONU vuol dire dialogo, mediazione, onestà intellettuale, anticipazione dei problemi: trasformazione dei Pericoli smisurati di guerra nucleare (azzardi in cui siamo) in Rischi valutati e gestibili. 

E ONU vuol dire uso appropriato della forza militare: mettere – in modo formale, reale – le ami in subordine rispetto al dialogo e alla mediazione; alla Politica. 

Europa e Usa stiano uniti (Putin mira innanzitutto a dividere Europa e Usa) e superino l'illusione ottica di potersi salvare con la forza, senza un'Istituzione mediatrice che apra ai Paesi del Sud; senza un salto di qualità dell'ordine globale. Implica ridare ruolo e vigore all'Istituzione che sancisce una logica di pace, positiva: l'ONU. A questo i BRICS e molti altri Paesi sono fortemente interessati. 

E, qual è il punto? Favorire aggregazioni e accordi tra Paesi (in Asia, in Africa, in America latina, in Europa!) per nuovi rapporti globali che trovino la forza delle idee, delle Opinioni pubbliche, per imporre la riforma dell'ONU e far prevalere mediazioni e accordi win win. Che nessuno possa pensare ad azzardi barbari, smisurati, oggi insostenibili.

Francesco Bizzotto 

mercoledì 23 ottobre 2024

IL RAPPORTO DRAGHI

L’EUROPA PUÒ RIPARTIRE

 Il rapporto di Mario Draghi alla Commissione e al Parlamento dell’UE ha suscitato un dibattito che si è subito smorzato perché – dice Daniele Manca, Corriere della sera, L’Economia, 17.10 us – manchiamo di “voglia di scoprire e immaginare il futuro”. “La testa è affollata da bonus, agevolazioni, decontribuzioni, defiscalizzazioni”.

In Europa, ha detto Draghi, per crescere, innovare, servono grandi investimenti e una dinamica, un contratto sociale e una governance. Per non subire il cambiamento declinando, come stiamo facendo. Qui ci focalizziamo su due temi (il Lavoro e i Rischi) che vediamo intrecciati: le nostre risorse chiave. Il Lavoro perché può, solo lui, solo reti armoniche di specialisti, organizzate nelle imprese e non solo, contribuire a innovare e a gestire senza affanno e senza gravi danni, gli sviluppi digitali, l’Intelligenza Artificiale (IA).

Questa – lo ricorda un suo protagonista, Federico Faggin – ridurrà i tempi di esecuzione dell’80% e chiede di essere gestita da persone che ne sanno più di lei; da specialisti con visione larga e un certo grado di autonomia. Su ciò che chiedi di fare alla macchina (o su cui la interroghi) la devi sapere lunga, più di lei.

E i Rischi? Li abbiamo tenuti separati dalle Possibilità, mentre solo insieme aprono a strategie lungimiranti, a progetti e processi curati, a sagge valutazioni e giuste misure. Solo se gestiamo insieme le Possibilità / Rischio (P/R) possiamo sperare in saldi positivi, senza sorprese; senza disastri. Siamo abbagliati dalla potenza della Possibilità ma “tutto ciò che è in potenza è in potenza gli opposti” (già Aristotele, citato da Emanuele Severino). Il Possibile ha in sé esiti opposti. E, più grande è la Possibilità, più grande è il Rischio.

Ora, Lavoro e Rischi sono due punti di forza della cultura europea su cui possiamo avanzare. Il percorso di Draghi è ambizioso e credibile. Può avere ampio consenso. È in sintonia con il chakra del cuore (apice individuale, occidentale) che invita a coltivare ragioni e fare mediazioni.

E la consapevolezza del Rischio ci deve indurre a prendergli bene le misure. Ad esempio, con pareri esperti, terzi rispetto agli interessi, atti a porre paletti, anticipare sviluppi e danni. Un nodo su cui si sta lavorando.

Evidenziamo i punti salienti del rapporto Draghi e ne sottolineiamo il valore. Desideriamo contribuire. “L’Europa cambi radicalmente”, ha detto, e si proponga di essere tra i leader nel digitale, faro di responsabilità verso l’ambiente e attore di sicurezza e pace.

LE IMPRESE: PRODUTTIVITÀ, INNOVAZIONE, RICONOSCIMENTI

E l’obiettivo per le imprese? Aumentare la produttività, gli stipendi e la competitività con la digitalizzazione e con l’innovazione. Il reddito da lavoro dal 2000 è cresciuto del doppio negli Usa rispetto all’Ue, per il vantaggio nelle tecnologie digitali (“guideranno la crescita futura”). Oggi, solo 4 delle prime 50 aziende tecnologiche sono europee. Vanno cercati nuovi motori per crescere e pagare di più il lavoro. Usare a fondo il digitale e, “soprattutto”, “sbloccare il nostro potenziale innovativo”, “colmare il divario di innovazione”, per una “innovazione rivoluzionaria”.

Sottolineiamo: l’innovazione “rivoluzionaria” va oltre il digitale, l’IA, i processi. Interessa anche l’offerta, i prodotti e le relazioni con i clienti e nell’impresa. Interessa l’uomo intero, i servizi, le garanzie, la cura, i rapporti professionali e umani, la fiducia. Una politica industriale, questa, che si fa apprezzare e conquista i mercati con alta probabilità.

È chiaro: servono ingenti investimenti pubblici (“debito comune”) e privati: 800 miliardi l’anno, stima Draghi. Qui si gioca (e pare incagliarsi) la partita. Germania e Paesi del Nord si fanno sentire. Pensiamo abbiano buone ragioni: il debito è una moneta, una Possibilità / Rischio (P/R) a due facce che va gestita come tale in entrambi i suoi lati (luci e ombre): finalizzare i debiti a progetti con obiettivi e riforme misurabili. E cambiare la prospettiva.

DEBITO COMUNE E INVESTIMENTI PUBBLICI E PRIVATI

Come? Intrecciare l’investimento pubblico e privato; dare al primo un ruolo di indirizzo e garanzia, e al secondo di gestione, efficienza, rigore. Il pubblico da solo non ce la fa. Ed è sbagliato lasciarlo solo, separato dal privato. Molti presidenti di regione del nostro Sud pensano agli investimenti pubblici come a Possibilità (coesione, solidarietà e consenso locale) a buon prezzo, senza Rischio. Questa Possibilità non esiste.

Il privato in Europa è pieno di soldi. Desidera e ha una necessità logica di investire nella società. Gli servono garanzie di serietà. Ad esempio, gli Assicuratori europei (investitori istituzionali di lungo periodo da 12 mila miliardi): Solvency II li impegna a fare buoni bilanci investendo nelle infrastrutture e nelle istituzioni; per anticipare, formare i trend dei rischi. Questi investimenti possono ridurre le probabilità di danno, i sinistri e i premi. Semplice.

È tempo che il privato assuma ruolo e responsabilità nella gestione dei beni collettivi; che finisca la storica maledizione ricordata da Elinor Ostrom in La gestione dei beni comuni: ciò che è di tutti riceve la minima cura. Non ce lo possiamo più permettere. L’ostacolo è nel pubblico (che teme e non sa aprirsi) mentre il privato capisce bene che non esiste che la nave affondi e lui seguiti a ballare.

Dunque, la Coesione Politica è un valore prezioso, essenziale. E nell’impresa si tratta di raddoppiare il tasso di libertà, partecipazione, concorrenza (“correre insieme per obiettivi condivisi” – Massimo Cacciari).

LAVORO. FORMARE COMPETENTI IN RETE. USA IN VANTAGGIO

Sul Lavoro, Draghi propone di rinunciare al vessillo della flessibilità perché “la competitività non si gioca sul costo del lavoro. Non in misura primaria”. Decisiva è la formazione.

Solo il competente capace, coinvolto e rispettato, è creativo e può gestire le P/R dell’IA. Aggiungiamo: solo se inclina alla “Contemplazione”, ovvero se ha un livello adeguato – non banale – di convinzione, motivazione, concentrazione, equilibrio e armonia personali. Se si distrae e guarda l’orologio non è certo creativo e le P/R dell’IA tendono al Cigno nero, alla catastrofe; a produrre, dopo bagliori, disastri irrecuperabili, senza rimedio.

È vero: la competitività (la produttività) si gioca sulla risorsa umana formata. Ma, l’idea di flessibilità europea era giusta perché e quando tendeva a favorire la mobilità del lavoro e quindi la libertà, sia del lavoro sia dell’impresa. Su questo tema Draghi dice: “Garantire a tutti i lavoratori il diritto all’istruzione e alla riqualificazione, consentendo loro di cambiare ruolo (…) o di ottenere buoni posti di lavoro in nuovi settori”. Chiara indicazione, che richiede di investire nelle “Politiche attive”. Queste favoriscono la condivisione e armonia in azienda, presupposto di innovazione e produttività. E, nei casi in cui l’armonia non si realizzi? Politiche attive significa concordare un percorso di fuoriuscita della risorsa dall’azienda. Come dice Draghi.

In tema, è il dibattito Usa? Ne abbiamo parlato, citando le fonti. Il primo rischio della medio - grande impresa Usa (il 70% dei suoi direttori generali) riguarda le competenze, il capitale umano. In primis, l’impresa – prima dello sconquasso delle guerre – deve rendersi attraente e soddisfare i competenti. E gestire il loro mix di diversità nelle reti aziendali. Per aumentare le probabilità di innovare. Qui c’è un ribaltamento, un salto qualitativo: dall’antagonismo del ‘900 alla Rete delle partecipazioni imprenditive, responsabili. L’Europa può fare meglio. Riflettere sulle esperienze europee di partecipazione: ad esempio sulla lunga e coraggiosa co-gestione tedesca come sulle idee della cultura cattolica. Valorizzare la libertà e rischiare il consenso con vantaggi fiscali per chi si orienta a fare accordi e pratiche di Rete.

ENGAGMENT: LAVORO CREATIVO, “CONTEMPLATIVO”

Dice Ferruccio de Bortoli sul Corriere della sera del 20.10, p. 30: “In base all’indagine State of the global workplace di Gallup, il senso di estraneità dei dipendenti, che sfiora in alcuni casi il risentimento, è in Italia molto più alto che nella media dei Paesi più industrializzati. (…) Ed è largamente più basso nel confronto internazionale il grado di coinvolgimento dei lavoratori italiani nelle scelte aziendali”.


Alla Rete servono donne e uomini nuovi: l’Oltre-uomo (quello del Nietzsche di Vattimo e Cacciari) che esca dalla “caverna egoica”, che tramonti al mito del potere come dominio. Che tipo è? Lo abbiamo chiamato “Contemplativo”. Una donna e un uomo forti in termini materiali e spirituali. “Essere Pace”, propone il monaco buddhista Thich Nhat Hanh (1926 – 2022). Se non sei Pace, la tua vita perde senso e non puoi essere il creativo che vuoi essere e che serve.





Un “uomo intero”, direbbe Georg Simmel (1858 – 1918), 
che ce lo ha mostrato prima delle due tremende guerre europee del ‘900. 
Sono le relazioni la nostra area di crescita, mentre le cose (la tecnica e le individualità) sono i nostri punti di forza, ancor più da valorizzare. Ha ragione Draghi.





Abbiamo fiducia che cosa fare fluirà con una certa spontaneità. Il problema, diceva il formatore svizzero Gustav Kaeser (1926 – 1982; di mamma cinese e papà tedesco), è il “come” farlo. È attorno al come, alla forma, alle soft skills, alle competenze trasversali e relazionali, che ci dobbiamo arrovellare.




E il “Contemplativo” che tipo è?

1° Raccolto e in pace, sicuro e concentrato, con un suo mix di pensiero e silenzio.

2° Osservatore sottile (vede bene, ammira, apprezza).

3° Il suo agire è un fluire (alla Ayrton Senna: immagina, anticipa, processa).

4° In lui sono latenti e crescono idee di fiducia, gioia, gentilezza.

Sì, è una persona gentile!

Francesco Bizzotto


venerdì 18 ottobre 2024

PREVENIRE, ANTICIPARE.

L'ASSICURATORE INCLINA  ALLA CONTEMPLAZIONE

C'è un vecchio attrito nel mondo assicurativo tra tecnica (assumere i rischi) e finanza (gestire i soldi). 

La finanza ha messo sotto la tecnica. In un certo senso, l'ha anche salvata. Questa infatti si è lungamente attardata sulla probabilità oggettiva, statistica, autosufficiente, basata sul passato (oggi: Big data). Poco affidabile. Ciò, nonostante il lavoro del matematico applicato Bruno de Finetti: la probabilità è soggettiva, relazionale, processuale, inventiva, dipendente (oggi: Small data). 

La vecchia matematica, la statistica, ci porta a sbattere, perché i rischi sono sempre più probabilità alla de Finetti. Ma ecco che Unipol e Ambrosetti fanno una ricerca che conclude (Corriere della sera di oggi, p. 37): "Il welfare si salva soltanto puntando sulla prevenzione". Dice D. Pol.: "Ogni euro investito in prevenzione genera un ritorno di 14 euro sulla filiera socio - assistenziale. Tuttavia, solo l'8% della spesa sanitaria pubblica è destinato alla prevenzione". 

Vale in generale: il mondo si salva solo se punta sulla prevenzione; solo se entra nell'ottica di una diffusa capacità di anticipare gli eventi, cioè di progettare e lavorare bene, responsabilmente. È il significato vero della resilienza. Questo impegno merita un vantaggio fiscale. Richiede e nutre un uomo nuovo, un autentico Oltre uomo: ricco di coscienza, libero, sciolto e insieme concentrato, specialista; competente con visione ampia. Abile con la tecnica e nello spirito. 

È un tipo Contemplativo (l'ideale delle suore cattoliche Usa della Lcwr). Cosa fa? 1° osserva bene, a fondo, a lungo, e ammira, apprezza; 2° agisce come Ayrton Senna (immagina, anticipa e poi processa, fluisce); 3° coltiva se stesso, medita, respira, sta sul presente. È l'uomo che può reggere la velocità e i rischi del digitale, della Intelligenza artificiale.

Francesco Bizzotto 

sabato 5 ottobre 2024

CLIMATE CHANGE

CALAMITÀ NATURALI

I cittadini saranno responsabili attivi dei propri beni?

Era il maggio 2012, Governo tecnico Monti, dopo il terremoto che colpisce l’Emilia-Romagna e parte della Lombardia, viene emanato il DL15 maggio 2012, n. 59: Disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile. Il decreto prevede all’art 2 la copertura assicurativa su base volontaria contro i rischi di danni derivanti da calamità naturali con l’obiettivo di avviare un regime assicurativo per la protezione dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati. L’operatività del sistema è rimandata ad un regolamento da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell’economia e delle finanze. Un decreto coraggioso perché segna una svolta nel nostro sistema di welfare soprattutto a livello di principio, escludendo la prosecuzione di un sistema assistenzialista, non più sostenibile, chiedendo al cittadino di farsi parte proattiva, anche con un’assicurazione volontaria supportata da incentivi. Questo dunque in teoria, ma in pratica? Il Governo aveva tempo fino al 15 agosto 2012 per emanare i regolamenti attuativi che dovevano esplicitare anche le misure individuate per evitare che le compagnie si prendano i rischi migliori, non stipulando polizze nelle aree maggiormente a rischio. Sono passati quasi 15 anni e lo aspettiamo ancora. 

Nel 1992 il Presidente del Consiglio Amato dichiarò che lo Stato non aveva la capacità di gestire in modo corretto e con criteri di economicità l’erogazione di indennizzi a valle di gravi calamità naturali e accennò alla possibilità che tale funzione potesse essere svolta dalle compagnie assicurative. Per almeno tre volte (2002, 2004, 2008) in leggi finanziarie si è tentato di inserire l’assicurazione obbligatoria su edifici privati per rischio calamità. 

Ma la prima forza politica a parlare di rischi catastrofali e della necessità di assicurarli fu solo il PCI durante la Prima Repubblica. Le strategie di previsione e prevenzione si basano su alcuni capisaldi che sono: 

1. la riduzione sistematica del rischio, con azioni e interventi che devono essere attuati prima che il danno si concretizzi in forma di disastro o catastrofe. Si tratta di una razionalizzazione del rapporto tra ambiente e insediamenti antropici ottenuta con il controllo pianificato della sicurezza su tutto il territorio. 

2. La preparazione e l’approntamento dell’organizzazione di protezione civile e, in particolare, la predisposizione delle forze, dei mezzi, delle misure organizzative, delle procedure operative. 

3. L’elaborazione dei programmi e dei modelli da applicare per la riabilitazione e la riparazione definitiva dei danni che possono essere causati da un evento catastrofale. 

All’interno della spesa per l’attività di soccorso e ricostruzione, si possono liberare delle risorse attraverso un sistema misto che affianchi, come avviene in molti paesi colpiti spesso da simili eventi catastrofali, all’intervento statuale l’intermediazione assicurativa, opportunamente incentivata attraverso specifici provvedimenti fiscali. Nel caso si optasse per un’assicurazione privata obbligatoria con l’estensione della copertura incendio sarebbe fondamentale che la valutazione dei rischi sia lasciata autonomamente alla Compagnie senza interventi “politici” non supportati da valutazioni tecniche. 

Un altro aspetto sarebbe la creazione di un fondo di garanzia in grado di intervenire in forma integrativa per eventi di particolare gravità. I recenti eventi climatici hanno evidenziato casi di abusivismo e mancate verifiche; infatti, il pubblico controlla poco e male a causa dei suoi conflitti d’interesse e spesso anche perché coinvolto nella corruzione. Una Compagnia di assicurazione, il cui compito è stimare i rischi per costruire il premio, sarebbe invece motivata a chiedere ai controllori che le norme siano rispettate. Inoltre il modello assicurativo risarcirebbe direttamente i soggetti danneggiati affidando loro le risorse necessarie per la ricostruzione ed evitando che si perdano nelle inefficienze, nei ritardi, negli sprechi della macchina burocratica e nella corruzione, per non parlare della criminalità organizzata. Il risarcimento diretto consente ai danneggiati di essere padroni delle proprie scelte. La ricostruzione deve avere un senso per l’individuo, che potrebbe se vuole anche decidere di allontanarsi da un territorio che lo angoscia, per ricostruirsi la vita da un’altra parte, e questa è una grande scelta di libertà individuale ed economica. 

Qualsiasi intervento in tema di assicurazione private per calamità naturali ha purtroppo un punto debole spaventoso: il dissesto idrogeologico del suolo e l’abusivismo ad alto rischio. Si è costruito praticamente ovunque anche nelle “zone rosse” come, ad esempio, quelle individuate nelle “Carte di localizzazione di probabili valanghe”, per non parlare del Vesuvio e dell’Etna. È necessario pensare ad una riforma strutturale di risposta alla calamità, in questa cornice va inserito il tema dell’assicurazione degli immobili privati. Va costruito un modello di risk partnership tra Stato/ Industria assicurativa/ cittadini contraenti elaborato su una piattaforma precisa di assunzioni di responsabilità. 

Qualche esempio? Norme edilizie e sfruttamento del territorio coerenti con una metodologia di assicurazione per eventi naturali, particolare attenzione alla tenuta del comparto assicurativo e di riassicurazione tenuto conto del fatto che quest’ultimo è basato anche su un sistema di ricorso a strumenti di finanza derivata; sgravi fiscali per i cittadini assicurati. 

Non a caso i primi a non essere interessati sono le Compagnie di assicurazioni, Confedilizia, gli ordini professionali. Fare delle scelte in questo paese è sempre difficile. 

Ci sono esempi di altri paesi simili al nostro? Si, la copertura assicurativa obbligatoria è abitualmente offerta in partnership tra soggetti pubblici e privati; il settore privato ha competenze di valutazione dei rischi e dei danni, delle reti di distribuzione e di liquidazione, questo è quel che succede per esempio in Francia, Spagna, Svizzera, Turchia, Islanda. In Francia la polizza è obbligatoria dal 1982 e costa 25 euro annui, adesso a causa degli eventi verificatesi in particolare nei territori d’oltremare si sta valutando di portali a 40 euro. Una delle obiezioni che si fa a questa proposta è che sia una tassa, e allora? qualora fosse, che male c’è? Le tasse non sono una cosa bella, affermazione più che mai bizzarra, ma una cosa necessaria. Come sosteneva Benjamin Franklin, uno che di tasse se ne intendeva avendo fatto una rivoluzione (americana) per pagarne di meno: “nella vita nulla è inevitabile, tranne la morte e le tasse”, e non ho mai sentito dire che la morte è bellissima. Un’ultima nota tecnica personale, in Italia l’unica polizza obbligatoria di massa è stata la RCAuto, e per anni ha avuto una tariffa amministrata, cioè una tariffa uguale per tutti. Credo che per il periodo iniziale, qualora diventi obbligatoria la polizza “catastrofali”, si debba usare lo stesso criterio, essendoci in questo paese poca concorrenza e la tendenza all’oligopolio. 

Comunque, non preoccupatevi, non succederà niente.

Massimo Cingolani   1.10.24  su HTTPS://WWW.ARCIPELAGOMILANO.ORG

ESG E PARTECIPAZIONE

 L'IMPRESA MOSTRA ALLA POLITICA

L'impresa è in crisi: il 77% dei lavoratori dipendenti non si sente coinvolto (Rapporto Gallup 2024) e non è soddisfatto. Si perde il 17% di produttività. 

Eppure, il Rischio più sentito dalla media e grande impresa Usa (dopo il digitale e le guerre) riguarda i collaboratori, le competenze, la risorsa umana. Talché si propone in primis di essere attrattiva per i competenti. 

L'impresa Usa mira a capovolgere l'approccio del '900: ad aumentare la partecipazione responsabile, il lavoro di Gruppo, in Rete, per stabilire un contatto forte con i clienti; e a estendere l'imprenditività, il Rischio e la concorrenza ("correre insieme per obiettivi condivisi" – Massimo Cacciari) ai collaboratori autonomi e dipendenti, per favorire creatività e innovazione, cura delle relazioni e dedizione. 

Ora, leggiamo che anche nelle nostre grandi imprese quotate si discute molto dei valori ESG dell'Onu (Ambiente, Inclusione sociale, Governance - Decisioni condivise). 

Il mondo delle imprese occidentali indica alla Politica la via per recuperare il rapporto con gli elettori: coinvolgere i competenti, fare spazio negli Statuti dei Partiti al Lavoro di Gruppo, in Rete; alla Partecipazione organizzata e continuativa (seria  scientifica). Per progetti e obiettivi che si misurino tra loro per il consenso. Oltre le tattiche, le emergenze, i leader improbabili, le alleanze strumentali. 

Serve – lo ribadiamo – mettere in chiaro questo orientamento politico nella vita interna dei Partiti (conforme al nostro dettato costituzionale: "metodo democratico"). 

E urge dare un vantaggio fiscale alle imprese che fanno accordi di Rete con i collaboratori dipendenti e autonomi. Confindustria lo chieda!

Non c'è un altro modo per l'Occidente di tramontare alla cultura della "caverna egoica", del benessere solo materiale, quantitativo, e risorgere a una cultura nuova, che non separi il calcolo razionale, statistico (la storia) dalla magia relazionale, la logica dalla spiritualità, il semplice agire dal ricco contemplare. 

Guarda caso, solo l'attrezzatura spirituale (la contemplazione, che è fatta di concentrazione, coscienza, azione misurata, gentilezza) ci consentirà di gestire e reggere i grandi Rischi del nostro tempo: quelli della Intelligenza artificiale e quelli della malizia, della violenza, della guerra (della logica che isola).

Eppure, la Politica (l'indirizzo e le regole; l'esclusiva della violenza) viene prima della libera impresa.

Francesco Bizzotto 

mercoledì 2 ottobre 2024

RIFLESSIONE DOPO UN INCONTRO

CASE DI COMUNITÀ

Salute e Famiglia: essere “rivoluzionari”?

 Partire dalla domanda e cambiare, innovare. Prevenire i danni, sostenere la Famiglia

Papa Francesco a Venezia ha detto ai giovani; “Siate rivoluzionari”, “creatori di novità”. È quel che serve per un Sistema Sanitario che è pilastro di civiltà ed è in difficoltà. Serve un confronto tra Istituzioni, competenze e discipline diverse – con un chiaro indirizzo e coordinamento – e mettere radici nella pubblica opinione. Quali valori e interessi devono stare al centro? Quali obiettivi? Come troviamo l’equilibrio tra esigenze, rischi e risorse?

Se partiamo dai problemi (i medici, le liste d’attesa, le prescrizioni inappropriate, difensive, esagerate, la razionalizzazione dell’offerta / chiudere strutture) ci perdiamo. Vincono il lamento e la rabbia: servono soldi per pagare le prestazioni, assumere, aumentare gli stipendi. Qui possiamo arrivare: assumere, formare e pagare di più competenti responsabili. Ma, come ci arriviamo? Dobbiamo partire dalla domanda e cambiare, innovare per incontrarla. Quali valori ed esigenze sono in campo?

I cittadini vogliono che il Servizio si occupi della Salute ben prima che della malattia. Lo dice la Costituzione all’art. 32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività”. Ora, spendiamo il 5% dei fondi disponibili per la Prevenzione, che può ridurre malattie, infortuni ed epidemie comportamentali del 50%. In specifico, mi diceva anni fa un medico (donna) del Policlinico di Milano, lo fanno visite mirate in età scolare a occhi, orecchi e articolazioni. E ieri 29 settembre sul Corriere della sera, Silvio Garattini ha detto: Conta vivere bene, lo stile di vita; “il mercato della medicina [del rimedio] venga penalizzato. (…) Come tutti i mercati vuole crescere sempre di più”;

E poi vogliono che si allarghi lo sguardo; che si affronti il tema Salute a partire dalla Famiglia, curando, coltivando il desiderio di maternità e paternità. Per stili di vita (la coppia, i figli) coscienti, attrezzati, non poveri, isolati e attardati su riferimenti aridi, edonistici, solo materialistici. Per Prevenire i fallimenti e le tragedie che sappiamo. È tempo che l’impegno preso con la 194 (Consultori famigliari) venga mantenuto e rilanciato. Per non lasciare il tema a scontri d’altri tempi o a conservatori maldestri e strumentali.

Come non vedere che queste due esigenze (fare Prevenzione, partire dalle Famiglie) sono intrecciate e possono stare insieme nelle Case di Comunità (socio sanitarie) di cui si parla? A Paderno Dugnano questo progetto pare bene impostato. Va sostenuto con il peso della pubblica opinione e vanno affrontati i nodi locali decisivi: quello dei Medici di famiglia e quello degli specialisti e infermieri necessari. Ad oggi, il 50% delle Case di Comunità non decolla per mancanza di personale. I Medici di famiglia tornino protagonisti stimati in rete, interconnessi. Per la cura della salute di persone a tutto campo.

La Casa di Comunità (socio sanitaria) può affrontare le situazioni di lieve gravità e ricorrenti (vaccini) o di emergenza. Può ridurre gli accessi ai Pronto soccorso (Codici Bianchi e Verdi fanno il 67%!) e dare al sistema della cura la giusta dimensione, che consenta di razionalizzare, formare e pagare i suoi preziosi specialisti e attori.

Serve un dialogo organizzato, aperto tra tutti i soggetti interessati e competenti, per una riflessione non episodica, che porti a progetti di gestione concordati e finanziati in modo opportuno. Stiamo seduti su montagne di soldi: più il progetto è avanzato, innovativo, coinvolgente, ricco di contributi e del sostegno della pubblica opinione, più ha probabilità di essere finanziato. Sta a noi renderlo interessante, accattivante, credibile. Facciamolo!

Francesco Bizzotto