IL MERITO. IL
LAVORO
Serve un vantaggio fiscale per le Reti (sistemi
di relazioni libere, scelte)
Dare
spazio a chi se lo merita: è lo slogan più democratico e la paura
degli autocrati che temono d’essere scalzati dai giovani, dalle donne, dai
migliori. Questi, cosa vogliono? Spazio orizzontale (cambiare) e verticale (potere).
Ora, qual è lo stato del “Merito”, della
Mobilità sociale, nel confronto europeo? L’Università Cattolica di Milano dice
che siamo all’ultimo posto. In testa Finlandia (che ha una premier, Sanna Marin,
qui a lato, di 36 anni!), Svezia e
Danimarca. Più brava di noi anche la Spagna. E quali sono le nostre aree di crescita?
Queste:
A.
Il
sistema educativo. Vecchia storia. Darei la parola a Umberto Galimberti e metterei
in mobilità o assistenza (licenzierei) chi insegna senza amore. Servono Istituti
scolastici con piena autonomia e responsabilità, dice il milanese Giovanni
Cominelli. Che verifichino la “vocazione”,
assumano e premino il “merito” degli
insegnanti.
B.
Le pari
opportunità. Non esistono. Il 23% dei giovani non studia e non lavora. Un familismo
mortifero impedisce la fioritura di figli e nipoti. E le Istituzioni? Quasi assenti.
C.
Attrarre
talenti. Siamo scarsi (Enti e imprese) nell’attirare collaboratori,
dipendenti e autonomi, e nel soddisfarli. È il rischio più alto per imprese e
sistemi. Ci sono progetti.
Qui l’Europa può fare contaminazione positiva: dare voce
alle idee e pratiche migliori, a chi s’impegna, nei diversi ambiti. È il nostro
punto di forza ed è concorrenza solidale, conflitto rispettoso, nel merito
delle cose. È vera amicizia. Anche l’Italia, beninteso, ha eccellenze da
vantare: in tante PMI ed Enti esemplari, nel food, nella meccanica di
precisione, nel turismo d’arte, nel volontariato. Siamo un Paese straordinario
che deve innovare per ben conservare e competere. Vedo in stretta relazione i
nostri tre punti deboli.
Insegnare
con amore (A.) significa innanzitutto Orientare: avere
presente, essere in relazione con il mondo (di cosa avrà bisogno?) e
comprendere il prezioso bene che si va educando. Orientarlo a formarsi con
riferimento al mondo; certo, a partire da desideri e punti di forza. Pensarci.
Rivalutare, ad esempio, la manualità, la mano, diceva Giulio Giorello. E mostrare
possibilità come “chance”, alla
Dahrendorf: occasioni, aiuto, impegno e rischio personali; nulla di scontato. Educare
come aiutare a Fiorire & Rischiare. Fondamentale.
Pari opportunità (B.), allora, non
potrà significare diritto come attesa passiva o aggressiva (“Mi devi!”) ma accompagnamento,
formazione, consapevolezza: dove e come posso crescere? Non banalizzo il
diritto. È patto sociale (di Sicurezza) decisivo, ma deve farsi Libertà e sostanza.
Se no, è forma stantia, conservazione. Il diritto è base e strumento per vedere
bene e muovere oltre: entrare nel merito di ciò che vale, delle attività e dei
loro frutti. Rispettare il lavoro è liberarlo, non ingabbiarlo nel diritto, non
rimanere sul formale: le ore lavorate, la presenza, il contratto e il compito.
C’è ben altro oltre agli aspetti formali, come sa bene chi immagina, intraprende
e rischia. In questo senso il diritto, sia individuale sia collettivo, è lì per
essere superato. Per farsi partecipazione, sostanza.
E per attrare
talenti (C.)? Devi avere un sogno, e dimostrarti capace di soddisfare
i collaboratori. Quelli che hai. Chiamarli a testimoniare. Non promesse e
vagheggi. È il primo rischio delle attività organizzate ed è una valanga. Le
imprese lo sanno, mentre gli Enti sono indietro; ci devono pensare. “Esselunga”
a Pioltello (Milano, Contado) farà un quartier generale – ha detto Marina
Caprotti al Corriere della sera, 26 c.m. – che mostri “la centralità delle nostre persone, che rappresentano il motore della
crescita e della capacità di innovare della nostra azienda”. Certo, c’è una
dinamica da rivitalizzare negli Enti e nelle Imprese: occorre abilitare i
protagonisti (chance!), sapendo che “il
protagonismo non è mai una concessione. Si conquista.” (Cristina Tajani,
Città prossime, Guerini e Associati, 2021, p. 118). E la questione delle
retribuzioni (ferme qui da 30anni e cresciute in Europa del 30%!) è anche conseguenza
dello stallo di protagonismo (cioè di sana produttività) del lavoro.
Come i
bravi architetti amano le periferie e innovano le città (Renzo Piano: rammendare le periferie. Mario
Cucinella: sconfiggere l’idea di
periferia), così la Politica deve amare e innovare l’intrapresa e il lavoro
(i nostri diversi ruoli e modi di essere attivi). La scienza consente di sconfiggere
il lavoro come periferia, come fatica, sia con l’introduzione di macchine e
intelligenza artificiale (si elimina il lavoro ripetitivo), sia con la latente
e snobbata valorizzazione degli aspetti relazionali, interpretativi, creativi
(in tempo reale) nelle attività.
Rammendare
l’Impresa e il Lavoro significa intrecciare nuovi fili, tracciare
sentieri, oltre i diritti, le tutele (la statica, il controllo: l’esclusione);
oltre le separazioni e gli attriti del ‘900. Dare spazio al “Lavoro dello Spirito”, motore scientifico
d’innovazione e crescita sostenibili. Per inciso: solo questo lavoro (che in
Risk management chiamo Contemplativo)
consente di reggere i Rischi in cui siamo! E il Lavoro dello Spirito non mira
certo alla libertà frustrante del tempo libero (fare quello che mi pare e piace).
Questa periferia delle attività che è il lavoro, va negata come periferia: posta
in Rete nel sistema che intraprende. Per relazioni responsabili che utilizzino al
meglio le competenze. Diamo un vantaggio fiscale alle Reti!
Qui mi pare sarebbero venuti a parare
sindacalisti sottili del secolo scorso come Bruno Trentin, comunista della Cgil
(“La libertà viene prima”), Pierre
Carniti, cattolico socialista della Cisl (“Osare
più democrazia”) e Giorgio Benvenuto, socialista della Uil (“Essere cittadini”). Erano i leader (foto
a lato) della Federazione Lavoratori Metalmeccanici – FLM negli anni ‘70.
E qui mira
il Governo Draghi con l’investimento di 5 miliardi del Pnrr sui Centri per
l’impiego e le Politiche attive del lavoro: creare forti Enti dedicati di
collaborazione e soluzione di problemi e crisi produttive o di relazione.
Dialogo, anticipazione. Enti in cui siano coinvolte le parti sociali, con i
competenti pubblici e privati. Il ministro Orlando invita la Lombardia e Milano
a renderli “parti attive rispetto a
obiettivi, controlli, risultati”, in accordo con gli Enti locali
periferici. Governance! È indicazione europea e nostro ritardo stellare.
Così, matureranno
nuovi Diritti e un nuovo tipo di Conflitto: produttivo, di contenuto,
di sostanza; un lavoro che concorre. Nel milanese si stanno mettendo le
fondamenta con patti territoriali (nel comune di Milano, nella Martesana, nel
Legnanese). Rammendare, curare le periferie, i lavori, per la buona salute e la
tenuta dei sistemi. E garantire redditi e pensioni; sradicare il precariato
senza prospettive (il sale che irrigidisce il lavoratore), precisa per parte
sua Massimo Bonini – Cgil di Milano. E ha ragione: quando sei laureato e i
lavoretti, le 10 ore al giorno di fatto, i sabati disponibili, durano tre,
cinque, dieci anni (“E pedala!”), è
ingiustizia anticostituzionale. Checché ne dicano i soloni.
Le
risorse per farlo ci sono, abbondanti. È questione di idee, progetti, fiducia.
Serve sguardo lungo e coraggio. Equivale a dare spazio al Merito, alla Mobilità
sociale, e tenere alte al vento le bandiere della Libertà e della Democrazia. Perché,
conquistare la Pace (comunque intesa) implica cambiare noi, alla radice. Non
basta cambiare in superficie. Se non qui, su cosa merita investire con scienza
e orgoglio?
Francesco Bizzotto (ex presidente
di AFOL Nord Milano)