mercoledì 24 novembre 2021

TRA IL FIORENTINO E IL ROMANO

ALLA POLITICA SERVE MILANO

Proviamo a uscire da schemi e schieramenti di un dibattito a volte debole, surreale

Tra il fiorentino e il romano (Renzi e Calenda) ci vorrebbe un milanese. I due sono in rotta a causa del "divide et impera", e la Milano politica è terra bruciacchiata. Guardiamo i Partiti. Chi conta a Milano? Nessuno. Un lavoro accurato. Eppure, senza Milano cosa vuoi combinare in Italia?

Dice Taradash: alla fine i cespugli riformisti faranno pace, si accorderanno con l'Ulivetto (Pd e M5s) e batteremo gli amici di Orbàn, Meloni e Salvini. E l'Europa sarà salva.

Può succedere, ma la malattia della sinistra che odia il vicino (Saragat, Craxi, Renzi e, domani, Enrico) è cosa profonda: riguarda la cultura, che ha preso il limite di quella liberale: il potere come comando solitario. Una cultura, dunque, centralista, elitaria, che finisce sempre per cercare (e poi massacrare) un leader. Inadeguata, a sinistra come a destra. In Politica come nell'impresa.

Con questa cultura "non vinceremo mai" (interpreto Nanni Moretti). Beninteso: né la sinistra né la destra. Così l'instabilità sarà un destino. Ecco la radice dell'instabilità!

In che senso alla Politica serve / manca Milano? Breviter: Milano crea, innova; incarna il "pragmatico e aristotelico" spirito europeo che ha fatto questo mondo (Massimo Cacciari). Milano ha visioni e competenze. Che mancano da morire alla Politica.

Allora, Riformisti o Centristi e Civici devono mettere in questione la vecchia sinistra dei leader dialettici e spregiudicati (in realtà "capri espiatori") e mostrare possibile una Politica ricca di visioni (respiro) e competenze, cioè progetti. Basta tatticismi da far cadere le braccia e allontanare dal voto!

Milano è capitale europea delle competenze (Ocse). Attirano investimenti, fanno Gruppo, Rete, e sono imbattibili nel mondo.

Le competenze e la progettualità trasparente devono avere spazi formali, per Statuto, in Partiti che rispettino la Costituzione, che operino con "metodo democratico", che siano scalabili e discutano del merito positivo delle cose e non di aria fritta e potere.

In questo senso Letta (il Pd) ha filo da tessere. Ricordo la sua attenzione (unico) al Network Assicuratori - Pd di Milano e il magistrale colpo di "cacciavite" che fece nascere l'Ivass, l'Istituto di vigilanza del mondo assicurativo.

La partita è apertissima. Serve anche che Milano (i competenti) un po' si svegli.

Francesco BIZZOTTO

lunedì 22 novembre 2021

DAL MONDO CON I SUOI RISCHI A CHI LI ASSICURA

 

Guardiamoci attorno. Dimostriamoci utili protagonisti. Gli affari verranno.

RIFORMA DELLA SANITA’: UN DIBATTITO A MILANO

CASE DELLA SALUTE DI TERRITORIO

Chi è il soggetto chiave per anticipare malattie e sofferenze?

In Lombardia si discute di Case della Salute, di territorio. Per non intasare Pronto Soccorso e Ospedali. Il tema è: Ridurre le sofferenze; Investire per la Salute (e per risparmiare); Prevenire le malattie e Curare, rimediare, in prossimità. La Sanità occupa l’80% del bilancio regionale. Si può fare meglio.

Non lasciamo fuori il soggetto privato chiave, interessato alla Giusta misura del rischio Salute: l'Assicuratore. Ha interesse economico alla Salute ed è impegnato dall'Europa (con Solvency II, per mettere in sicurezza i bilanci) a giocare la sua partita sia ex-ante sia ex-post. Sia con investimenti infrastrutturali prospettici sia con polizze (e indennizzi) su misura. Esattamente quel che serve.

Tanto l'Ospedale pubblico quanto la Clinica privata hanno un gran bisogno di stimoli e cultura del Personalizzare e dell'Anticipare. Per non sprecare e non far soffrire.

O qualcuno pensa che, in materia, si possa solo “rimediare” (tanto al chilo, uguale per tutti), ovvero dormire tranquilli e attendere il prossimo disastro sanitario o ambientale?

 “TRATTATO DEL QUIRINALE” FRANCIA E ITALIA

UN BEL TRATTATO. È DEMOCRAZIA!

Da Assicuratori una sottolineatura e due auspici

In queste settimane si conclude un bellissimo "Trattato del Quirinale" tra Francia e Italia. Verrà firmato a Roma il 25 c.m. da Macron e Draghi. S'impegnano a far lavorare insieme i Parlamenti, su undici punti fondamentali, con lo sguardo attento (in materia di Esteri) a Mediterraneo, Balcani e Africa.

Macron e Draghi fanno fare all'Europa un significativo passo avanti.

Sottolineiamo la prevista modalità di lavoro: discutere e decidere (comunque sia) insieme, apertamente. Fare Rete, non opache piramidi d'improbabili comandi. Trarre ricchezza dalla ricchezza di ciascuno. È la Democrazia!

E ci auguriamo anche due sviluppi: mixare pubblico e privato a ogni occasione. E impegnare i progetti significativi (pubblici e privati) a significativi percorsi di Gestione dei rischi implicati, a partire dalle questioni strategiche. "Risk governance", si dice in Usa. Perché non v'è progetto che non abbia le sue ombre. Devono essere misurate, sostenibili, alla radice.

a cura di Francesco BIZZOTTO


mercoledì 17 novembre 2021

PUBBLICO E PRIVATO INSIEME

DAL PREDARE AL RISCHIARE

Aiutiamo imprese e persone a gestire bene i rischi. A Prevenire i danni. Serve una cultura attenta, contemplativa, capace di correre grandi rischi in scioltezza. Dal mondo Assicurativo e dei Risk manager un contributo innovativo

Pubblico e Privato devono investire insieme per contenere le emissioni di CO2 e il riscaldamento della Terra. Lo hanno detto sia Mario Draghi sia Carlo d'Inghilterra. "I soldi ci sono" (Draghi). Come dire: è un problema di visione, convergenza, progetti, realizzazione. È l’indicazione di Elinor Ostrom, prima donna Nobel per l’Economia (2009) su come “governare i beni collettivi”. Si deve poi andare a vedere come ciascuno fa la propria parte. Come lavoriamo e viviamo? Dobbiamo innovare e concorrere, contribuire.

Ad esempio gli Assicuratori. Sono molto interessati, per ovvi motivi. Il riscaldamento del clima li espone a rischi (e sinistri) impensabili, in tendenza catastrofali (Cigni neri li ha chiamati Nassim Nicholas Taleb). Come il Covid. Lo stesso rischio base (l’Incendio) di attività, imprese ed enti, con il surriscaldamento aumenta la sua probabilità. Incendi e Catastrofi imprevedibili (con variabilità dei fenomeni fino a 400 volte, dicono gli esperti) fanno saltare lo strumento di misura storico: la statistica, la frequenza dei danni.

Per l’Assicuratore, e per tutti noi, il futuro non si dice guardando al passato (geniale intuizione di Pascal – XVII secolo). Il passato è storia utile, non oracolo. Il futuro è creativo in ogni suo istante (Georg Simmel); è attesa soggettiva (Bruno de Finetti). E il “possibile” è potenza nelle nostre mani. Ma, "tutto ciò che è in potenza, è in potenza gli opposti". Così già Aristotele, ci ricordava Emanuele Severino. Dunque, c'è speranza. Possiamo dare ai rischi (e al futuro) una misura. È necessaria, perché rischio è probabilità, misura appunto. Se non è misurato, non è un rischio, è un’incertezza. Niklas Luhmann lo chiama pericolo.

Ripensiamo, allora, all'invito di Galileo Galilei: "Misura ciò che è misurabile e rendi misurabile ciò che non lo è” (il Cigno nero). E come misurare ciò che non si può misurare? È il problema che turba i sonni di Assicuratori e di Risk manager. Questi in Usa (Università della North Carolina) propongono di passare dalla Gestione alla Governance dei rischi, che dice di trasparenza e condivisione delle decisioni, a partire dalle strategie. Serve il salto di qualità raccomandato dall’Onu: ESG – Ambiente, Inclusione sociale, Governance.

L'Assicuratore dunque ha interesse a entrare in questa logica. Già la direttiva europea Solvency II – per la sicurezza dei suoi bilanci – lo orienta a fare “investimenti infrastrutturali prospettici” (ridurre i rischi della prospettiva). Può mettere in campo anche servizi di accompagnamento al rischio: contribuire a una cultura attenta, concentrata, capace di correre grandi rischi in scioltezza. Servizi che mirino, accanto alla Protezione (ex post), alla Prevenzione (ex ante). Anticipare I danni, i Cigni neri. Lo sostiene da anni la stessa presidente dell'Ania, l'Associazione delle compagnie di assicurazioni italiane, Maria Bianca Farina. Meritano un vantaggio fiscale le polizze che contribuiscono alla Prevenzione.

Ora lo vediamo: la Governance dei rischi (della nostra potenza) è condizione di libertà. E Dante – ci ricorda Massimo Cacciari – dice che la libertà (un dono del dio) richiede di essere accompagnati, per non fallire: "Da solo, dove credi di andare? Non ce la farai se non sei aiutato, sostenuto, indirizzato". Essere liberi? Significa rischiare in Giusta misura. Non isoliamo il problema ambientale. C’è il cuore e l’intelligenza dell’uomo da affinare. Infatti, abbiamo difficoltà a curare il processo (il rischio), dice Henri Bergson. Tendiamo a bypassarlo. Ci avventiamo sui risultati con atteggiamento predatorio. Ascoltiamolo:

“È il risultato delle azioni che ci interessa. […] Noi siamo interamente tesi al fine da realizzare. […] La mente si dirige di colpo allo scopo, ossia alla visione schematica e semplificata dell’atto nel suo essere immaginato come compiuto. […] L’intelligenza rappresenta dunque alla attività solo degli scopi da raggiungere, ovvero dei punti di stasi. E, di scopo raggiunto in scopo raggiunto, di stasi in stasi, la nostra attività si sposta attraverso una serie di salti, durante i quali la nostra coscienza si distoglie il più possibile dal movimento che si compie [dal processo, dal rischio] per conservare soltanto l’immagine anticipata del movimento compiuto. […] Esaminate da vicino ciò che avete in mente quando parlate di un’azione che sta compiendosi. C’è l’idea di cambiamento, è ovvio, ma rimane nascosta, in penombra, mentre in piena luce c’è la figura immobile dell’atto considerato come se si fosse già compiuto. […] La conoscenza si riferisce a uno stato, anziché a un cambiamento. […] La mente si ritrova sempre ad assumere una prospettiva di stabilità su ciò che è instabile.” Henri Bergson, L'evoluzione creatrice (1941), Cortina ‘02, pagg. 244 - 248.

Ci attende un lavoro di lunga lena per convincere i nostri automatismi predatori e far crescere un’intelligenza riflessiva. Vedo tre step per Assicuratori e Risk makers.

1. Un certo Comportamento. Quale? Quello (si racconta) di Ayrton Senna, pilota di Formula 1. Grande Concentrazione e Immaginazione, prima della gara: cosa farò? Come? Perché? Dove mi esalterò? Dove potrò fallire? Anticipo il percorso. Porto al massimo la Concentrazione. Riprendo le misure al mio rischiare. Sono pronto? Vado, agisco e alterno il mio passo: lento e veloce, quando serve. In tre parole: Immagino, Anticipo, Processo. Il nemico di questo comportamento necessario è il Multitasking (fare due, tre cose insieme).

2. Ma, per giungere a questo Comportamento, serve un Atteggiamento a cui non siamo predisposti (Bergson). Serve un'intelligenza del percorso, della Via, del Processo. Dove rischiamo la vita. Serve un Atteggiamento riflessivo, aderente, creativo. Volto a ben osservare la realtà nell'insieme e nel dettaglio, ammirarne la bellezza (vederne il lato in fiore) e apprezzarne l’importanza, il valore. Le tre parole chiave: Osservare, Ammirare, Apprezzare.

3. Quest'uomo nuovo (in Comportamento e Atteggiamento) non può che avere una base personale di qualità nuova, che deriverà da una preparazione e una pratica adeguate: consapevolezza e pace interiore; un certo distacco attivo; un’armonia personale. È il radicamento Contemplativo raccomandato da tutte le tradizioni spirituali. Ad esempio dalla LCWR – Leadership Conference of Women Religious; sono suore cattoliche americane, meravigliosamente attive su tutti i fronti e capaci di coglierne insieme problematicità e bellezza. La pratica del personale radicamento Contemplativo (o pacificazione attiva) è riassumibile nell’invito del monaco buddhista “impegnato” Thich Nhat Hanh: Respira, Rallenta, Sorridi.

Non dogmi ma doti per l'uomo nuovo che cerchiamo. Poi, la realtà la vedremo: ci sorprenderà.

Francesco Bizzotto

mercoledì 10 novembre 2021

LA SVOLTA BUONA

IL "REDDITO" APRE AL LAVORO.

BENE BRUNETTA. MILANO SIA INTERPRETE

 A Brunetta il Corriere della sera dedica oggi un paginone. Una bella intervista di Federico Fubini. Brunetta, come me, è diaspora socialista; lui a destra, io a sinistra.

È artefice, "nella stanza di Mario Draghi", con l'assenso di Orlando, di un bel "compromesso articolato" (con Di Maio) sul reddito di cittadinanza: dei 3,8 milioni di beneficiari, un terzo è occupabile; dovranno presentarsi una volta al mese al Centro per l'impiego.

Brunetta ha ragione: "per collocare le persone bisogna parlarci, conoscerle, confrontarsi in presenza". E al secondo rifiuto di un posto di lavoro, si perde il diritto al "reddito".

Bene che l'interessato possa scegliere l'Agenzia privata ma, dico, attenzione che non sia parcheggiato e scartato. L'impresa che paga una ricerca mirata non può fare qui quel che si deve: porre al centro il cittadino.

Cosa succederà? Quel terzo si attiverà e ringrazierà. Perché lavoro è dignità.

Centrale, dice Brunetta, è rafforzare i Centri per l'impiego, le Agenzie pubbliche (AFOL Metropolitana a Milano: una grande storia!).

Noto che abbiamo qui un decimo delle risorse della Germania. Per questo non butterei d'emblèe i Navigator. Ma, non sono informato.

Con le Agenzie del lavoro private, sia concorrenza e collaborazione, non pastrocchi. In tema di lavoro l'indirizzo e il controllo pubblico sono necessari.

Piuttosto, aprire al privato come dice l'Europa: chiamare contributi diversi e originali. Penso al Corriere della sera che, per qualche mese, fece un bellissimo inserto Lavoro, poi scomparso; e all'Assicuratore, tenuto e interessato a fare investimenti prospettici in infrastrutture anche sociali (Solvency II). Potrebbe investire qui e "assicurare" il lavoro. Si attiverebbe per ridurli i "sinistri", capace di finanziare una task force delle parti sociali che anticipi crisi e licenziamenti. Che prospettiva!

Bene, dunque, Brunetta, Draghi, Di Maio e Orlando. Sono ottimista. Attraverso il "reddito" può apparire la Politica del lavoro che cerchiamo e che serve. Milano ne sia interprete.

Francesco Bizzotto (ex presidente di AFOL Nord Milano)

lunedì 8 novembre 2021

POLITICA DEL LAVORO

CONFINDUSTRIA NON SCARICHI DRAGHI

Il Nord ne discuta apertamente

Alziamoci in volo, per difendere Draghi. E rilanciare il Paese, che se lo merita. Aziende e professionisti, dipendenti e autonomi: a fare gruppo e impresa siamo imbattibili.

Il Pnrr sul Lavoro è ad alto rischio di pateracchio, se anche Confindustria (Il Sole 24 Ore di ieri) prende la distanza dando l'ultima parola a un protagonista istituzionale di primo piano: Maurizio del Conte, ordinario di Diritto del lavoro in Bocconi e — ma non lo dice: ah, professori! — attuale presidente dell'Agenzia Metropolitana di Milano (Afol) e primo presidente di Anpal (2015). Del Conte: "Pompare denaro in un sistema inefficiente non può che aumentarne il tasso di inefficienza". Profezia che si avvererà se...

Se si inseguono i tecnicismi e non si alza un dibattito vero tra competenti, appassionati e interessati, in particolare nel triangolo Nord (Emilia, Lombardia, Veneto). Se non si va alla sostanza e non si tracciano chiare linee d'indirizzo. Poi verranno i tecnici. Il miracolo Draghi non basterà a far fronte alle corazzate degli interessi volgari, volti a tutelare, assistere, prodigare risorse per soggiogare. Non sanno fare altro. Sono fuori posto.

Ora, è forse inutile cercare correttivi, introdurre pensate. L'impianto Pnrr è nelle mani di regioni, apparati, persone per bene e interessi opachi. Ed è pure sbagliato lasciare Draghi nelle canne.

L'obiettivo. Passare dal sistema che sa solo assistere e sprecare (il 18% dei disoccupati si è rivolto a un Centro per l'impiego pubblico — con quale esito? —, contro il 41% Ocse) a un sistema chiaramente indirizzato a promuovere il Lavoro, attivarlo, anticipare i problemi: Orientare, Formare e Accompagnare nel Dialogo tra la sua Offerta e la Domanda delle imprese. Senza, certo, lasciare alcuno in difficoltà, umiliato.

Va ritrovato il bandolo politico della matassa del Lavoro. Altrimenti avranno ragione Landini e la Fiom, sul terreno sociale, a difenderlo e basta. Se il diritto collettivo è in crisi, non cerchiamo miopi vendette; aiutiamolo con il diritto individuale. È quel che penso.

E non è questione illuminista, razionale, di idee soltanto. È questione di sensibilità, opinione e sostegno pubblici. Di valore sociale percepito. Qual è il valore sociale oggi del Lavoro? Un residuo, in attesa della prossima macchina. Non è vero, se il tema è la sua creatività e cura relazionale (per la qualità e innovazione delle nostre offerte). Se è questo l'interesse, insieme, del lavoratore e dell'impresa. Io credo lo sia, perché "la libertà viene prima" (Bruno Trentin).

Difendiamo il Pnrr e l'operato di Draghi, e lanciamo un grande dibattito sul Lavoro e il Futuro. Un dibattito che manca da troppi anni. Dice Giovanni Cominelli nel numero di Linkiesta di oggi: "Solo nel movimento reale si potranno sciogliere differenze, bizantinismi teorici, personalismi e narcisismi". Ben detto, Cominelli!

Francesco Bizzotto