GIANFRANCO TROIELLI
Faccio memoria, in questa 3° tappa, di
un assicuratore socialista fuori dagli schemi: Gianfranco Troielli. Per me,
l’assicuratore più potente e sorprendente dei 4 decenni visti. Un nome che a
Milano ancora rimbomba, e non per effetto di Mani pulite, che l’ha azzoppato
senza fare verità (dirò, in senso sostanziale). Troielli – il sistema Ina – aveva
intuito che la Previdenza familiare è il 1° pilastro sociale ed economico, e la
forma più bella di risparmio privato. Questo, è il punto di forza del Paese,
che tiene fin che lui tiene. Servono esempi? Vedi alle voci gioventù, lavoro,
terza e quarta età infinite, investimenti infrastrutturali. Con quali soldi? Il
risparmio previdenziale è garanzia di libertà in ogni ambito di rischio: personale,
comunitario, sociale. Troielli? È stato un maestro. Non di libri e anime belle.
Un imprenditore che guardava al guadagno, e che – insieme – aveva uno scopo e obiettivi di cui era orgoglioso; fiero.
E non lo diceva in giro. Non gli interessava e non l’ha detto. Scopo e
obiettivi li vedeva e mirava. Li faceva. Come si fa la verità. Era il tipo di imprenditore
descritto da Joseph Schumpeter. Ora, per Troielli chiedo rispetto, alla memoria.
Questo abstract è per chi non ha tempo. Ma, se legge l’articolo, capisce cosa
s’è buttato nel 1992 a Milano. LEGGI QUI PER CAPIRE
“La figura viva ha bisogno di profonde ombre per apparire plastica.
Senza le ombre rimane un’immagine fallace e piatta”
C.G. Jung, L’io e l’inconscio.
Ed. Boringhieri pag.161
Torno a ricordare un’altra persona tosta conosciuta: Gianfranco
Troielli. Aveva tre lustri
più di me
e tratti splendidi. Certo, luci e ombre, come tutti noi. Il mio è un atto
sociale e un riconoscimento. E insieme un racconto di me, del mio lavoro e del
mio impegno.
GIANFRANCO TROIELLI negli
anni ’80 era l’Agente generale del Gruppo Ina Assitalia a Milano: la più grande
agenzia di assicurazioni d’Europa. Lui, amico personale di Bettino Craxi (“da
ragazzi”), era il tipico imprenditore esaltato da Schumpeter: visionario, creativo,
sfidante e incredibile. Io, a 39 anni, ero da 20 un assuntore di rischi
industriali di scuola americana, orientato alla formazione e preso dalla Politica.
Da un po’ avevo lasciato il Sindacato, mi ero iscritto al Psi ed ero in
Consiglio comunale a Paderno Dugnano. Gli dissi: “Non c’è libertà senza rischi,
e dunque senza Assicurazioni”. Lo penso ancora. Mi assunse (1987) per fare
formazione, dicendo: “Ti affido la cosa più preziosa: la rete di vendita;
facciamola crescere”.
Avevamo a
Milano città 500 splendidi venditori in 100 sub-agenzie, e andavamo a mille.
Ina – con il presidente Antonio Longo e le polizze Vita Rivalutabili – aveva anticipato
il mercato e fatto un ottimo lavoro (polizze di risparmio previdenziale). Io parlavo
di Rami Danni, delle tutele (di Assitalia) nei rischi, a complemento delle
polizze dell’Ina. Dicevo: “Il Gruppo pubblico libera la famiglia dai grandi
rischi; mette un secondo motore alla Previdenza”. Lessi del Gruppo tutto quel
che potevo e ne sentii un incredibile fascino.
Ina, Ente
pubblico nato nel 1912 (quarto governo
Giolitti), portava nelle scuole quaderni che parlavano di Previdenza,
costruiva splendidi edifici nelle grandi città e, nel secondo dopoguerra,
350mila alloggi
popolari. È il Piano Fanfani (INA-Casa, 1949), ben visto da Adriano Olivetti e passato in
Parlamento con l’opposizione di Comunisti e Socialisti. C’è un Fondo Storico
che documenta 19.000 immobili di pregio fatti costruire a firma dei più grandi
architetti del secolo. Un gigante che ha sempre dato utili al Tesoro del Paese.
Troielli pensava,
dunque, a una Previdenza tutelata e liberante (sarebbe piaciuta al sindacalista
Bruno Trentin). Forte di ottimi risultati sia commerciali sia tecnici (il
rapporto tra sinistri pagati e premi incassati), Troielli stava un passo avanti
e si batteva apertamente perché le gestioni finanziarie dell’Ina fossero “sostenute”
e perché Assitalia affinasse le sue tutele. Qui i momenti chiave erano due: la
polizza e il sinistro, il danno. Assicurati i rischi più significativi (ad
esempio il reddito della famiglia, la sua autonomia), quando c’era un danno ci
si doveva fiondare a portare il denaro d'emergenza
alle famiglie previdenti: un concreto obiettivo di servizio. Fece un
accordo in tal senso con Assitalia, garantendo un lavoro organizzato,
verificato, pulito. Me ne diede la responsabilità. Io coltivavo l’idea dei tre
momenti: informazione / prevenzione, polizze mirate e pronto indennizzo. Fare
prevenzione conviene, dicevo: giochiamo d’anticipo, la libertà si fa
responsabile e la vendita è più ricca.
Gianfranco
mi lasciava dire e fare. Sentivo che era d’accordo. Mi diceva: “Le
organizzazioni costano; non possiamo permetterci di stare nel gruppo; dobbiamo
correre davanti, andare veloci. Essere i migliori e guadagnare di più.” Schumpeteriano!
E non mi faceva sconti. A volte mi diceva: “Hai un po’ del sindacalista”. Aveva
avuto rapporti burrascosi con i sindacati. Io riflettevo e tenevo il punto.
Avevo amato il Sindacato dei miei 20anni; quello di Vincenzo Calzolari (Cgil) e
Giorgio Ceriani (Cisl); il sindacato che urlava: “300 miliardi in case popolari e non nelle banche di Sindona”. Mi
sentivo in credito con il mondo e in perfetta sintonia con l’Ina. Guardavo
avanti e sapevo che dovevo crescere.
Contribuimmo
alla pubblicazione del testo del Politecnico di Milano “La sicurezza in casa”
(CittàStudi, 1991), grazie all’intuito e coraggio della prof.ssa Adriana
Baglioni. E mettemmo a punto due polizze di Assitalia a tutela del reddito e
del patrimonio delle famiglie clienti di Ina. Sapevo di poter contare su un 30%
di margine tecnico (l’azzeramento dei danni colposi e dolosi). Anni 1989 – 1992.
Volle che andassi con Lucillo Pitton in diverse radio cittadine a parlarne (da
Radio Popolare a Nova Radio a Radio Meneghina). Seminavamo.
Ho un
appunto di sua mano che dice tutto: “Bisogna
stare molto più vicino al cliente”. Intanto il mercato diventava europeo e
Troielli pensava di usare la forza e il metodo di Milano per aprire Agenzie (sensori)
del Gruppo in grandi città come Parigi, Berlino, Mosca. Anche qui: anticipava! Io
ero gasato e sognavo di aprire un “Caffè Ina”, centralissimo, che fosse una
pubblicità in sé e un selfie di Milano;
che offrisse materiale, informazioni e pubblicazioni dal mondo intero sulla
Previdenza Tutelata per la Vita Libera e Attiva. Sapevo anche dove. Quando ci
passo davanti ancora mi emoziono. Ci lavorerei anche adesso.
Aveva
un’idea commerciale che ci misi un po’ a digerire: “Dobbiamo fare gli interessi del cliente nonostante lui”. Voleva
dire: siamo noi i competenti e i responsabili. I clienti sono attratti da mille
offerte che li portano a vagabondare e a essere incauti. Gli italiani? Campioni
del mondo in spese per viaggi, ristoranti e – di lì a poco – telefonini. Nostro
compito è portare un messaggio di valore (la Previdenza tutelata); non subire
le fantasie televisive, il consumo leggero. Le famiglie dei clienti ci sono
grate, e ancor più in futuro. Una vendita arrendevole non ne viene a capo.
Dei
venditori chiedeva: “Quanti appuntamenti fa al giorno?” Sopra i 4 sorrideva e
annuiva. E mi diceva: “E noi controlliamo che nessuno bari, che non disfi la
tela”. È la vendita di massa organizzata. Aveva ragione! Tanto più con l’innovazione
della Previdenza con tutele: giusta, liberante, scatenante. Sul piano
amministrativo c’eravamo, ma era nebbia ancora su quello informatico; non ne
era contento; non si piegava alla vendita.
Troielli
era uomo di responsabilità e di potere. Con un cruccio: amava molto ma dedicava
poco tempo alla famiglia. Era libero, attento e relazionale in ogni direzione:
sia in alto (il Gruppo, i partiti, le Istituzioni) sia con i colleghi Agenti, la
sua rete e gli assicurati. Forte di una lunga esperienza (era entrato all’Ina
di Milano a 26 anni, nel 1959), ambiva molto, mediava, si spendeva e decideva.
Riconosceva, non escludeva nessuno e rischiava.
Il mondo Ina aveva svolto un ruolo e compiuto un percorso
straordinari: la cultura della Previdenza c’era nel Paese; e aveva creato
valore in tutte le direzioni. Ricordo cosa uscì da un Focus group sulla
percezione del mercato: “Dico Ina e penso alla Previdenza”.
E poi, molti Enti e Istituzioni, nazionali e locali – per loro importanti progetti
che fecero l’ossatura del Paese – avevano attinto a risorse create dal Gruppo. E
dopo, certo, lo avevano favorito. Chi poteva avere qualcosa da dire, con quel
che girava nei salotti bene dell’impresa privata?
In mezzo
c’erano tante persone e i partiti, “con un ruolo da rispettare”, diceva. E un
certo andazzo. Io pensavo: se guardo ai tempi indietro, era peggio e senza dinamica;
ne usciremo. L’organizzazione del sistema era complessa e ricca di ombre. Come
sempre, quando sei davanti e favorito. Si creano intrecci gestibili in chiaro fino
a un certo punto. Mi raccontarono che, con l’alluvione del Polesine (1966), Troielli
fece arrivare in un ospedale milanese un camion di vestiti e coperte per l’emergenza.
Dopo, anche le suore invitavano le infermiere a “non comprare le calze di nylon
ma farsi la Previdenza”. Per dare l’idea.
A fine anni ‘80 il Gruppo pubblico, pur con il vento in poppa,
doveva cambiare. Troielli non era convinto della privatizzazione di cui si parlava.
“Significa rompere il giocattolo. Il Gruppo Ina Assitalia – diceva – ha già un mix
ideale: pubbliche sono la proprietà e le finalità; privato è il motore, la
potente rete commerciale, ben organizzata e molto competitiva”. Le posizioni
erano trasversali. C’erano altre soluzioni. Il Gruppo guardava a lui.
Ne ebbi
prova un giorno a Roma a un convegno. Io cercavo segnali di apertura alle mie
idee sulla assicurazione quantistica (che influenza i rischi con la Prevenzione
dei danni), quando mi si sedette accanto Mario Caltabiano, leader del Pci e della
Cgil nell’Agenzia generale in gestione diretta dell’Ina Assitalia di Roma. In
Cgil ci eravamo stimati: lui maturo e riflessivo; io in ricerca e mai zitto. Quante
discussioni! La sua confidenza mi sorprese: “Si
parla di Gianfranco per la presidenza dell’Istituto. Se esce il suo nome, noi
lo sosteniamo”. Parlammo dell’importanza di lavorare bene; vivere bene e
avere fiducia. Capii cosa bolliva in pentola. A Troielli fece piacere. Mi disse
qualcosa del genere: “Gli ex comunisti? Gente seria, anche se faticano, per
vecchie ragioni, a vedere l’impresa, la libertà, la concorrenza”.
Poi vennero gli anni di Mani pulite. Troielli era stato vice
presidente delle Ferrovie Nord (“Mi porta via alla famiglia tante sere”) e
altro. Sui soldi era lucido, serio: “Dare e guadagnare”. Aveva lavorato in
banca. Se ne intendeva. E Craxi si fidava. Lui non era tipo da abbandonarlo,
anche se critico con la Politica di quegli anni. Aveva lavorato e fatto
impresa. E quale impresa! Ora però si sentiva accerchiato, venne coinvolto e
non si fece trovare. Dopo oltre 5 anni, nel 1997 (la moglie Fausta era malata e
poco dopo morì) rientrò, affrontò le accuse sfiduciato, senza lottare come era
solito. Patteggiò. Ne venne fuori. Provato, morì nel 2005 a 72 anni. Sono mancato
al suo funerale; ero lontano con la famiglia.
Mani pulite. Io sono molto critico con i Magistrati (ma, in
primis, con la Politica) di quella stagione. Ho rispetto per i Borrelli e i Colombo,
e penso: non abbiamo saputo mirare a una soluzione istituzionale; non c’è stata
sintonia e rispetto per il Paese, ma fretta e cecità. Serviva una soluzione
anche politica, che facesse verità e mettesse in campo modalità avanzate, più
giuste, di relazione tra Politica, società e affari. Per una Giustizia sia al presente
sia al futuro. L’una, mi pare, non esiste senza l’altra. Le pratiche illegali
sono isolamenti. Solo una rete di nuove relazioni (responsabilità reciproche,
trasparenti) vi può porre stabile rimedio. Servivano grandi visioni. Siamo
ancora lì: l’italietta degli 8.000 Comuni con sguardo basso. Vogliamo che
alzino lo sguardo, prosciugare la palude? Triplichiamo gli incentivi a
consorziarsi, fare squadra e hub di servizi. Pensieri, non certezze.
Torno al
punto. A me fu chiesto, nel 1995, abbandonata l’idea della Previdenza che
libera e responsabilizza, di seguire le gare per le assicurazioni Danni dei
grandi Enti pubblici: complicazioni e opacità. Ricordo cosa diceva Troielli:
“Qui non guadagniamo”.
Poi, nel
1998, le Generali acquisirono il Gruppo pubblico Ina Assitalia indebolito (presidente
del Consiglio Massimo D’Alema). Si diceva che avesse immobili per 20.000
miliardi di lire. Nel 2003 io avevo fatto 40 anni di lavoro e andai in pensione.
Poco prima,
vidi Gianfranco al Caffè Rosa, in S. Babila: parlammo della nostra rete e del progetto.
Pur infragilito, ci credeva ancora. Lo ringraziai e abbracciai.
Francesco
Bizzotto
Nessun commento:
Posta un commento