martedì 12 maggio 2020

FRATELLI MAGGIORI (3)


GIANFRANCO TROIELLI



Faccio memoria, in questa 3° tappa, di un assicuratore socialista fuori dagli schemi: Gianfranco Troielli. Per me, l’assicuratore più potente e sorprendente dei 4 decenni visti. Un nome che a Milano ancora rimbomba, e non per effetto di Mani pulite, che l’ha azzoppato senza fare verità (dirò, in senso sostanziale). Troielli – il sistema Ina – aveva intuito che la Previdenza familiare è il 1° pilastro sociale ed economico, e la forma più bella di risparmio privato. Questo, è il punto di forza del Paese, che tiene fin che lui tiene. Servono esempi? Vedi alle voci gioventù, lavoro, terza e quarta età infinite, investimenti infrastrutturali. Con quali soldi? Il risparmio previdenziale è garanzia di libertà in ogni ambito di rischio: personale, comunitario, sociale. Troielli? È stato un maestro. Non di libri e anime belle. Un imprenditore che guardava al guadagno, e che – insieme – aveva uno scopo e obiettivi di cui era orgoglioso; fiero. E non lo diceva in giro. Non gli interessava e non l’ha detto. Scopo e obiettivi li vedeva e mirava. Li faceva. Come si fa la verità. Era il tipo di imprenditore descritto da Joseph Schumpeter. Ora, per Troielli chiedo rispetto, alla memoria. Questo abstract è per chi non ha tempo. Ma, se legge l’articolo, capisce cosa s’è buttato nel 1992 a Milano.   LEGGI QUI PER CAPIRE

“La figura viva ha bisogno di profonde ombre per apparire plastica. 

Senza le ombre rimane un’immagine fallace e piatta”


 C.G. Jung, L’io e l’inconscio. Ed. Boringhieri pag.161

Torno a ricordare un’altra persona tosta conosciuta: Gianfranco Troielli. Aveva tre lustri

più di me e tratti splendidi. Certo, luci e ombre, come tutti noi. Il mio è un atto sociale e un riconoscimento. E insieme un racconto di me, del mio lavoro e del mio impegno. 

  GIANFRANCO TROIELLI negli anni ’80 era l’Agente generale del Gruppo Ina Assitalia a Milano: la più grande agenzia di assicurazioni d’Europa. Lui, amico personale di Bettino Craxi (“da ragazzi”), era il tipico imprenditore esaltato da Schumpeter: visionario, creativo, sfidante e incredibile. Io, a 39 anni, ero da 20 un assuntore di rischi industriali di scuola americana, orientato alla formazione e preso dalla Politica. Da un po’ avevo lasciato il Sindacato, mi ero iscritto al Psi ed ero in Consiglio comunale a Paderno Dugnano. Gli dissi: “Non c’è libertà senza rischi, e dunque senza Assicurazioni”. Lo penso ancora. Mi assunse (1987) per fare formazione, dicendo: “Ti affido la cosa più preziosa: la rete di vendita; facciamola crescere”.

Avevamo a Milano città 500 splendidi venditori in 100 sub-agenzie, e andavamo a mille. Ina – con il presidente Antonio Longo e le polizze Vita Rivalutabili – aveva anticipato il mercato e fatto un ottimo lavoro (polizze di risparmio previdenziale). Io parlavo di Rami Danni, delle tutele (di Assitalia) nei rischi, a complemento delle polizze dell’Ina. Dicevo: “Il Gruppo pubblico libera la famiglia dai grandi rischi; mette un secondo motore alla Previdenza”. Lessi del Gruppo tutto quel che potevo e ne sentii un incredibile fascino.

Ina, Ente pubblico nato nel 1912 (quarto governo Giolitti), portava nelle scuole quaderni che parlavano di Previdenza, costruiva splendidi edifici nelle grandi città e, nel secondo dopoguerra, 350mila alloggi popolari. È il Piano Fanfani (INA-Casa, 1949), ben visto da Adriano Olivetti e passato in Parlamento con l’opposizione di Comunisti e Socialisti. C’è un Fondo Storico che documenta 19.000 immobili di pregio fatti costruire a firma dei più grandi architetti del secolo. Un gigante che ha sempre dato utili al Tesoro del Paese.

Troielli pensava, dunque, a una Previdenza tutelata e liberante (sarebbe piaciuta al sindacalista Bruno Trentin). Forte di ottimi risultati sia commerciali sia tecnici (il rapporto tra sinistri pagati e premi incassati), Troielli stava un passo avanti e si batteva apertamente perché le gestioni finanziarie dell’Ina fossero “sostenute” e perché Assitalia affinasse le sue tutele. Qui i momenti chiave erano due: la polizza e il sinistro, il danno. Assicurati i rischi più significativi (ad esempio il reddito della famiglia, la sua autonomia), quando c’era un danno ci si doveva fiondare a portare il denaro d'emergenza alle famiglie previdenti: un concreto obiettivo di servizio. Fece un accordo in tal senso con Assitalia, garantendo un lavoro organizzato, verificato, pulito. Me ne diede la responsabilità. Io coltivavo l’idea dei tre momenti: informazione / prevenzione, polizze mirate e pronto indennizzo. Fare prevenzione conviene, dicevo: giochiamo d’anticipo, la libertà si fa responsabile e la vendita è più ricca.


Gianfranco mi lasciava dire e fare. Sentivo che era d’accordo. Mi diceva: “Le organizzazioni costano; non possiamo permetterci di stare nel gruppo; dobbiamo correre davanti, andare veloci. Essere i migliori e guadagnare di più.” Schumpeteriano! E non mi faceva sconti. A volte mi diceva: “Hai un po’ del sindacalista”. Aveva avuto rapporti burrascosi con i sindacati. Io riflettevo e tenevo il punto. Avevo amato il Sindacato dei miei 20anni; quello di Vincenzo Calzolari (Cgil) e Giorgio Ceriani (Cisl); il sindacato che urlava: “300 miliardi in case popolari e non nelle banche di Sindona”. Mi sentivo in credito con il mondo e in perfetta sintonia con l’Ina. Guardavo avanti e sapevo che dovevo crescere.

Contribuimmo alla pubblicazione del testo del Politecnico di Milano “La sicurezza in casa” (CittàStudi, 1991), grazie all’intuito e coraggio della prof.ssa Adriana Baglioni. E mettemmo a punto due polizze di Assitalia a tutela del reddito e del patrimonio delle famiglie clienti di Ina. Sapevo di poter contare su un 30% di margine tecnico (l’azzeramento dei danni colposi e dolosi). Anni 1989 – 1992. Volle che andassi con Lucillo Pitton in diverse radio cittadine a parlarne (da Radio Popolare a Nova Radio a Radio Meneghina). Seminavamo.

Ho un appunto di sua mano che dice tutto: “Bisogna stare molto più vicino al cliente”. Intanto il mercato diventava europeo e Troielli pensava di usare la forza e il metodo di Milano per aprire Agenzie (sensori) del Gruppo in grandi città come Parigi, Berlino, Mosca. Anche qui: anticipava! Io ero gasato e sognavo di aprire un “Caffè Ina”, centralissimo, che fosse una pubblicità in sé e un selfie di Milano; che offrisse materiale, informazioni e pubblicazioni dal mondo intero sulla Previdenza Tutelata per la Vita Libera e Attiva. Sapevo anche dove. Quando ci passo davanti ancora mi emoziono. Ci lavorerei anche adesso.

Aveva un’idea commerciale che ci misi un po’ a digerire: “Dobbiamo fare gli interessi del cliente nonostante lui”. Voleva dire: siamo noi i competenti e i responsabili. I clienti sono attratti da mille offerte che li portano a vagabondare e a essere incauti. Gli italiani? Campioni del mondo in spese per viaggi, ristoranti e – di lì a poco – telefonini. Nostro compito è portare un messaggio di valore (la Previdenza tutelata); non subire le fantasie televisive, il consumo leggero. Le famiglie dei clienti ci sono grate, e ancor più in futuro. Una vendita arrendevole non ne viene a capo.

Dei venditori chiedeva: “Quanti appuntamenti fa al giorno?” Sopra i 4 sorrideva e annuiva. E mi diceva: “E noi controlliamo che nessuno bari, che non disfi la tela”. È la vendita di massa organizzata. Aveva ragione! Tanto più con l’innovazione della Previdenza con tutele: giusta, liberante, scatenante. Sul piano amministrativo c’eravamo, ma era nebbia ancora su quello informatico; non ne era contento; non si piegava alla vendita.


Troielli era uomo di responsabilità e di potere. Con un cruccio: amava molto ma dedicava poco tempo alla famiglia. Era libero, attento e relazionale in ogni direzione: sia in alto (il Gruppo, i partiti, le Istituzioni) sia con i colleghi Agenti, la sua rete e gli assicurati. Forte di una lunga esperienza (era entrato all’Ina di Milano a 26 anni, nel 1959), ambiva molto, mediava, si spendeva e decideva. Riconosceva, non escludeva nessuno e rischiava.

Il mondo Ina aveva svolto un ruolo e compiuto un percorso straordinari: la cultura della Previdenza c’era nel Paese; e aveva creato valore in tutte le direzioni. Ricordo cosa uscì da un Focus group sulla percezione del mercato: “Dico Ina e penso alla Previdenza”. E poi, molti Enti e Istituzioni, nazionali e locali – per loro importanti progetti che fecero l’ossatura del Paese – avevano attinto a risorse create dal Gruppo. E dopo, certo, lo avevano favorito. Chi poteva avere qualcosa da dire, con quel che girava nei salotti bene dell’impresa privata?

In mezzo c’erano tante persone e i partiti, “con un ruolo da rispettare”, diceva. E un certo andazzo. Io pensavo: se guardo ai tempi indietro, era peggio e senza dinamica; ne usciremo. L’organizzazione del sistema era complessa e ricca di ombre. Come sempre, quando sei davanti e favorito. Si creano intrecci gestibili in chiaro fino a un certo punto. Mi raccontarono che, con l’alluvione del Polesine (1966), Troielli fece arrivare in un ospedale milanese un camion di vestiti e coperte per l’emergenza. Dopo, anche le suore invitavano le infermiere a “non comprare le calze di nylon ma farsi la Previdenza”. Per dare l’idea.


A fine anni ‘80 il Gruppo pubblico, pur con il vento in poppa, doveva cambiare. Troielli non era convinto della privatizzazione di cui si parlava. “Significa rompere il giocattolo. Il Gruppo Ina Assitalia – diceva – ha già un mix ideale: pubbliche sono la proprietà e le finalità; privato è il motore, la potente rete commerciale, ben organizzata e molto competitiva”. Le posizioni erano trasversali. C’erano altre soluzioni. Il Gruppo guardava a lui.

Ne ebbi prova un giorno a Roma a un convegno. Io cercavo segnali di apertura alle mie idee sulla assicurazione quantistica (che influenza i rischi con la Prevenzione dei danni), quando mi si sedette accanto Mario Caltabiano, leader del Pci e della Cgil nell’Agenzia generale in gestione diretta dell’Ina Assitalia di Roma. In Cgil ci eravamo stimati: lui maturo e riflessivo; io in ricerca e mai zitto. Quante discussioni! La sua confidenza mi sorprese: “Si parla di Gianfranco per la presidenza dell’Istituto. Se esce il suo nome, noi lo sosteniamo”. Parlammo dell’importanza di lavorare bene; vivere bene e avere fiducia. Capii cosa bolliva in pentola. A Troielli fece piacere. Mi disse qualcosa del genere: “Gli ex comunisti? Gente seria, anche se faticano, per vecchie ragioni, a vedere l’impresa, la libertà, la concorrenza”.


Poi vennero gli anni di Mani pulite. Troielli era stato vice presidente delle Ferrovie Nord (“Mi porta via alla famiglia tante sere”) e altro. Sui soldi era lucido, serio: “Dare e guadagnare”. Aveva lavorato in banca. Se ne intendeva. E Craxi si fidava. Lui non era tipo da abbandonarlo, anche se critico con la Politica di quegli anni. Aveva lavorato e fatto impresa. E quale impresa! Ora però si sentiva accerchiato, venne coinvolto e non si fece trovare. Dopo oltre 5 anni, nel 1997 (la moglie Fausta era malata e poco dopo morì) rientrò, affrontò le accuse sfiduciato, senza lottare come era solito. Patteggiò. Ne venne fuori. Provato, morì nel 2005 a 72 anni. Sono mancato al suo funerale; ero lontano con la famiglia.

Mani pulite. Io sono molto critico con i Magistrati (ma, in primis, con la Politica) di quella stagione. Ho rispetto per i Borrelli e i Colombo, e penso: non abbiamo saputo mirare a una soluzione istituzionale; non c’è stata sintonia e rispetto per il Paese, ma fretta e cecità. Serviva una soluzione anche politica, che facesse verità e mettesse in campo modalità avanzate, più giuste, di relazione tra Politica, società e affari. Per una Giustizia sia al presente sia al futuro. L’una, mi pare, non esiste senza l’altra. Le pratiche illegali sono isolamenti. Solo una rete di nuove relazioni (responsabilità reciproche, trasparenti) vi può porre stabile rimedio. Servivano grandi visioni. Siamo ancora lì: l’italietta degli 8.000 Comuni con sguardo basso. Vogliamo che alzino lo sguardo, prosciugare la palude? Triplichiamo gli incentivi a consorziarsi, fare squadra e hub di servizi. Pensieri, non certezze.


Torno al punto. A me fu chiesto, nel 1995, abbandonata l’idea della Previdenza che libera e responsabilizza, di seguire le gare per le assicurazioni Danni dei grandi Enti pubblici: complicazioni e opacità. Ricordo cosa diceva Troielli: “Qui non guadagniamo”.

Poi, nel 1998, le Generali acquisirono il Gruppo pubblico Ina Assitalia indebolito (presidente del Consiglio Massimo D’Alema). Si diceva che avesse immobili per 20.000 miliardi di lire. Nel 2003 io avevo fatto 40 anni di lavoro e andai in pensione.

Poco prima, vidi Gianfranco al Caffè Rosa, in S. Babila: parlammo della nostra rete e del progetto. Pur infragilito, ci credeva ancora. Lo ringraziai e abbracciai.

Francesco Bizzotto

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