sabato 5 gennaio 2019

PER UN VERO ERM- Enterprise Risk Management -


AZZARDO O RISCHIO?



Siamo “individui” dinamici e solitari, amiamo valutare e decidere, e insieme siamo “persone” con forti legami sociali, portate alla comunicazione, al dono reciproco, e al dialogo, alla lotta; pronte a fare gruppo. Siamo “cosa e cosa”: realtà sfuggenti, contraddittorie e indomabili, mai in vera sintonia con la società, eppure eccentriche, facili ad aprirsi, arrendersi all’altro, e a collaborare nella forma del con-correre (il contribuire riconosciuto per obiettivi condivisi) che esalta le qualità individuali, dà esiti innovativi e rinsalda il gruppo. Ora, i due poli (individuo e persona) sono co-originari e si bilanciano. Lasciati soli, il primo si fa tracotanza spudorata, la seconda frustrazione esplosiva. Uniti formano l’uomo intero e qualitativamente unico che – con sofisticate soluzioni istituzionali e relazioni di rete (spazio per decidere, rischiare) – sa agire in modo sensato, misurato. (Monica Martinelli, L’uomo intero. La lezione inascoltata di Georg Simmel, Il Melangolo, ‘14).

Il mio obiettivo: creare le condizioni per l’espressione della “potenza” latente, resa accessibile dalla scienza. Già controllata dalle religioni, poi dai sovrani, quindi dagli Stati, dalla tecnica e dai mezzi per la ricerca scientifica, la potenza è ora in mani individuali (Mauro Magatti, Oltre l’infinito, Feltrinelli, ‘18). Il liberalismo l’ha esplorata con risultati straordinari. E con gravi difetti: tende a trascurare la persona; mira al controllo piramidale; è indirizzata al benessere solo materiale; pensa a una crescita quantitativa senza limite. Ma, l’individuo senza la persona annichilisce; il controllo si fa censura; il benessere o è anche dello spirito o non è; la crescita tecnico-quantitativa illimitata è follia.

Mi pare che i difetti si possano correggere riflettendo sul “rischio”, simbolo della potenza (sempre aperta a risultati opposti) e protagonista trascurato dalla scienza (anche da Mauro Magatti). È stato tenuto a bada dal diritto e dalla statistica (lo sguardo rivolto al passato). La possibilità che le attività procurassero danni (a se stesse, a terzi, alla collettività) è stata gestita – a posteriori, con un certo fastidio – per via matematica (Pascal) e con forme contrattuali e di solidarietà pubbliche (welfare) e private (mutue e assicurazioni).

Ora, il rischio è una probabilità, una misura. A ben vedere, prima – quando non valutiamo e non decidiamo – è “pericolo” (Niklas Luhmann, Sociologia del rischio, B. Mondadori, ‘96). Oggi richiede una misurazione complessa: soggettiva e relazionale, processuale e prospettica, quantitativa e qualitativa. Una métrion, direbbe Platone: “la misura interiore di una totalità vivente” (H. Georg Gadamer, Dove si nasconde la salute, Cortina, '94, p. 109). La métrion dice cosa è opportuno, saggio, giusto, buono, adeguato, lungimirante. Il rischio? Si fa, è un’attesa, direbbe Bruno de Finetti; non c’è altro modo per misurarlo. "Più non è possibile quello che era possibile nelle epoche passate dove, per una razionale previsione del futuro bastava guardare il passato.” (Umberto Galimberti, Psiche e techne, Feltrinelli, ‘04, p. 52). Nelle imprese cala il tasso di decisione? Perché si è nel pericolo; si rischia poco.

Altro che big data e regolazioni algoritmiche! La logica tecno-quantitativa (métron in Platone: misura matematica) va accompagnata, resa viva, con un approccio qualitativo che le dia una Giusta misura (métrion), ne stabilisca il limite e ci faccia uscire dalla follia. Per consentire alla potenza (alla scienza) di dispiegarsi in libertà serve, allora, l’uomo intero e una Gestione avanzata dei rischi, sostenuta dalla tecnica e – direi – assicurata in ottica prospettica. È l’ottica – prevista dall’Europa con Solvency II – che anticipa e così misura il rischio della potenza. Crea cioè una sicurezza consapevole e responsabile: safety la chiama Zygmunt Bauman (capacità di trasformare i pericoli in rischi e abilità nel correrli - Università Cattolica di Milano, 29.03.’04). Questa sì ha grandi prospettive di crescita. E, con lei, la scienza e la potenza. E come aumentare questa safety? Praticando – insieme – la Gestione dei rischi e delle possibilità, una concentrazione duale, un vero ERM - Enterprise Risk Management che non c’è, perché prima ci avventiamo sulla preda (Henri Bergson) e poi gestiamo l’operatività, rimediamo; continuiamo nell’errore di separare (Simmel).

C’è, dunque, un soggetto tenuto ed economicamente interessato a fare prevenzione: è l’assicurazione privata posta in un giusto rapporto con l’autorità pubblica. L’assicuratore, con la sua quotazione (il premio richiesto o il rifiuto ad assumere il rischio) dice del caso specifico: che rischio è? Ha i tratti del pericolo? È un azzardo, una follia? Se non assicura, chi di dovere ha elementi per non autorizzare l’iniziativa. Un esempio? Perforare il Polo Nord (un azzardo): è solo il rifiuto ad assicurare che ha messo il progetto in stand by.

La logica del rischiare, cioè del fare iniziative misurate / métrion, è l’unica via d’uscita dal trend in cui siamo (inquinamenti, stress, migrazioni, catastrofi, cyber risk, mutazioni genetiche avventate). È sostenibile e costa la metà rispetto al rimedio. Un caso limite? La Sanità è al 90% ex post, sul rimedio, su pericoli. Se si orientasse ex ante, alla prevenzione, ai rischi, crescerebbero responsabilità e safety diffuse e potremmo far conto (solo qui, in prospettiva) su un risparmio annuale di 70 miliardi. Che messaggio ai cittadini e ai mercati!

Francesco Bizzotto

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