LAVORARE COME
CONCORRERE
Sul lavoro l’aria è
viziata; sotto sotto è lotta vera. E, nelle imprese, nel Paese, ci sono belle
esperienze. Sono ottimista. Il Governo ha posto giuste questioni (Dignità e
Sicurezza di reddito) con l’approccio old delle sinistre e dei
liberali (stabilità e tutele). Servono invece Mobilità e Promozione (con
paracadute per il Reddito). Ora, sterza su condizionalità, controlli e
incentivi: se viziati dalla passività, falliranno. Vedremo le norme e i
regolamenti. C’è però un bel fermento su due nodi: i Centri per l’impiego (o
Agenzie del lavoro; AFOL a Milano e Monza) e la Formazione continua per tutti.
Possono far decollare il Dialogo di territorio tra Domanda delle imprese e
Offerta di lavoro, risolutivo per avere più occupati e relazioni più
soddisfacenti e produttive. La Domanda (l’impresa) è oggi molto abbottonata: va
per conoscenze e fiducia. Mentre imprese e sindacati sono fuori dalle Agenzie
del lavoro. Primo passo: farli entrare. Secondo: formare l’Offerta. Obiettivi
da perseguire, entrambi, in modo graduale e rispettoso delle parti in causa,
secondo la ricetta di Elinor Ostrom – 1933 / 2012 –, prima donna, nel 2009,
premio Nobel per l'economia.
Ma, perché l’impresa non
dice chiaro cosa le serve? E perché le Associazioni d’imprese e i Sindacati non
hanno speso per anni una parola (tranne la Cisl: una!) a sostegno delle Politiche
attive del lavoro? C’è l’Agenzia nazionale dal 2015 e c’è una riforma delle
Camere di commercio che chiede alle imprese di contribuirvi. La Verità?
L’impresa vuole scegliere il lavoratore senza essere scelta; non vuole che si
formi una Concorrenza sul Capitale umano (tra lavoratori e tra imprese). E i
sindacati? Non mirano all’autonomia e al protagonismo del lavoro; sono
centralisti, come la vecchia Sinistra: “Ai tuoi interessi ci penso io”.
E invece è quel che serve per uscire dalle parallele logiche dell’impresa come
fatto individuale (non relazionale, poco innovativo) e del lavoro fermo,
rappresentato e tutelato (e scontento al 70%); il lavoro che fanno le macchine:
eseguire compiti su ordini.
Passare da stabilità e
tutele (passività) a Mobilità e Promozione (attivarsi e concorrere) equivale a
passare da un approccio negativo, sacrificale, a uno propositivo, responsabile.
Significa che (salvo un 2% fisiologico di tutele) Accompagnamento, Mobilità e
Promozione – cioè crescere, interrogarsi, immaginare, studiare, viaggiare,
cambiare, osare Startup – devono valere per tutti, non solo per licenziati,
inoccupati, disoccupati. Il primo approccio rende tutto pesante, difficile,
costoso; il secondo, tutto leggero, semplice, solare. Un’idea cara a Bruno Trentin,
sindacalista Cgil, testimonia Pietro Ichino (in La casa nella pineta).
E le risorse? Sono
abbondanti e vengono offerte da molte Istituzioni (si può attivare una bella
Concorrenza). In primis c’è un’azione e un risparmio urgente: mettere ordine e
dare senso; troppi soggetti sono in campo in modo confuso e poco produttivo;
Agenzie pubbliche o para pubbliche di varia natura, sempre finanziate o
agevolate; vaghi corsi di formazione (e i risultati?). Ho contato solo a Como
un centinaio di uffici per il lavoro (strutture e stipendi). Fare ordine in
casa. E parlare in Europa: a progetti seri seguono finanziamenti sicuri.
Mancano i progetti seri. E poi, in Europa si discute di lavoro accompagnato e
“assicurato”. E noi? Silenzio. Aumenterebbe di molto le chance di occupazione e
Mobilità. Un’idea grandiosa: assicurare il Lavoro significherebbe che l’Europa
crea un’unica struttura di garanzia. Io oserei di più: dalla mutualità
(ripartire i costi) passerei a una impostazione assicurativa vera e propria; un
soggetto che prende un “premio” e s’impegna di suo con garanzie non solo
monetarie; si attiverebbe per rendere misurati e sostenibili i rischi in
questione (avere meno “sinistri”, guadagnare di più). Interessante, vero?
L’Assicuratore, dunque, potrebbe essere un attivatore di lavoro e d’impresa
(sempre meno separabili).
C’è da dire che è anche
(parlavamo di risorse) uno speciale investitore istituzionale di lungo
periodo impegnato – da un preciso e saggio indirizzo europeo (Solvency II)
– a fare “investimenti infrastrutturali prospettici” (iip) materiali e sociali,
con l’obiettivo di ridurre il peso dei rischi che ha e metterà in pancia. Per
tenere basso il capitale di solvibilità. Così, per inciso, se un Cda fa pochi
“iip”, potrà essere accusato dal Davide Serra di turno di cattiva gestione, di
danneggiare la compagnia. È chiaro perché gli Assicuratori hanno già stanziato,
nel silenzio generale, 15 miliardi per “iip” (su 800 di riserve in Italia e
5.000 in Europa)? Non si dica: mancano le risorse. La Politica vuole continuare
a separare il pubblico dal privato? È un errore. Il mio pensare qui è
andreottiano.
Allora, le imprese vogliono
libertà di prendere e lasciare (licenziare). Si può fare in logica di
reciprocità concorrenziale; sconsiglio la logica sacrificale. Proviamo un
dialogo istituzionale che metta il lavoratore giusto (dipendente o autonomo)
con l’imprenditore giusto. Verrà da sé che, se la relazione di lavoro non gira,
è giusto cambiare: licenziare o dimettersi. Perché? C’è un conflitto sano da
scoprire: di merito, creativo, che rispetti e rafforzi le relazioni e faccia
impresa vitale, sociale.
Francesco Bizzotto
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