mercoledì 19 dicembre 2018

DOPO L’ “ANNO ORRIBILE” DELLA SINISTRA


Il nuovo anno che verrà

Il 5 marzo di quest’”anno orribile” della sinistra scrivevo questo sulla Vocemetropolitana:
“Nella società liquida ha vinto il partito della disintermediazione. Senza una sezione in ogni quartiere, senza cartelli elettorali, il M5Stelle è riuscito a non essere un fenomeno passeggero o una piccola parentesi della storia, ma a consolidarsi.
Quando apriranno le sedi, saranno anche fisicamente visibili e avranno un apparato periferico snello, forse avremo il nuovo partito di massa con tanto di correnti, interessi particolari e generali come la vecchia DC, con rigido centralismo poco democratico come il PCI. Nelle sedi, per essere in linea con l’aspetto tecnologico del movimento, invece del segretario di sezione, ci sarà un totem con un algoritmo in grado di preparare un buon programma per il consiglio di zona.”

Sembra che in questi mesi invece di cercare di comprendere perché l’elettorato ha scelto questa opzione, ci sia stata una rincorsa non solo a non capire perchè le periferie della società si sentono escluse, siano esse il quartiere dormitorio della grande città o la valle non raggiunta dal turismo e dove internet non “prende”, ma a rimproverare e a disprezzare chi ha deciso di votare i partiti che governano.

Si è riusciti a rompere il rapporto con un pezzo di società che prima si riconosceva nell’ area rappresentata dal PD, non sarà facile riprendere un dialogo.
In questi ultimi mesi tutti parlano di periferie immaginandole in maniera vaga, come se fossero solo i quartieri lontani dal centro, invece le periferie sono anche quei territori che a macchia di leopardo, per una serie di casualità, anche solo la posizione orografica, non sono idonee allo sviluppo commerciale o turistico.
Esistono poi le periferie sociali spesso composte da giovani che vivono “l’irrilevanza” come condizione esistenziale.
E’ quello descritto nel 52° rapporto del CENSIS sulla situazione sociale del Paese che evidenzia come:

“La crisi che blocca l’Italia è economica, ma anche sociale, e si pone l’obiettivo di stimolare l’avvio di una riflessione comune, portando in evidenza i costi che il Paese pagherà nel caso la società restasse intrappolata nella propria paura, nella nostalgia del passato, nel rancore. Una riflessione che dovrà dare visibilità e forza a idee ed esperienze concrete”.
Per il congresso del PD, a prescindere della mozione che vincerà, sarebbe interessante farne una sintesi da mandare in ogni circolo, evitando possibilmente commenti moralistici, e sulla base di “un’analisi concreta della situazione concreta”, per cominciare a capire la società italiana, per iniziare un lungo cammino di riconquista delle posizioni perdute.

Nel prossimo congresso PD, mi auguro che si ridiscuta l’idea di Europa in modo diverso, in questi anni si è parlato molto di Europa in termini quasi fideistici, mentre l’Unione si presenta ai cittadini sempre più in difficoltà a causa dei negoziati per la Brexit, sempre più tesi, le divisioni est-ovest, nord-sud, il governo comunitario spesso incomprensibile, la gestione dei profughi, i conflitti alle porte e non ultimo il terrorismo.
I cambiamenti climatici, che condizionano lo sviluppo economico e le migrazioni dovranno essere il nuovo paradigma di questo secolo.
Anche Il modello Milano reggerà ancora, perchè più l’economia si globalizza più le funzioni strategiche si concentrano nelle città globalizzate, ma se Milano vorrà fare un salto in avanti, avrà bisogno non solo centri decisionali dell’economia ma anche della politica. CONSOB, IVASS o l’AGCM, meglio noto come antitrust, tanto per fare un esempio dovrebbero avere la sede nella nostra città.
Mentre per Autority europee ci sarà da aspettare, la vicenda EMA insegna.
Sarà importante comprendere che mai il consenso è scontato e esportabile, neanche nei comuni dell’area metropolitana. 
Massimo Cingolani

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