USCIRE DALLA
NEBBIA
Sono favorevole al Tav e capisco i No Tav. Siamo ancora sulla
Crescita quantitativa, mentre solo la qualitativa offre prospettive di rischio
gestibili. Stoccarda, un ottimo esempio per Milano, dico a Sala
Il Tav è il
simbolo di quel che siamo: confusi e incerti, su un crinale pieno di pericoli
(quando non si sa bene e non si decide, secondo Niklas Luhmann), aperti o al
declino o a una stagione nuova. Possiamo fare di questi pericoli dei “rischi”,
se valutiamo e decidiamo, se li gestiamo con misura. Sono favorevole al Tav, ma
capisco i No Tav e sono refrattario al mito della Crescita che imperversa.
Dov’è il limite? L’Occidente (il 20%) usa l’80% delle risorse del pianeta. La
Crescita sconsiderata (quantitativa) aumenterà tutti i costi e anche il Debito
pubblico, che va diminuito per via di riforme: ad esempio, con il raddoppio
degli incentivi e un bel dibattito per ridurre i Comuni da 8mila a 3mila (a
Milano da 134 – uno ogni 3 km! – a 30), orientandoli al digitale, a lavorare in
gruppo, a essere hub di servizi.
Crescita?
Solo di qualità, per favore. Riduciamo quantità, ingombri, rumori, volgarità,
inquinamento. Molti rischi sono già fuori controllo. Sono pericoli, azzardi,
Cigni neri. Come l’aria di Lombardia. La qualità esce da buone relazioni e
creatività (i nostri punti di forza). Porta con sé sobrietà, crescita
culturale, gioia, affinamento degli stili di vita. Dire Crescita inganna. Si dà
spazio al peggio e non c’è più tempo. Usciamo dalla nebbia: non lasciamo al
Mercato il compito di ripulirsi. Serve la Politica: valutare, decidere,
orientare, rischiare.
La Crescita
quantitativa irriflessiva, esagerata (vedi il traffico e lo smog qui nel
Contado di Milano) ha cambiato il contesto, il paesaggio, direbbe Umberto
Galimberti. Da positiva è divenuta insopportabile. Da denuncia penale. Andava
anticipata. È il messaggio dei No Tav. Ma, non condivido la loro opposizione:
le grandi infrastrutture (di trasporto di merci e persone in primis, specie su
ferro) sono indispensabili alla Mobilità, caposaldo di qualità.
E, per
inciso, l’Europa ha creato condizioni strutturali geniali per il loro
finanziamento: ha previsto che l’Assicuratore (investitore istituzionale da
5.000 miliardi – 800 in Italia) ci metta le sue riserve, per ridurre la probabilità
di avere danni dai rischi che assume e così contenere il capitale di
solvibilità. È previsto dalla direttiva Solvency II (“rivoluzionaria”,
l’ha definita Salvatore Rossi, ottimo presidente di Ivass, l’autorità italiana
di controllo).
Sì, allora,
al Tav. Peraltro, abbiamo già discusso e deciso. Ma, i No Tav pensano di non
doversi arrendere mai, anche se minoranza. Non so se si sia discusso poco e
male. Si verifichi. Ho l’impressione che la loro sia una “scorciatoia
pericolosa” (Giuseppe Guzzetti), e che si credano diversi, superiori, speciali;
con la ragione in tasca che si affermerà, se non oggi, domani. E sulle labbra
il sorrisetto che conosciamo: La Storia è con me e tu, se prevali, è perché sei
un furbo (e un corrotto). Foto di famiglia, purtroppo, a sinistra.
Bisogna
discutere a fondo – a Milano – di questo atteggiamento, che ha affondato tutti
i riformismi. Vanno poi meglio regolate le discussioni di merito (quale
Crescita vogliamo? Quali progetti realizzare, e come?). Democrazia è
innanzitutto reciprocità e rispetto.
I buoni
esempi in Europa non mancano. Stoccarda ha discusso assai bene della nuova
Stazione ferroviaria che costerà 8,2 miliardi (dai 4,5 iniziali) e sarà
terminata nel 2025, quattro anni più tardi del previsto (nel 2010). Come? Con
ampi confronti, con esperti e testimoni, manifestazioni continue anche di
piazza, e con una televisione totalmente dedicata agli approfondimenti (fino al
referendum del 2011). Realizzerà, al posto di 17 binari di testa, 8 binari
passanti e tutta una serie di linee urbane che collegheranno la città ai suoi
quartieri e all’aeroporto. Una cosa splendida.
Un sogno a portata di
mano per Milano. E 8 miliardi sono la metà di quello che gli Assicuratori
italiani hanno già stanziato per investimenti infrastrutturali. Lo ha più volte
detto Maria Bianca Farina, presidente dell’Ania. E io dico al sindaco Sala, con
la considerazione e il rispetto che merita: Chiami Rossi, parli con Farina;
facciamo Milano come Stoccarda!
Francesco Bizzotto
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