POTERI FORTI
Panebianco picchia su magistratura e vertici della PA. Ma è la
politica che deve crescere. E solo il lavoro di gruppo, in trasparenza, alla
base, può ridarle autorevolezza e ridurre la corruzione
L’editoriale del Corriere della sera – 30 aprile di Angelo
Panebianco è un soprassalto del giornalismo. Dice pane al pane: i poteri
forti sono le tecnostrutture di vertice delle magistrature e della PA.
Andrebbero consultate prima di fare il governo, se no è “a rischio di
decapitazione politica”. Sono forti perché la politica rappresentativa è
“debole e ricattabile”; ha ceduto potere, s’è creato uno squilibrio. Le
tecnostrutture vogliono politici “disposti a inginocchiarsi in loro presenza e
a baciare l’anello”. Sono indifferenti o ostili “verso l’economia di mercato” e
difendono “un’impalcatura normativa fatta apposta per tenere in scacco le
imprese e lontani dal Paese gli investitori esteri (la vera causa della
disoccupazione giovanile)”. Alimentano un’ideologia anti industriale e
l’espansione della spesa pubblica. Il M5S è un loro “sottoprodotto” ed “effetto
collaterale”, e la grande bugia, in circolo da 30anni, è che la corruzione sia
molto alta, mentre è nella media europea.
Forte del principio di non
abbassare l’alto ma alzare il basso, non farei a buoni e cattivi. Mi pongo due
domande: perché la politica è debole? Come ridurre la corruzione?
La politica
rappresentativa è in crisi perché i cittadini trovano inadeguata la delega
totale con molti talk show di percorso e giudizio finale sull’operato.
Vogliono un politico con idee belle e motivate, e con capacità di ascolto, di
decisione e di rendiconto. Insomma, uno che ha di suo e si relaziona e misura,
cambia anche, propone indirizzi, fa sintesi e operatività. Un capace
coraggioso. E di passaggio. Infatti, il professionismo che s’è impadronito
della politica ne ha minato l’elemento forte: la passione. Senza, è tutto un
non dire per non scontentare (ed essere rieletti). La Politica dev’essere
impegno temporaneo di molti, in cui s’impara e s’invita a lavorare su se
stessi, a liberarsi dal Piccolo io (Etty Hillesum) e a vedere la squadra
(il Paese, la Terra). Sapendo che, se dai molto, ricevi di più e cresci.
Ma, la politica debole da
chi è veicolata? Dai partiti. Sono il problema. Ho la tessera del Pd e anche
lui ha le sue, se è vero che discute in modo poco organizzato, continuativo e
finalizzato (ma discute: e chi altro?). E ora tutti lo vogliono dentro, se no
cosa resta? C’è un problema fondativo, costituzionale. I partiti sono spesso il
trasporto (il tram) di ambizioni di carriera organizzate (queste sì). Non è ben
chiaro come prendono le decisioni. Anche per questo nessuno le accetta,
e fioccano divisioni, drammi e rancori. Decidono senza “concorrere con
metodo democratico” (Costituzione, art. 49). Mettono in pericolo il Paese e
non lasciano cauzione. Perché le differenze siano una ricchezza (un dono)
occorre che il percorso delle decisioni sia evidente e misurato. Direi: occorre
che sia un Rischio.
E la corruzione? Non mi adagerei sulle medie.
Siamo abituati a guardare in alto (il pesce puzza dalla testa). Dobbiamo
guardare dappertutto, come quando camminiamo. Abbiamo badato poco ai “rami
bassi” della PA. È lì il terreno fertile (il rizoma) che nutre tutte le
pastoie. Se è vero che il Federalismo comincia dalle periferie che si
rimboccano le maniche, assumono responsabilità e si fanno forti (vedi “Appello
per Lecco”), anche la lotta alla corruzione passa per un cambiamento alla
base della PA. Come? Esempio: unire o consorziare i troppi Comuni per valutare
i problemi in ottica larga e far lavorare in gruppo sindaci, assessori e
tecnostrutture locali (rieccole!). Rendere credibili e comprensibili le
decisioni: così cresce la Politica e si fa trasparenza. Al buio tutto
imputridisce.
Francesco Bizzotto
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