lunedì 7 maggio 2018

RIFLESSIONI SU UN EDITORIALE


POTERI FORTI

Panebianco picchia su magistratura e vertici della PA. Ma è la politica che deve crescere. E solo il lavoro di gruppo, in trasparenza, alla base, può ridarle autorevolezza e ridurre la corruzione



L’editoriale del Corriere della sera – 30 aprile di Angelo Panebianco è un soprassalto del giornalismo. Dice pane al pane: i poteri forti sono le tecnostrutture di vertice delle magistrature e della PA. Andrebbero consultate prima di fare il governo, se no è “a rischio di decapitazione politica”. Sono forti perché la politica rappresentativa è “debole e ricattabile”; ha ceduto potere, s’è creato uno squilibrio. Le tecnostrutture vogliono politici “disposti a inginocchiarsi in loro presenza e a baciare l’anello”. Sono indifferenti o ostili “verso l’economia di mercato” e difendono “un’impalcatura normativa fatta apposta per tenere in scacco le imprese e lontani dal Paese gli investitori esteri (la vera causa della disoccupazione giovanile)”. Alimentano un’ideologia anti industriale e l’espansione della spesa pubblica. Il M5S è un loro “sottoprodotto” ed “effetto collaterale”, e la grande bugia, in circolo da 30anni, è che la corruzione sia molto alta, mentre è nella media europea.

Forte del principio di non abbassare l’alto ma alzare il basso, non farei a buoni e cattivi. Mi pongo due domande: perché la politica è debole? Come ridurre la corruzione?

La politica rappresentativa è in crisi perché i cittadini trovano inadeguata la delega totale con molti talk show di percorso e giudizio finale sull’operato. Vogliono un politico con idee belle e motivate, e con capacità di ascolto, di decisione e di rendiconto. Insomma, uno che ha di suo e si relaziona e misura, cambia anche, propone indirizzi, fa sintesi e operatività. Un capace coraggioso. E di passaggio. Infatti, il professionismo che s’è impadronito della politica ne ha minato l’elemento forte: la passione. Senza, è tutto un non dire per non scontentare (ed essere rieletti). La Politica dev’essere impegno temporaneo di molti, in cui s’impara e s’invita a lavorare su se stessi, a liberarsi dal Piccolo io (Etty Hillesum) e a vedere la squadra (il Paese, la Terra). Sapendo che, se dai molto, ricevi di più e cresci.

Ma, la politica debole da chi è veicolata? Dai partiti. Sono il problema. Ho la tessera del Pd e anche lui ha le sue, se è vero che discute in modo poco organizzato, continuativo e finalizzato (ma discute: e chi altro?). E ora tutti lo vogliono dentro, se no cosa resta? C’è un problema fondativo, costituzionale. I partiti sono spesso il trasporto (il tram) di ambizioni di carriera organizzate (queste sì). Non è ben chiaro come prendono le decisioni. Anche per questo nessuno le accetta, e fioccano divisioni, drammi e rancori. Decidono senza “concorrere con metodo democratico” (Costituzione, art. 49). Mettono in pericolo il Paese e non lasciano cauzione. Perché le differenze siano una ricchezza (un dono) occorre che il percorso delle decisioni sia evidente e misurato. Direi: occorre che sia un Rischio.

E la corruzione? Non mi adagerei sulle medie. Siamo abituati a guardare in alto (il pesce puzza dalla testa). Dobbiamo guardare dappertutto, come quando camminiamo. Abbiamo badato poco ai “rami bassi” della PA. È lì il terreno fertile (il rizoma) che nutre tutte le pastoie. Se è vero che il Federalismo comincia dalle periferie che si rimboccano le maniche, assumono responsabilità e si fanno forti (vedi “Appello per Lecco”), anche la lotta alla corruzione passa per un cambiamento alla base della PA. Come? Esempio: unire o consorziare i troppi Comuni per valutare i problemi in ottica larga e far lavorare in gruppo sindaci, assessori e tecnostrutture locali (rieccole!). Rendere credibili e comprensibili le decisioni: così cresce la Politica e si fa trasparenza. Al buio tutto imputridisce.

Francesco Bizzotto

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