“L’industria
del futuro per essere sostenibile e competitiva, non può non prevedere la
partecipazione del lavoro organizzato e dei lavoratori alla gestione strategica
dell’impresa”
Così Marco Bentivogli (Segretario
generale Fim Cisl) su questa News a proposito dell’accordo Alcoa (produzione di
alluminio in Sardegna): nel capitale societario di Sider Alloys entra Invitalia
e anche i dipendenti con un 5% delle azioni e un posto nel Consiglio di
Sorveglianza. Il coinvolgimento, la partecipazione dei lavoratori alla gestione
d’impresa è all’ordine del giorno ed è sia di destra che di sinistra (Ah,
Gaber!). Vediamone le ragioni:
1.
L’articolarsi, differenziarsi e crescere degli individui (consumatori e
produttori), frutto e merito, in Occidente, del liberalismo e delle battaglie
di emancipazione, ha reso impraticabile, inefficiente, l’organizzazione
piramidale, la via dell’autorità formale (forza separata, violenza): il
comando, tanto nelle intraprese quanto nei gruppi informali, nelle famiglie e
nelle coppie (come nella stessa idea di Dio), è ad alto rischio di ridicolo, se
non è credibile, utile e riconosciuto; se non cattura e promuove. La stessa proprietà
è sul sentiero del dramma o della commedia se non si legittima con passione,
preparazione, dedizione, capacità specifiche, in primis relazionali: saper fare
gruppo armonico.
2.
Individuo e società, impresa e lavoro hanno con-vinto. È la forza dell’Europa a
cui il mondo guarda e che cerca nuove sintesi. L’iniziativa, l’intrapresa,
ovunque, tende ad assumere la forma della rete di competenze che collaborano e
sono ampiamente responsabili (abili nel dare risposte e contributi in ottica di
sistema). Al centro ci sono le relazioni e i processi; la forma.
Il come si prendono le decisioni e si fanno le cose conta più delle idee
e della sostanza, delle cose, delle produzioni. Il come viene prima e
quindi è più importante. La forma determina la sostanza, che è latenza. Un
capovolgimento. E ciascuna parte si spiega nel sistema a cui contribuisce, non
al proprio interno; in alto, non in basso. Il nostro errore? Separare gli
aspetti, mentre solo a mezzi buoni, a buone relazioni, possono conseguire fini
giusti e sostenibili. Vi sembra poco? Siamo in zona Cesarini.
3. Per
inciso: riscoprire la centralità del processo, delle relazioni e dei mezzi, del
come si sta insieme e si opera, porta a ritrovare l’importanza e il significato
del rischio, che è padrone del processo e scompare se mi concentro sulla
possibilità teorica (il sogno) o sul risultato immaginato o raggiunto. La
consapevolezza del rischio e la sua gestione rischiarano a puntino e
rendono bella e sostenibile (e, ovviamente, limitata) l’opera nel suo contesto.
4.
Chiamare i lavoratori a partecipare (poco o tanto) alla vita dell’impresa
significa attivare l’area di produttività sostanziale (interessata, attiva)
anziché quella solo formale e passiva (manodopera). Significa promuovere
produttività latente. Raddoppio possibile.
5.
Favorire relazioni d’impresa partecipative, conflittuali nel merito dei
problemi, significa liberare tutti i soggetti (direbbe la francese Cfdt) e
richiede un’Istituzione nuova, esterna, che si faccia carico del conflitto di
relazione. In azienda è un cancro; va portato fuori e risolto. Meglio:
anticipato. Le Agenzie del lavoro o Centri per l’impiego locali e le Politiche
attive (orientamento, formazione, accompagnamento) divengono strategici e di
comune interesse. Perché l’impresa e il lavoro sono, entrambi, delicati beni
comuni. Un altro mondo.
6. Caricare i lavoratori, in
particolare i giovani, di responsabilità, chiamarli a contribuire e concorrere
(misurarsi), a meritarsi una collocazione e un riconoscimento (in azienda come
nella società – no profit), significa aiutarli a leggere il futuro non come
minaccia (un pericolo incerto che spaventa) e nemmeno come promessa (c’è solo
da raccogliere, senza impegno e problemi) ma come rischio. E rischio dice di
una realtà in cui t’impegni, incerta ma valutata, sostenibile (una probabilità)
e dotata pure di un paracadute per coraggiosi (vai tranquillo, se ti ritrovi in
difficoltà, ti sosteniamo, ti aiutiamo). In quest’ottica la tecnologia perde di
ossessività e torna a essere in posizione centrale perché mezzo, partecipe del
processo. È Politica.
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“La tecnologia non porta il
precariato, è piuttosto il vuoto di immaginazione dei politici e di molti
sindacalisti che lo determina. Bisogna avere il coraggio e la competenza per
scrivere sul foglio bianco“. Marco Bentivogli
Francesco Bizzotto
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