CRESCE IL PIL MA IL FUTURO NON È PER FORZA ROSEO
Molti indicatori segnalano aree di
incertezza
La crescita del PIL e la ripresa economica
sono un dato di fatto, anche se nascondono delle serie criticità. Per il
momento ci sono aziende, secondo uno studio del Sole 24 ore, che hanno avuto
una crescita del 18% ed alcune che invece sono decresciute dell’11%. Quelle che
hanno il miglior trend di crescita sono quelle che esportano, le più
digitalizzate, con minore e più qualificata occupazione. Quelle in continua
crisi sono quelle che offrivano più posti di lavoro.
Secondo uno studio di Euler Hermes, una
società specializzata nel recupero crediti: “La crescita del PIL globale, sta accelerando con un buono slancio,
aumentando finalmente ad un ritmo più sostenuto rispetto agli ultimi due anni,
tuttavia, dietro questo quadro positivo, si trova una marcata divergenza nelle
fortune economiche da paese a paese”.
E ancora: “È stata poco brillante negli
Stati Uniti, sostanzialmente forte in Cina grazie a stimoli precedenti e
stabile nell’Eurozona, soprattutto grazie alla crescita delle esportazioni.
Anche la fiducia delle imprese è migliorata notevolmente, dato che sentono la
spinta di una domanda più dinamica e una risalita dei prezzi, dopo diversi anni
di sviluppo lento”.
È un dato da tenere sempre come
riferimento, comunque la partita della crescita globale e nazionale è come una
partita di calcetto. In campo per lo sviluppo ci sono: l’inflazione che crea
una spinta alla fiducia e agli investimenti, l’aumento dei consumi, con le
vendite al dettaglio in continuo lievitare, anche se lieve.
Questo migliora la fiducia delle imprese,
dato che le aziende sentono la spinta di una domanda più dinamica e una
risalita dei prezzi, dopo anni di progresso pigro. La ripresa degli
investimenti e l’accelerazione delle esportazioni, che per quanto riguarda le
aziende italiane è altamente positivo. Con questo continuo incremento ci sarà
un progressivo miglioramento del mercato del lavoro, favorendo ulteriormente la
spesa privata, vera leva per l’uscita dalla crisi. Le politiche di supporto,
poiché la liquidità globale ha raggiunto livelli record, con oltre 19 trilioni
di dollari e la politica monetaria dovrebbero rimanere ampiamente accomodanti.
Contro la crescita giocano: la reflazione,
cioè la moderata nuova inflazione successiva alla deflazione, che se è positiva
per il fatturato delle aziende, c’è il rischio che i margini e il potere di
acquisto reagiscano negativamente; il fatto che il ciclo degli investimenti è
in gran parte finanziato dal debito sia pubblico sia privato; i tassi di
interesse più elevati potrebbero compromettere gli investimenti; il
protezionismo, che non sta diminuendo e che trova continui sostenitori e le
difficoltà a reagire ad una nuova crisi. Infatti i responsabili delle politiche
sono preoccupati dai rischi derivanti dal non avere spazio di manovra
sufficientemente recuperato prima della prossima crisi.
Poi c’è un giocatore che per il momento non
sappiamo dove voglia posizionarsi: il rischio politico. In Europa dopo Brexit
ed elezioni francesi non sembrano esserci grossi azzardi. Le elezioni italiane,
nonostante tutto, non dovrebbero influenzare lo sviluppo, tant’è vero che il
dibattito politico in Italia è caratterizzato da problemi che con l’economia
centrano poco. Dall’immigrazione al testamento biologico, di sviluppo parlano
seriamente in pochi, forse nessuno ha un’idea precisa, o probabilmente le
decisioni vengono prese in altri ambiti e strutture, alle quali il nostro paese
non sempre è invitato.
La democrazia parlamentare in Italia è
sempre più in crisi, o meglio, è come se fosse svuotata. Non riesce a
rappresentare la società nel suo complesso e appare assorta in dibattiti
distanti dai reali bisogni dei cittadini. Ormai le leggi vengono interpretate
attraverso regolamenti emanati dalle Authority, o sono il recepimento di
direttive comunitarie.
Una situazione di questo tipo, insieme ad
una ripresa che crea fratture e squilibri nella società, la famosa forbice tra
ricchi e poveri che si allarga sempre di più, possono creare le premesse per un
futuro poco roseo.
Massimo Cingolani
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