SERVONO PARTITI NUOVI,
DI PROPOSTA
Angelo Panebianco (Editoriale del Corriere della sera, del 6.10)
ribadisce l'idea: "le varie teste pensanti della politica,
dell'economia", eccetera, "si siedano intorno a un tavolo" per
dare al Paese "Istituzioni politiche forti in sostituzione dei partiti di
un tempo", e così "proteggere la nostra fragile
democrazia".
Poiché condivido questi obiettivi, temo che Panebianco (con
molti altri amici), si illuda. Non bastano Istituzioni forti e stabili (pur
aperte) per governare. È un'illusione centralista, elitaria: immagina di
gestire (bene) realtà complesse in modo separato. In modo forte e dato,
oggettivo, direbbe Gianni Vattimo.
La grande impresa lo ha capito e cerca la via della Rete, del
coinvolgimento ampio, della decisione condivisa. E l'Onu raccomanda (ESG)
"Inclusione sociale" e "Governance", oltre a
"Ambiente".
Qual è il punto? I Partiti e le rappresentanze sociali. Non
rinunciamo a riformarli. Asciugarli, risanarli, rilanciarne Il ruolo. Senza, ci
incartiamo nel putinismo. Certo, devono rispettare la Costituzione
("metodo democratico"), essere scalabili, produrre idee (per
Statuto), non chiacchiere, slogan.
Perché le diverse parti alimentano l'anima stessa della democrazia:
la pluralità degli approcci e delle idee; il sano conflitto
("polemos") che rivede, cambia, innova.
Francesco Bizzotto
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