DISUGUAGLIANZE
STIAMO SPERANDO SOLO NELLA FINE DELLA PANDEMIA?
Lo scoppio della pandemia ha stravolto la vita di tutti, ma gli effetti più devastanti hanno interessato le fasce più fragili della popolazione, non necessariamente quelle di età più avanzata, acuendo le diseguaglianze. L’Italia è arrivata già in affanno alla sfida del coronavirus. Poco benessere, scarsa crescita, alta disoccupazione in particolare giovanile, debito pubblico eccessivo, squilibri demografici grandi differenze di reddito, genere, territorio e generazionale. Il risultato è che le criticità potrebbero aggravarsi nell’immediato futuro.
La
crisi occupazionale, il debito che grava sulle future generazioni, la povertà
in rimonta acuisce il divario con la parte più ricca del paese. Prima della
pandemia, secondo il Global Wealth Databook di Credit Suisse, il 20% più ricco
degli italiani deteneva quasi il 70% della ricchezza nazionale, mentre il
successivo 20% era titolare del 16,9 % della ricchezza, lasciando al 60% più
povero solo il 13,3% delle risorse. Durante il lockdown circa la metà degli
italiani ha subito una contrazione del reddito.
Inoltre,
durante la pandemia, nonostante il blocco dei licenziamenti, la crisi
occupazionale ha colpito quasi esclusivamente le donne, i dati Istat confermano
470.000 occupate in meno rispetto all’anno precedente.
L’impatto
più negativo sul lavoro femminile si è avuto nell’occupazione a termine
(-327.000 lavoratrici), nel lavoro autonomo (-87.000), nelle forme part-time
(-243.000) nei servizi, in particolare nel food e nel settore dell’assistenza
domestica. Dove il lavoro è meno garantito per gli uomini, per le donne lo è
ancora di più.
Poiché
gli uomini hanno bisogno “sia del pane sia delle rose”, il virus logora anche
dal punto di vista mentale.
La
paura per la propria salute e quella dei propri cari, lo stress, la sensazione
di essere soli di fronte a qualcosa di incontrollabile sta aumentando il
disagio psichico. Sono in aumento la depressione, l’ansia e l’insonnia.
Le
giovani generazioni si sono trovate strette fra chiusure e didattica a
distanza, senza strumenti adeguati.
Per
costruire nel presente le basi del futuro, formazione, ricerca, sviluppo e
innovazione, anche se possono apparire solo uno slogan, saranno il riferimento
per i prossimi anni.
Le
famiglie italiane sono state colpite in particolare dalla seconda ondata,
infatti nell’”indagine straordinaria sulle famiglie italiane”, condotta da
Banca d’Italia, si evidenzia che un terzo delle famiglie ha avuto una riduzione
del reddito, quasi il 40% degli affittuari e oltre il 30% delle famiglie
indebitate hanno dichiarato di avere difficoltà nel sostenere il pagamento
dell’affitto o delle rate ed il 15% ha preso in considerazione la possibilità
di chiedere un prestito, si spera ad una banca o ad una finanziaria e non al
mercato illegale, nuovo business per le mafie. La metà delle famiglie dichiara
di non disporre di risorse finanziarie sufficienti a sostenere il proprio
tenore di vita per almeno tre mesi in assenza di reddito.
I
consumi continuano a risentire dell’emergenza sanitaria. La spese effettuata in
abbigliamento, alberghi, bar e ristoranti è inferiore al periodo precedente per
circa l’80% delle famiglie.
Per
molti la contrazione dipende più dalla paura che dalle minori disponibilità
economiche, ad esempio i dipendenti pubblici non sono stati minimamente toccati
dalla crisi, per cui si può sperare in ripresa dei consumi appena la diffusione
del virus sarà contenuta con il completamento delle operazioni vaccinali.
Secondo
uno studio di Allianz Risk Barometer i rischi da violenza politica e sociale
sono tra i più temuti, infatti a fronte di un calo, negli ultimi cinque anni,
degli eventi terroristici, si è visto un incremento di proteste con atti
vandalici.
La
ripresa europea stenta a partire in attesa di una situazione sanitaria non
ancora definita, le chiusure di fatto, anche se allentate ci sono ancora e
preoccupa il rialzo dell’inflazione, che per gli economisti è causato da
fattori transitori, ma per famiglie riguarda direttamente il proprio
portafoglio.
La
discussione però è spesso solo sull’aspetto sanitario, con contrapposizioni
quasi ideologiche, sarebbe ora di riportare il dibattito agli aspetti concreti
della vita di tutti.
Massimo Cingolani
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