DISASTRI E RIMEDI ATTESI
Il Ponte Morandi è un esempio. Nei prossimi 50 anni, case e infrastrutture vanno guardate a vista: può succedere di tutto. Ripensare il costruito, pensare ai rimedi, prevenire i disastri. L’Assicuratore come Cavaliere bianco di mercato, interessato a rendere misurati (sostenibili) i Rischi.
La Procura di Genova nel rapporto (2.000 pagine) sul disastro del Ponte Morandi, crollato il 14.08.’18, scrive: "Tra l'inaugurazione del 1967 e il crollo, per ben 51 anni, non è stato eseguito il benché minimo intervento manutentivo di rinforzo sugli stralli della pila 9". E Francesco Cozzi, 69 anni, procuratore capo: "Ci vorrebbe un'agenzia esterna che abbia però strumenti e potere. Diciamo che il sistema si prestava ad aggiramenti dei controlli di sicurezza". E poi: "Se i processi non evitano la recidiva, cioè che si pongano le condizioni perché certe tragedie non si ripetano, non servono a nulla." (Corriere della sera, 23.04.’21).
Evitare “la recidiva”. Come? Molte
infrastrutture ed edifici (il costruito di un secolo) sono a Rischio crescente.
Cosa si può fare? Un esempio. La direttiva europea Solvency II libera gli investimenti degli Assicuratori europei (10.000 miliardi, 800 in Italia) e li chiama a
fare “investimenti infrastrutturali
prospettici”. Mira a rendere solidi i loro bilanci riducendo i Rischi della
prospettiva, valorizzando il loro ruolo di misuratori interessati dei Rischi (e
non solo del singolo Rischio, nell’immediato:). Dal XIV secolo sono al mondo per
aiutare chi innova e corre grandi Rischi. Allora: trafficare con l’Islam,
solcare gli Oceani; aprire i commerci.
Da quando
Blaise Pascal ha definito la Probabilità statistica (qualcosa di misurabile –
1662), gli Assicuratori hanno via via codificato esperienze (eventi del
passato) e si sono resi autosufficienti. Quando, infatti, un Rischio (una Probabilità)
ha una misura nota e accettata (condivisa), allora è assicurabile, ovvero è sostenibile: le sue conseguenze
indesiderate possono essere previste e rette da fondi costituiti ad hoc.
Ma, i sistemi
di misurazione dei Rischi collassano: il modo frequentista, che
guarda al passato, i Big Data (un modo matematico, quantitativo, separato), non
è affidabile, non regge. Perché la realtà umana è creativa.
E come misurava
i Rischi l’Assicuratore nei 4 secoli prima di Pascal? Scambiava
informazioni e stava vicino; valorizzava le attività, gli uomini e i mezzi di
trasporto e difesa, e a volte vi prendeva parte; si relazionava con le
Istituzioni (Venezia proibiva di viaggiare di notte tra le isole della
Dalmazia). È interessante notare che l’Assicuratore agiva come adesso richiede
la logica della Meccanica quantistica (essere parte attiva, responsabile).
Ora, egli
può svolgere un ruolo di Cavaliere bianco di mercato. Può contribuire
a rendere sostenibili (misurate) le attività, la nostra potenza; favorire l’equilibrio
tra Possibilità e Rischi. Può farlo in molti modi:
·
Con specifiche coperture assicurative all risk (Responsabilità e Danni propri) rese obbligatorie per grandi
opere e progetti. E la sua quotazione dirà del Rischio che si corre;
·
Sviluppando servizi che valorizzino la Prevenzione dei danni e
la cura dei processi;
·
Con norme di Corresponsabilità amministrativa in caso di cattiva
Gestione dei Rischi;
·
Remunerando gli intermediari per la cura e il servizio, non per
i volumi finanziari creati;
Attivando interventi già previsti dalle Polizze, come l’ispezione da parte della compagnia, per verifiche (e manutenzioni predittive) oggi agevoli con le interconnessioni digitali.
Si tratta
di contrastare il conflitto di interessi tra attori preposti e gestione d’imprese.
Decisivo è l’input istituzionale:
un vantaggio fiscale e sociale per le Polizze di chi innova e si orienta alla sostenibilità, che gli antichi Greci
chiamavano senso del limite o Giusta
misura.
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