giovedì 23 aprile 2020

FRATELLI MAGGIORI (2)

Ricordare, riportare vicino al cuore, le belle persone conosciute


SERGIO SCOTTI

 

Socialista e libero muratore (massone), il milanese Sergio Scotti è la seconda persona (dopo Gianni Decio di Monza) di cui faccio memoria. È stato il tipico giornalista anni ‘80 di una testata di nicchia

 

Desidero ricordare (e sono alla seconda tappa) persone toste conosciute bene, con tratti splendidi, tra luci e ombre. Ai lettori faranno venire in mente bei ricordi. Ravviviamoli; è importante. Tra noi c’è stata simpatia e sintonia, non consuetudine: fratelli maggiori. Per motivi diversi, li ho frequentati e stimati. A loro devo molte idee e tratti di stile. Mi hanno formato, con nitidi esempi. E, purtroppo, sono mancati: testimoni senza pretese.

 

Il mio, ho detto, è un tributo e un riconoscimento. È un atto sociale e insieme un racconto di me, del mio lavoro. Nulla è perduto se miriamo a fare bene. Qui, lascio traccia di Sergio Scotti, giornalista del settore assicurativo. Aveva 50 anni quando io 35, nei primi anni ’80.

 

SERGIO SCOTTI. Editore e giornalista, aveva ereditato dal papà (e dal nonno) la rivista mensile “Notiziario Assicurativo” (cartacea, naturalmente, e con la sua bella pubblicità). Tesseva rapporti vasti con agenti, periti e dirigenti delle compagnie e oltre. Informato e disincantato, vedeva largo e lontano, mi pareva, e niente lo meravigliava, tranne il coraggio. Socialista e massone, era un laico orgoglioso e prudente. All’occasione sprezzante. Ottimo ascoltatore, attorno al ’75 mi pubblicò un pezzo e m’invitò a scrivere sul mestiere (“scava, e non t’illudere”). Poi mi mandò a intervistare uomini di primo piano: full immersion bellissime.

 

E io, da Assicuratore in erba, sognante e con radici americane, mettevo alla prova la mia idea: il rischio è un’attesa soggettiva – alla Bruno de Finetti – su cui ci conviene influire in positivo, con la Prevenzione. In Usa l’80% degli Assicuratori lo fa. Le nostre tariffe e la statistica – pensavo – sono storia, come dice Popper, non scienza. Mi pareva di potermi riferire anche alla Meccanica quantistica: chi misura influisce; influiamo consapevolmente; anticipiamo gli eventi! Forse, è l’unico modo per misurare i rischi. Sergio mi dava corda, non ragione. Però gli piaceva il gioco d’anticipo: “Orienti e sei libero. In America si fa? Forse in futuro anche noi. Ma i bilanci, sappilo, li fai con la finanza”.

 

Ne ebbi conferma andando a intervistare il leader di un sindacato degli Agenti di Assicurazione che in quegli anni gestiva una piccola compagnia. Eravamo al ristorante e capitò diverse volte che rispondesse al telefono e desse indicazioni di acquisto e vendita di titoli. Ah, la finanza! Sergio queste cose le sapeva bene e ci navigava. Si faceva valere ed era generoso. Mi regalò il mio primo computer (“Usalo; non tornerai più alla penna”). A metà degli anni ’80, nel bel mezzo di uno dei nostri pranzi di lavoro, gli proposi di portare avanti io la rivista. Ci pensò e, dopo un po’, mi disse: “Ti lascerei un problema. La carta è finita”.

 

Da buon giornalista di nicchia, prediligeva i personaggi, gli innovatori: “Amiamoli; sono animali che fanno il mondo”. In effetti, quelli che avevo intervistato si erano rivelati illuminanti, visti da vicino: ad esempio il numero uno di Zurich Adolfo Bertani, poi presidente del Cineas del Politecnico di Milano. Era entrato nel mondo assicurativo come produttore (venditore): ottimo; come partire dall’archivio. Con lui fu sintonia totale sulla necessità che l’Assicuratore si aprisse alla Gestione del rischio (al Risk management), alla Prevenzione.

 

In un certo senso, Scotti m’insegnò a scrivere: a immaginare, ipotizzare prospettive sensate, e poi ricercare prove, percorsi già in campo, praticati (magari in parte) da innovatori, fosse pure per caso. Fedele ai sogni e pragmatico. Lo sentivo americano. Era il mio pane e ho trascorso sere e mattine presto fantastiche immerso in ipotesi professionali poi verificate nel lavoro e nel dialogo con dirigenti del settore. Mi concentravo facilmente e ovunque, in metrò, nei baretti del centro, camminando. Ogni articolo era scavo e crescita.

 

Non avevo altri fini. Non cercavo di piazzarmi. Sergio aveva l’impegno della vendita, degli abbonamenti, ma non si faceva stressare. La vendita, come la carriera, mi diceva, è la conseguenza di un lavoro: se è fatto bene, arriva. Soddisfazioni? Molte, personali, intime. E anche riconoscimenti. Ad esempio: Silvio Leo, storico del settore, tecnico della liquidazione dei sinistri ed esperto politico (del Pci), disse a Scotti: “Delle interviste di Bizzotto vedo spesso più intelligenza nelle domande che nelle risposte”. E l’emozione più grande? La provai un giorno in metrò: la mia attenzione fu attirata da un elegante signore che leggeva la nostra rivista proprio alla pagina del mio articolo. Era la prova che venivo letto! Chiunque scriva, ne ha bisogno. Telefonai subito a Sergio e ci scherzammo sopra.

 

Raccontai di Sergio Scotti a Gianfranco Troielli, l’Agente generale di Ina Assitalia a Milano (era la più grande Agenzia di Assicurazioni d’Europa). Dall’’87 ero suo dipendente. Mi occupavo di Formazione della rete di vendita. Andammo a pranzo al Boeucc e fu un volo d’angeli. Parlarono del mestiere e del suo sottosuolo. Io capivo poco e ascoltavo; gustavo il clima. Sergio si portò via – con un bel numero di abbonamenti – l’intervista a un leader del mercato sul tema “La Previdenza che serve e il lavoro di massa organizzato”. Era (è) il segreto mai svelato dell’Ina Assitalia, messo a punto al meglio, incarnato, a Milano da Troielli. Lo aveva incuriosito, catturato. Di più: convinto.

 

Ovviamente, m’impegnai a stendere l’intervista. Conoscevo Troielli: aveva qualcosa di grande che mi mancava. Gasato come non mai, dopo il pranzo, accompagnai Sergio al metrò. Rifletteva, quasi stupito, veloce e intuitivo com’era. Mi disse: “Tu sei in un ventre di vacca”. Lo sapevo. Dopo un po’ – eravamo in corso Vittorio –, pensò a voce alta: “L’Ina agli inizi del secolo ha fatto nascere in Italia la Previdenza, azione degna di un maestro di libertà, di un grandissimo muratore. E ha sempre dato utili al Tesoro e prestiti ai più diversi Enti pubblici. Al Sud e al Nord. Nel dopoguerra poi è stata, con la Dc di Fanfani (il Piano Casa), un formidabile investitore istituzionale. Incredibile: negli anni ’80 ha anticipato tutti con le polizze Vita Rivalutabili del professor Antonio Longo e ora – fatico a crederlo! – è pronta a ripartire; prepara la Previdenza del prossimo millennio. Dobbiamo assolutamente capire cosa vuole fare, come si orienta. E ha pure (è ovvio!) un segreto organizzativo, commerciale. E tu ne sei parte. Ma, ti rendi conto?” Un po’ mi rendevo conto e un po’ friggevo, temevo.

 

Erano i primi di marzo del 1992: vigilia del terremoto di Mani pulite. L’intervista, approvata da Troielli (“Ma, aspettiamo un po’”) non è stata pubblicata. Anche a Troielli ho voluto bene. Di lui e del suo segreto parlerò un’altra volta.



Francesco Bizzotto

Nessun commento:

Posta un commento