GRATTACIELI A MILANO
Una Metropoli in verticale, integrata e ricca di Servizi. Azzera
il traffico locale, piace a giovani e anziani, attrae investitori e costa la
metà. Via dalla “solitudine contemporanea” (Giancarlo Consonni)
Sono geometra delle Civiche
scuole serali di Milano. Non ho pretese e sono grato a Milano. Mi occupo di
rischi, dove la misura è tutto, e vedo il rischio, il fascino dei grattacieli.
Ho una gran voglia di entrarci e percorrerli in basso e in alto; amo le loro
scale, che metterei in bella evidenza perché educano il corpo, il passo, il
respiro, la mente.
Vorrei
più grattacieli, anche nelle periferie e nel Contado; e che si esplicitasse
meglio la città nuova. Deve farsi largo in verticale, azzerando brutture e recuperando
spazio e verde, e organizzarsi con hub di trasporti e servizi che capovolgano i
flussi: prossimi ai cittadini, vadano da loro, non più il contrario. Come le “Case
della Salute” immaginate da Pisapia, dove sei accolto e risolvi l’80% dei
problemi, e si riduce al 50% il costo della Sanità. Ne voglio una in ogni
grattacielo. Bene le griffe e le suggestioni. Non bastano.
Dunque,
grattacieli tra loro in bella concorrenza e ben collegati da ampie piste
ciclabili, con un mix di presenze, funzioni e servizi smart per una vita
personale autonoma e relazionale. È la domanda sia dei giovani (la “casa taxi”
del Censis), sia degli anziani, per abbattere il loro tremendo rischio di “non
autosufficienza” (è al 40% a 70anni!). Alla umiliante galera della dipendenza
l’anziano arriva così: stress, solitudine, depressione, malattie. Una pesante
croce per i figli, con costi enormi, insostenibili, se giochiamo d’attesa. La
casa è un tassello decisivo per poter anticipare i problemi, attivare, allungare
la vita in salute e darle senso. Così i servizi costano la metà.
Immagino
i servizi, pubblici e privati, che si possono
avere comodi, sottomano: palestre,
lavanderie, ritrovi, ristoranti, piscine, supermercati, “Case della salute”, ospedali,
alberghi, centri di assistenza personale. E il Metrò dabbasso, che porta
ovunque. Chiedo troppo? Voterei il partito che proponesse ai miei figli questo
futuro. Ci investirei. E anche gli Assicuratori, in base a Solvency II, sono
interessati a questi “investimenti prospettici”.
Insomma, io vedo una Lombardia di grattacieli, ma non ci
siamo. Oso dirlo dopo aver letto l’intervista al Corriere della
sera del 16 c.m. di Giancarlo Consonni, 76
anni, umanista, poeta e docente emerito di Urbanistica al Politecnico di Milano.
Dopo il progetto “Porta di luce” di Citylife, fa una critica tagliente; parla di “omologazione
alle metropoli dominanti dell’Occidente e del Sud-Est asiatico”, di
grattacieli funzionali alla “solitudine
contemporanea”, che “in realtà sono
un mortorio”. E di spazi aperti al pubblico “ambigui e con una sottile militarizzazione” in basso. E in alto?
Esprimono “arroganza e indifferenza”.
È così.
Eppure, il
balzo in avanti di Milano “dice la sua
potenza, merita di essere guardato con rispetto. Ma le nuove forme tradiscono
la sua storia, fatta di misura e di rapporti umani. D’altra parte
l’architettura non mente: il nuovo skyline (…) si distacca dalle periferie e
dal sistema metropolitano”. Guardare oltre i bastioni è decisivo per Milano.
Conclude Consonni
(e io con lui): “La storia va
continuamente reinventata ma tenendo fermi i valori su cui si fonda la vita
associata. La trasformazione va governata. Compito dell’amministrazione è
dialogare con i privati per dare vita a una città equilibrata e in cui si
integrino i ceti sociali”. A Milano giovani e anziani esprimono un’esigenza
nuova di casa, ambiente e servizi. Può abbattere di molto tutti i costi. Servono
visioni (e mani politiche) coraggiose e aperte, relazionali e poetiche; profetiche
e femminili, direi. Si facciano avanti.
Francesco Bizzotto
Nessun commento:
Posta un commento