mercoledì 18 aprile 2018

ASSICURIAMO LA MOBILITA’


CARI PROFESSORI



Jobs act: mano alla Politica!

Il lavoro come fattore di concorrenza tra imprese. 



Pietro Ichino, Pietro Garibaldi, Tito Boeri, Tommaso Nannicini: l’impegno in Politica dei professori fa loro onore; la sanno lunga; hanno visione e passione per la cosa pubblica; nei loro profili trovi scintille di skill (“Ha lavorato come economista nel Dipartimento di ricerca del Fondo Monetario Internazionale”). Tipici cooptati, nelle scelte politiche (pesi, priorità, motivazioni, equilibri) vengono mandati avanti e lasciati soli. La Politica è cosa particolare, sottile vertice interdisciplinare (oltre che della carità, diceva Paolo VI). E i prof sono spesso piagati dal “virtuosismo matematico” e poco inclini a “riconoscere l’importanza delle variabili psicologiche nei fenomeni economici” (Herbert Simon).

Il Jobs act per esempio. I prof dicono cose vere e insistono, dopo il patatrac elettorale: Renzi (bene: l’occupazione) e Camusso (male: la licenziabilità)? “Sappiamo oggi in modo scientifico che avevano ragione entrambi”, dicono Tito Boeri e Pietro Garibaldi su lavoce.info (articolo riportato da questa News la scorsa settimana). È troppo. Con il Jobs act – in sostanza: decontribuzione fiscale e contratto a tutele crescenti, senza l’art. 18, per i nuovi – si è alzato di quasi il 20% il numero di imprese con oltre 15 dipendenti; sono cresciute le tutele per gli esclusi dal lavoro stabile e l’occupazione (800mila posti); è aumentata la flessibilità del lavoro (fermi i licenziamenti all’1,4%); si è creata l’Agenzia nazionale per le Politiche attive ANPAL, che sta convincendo le Camere di commercio (le imprese) a fare chiarezza sulla Domanda di lavoro, per orientare famiglie e scuole e per formare a quel che serve; si è ridotta la conflittualità in azienda del 70%.

Ora, come nel Gioco dell’oca, si torna daccapo: M5S e Lega parlano con Camusso e pensano di reintrodurre l’art. 18 (il diritto al reintegro in azienda del lavoratore licenziato senza una giusta causa). Dico che una Politica coraggiosa (Matteo Salvini e Beppe Grillo per primi, non solo il Pd sconfitto) farebbe bene a riflettere su pregi e limiti del Jobs act, e su cosa serve al sistema economico (imprese e lavoratori).

Serve un approccio positivo, non solo reattivo, negativo, di rimessa, perdente per definizione; un approccio che non valga solo per disoccupati, espulsi e malmessi. Farsi carico di proposte di civile convivenza. La Crocerossa poi costerà molto meno.

Puntiamo a Politiche di Mobilità per tutti (il 68% è insoddisfatto), per mettere il lavoratore giusto con l’imprenditore giusto; che possano scegliersi e impegnarsi, creare, innovare, farsi apprezzare. E il conflitto? Solo di merito, per fare bene: concorrere, misurarsi. Cresce ed è grande l’imprenditore che regge questa concorrenza! Si tratta di passare (Marco Bentivogli) da ottiche di protezione (del lavoro) a ottiche di promozione. La Sinistra accetti la concorrenza tra lavoratori (tabù e terrore dei vetero marxisti) e rilanci: il lavoro come fattore di concorrenza tra imprese. E il conflitto di relazione? Lo portiamo fuori dall’azienda, nel territorio. Ha detto a Il Sole 24 Ore dell’11 cm. Federico Visentin, presidente della Mevis (leader nei componenti metallici): “Quando una relazione si viene a rompere è sempre un fallimento. Ma come si può pretendere che in quella situazione ci possa venire imposto di continuare a convivere?” Ha ragione da vendere.

Manca l’Istituzione che porti il problema sul territorio (i Centri per l’impiego riformati, partecipati e potenziati) e faccia quel che abbiamo sempre rinviato: le Politiche attive.

E le tutele? Innoviamo! Ad esempio, “assicuriamo” il lavoro con 3 garanzie: continuità del reddito, formazione mirata e ricerca d’impiego. Si può agire bene per questa via. Chiamare l’Assicuratore significa mettere in campo un soggetto economico che faccia, in

una logica di mercato, da Cavaliere bianco: non guadagna sui disoccupati ma, al contrario, se ci sono pochi e piccoli “sinistri”. Il suo ruolo? Rendere misurati i rischi specifici attivandosi in diverse direzioni: soprattutto per anticipare i problemi e prevenire i licenziamenti, le crisi aziendali. Ridurrà il rischio e renderà compatibile il Reddito di cittadinanza o di inclusione. E le imprese saranno ancor più libere e imbattibili sui mercati.

Ci aiutino i professori a fare un test lombardo in un contesto di accordo europeo.

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RISORSE COMUNI. L'idea chiave di Elinor Ostrom (1933 - 2012, prima donna Nobel per l'economia ‘09: "Governare i beni collettivi", Marsilio, '06) è la "adattabilità istituzionale come prerequisito per la sopravvivenza e il successo nell'assicurare l'uso di risorse comuni nel lungo periodo" (A. Ristuccia, Introduzione, p. XVII). Una "alternativa empirica (per il governo delle realtà sociali complesse) basata sulla valorizzazione delle istituzioni collettive (e, dunque, né 'pubbliche' né 'private', nel senso voluto dall'armamentario ideologico dei sostenitori dello 'stato' e del 'mercato'), costruite in maniera incrementale, per tentativi ed errori, da attori pubblici e privati", in base a scelte strategiche condivise. (G. Vetritto e F. Velo, p. XXIX). Verso "nuovi paradigmi di processi decisionali inclusivi" (Idem, p. XXXI). Con l’obiettivo di "cercare di risolvere i problemi comuni per migliorare nel tempo la propria produttività" (Ostrom, p. 44), per evitare la "tragedia dei beni collettivi" (Garrett Hardin, Science, 1968, citato a p. 44). Già Aristotele diceva: "Ciò che è comune alla massima quantità di individui riceve la minima cura. Ognuno pensa principalmente a se stesso, e quasi per nulla all'interesse comune" (Politico, libro II, cap. 3, citato a p. 13).

“Gli strumenti dell’econometria contemporanea sono assolutamente inadeguati (…). Gli economisti, anche quelli a orientamento empirico, non possono più ripararsi dal mondo dietro cumuli di dati statistici, dati che spesso hanno un elevato contenuto di rumore e sono scarsamente pertinenti. Dovranno avventurarsi nel mondo, come gli antropologi che imparano la lingua degli indigeni.” Herbert A. Simon, Premio Nobel per l’economia 1978, Scienza economica e comportamento umano, Edizioni di Comunità, ‘00, p. 57.

"Il vero problema di oggi non è premiare i meritevoli, ma portare il maggior numero di persone in condizione di realizzare il massimo delle loro potenzialità." Salvatore Natoli, filosofo - 1942. Il Sole 24 Ore, 18.02.'10.

Francesco Bizzotto


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