CARI PROFESSORI
Jobs act:
mano alla Politica!
Il lavoro
come fattore di concorrenza tra imprese.
Pietro Ichino, Pietro
Garibaldi, Tito Boeri, Tommaso Nannicini: l’impegno in Politica dei professori
fa loro onore; la sanno lunga; hanno visione e passione per la cosa pubblica;
nei loro profili trovi scintille di skill (“Ha lavorato come economista
nel Dipartimento di ricerca del Fondo Monetario Internazionale”). Tipici
cooptati, nelle scelte politiche (pesi, priorità, motivazioni, equilibri)
vengono mandati avanti e lasciati soli. La Politica è cosa particolare, sottile
vertice interdisciplinare (oltre che della carità, diceva Paolo VI). E i prof
sono spesso piagati dal “virtuosismo matematico” e poco inclini a
“riconoscere l’importanza delle variabili psicologiche nei fenomeni economici”
(Herbert Simon).
Il Jobs act per esempio. I
prof dicono cose vere e insistono, dopo il patatrac elettorale: Renzi
(bene: l’occupazione) e Camusso (male: la licenziabilità)? “Sappiamo oggi in
modo scientifico che avevano ragione entrambi”, dicono Tito Boeri e Pietro
Garibaldi su lavoce.info (articolo riportato da questa News la scorsa
settimana). È troppo. Con il Jobs act – in sostanza: decontribuzione fiscale e
contratto a tutele crescenti, senza l’art. 18, per i nuovi – si è alzato di
quasi il 20% il numero di imprese con oltre 15 dipendenti; sono cresciute le
tutele per gli esclusi dal lavoro stabile e l’occupazione (800mila posti); è
aumentata la flessibilità del lavoro (fermi i licenziamenti all’1,4%); si è
creata l’Agenzia nazionale per le Politiche attive ANPAL, che sta convincendo
le Camere di commercio (le imprese) a fare chiarezza sulla Domanda di lavoro,
per orientare famiglie e scuole e per formare a quel che serve; si è ridotta la
conflittualità in azienda del 70%.
Ora, come nel Gioco
dell’oca, si torna daccapo: M5S e Lega parlano con Camusso e pensano di
reintrodurre l’art. 18 (il diritto al reintegro in azienda del lavoratore
licenziato senza una giusta causa). Dico che una Politica coraggiosa (Matteo
Salvini e Beppe Grillo per primi, non solo il Pd sconfitto) farebbe bene a
riflettere su pregi e limiti del Jobs act, e su cosa serve al sistema economico
(imprese e lavoratori).
Serve un approccio
positivo, non solo reattivo, negativo, di rimessa, perdente per definizione; un
approccio che non valga solo per disoccupati, espulsi e malmessi. Farsi carico
di proposte di civile convivenza. La Crocerossa poi costerà molto meno.
Puntiamo a Politiche di
Mobilità per tutti (il 68% è insoddisfatto), per mettere il lavoratore giusto
con l’imprenditore giusto; che possano scegliersi e impegnarsi, creare,
innovare, farsi apprezzare. E il conflitto? Solo di merito, per fare bene:
concorrere, misurarsi. Cresce ed è grande l’imprenditore che regge questa
concorrenza! Si tratta di passare (Marco Bentivogli) da ottiche di protezione
(del lavoro) a ottiche di promozione. La Sinistra accetti la
concorrenza tra lavoratori (tabù e terrore dei vetero marxisti) e rilanci: il
lavoro come fattore di concorrenza tra imprese. E il conflitto di relazione? Lo
portiamo fuori dall’azienda, nel territorio. Ha detto a Il Sole 24 Ore dell’11
cm. Federico Visentin, presidente della Mevis (leader nei componenti
metallici): “Quando una relazione si viene a rompere è sempre un fallimento. Ma
come si può pretendere che in quella situazione ci possa venire imposto di
continuare a convivere?” Ha ragione da vendere.
Manca l’Istituzione che
porti il problema sul territorio (i Centri per l’impiego riformati, partecipati
e potenziati) e faccia quel che abbiamo sempre rinviato: le Politiche attive.
E le tutele? Innoviamo! Ad
esempio, “assicuriamo” il lavoro con 3 garanzie: continuità del
reddito, formazione mirata e ricerca d’impiego. Si può agire bene per
questa via. Chiamare l’Assicuratore significa mettere in campo un soggetto
economico che faccia, in
una
logica di mercato, da Cavaliere bianco: non guadagna sui disoccupati ma,
al contrario, se ci sono pochi e piccoli “sinistri”. Il suo ruolo? Rendere
misurati i rischi specifici attivandosi in diverse direzioni: soprattutto per
anticipare i problemi e prevenire i licenziamenti, le crisi aziendali. Ridurrà
il rischio e renderà compatibile il Reddito di cittadinanza o di inclusione. E
le imprese saranno ancor più libere e imbattibili sui mercati.
Ci aiutino i professori a
fare un test lombardo in un contesto di accordo europeo.
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RISORSE
COMUNI. L'idea chiave di Elinor Ostrom (1933 - 2012, prima donna Nobel
per l'economia ‘09: "Governare i beni collettivi", Marsilio, '06) è
la "adattabilità istituzionale come prerequisito per la sopravvivenza e
il successo nell'assicurare l'uso di risorse comuni nel lungo periodo" (A.
Ristuccia, Introduzione, p. XVII). Una "alternativa empirica (per
il governo delle realtà sociali complesse) basata sulla valorizzazione delle
istituzioni collettive (e, dunque, né 'pubbliche' né 'private', nel senso
voluto dall'armamentario ideologico dei sostenitori dello 'stato' e del
'mercato'), costruite in maniera incrementale, per tentativi ed errori, da attori
pubblici e privati", in base a scelte strategiche condivise. (G.
Vetritto e F. Velo, p. XXIX). Verso "nuovi paradigmi di processi
decisionali inclusivi" (Idem, p. XXXI). Con l’obiettivo di "cercare
di risolvere i problemi comuni per migliorare nel tempo la propria
produttività" (Ostrom, p. 44), per evitare la "tragedia dei
beni collettivi" (Garrett Hardin, Science, 1968, citato a p. 44). Già
Aristotele diceva: "Ciò che è comune alla massima quantità di individui
riceve la minima cura. Ognuno pensa principalmente a se stesso, e quasi per
nulla all'interesse comune" (Politico, libro II, cap. 3, citato a p.
13).
“Gli
strumenti dell’econometria contemporanea sono assolutamente inadeguati (…). Gli
economisti, anche quelli a orientamento empirico, non possono più ripararsi dal
mondo dietro cumuli di dati statistici, dati che spesso hanno un elevato
contenuto di rumore e sono scarsamente pertinenti. Dovranno avventurarsi nel
mondo, come gli antropologi che imparano la lingua degli indigeni.” Herbert
A. Simon, Premio Nobel per l’economia 1978, Scienza economica e comportamento
umano, Edizioni di Comunità, ‘00, p. 57.
"Il
vero problema di oggi non è premiare i meritevoli, ma portare il maggior numero
di persone in condizione di realizzare il massimo delle loro potenzialità."
Salvatore Natoli, filosofo - 1942. Il Sole 24 Ore, 18.02.'10.
Francesco Bizzotto
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