Serve un Protocollo di Gestione dei pericoli (che li trasformi in rischi consapevoli e misurati). Si ripensino le leggi. Decisivo è il fattore umano, nelle scelte operative e nell'emergenza. A un approccio attivo, avanzato, può contribuire l'assicuratore, attore di mercato ricco di informazioni e interessato alla prevenzione.
Abbiamo letto: la Costa C. ha i radar ed ecoscandagli migliori in assoluto e la nave è assicurata (3 milioni di dollari per danni a persone; non sappiamo per il temuto danno ambientale).
Così si fa in Italia: tecnologia in abbondanza, leggi che mirano a una sicurezza statica (regole per eliminare i pericoli, senza controlli), sistemi di allarme multipli e ci si assicura.
E così non va, perché il fattore umano (che pesa per l'80% nel rischio) fa saltare tutto.
Come si può rimediare? Cosa fanno Paesi (gli Usa) in cui la cultura e i servizi del caso sono più avanzati? Impegnano a una Gestione attiva dei pericoli. Questa Gestione si basa sul presupposto che maggiori sono le possibilità messe in campo, maggiori sono i rischi implicati. Prevede diverse fasi (dalla individuazione e valutazione dei pericoli, alla prevenzione dei danni e protezione di beni e persone, alla responsabilizzazione interna e quindi alla assicurazione).
Solo alla fine del percorso il pericolo si trasforma in rischio, cioè in iniziativa pianificata, consapevole e sotto relativo controllo.
Questa distinzione tra pericolo (di cui poco sappiamo e decidiamo) e rischio, ancora non fa parte del nostro linguaggio, così come non vediamo che possibilità e rischi sono un tutt'uno. E ciò anche se non mancano riflessioni lungimiranti da fronti autorevoli.
La rotta era sbagliata e ora il relitto della Costa C. è un monumento alla pochezza del nostro approccio al rischio: della nostra subordinazione alla tecnologia, al puro vantaggio, al profitto immediato.
Si può rimediare. Ogni intrapresa va orientata a gestire insieme le possibilità (le opportunità immaginate) e i pericoli connessi (le conseguenze negative possibili). E serve un Protocollo di Gestione dei pericoli.
Cosa sarebbe cambiato sulla Costa C.? Tutto. Il personale sarebbe stato formato, con un centinaio di marinai pronti all'emergenza; i passeggeri, appena imbarcati, avrebbero simulato l'abbandono della nave; il Risk manager (responsabile del Processo) avrebbe impedito al capitano di avvicinarsi all'isola, ignorando radar ed ecoscandagli.
In un momento in cui dobbiamo avere cura di ogni risorsa, la Gestione dei pericoli (trasformarli in rischi, iniziative responsabili; evitare azzardi), dovrebbe essere al centro delle attenzioni.
L'Assicuratore potrebbe avervi un ruolo importante. È attore di mercato (e investitore istituzionale) interessato alla prevenzione dei danni. Quando viene chiamato a emettere una polizza (ad assumere un rischio), potrebbe avere il ruolo di verifica attiva del rispetto dei patti e delle procedure, anche ai fini tariffari. Chi meglio gestisce la possibilità / rischio, meno paga. Viene premiato. Come è giusto.
“Da una parte abbiamo questa crescita (...) delle nostre capacità, delle nostre possibilità, del nostro potere, che potrebbe essere, ed è in molti sensi, una cosa positiva. Ma è anche, come ho accennato, qualcosa che implica grandi pericoli. Dobbiamo dire che con questa capacità di fare, con questa capacità di produrre, con queste conoscenze della ricerca che arrivano fino alle radici dell’essere non è cresciuta ugualmente la nostra capacità morale. (…) Questo squilibrio tra potere tecnico, potere di fare, e la capacità di dominare il nostro essere con principi che garantiscono la dignità dell’uomo e il rispetto della creatura, del mondo, questo squilibrio è la grande sfida alla quale rispondere positivamente è dovere di noi tutti.” (Card. Joseph Ratzinger, ottobre 2004)
Network lombardo Assicuratori – Pd
il portavoce: Francesco Bizzotto
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