mercoledì 23 settembre 2015

MISURE TIMIDE SE NON CONTRADDITTORIE


DDL CONCORRENZA
TIMIDAMENTE MA SI VA AVANTI
Approfondire il Disegno di Legge Concorrenza lascia una sensazione di moderata soddisfazione, sapendo che arrivare a quello che auspicava Renzi, cioè ”il Ddl concorrenza in Parlamento incontrerà le resistenze delle lobby ma noi le sfideremo”, non è per niente facile. Tanto rumore per nulla? Questo è quello che pensano associazioni professionali e dei consumatori ma forse rispetto alle lenzuolate di Bersani, rimaste poi delle affermazioni più di principio che sostanziali, questo è un primo passo avanti.

L’art.1 enuncia: «La presente legge interviene a rimuovere ostacoli regolatori all’apertura dei mercati, a promuovere lo sviluppo della concorrenza e a garantire la tutela dei consumatori, anche in applicazione dei princìpi del diritto dell’Unione europea in materia di libera circolazione, concorrenza e apertura dei mercati, nonché alle politiche europee in materia di concorrenza».

È sufficiente pensare alla non attuata liberalizzazione delle vendite dei farmaci di fascia “C “, alla possibilità reale per gli agenti di assicurazione di avere più mandati, tralasciando poi il silenzio delle varie istituzioni sulla questione Über/tassisti, per non essere troppo fiduciosi. La concorrenza dovrebbe essere favorita proprio per costruire seppur faticosamente, un mercato efficiente e di vera competizione.

Quando si scorre il suddetto Ddl, le misure appaiono timide se non contraddittorie. Ad esempio nel settore assicurativo non emerge nessuno sforzo particolare per costruire polizze ben fatte per tutelare l’assicurato che è capace di ricercare solo il prezzo basso. La portabilità dei fondi pensione salta del tutto: l’articolo 15, che prevedeva il totale trasferimento della posizione previdenziale del lavoratore in qualunque strumento di previdenza complementare, è stato sostituito con una norma che rinvia l’esigenza di «aumentare l’efficienza delle forme pensionistiche complementari collettive» a un tavolo di consultazione tra ministeri e parti sociali, da insediarsi entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge.

Novità anche per i notai: grazie a un emendamento dei relatori passeranno da uno ogni 7mila abitanti a uno ogni 5mila. La norma potrebbe portare il numero dei notai «dagli attuali 7mila fino a 10-12mila, dipenderà dai concorsi». Non è tutto. Cade per gli avvocati la possibilità di effettuare i passaggi di proprietà di beni immobili non residenziali di valore catastale non superiore ai 100mila euro, che torna così di competenza esclusiva dei notai. Con una serie di emendamenti bipartisan al Ddl, approvati dalle commissioni, l’articolo 28 del provvedimento («Semplificazione del passaggio di proprietà di beni immobili adibiti ad uso non abitativo») è stato sostituito con una norma che trasferisce , dai tribunali al Consiglio nazionale del notariato il registro delle successioni.

Inoltre anche le società di capitali potranno diventare titolari di farmacie private e quindi i soci non dovranno più essere obbligatoriamente farmacisti. Non esisterà più il limite massimo di quattro licenze in capo allo stesso soggetto. In sostanza quindi, potranno crearsi catene farmaceutiche e ci sarà più margine per sfruttare le economie di scala, fino a oggi molto ristrette dal limite di quattro licenze. Questo è quanto è stato fatto a favore della concorrenza tra farmacie, e quindi dei consumatori. Ci si augura possa produrre effetti tali da controbilanciare il punto a suo sfavore: la mancata liberalizzazione della vendita dei farmaci di fascia C.

Modifiche pure sul fronte della RcAuto. Tra le condizioni per ottenere gli sconti dalle assicurazioni non ci sarà più quella di far riparare la macchina dopo un incidente in una carrozzeria convenzionata, che tanto aveva indispettito le associazioni dei carrozzieri: in un altro emendamento si legge che «resta ferma la facoltà per l’assicurato di ottenere l’integrale risarcimento per la riparazione a regola d’arte del veicolo danneggiato avvalendosi di imprese di autoriparazione di propria fiducia». È confermato che la scatola nera dovrà essere installata a spese della Compagnia. E sono previste multe più elevate per le assicurazioni che si rifiutano o eludono gli obblighi a contrarre e a rinnovare una polizza (fino a 15mila euro) e per quelle che non applicano gli sconti obbligatori (fino a 40mila euro). Infine, le imprese di assicurazioni dovranno praticare uno «sconto significativo» a chi contragga più polizze.

Nello stesso tempo però o, come rilevato a più riprese dalle associazioni dei consumatori e dall’Organismo unitario dell’avvocatura, per i milioni di italiani titolari di una polizza RC auto non ne deriva nessun vantaggio bensì una riduzione dei diritti. Secondo Federconsumatori e Adusbef, i previsti sconti per chi accetterà di farsi inserire sulla macchina la scatola nera saranno infatti più che compensati dal costo di disinstallazione in caso di cambio di Compagnia. Quanto alla creazione di carrozzerie convenzionate, secondo i titolari delle officine creerà un monopolio abbassando la qualità delle riparazioni. Peggio ancora, l’obiettivo di rivedere al ribasso la liquidazione del danno biologico si tradurrà in risarcimenti più bassi fino al 40%.

Il caso specifico relativo alla riduzione del danno biologico per le piccole lesioni, che è quello che più ha agitato le associazioni e anche l’opposizione, è però stato “corretto” dall’introduzione di una sorta di danno morale che andrebbe a sommarsi al risarcimento personalizzato. Il sindacato maggioritario degli agenti di assicurazione (SNA) ha ribadito che: ”Pur comprendendo le ragioni delle imprese di assicurazione, non può non trascurare le istanze delle migliaia di piccole aziende artigiane che costituiscono l’ossatura dell’autoriparazione in Italia, nonchè le rivendicazioni delle Associazioni dei Consumatori e delle Vittime della Strada. La garanzia di un comportamento trasparente e corretto delle Compagnie e di un equo risarcimento a tutti i danneggiati, deve costituire un caposaldo irrinunciabile sul quale si basa qualsiasi futuro sviluppo dell’assicurazione in Italia.”.

In conclusione ci si poteva aspettare di più da questo decreto ma bisogna tener conto sia della forza delle lobby, sia dell’inadeguatezza di molti parlamentari e comunque, rispetto alle lenzuolate di Bersani, rimaste solo sulla carta, qualcosa è stato fatto. È solo l’inizio di quello che un governo innovatore si troverà davanti, l’importante è che la marcia sia cominciata.

 Massimo Cingolani   da arcipelago Milano 23 settembre 2015

giovedì 17 settembre 2015

LE BELLE NOTIZIE FATICANO AD EMERGERE


TRE BELLE NOTIZIE. UNA LATENTE

Desideriamo rilanciare due belle notizie del Corriere dell'11 cm, e darne una terza, inedita, latente, incredibile:
  • A Expo il tetto di Palazzo Italia è rivestito da 750 pannelli di cemento che, come spugne, assorbono lo smog. E' un prodotto (i.active Biodynamic) di Italcementi.
  • L'impresa Directa Plus (con sede nel polo tecnologico di Lomazzo) ha presentato al sindaco di Como un "salsicciotto" a base di grafene - un nanomateriale di atomi di carbonio - capace di pulire acqua e aria. 
   Milano e il lago di Como sono realtà splendide. Con forse un solo difetto: sono troppo inquinate. In tutta la nostra ambizione di crescita c'è troppo inquinamento. Ci sono troppi pericoli.
  Il sistema urbano inquinato e pericoloso limita la nostra possibilità di crescita qualitativa, che innova e si fa apprezzare nel mondo.

  Pensiamo al disastrato assetto idrogeologico lombardo (stiamo aspettando la prossima calamità). E alla quantità incredibile di rifiuti e di pericoli (poco nulla si sa) che ammorbano il territorio e il futuro. Anche qui il Cigno nero della catastrofe è in agguato.

  Eppure c'è in campo il grafene del caso. E' la terza notizia. C'è un soggetto economicamente interessato (punto decisivo) a ridurre al minimo i danni. E' in assoluto l'investitore istituzionale più potente e liquido, dichiaratamente disponibile a investire su infrastrutture e progetti che riducano a rischi i pericoli, e li mettano sotto controllo. E' l'Assicuratore. Un po' confuso e molto negletto.

  E l'abito di investitore istituzionale sta a puntino su un corpo - una sostanza, un ruolo, una "politica industriale", direbbe Dario Di Vico del Corriere della sera - di tutto rispetto: ha il compito di liberarci dai grandi rischi e (ormai) di Gestirli a tutto campo, per poterli misurare e assicurare. Così spiana la strada al proprio business. E' fattore di un essenziale equilibrio economico e sociale.

  Ora, a questo grafene dei rischi, per esprimere il suo potenziale, serve una Politica che abbia un certo respiro. Che spesso manca.

  Ad esempio. Il Comune di Milano ha pensato a un progetto di riassetto idrogeologico del milanese, a partire dall'idea che l'abbondanza d'acqua è una preziosa risorsa (può produrre energia). E qualcuno ha riflettuto: se lavoriamo sui rischi di disastro ambientale, gli Assicuratori saranno contenti. Facile che vendano più polizze, a premi inferiori, rischiando di meno, con meno sinistri. Potrebbero essere interessati a investire.

L'idea ci ha entusiasmato e ci auguriamo che abbia seguito .

Così come il progettino di gestione minimale del rischio di esondazione del Seveso, che con pari logica lo stesso Comune aveva messo in campo, coinvolgendo esperti responsabili. Sappiamo che si è infilato in discussioni di quartiere, di partiti e di gruppi. Ci auguriamo che non si perda.

Come sempre, le belle notizie faticano ad emergere. E, quando viaggiano, sono a rischio.

  Network Assicuratori lombardi - Francesco Bizzotto, Massimo Cingolani, Nicola Cattabeni, Corrado Bassetti, Emiliano Ortelli, Gianfranco Pascazio, Radames Viola

venerdì 11 settembre 2015

PARLIAMO DI LAVORO !


JOBS ACT, PENULTIMO ATTO
Stanno uscendo gli ultimi decreti attuativi del Jobs act (legge 183/14). Sembra di poter dire che il Governo Renzi si muove su una tastiera ampia e positiva per i lavoratori, per le imprese e per il sistema istituzionale interessato (pubblico e privato).
L'obiettivo è centrato. Mancando su uno di questi tre terreni la riforma non reggerebbe.
Ora il lavoro sarà più tutelato e attivato, l'impresa più libera e concentrata sull'innovare e competere, le Istituzioni (con una forte regia centrale) potranno concorrere tra loro ed esaltare le specificità (ruolo, missione, efficienza, risultati). L'intero sistema sarà informatizzato: assunzioni, trasformazioni e licenziamenti solo per via telematica; ogni lavoratore avrà un fascicolo elettronico personale accessibile. Tutti saranno più trasparenti e responsabili.
I Centri per l'Impiego (CpI - pubblici: il vecchio Collocamento) saranno liberi da incombenze certificative e amministrative (un sogno!), e potranno dispiegare le loro sensibilità e competenze (vien da dire: la loro storia) nei servizi più utili - orientamento e formazione - e nelle Politiche attive, nel Dialogo tra Domanda e Offerta di lavoro, in questa delicata e decisiva relazione di fiducia tra lavoratore e impresa. E' bene che siano gestiti dal Ministero e potenziati. Oggi sono una piccola armata Brancaleone (8.000 persone impegnate, contro 100.000 in Germania). Le voci pessimiste sul loro ruolo di professori - giuristi - economisti - giornalisti ora tacciono.
Beninteso, la riforma è impostata e la sua attuazione è battaglia politica largamente da fare a livello locale: Regioni e Città. Ci sono diversi nodi significativi. Quattro in particolare, viste le cose da Milano:
1) Tra pubblico e privato sia vera concorrenza (correre per obiettivi condivisi: l'interesse dei cittadini coinvolti). Non sia collaborazione, sinergia, muffe tranquillizzanti. Solo la concorrenza fa uscire il meglio. Lo sa l'imprenditore (che tende al monopolio) e lo deve / vuole scoprire l'ente pubblico. Il timore? Che alcune regioni vogliano essere più brave dei bravi e accontentino tutti (in negativo) con la spartizione. Alcuni ruoli (la gestione della "condizionalità" - riduzione dei diritti, decurtazione delle indennità per chi non si attiva) saranno in capo ai CpI. Per il resto, si sperimenti, regione per regione. L'utente avrà un Assegno di ricollocazione e potrà scegliere. C'è materia per un bel confronto. A Milano alcune PMI lo hanno già fatto: una pre-selezione di personale da parte del CpI è gratuita; nel privato costa cara. Io immagino che ci sarà chi è per i monopoli (pubblici e privati), e chi per la concorrenza, la trasparenza, l'efficienza e la soddisfazione del cittadino. E mi auguro che questa soddisfazione - con le migliori pratiche e i casi esemplari - sia misurata e pubblicizzata.
2) Nasce la rete dei servizi per le politiche del lavoro, coordinata dall'ANPAL (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro). Le Politiche Attive saranno centrali e il sostegno pubblico subordinato alla attivazione dell'interessato. Il Governo definirà un indirizzo triennale, obiettivi annuali e servizi minimi d'obbligo per tutti (LEP). E un unico sistema di controlli. La rete coinvolgerà tutti i soggetti interessati e li obbligherà a convergere con i loro dati. Sembra poco? E' quasi tutto. Senza dati puntuali, locali, non si fanno buone politiche del lavoro. In tema Maurizio Ferrera dice sul Corriere del 10 cm: "In nessun Paese Ue i dati medi sono così fuorvianti come da noi." La rete poi comprenderà le Università (essenziali) e le Camere di commercio, e quindi le imprese. Diciamolo papale papale: senza le imprese, le Politiche per il lavoro non si schiodano dalla fatica che sappiamo. E' stato un limite pauroso della vecchia sinistra che parla laburista e pratica l'antagonismo. E vedremo se le imprese sapranno mostrare "la giusta tensione verso il nuovo" che è loro mancata (Dario Di Vico sul Corriere della sera).
3) Politiche attive per chi? Il decreto attuativo apre alla tesi "positiva" a me cara: anche "per i soggetti a rischio di disoccupazione", non solo per i disoccupati. Potrà sembrare poca cosa ma consente, a livello di regione e di CpI, di allargare i servizi ai giovani laureati e precari incastrati in brutte situazioni. E, un po' alla volta, a tutti coloro che desiderano crescere, cambiare, misurarsi, rischiare, fare impresa. Si tratta di anticipare i problemi, non aspettare le crisi. Farà bene anche alle Agenzie private, oggi schierate - mi pare il loro limite - al servizio della Domanda (delle grandi imprese). Si prospetta un salto di qualità epocale.
4) L'Agenzia del lavoro (AFOL) Metropolitana di Milano. È in posizione di vantaggio grazie a un decennio di investimenti significativi di Provincia e Comuni. Sta costruendo la struttura unica che rilancia una bella tradizione di scuole professionali e di progetti in difesa del lavoro. Ha esperienze avanzate di Politiche attive e di servizi al lavoro e anche all'impresa. Bisognerà che questa realtà possa contare e farsi rispettare. La regione Lombardia deve praticare il federalismo e accettare che AFOL faccia il suo cammino. Anzi, chiederle di essere test di Politiche avanzate, innovative, anche ad alto rischio (dove rischio implica sempre progetto ben misurato). Per esempio, coinvolgendo soggetti inusuali (da noi) ma interessati al lavoro sicuro e alla prevenzione del danno. I lettori sanno qual è la mia proposta: l'Assicuratore, a certe condizioni. E la Milano Città Metropolitana - che vediamo un po' in affanno - ha qui un'occasione per fare bene: aiuti di più l'AFOL Metropolitana.
Questo è il Jobs act al penultimo atto. L'ultimo sarà la battaglia politica locale della attuazione. Ora, la nostra Politica locale è debole. La Lombardia vacilla. Milano sottovaluta il tema. Parliamone, differenziamoci chiaramente. Il Sindacato vuole servizi veri per il lavoro e svolgerà un ruolo positivo. Il lavoro è la prima preoccupazione di famiglie e imprese. Milano ha il miglior capitale umano d'Europa. Essere chiari e seri qui significa attrarre investimenti. Primarie sì, primarie no. Parliamo di lavoro!
Francesco Bizzotto, già presidente AFOL Nord Milano