CENSIS “LITALIA È UNA RUOTA QUADRATA”
Il
4 dicembre è stato presentato il 54°rapporto del
Censis sulla società italiana. Sono 36 pagine che consiglio di
leggere sul sito dell’Istituto. Ne emerge un quadro preoccupante tanto che il
nostro Paese viene così descritto: “Il sistema-Italia è una ruota quadrata che
non gira: avanza a fatica, suddividendo ogni rotazione in quattro unità, con un
disumano sforzo per ogni quarto di giro compiuto, tra pesanti tonfi e
tentennamenti. Mai lo si era visto così bene come durante quest’anno
eccezionale, sotto i colpi sferzanti dell’epidemia”.
Affiorano
antichi atteggiamenti del nostro paese, sintetizzati nel titolo del primo
capitolo della relazione:” Meglio sudditi che morti: le vite a sovranità
limitata degli italiani e le scorie dell’epidemia”.
L’Italia del 2020 è
“spaventata, dolente, indecisa tra risentimento e speranza. Il 73,4% degli
intervistati indica nella paura dell’ignoto, e nell’ansia che ne deriva, il
sentimento prevalente in famiglia; il 77% dice di aver modificato in modo
permanente almeno una dimensione fondamentale della propria vita, tra lo stato
di salute, il lavoro, le relazioni, il tempo libero. Ma anche passato
quest’anno funesto, le scorie della pandemia, che comunque non è ancora
superata, resteranno ancora a lungo nelle coscienze collettive: lo stesso
concetto di libertà è messo in crisi dal virus e dalle azioni messe in campo
per contenerlo.
Il 57,8% è disposto a
“rinunciare alle libertà personali in nome della tutela della salute
collettiva”, mentre addirittura il 38,5% è pronto a “rinunciare ai propri
diritti civili per un maggiore benessere economico, introducendo limiti al
diritto di sciopero, alla libertà di opinione, di organizzarsi, di iscriversi a
sindacati e associazioni”.
In questa polverizzazione
della società, scivolata rapidamente nell’individualismo, si allarga la
frattura tra “garantiti e non garantititi”, cioè tra chi gode di protezioni sul
lavoro e di redditi certi e chi all’improvviso è piombato
nell’indeterminatezza. Dai “garantiti assoluti”, quelli con datore di lavoro lo
Stato, 3,2 milioni di dipendenti pubblici, ai pensionati, la cui preoccupazione
principale è fornire un aiuto economico a figli e nipoti in difficoltà, un
“silver welfare” informale, di fatto reso possibile anche dalla certezza dei
redditi pensionistici”.
Poi si entra nelle cosiddette
“sabbie mobili”: il settore privato, in cui il 53,7% degli occupati nelle
piccole imprese vive con insicurezza il posto di lavoro.
Chi paga il prezzo più
alto sono le nuove generazioni disincentivate a rischiare e a giocarsi il
proprio futuro nel mercato. Il 40% dei giovani è passato ad una classe
occupazionale inferiore rispetto ai genitori, in particolare dentro i ranghi
del terziario non qualificato.
Nel rapporto della
Fondazione ci sono 2 capitoli che meriterebbero un approfondimento da parte
della politica, uno sulla Sanità: infatti si parla della straordinaria
opportunità di rilancio del sistema grazie all’inedita disponibilità di
risorse, ma che per il momento manca uno sforzo organizzativo tempestivo.
L’altro
paragrafo interessante è quello sull’”erosione di due pilastri dell’architrave
sociale: libere professioni e rappresentanza”
Dai dati emerge che il 60%
dei titolari di partita IVA, dagli artigiani ai veterinari fino agli psicologi,
è in difficoltà, anche se per alcuni esponenti del centro sinistra “le partite
iva non stanno peggio degli altri”.
Le rappresentanze sono in
difficoltà, infatti il rischio di delegittimazione sta nella grossa quota di
lavoratori, più di sei milioni in attesa di rinnovo contrattuale.
L’analisi entra nel merito
dell’emergenza del sistema scolastico, ma questo lo sapevamo già. Un altro aspetto
delle difficoltà è la crisi del mercato immobiliare in particolare per uffici e
negozi nei centri storici ed una situazione di questo tipo evoca scenari
pericolosi già passati.
Ma c’è anche chi sta
peggio: “l’universo degli scomparsi”, non facile da stimare con esattezza ma
che dovrebbe contare circa cinque milioni di persone: coloro che svolgono
lavoretti, lavori casuali, lavoro in nero, colore che “hanno finito per
inabissarsi senza rumore”.
Chi può risparmia. È così
che al giugno scorso nel patrimonio finanziario degli italiani, che ha
raggiunto un valore complessivo di quasi 4.400 miliardi di euro, la voce
contante e depositi bancari ha acquistato un ulteriore peso, passando da una
quota del 32,9% nel giugno 2019 al 34,5% nel giugno 2020. Fatta eccezione per
le riserve assicurative (passate dal 25,1% al 26,1%), tutte le altre voci
arretrano: le obbligazioni, azioni e altre partecipazioni, quote di fondi
comuni. Tutte risorse che non entrano nel ciclo produttivo, che non creano
ricchezza e destinate a erodersi.
La
ricchezza privata degli italiani, da sola, rappresenta la sesta economia
d’Europa. Un Europa nella quale crede solo Il 28% degli italiani.
Massimo
Cingolani da ArcipelagoMilano del 16.12.2020
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