mercoledì 29 aprile 2020
PANDEMIA COVID-19 RIFLETTIAMO SUL FUTURO
lunedì 27 aprile 2020
RISCHIO IGNOTO: SECONDA PROPOSTA
Agire ex ante & completare la Gestione del rischio con la Polizza (ex post)
giovedì 23 aprile 2020
FRATELLI MAGGIORI (2)
Ricordare, riportare vicino al cuore, le belle persone conosciute
SERGIO SCOTTI
Socialista e libero muratore (massone), il
milanese Sergio Scotti è la seconda persona (dopo Gianni Decio di Monza) di cui
faccio memoria. È stato il tipico
giornalista anni ‘80 di una testata di nicchia
Desidero ricordare (e sono alla seconda tappa)
persone toste conosciute bene, con tratti splendidi, tra luci e ombre. Ai
lettori faranno venire in mente bei ricordi. Ravviviamoli; è importante. Tra
noi c’è stata simpatia e sintonia, non consuetudine: fratelli maggiori. Per
motivi diversi, li ho frequentati e stimati. A loro devo molte idee e tratti di
stile. Mi hanno formato, con nitidi esempi. E, purtroppo, sono mancati: testimoni
senza pretese.
Il mio, ho
detto, è un tributo e un riconoscimento. È un atto sociale e insieme un
racconto di me, del mio lavoro. Nulla è perduto se miriamo a fare bene. Qui, lascio
traccia di Sergio Scotti, giornalista del settore assicurativo. Aveva 50 anni
quando io 35, nei primi anni ’80.
SERGIO
SCOTTI. Editore e giornalista, aveva ereditato dal papà (e dal nonno) la
rivista mensile “Notiziario Assicurativo” (cartacea, naturalmente, e con la sua
bella pubblicità). Tesseva rapporti vasti con agenti, periti e dirigenti delle
compagnie e oltre. Informato e disincantato, vedeva largo e lontano, mi pareva,
e niente lo meravigliava, tranne il coraggio. Socialista e massone, era un
laico orgoglioso e prudente. All’occasione sprezzante. Ottimo ascoltatore,
attorno al ’75 mi pubblicò un pezzo e m’invitò a scrivere sul mestiere (“scava,
e non t’illudere”). Poi mi mandò a intervistare uomini di primo piano: full
immersion bellissime.
E io, da
Assicuratore in erba, sognante e con radici americane, mettevo alla prova la
mia idea: il rischio è un’attesa soggettiva – alla Bruno de Finetti – su cui ci
conviene influire in positivo, con la Prevenzione. In Usa l’80% degli
Assicuratori lo fa. Le nostre tariffe e la statistica – pensavo – sono storia,
come dice Popper, non scienza. Mi pareva di potermi riferire anche alla
Meccanica quantistica: chi misura influisce; influiamo consapevolmente;
anticipiamo gli eventi! Forse, è l’unico modo per misurare i rischi. Sergio mi
dava corda, non ragione. Però gli piaceva il gioco d’anticipo: “Orienti e sei libero. In America si fa? Forse
in futuro anche noi. Ma i bilanci, sappilo, li fai con la finanza”.
Ne ebbi
conferma andando a intervistare il leader di un sindacato degli Agenti di
Assicurazione che in quegli anni gestiva una piccola compagnia. Eravamo al
ristorante e capitò diverse volte che rispondesse al telefono e desse
indicazioni di acquisto e vendita di titoli. Ah, la finanza! Sergio queste cose
le sapeva bene e ci navigava. Si faceva valere ed era generoso. Mi regalò il
mio primo computer (“Usalo; non tornerai più alla penna”). A metà degli anni
’80, nel bel mezzo di uno dei nostri pranzi di lavoro, gli proposi di portare
avanti io la rivista. Ci pensò e, dopo un po’, mi disse: “Ti lascerei un
problema. La carta è finita”.
Da buon
giornalista di nicchia, prediligeva i personaggi, gli innovatori: “Amiamoli; sono
animali che fanno il mondo”. In effetti, quelli che avevo intervistato si erano
rivelati illuminanti, visti da vicino: ad esempio il numero uno di Zurich
Adolfo Bertani, poi presidente del Cineas del Politecnico di Milano. Era
entrato nel mondo assicurativo come produttore (venditore): ottimo; come
partire dall’archivio. Con lui fu sintonia totale sulla necessità che
l’Assicuratore si aprisse alla Gestione del rischio (al Risk management), alla
Prevenzione.
In un
certo senso, Scotti m’insegnò a scrivere: a immaginare, ipotizzare prospettive
sensate, e poi ricercare prove, percorsi già in campo, praticati (magari in
parte) da innovatori, fosse pure per caso. Fedele ai sogni e pragmatico. Lo
sentivo americano. Era il mio pane e ho trascorso sere e mattine presto
fantastiche immerso in ipotesi professionali poi verificate nel lavoro e nel dialogo
con dirigenti del settore. Mi concentravo facilmente e ovunque, in metrò, nei
baretti del centro, camminando. Ogni articolo era scavo e crescita.
Non avevo
altri fini. Non cercavo di piazzarmi. Sergio aveva l’impegno della vendita,
degli abbonamenti, ma non si faceva stressare. La vendita, come la carriera, mi
diceva, è la conseguenza di un lavoro: se è fatto bene, arriva. Soddisfazioni?
Molte, personali, intime. E anche riconoscimenti. Ad esempio: Silvio Leo, storico
del settore, tecnico della liquidazione dei sinistri ed esperto politico (del
Pci), disse a Scotti: “Delle interviste di Bizzotto vedo spesso più
intelligenza nelle domande che nelle risposte”. E l’emozione più grande? La
provai un giorno in metrò: la mia attenzione fu attirata da un elegante signore
che leggeva la nostra rivista proprio alla pagina del mio articolo. Era la
prova che venivo letto! Chiunque scriva, ne ha bisogno. Telefonai subito a
Sergio e ci scherzammo sopra.
Raccontai
di Sergio Scotti a Gianfranco Troielli, l’Agente generale di Ina Assitalia a
Milano (era la più grande Agenzia di Assicurazioni d’Europa). Dall’’87 ero suo
dipendente. Mi occupavo di Formazione della rete di vendita. Andammo a pranzo
al Boeucc e fu un volo d’angeli. Parlarono del mestiere e del suo sottosuolo.
Io capivo poco e ascoltavo; gustavo il clima. Sergio si portò via – con un bel
numero di abbonamenti – l’intervista a un leader del mercato sul tema “La
Previdenza che serve e il lavoro di massa organizzato”. Era (è) il segreto mai
svelato dell’Ina Assitalia, messo a punto al meglio, incarnato, a Milano da
Troielli. Lo aveva incuriosito, catturato. Di più: convinto.
Ovviamente,
m’impegnai a stendere l’intervista. Conoscevo Troielli: aveva qualcosa di
grande che mi mancava. Gasato come non mai, dopo il pranzo, accompagnai Sergio
al metrò. Rifletteva, quasi stupito, veloce e intuitivo com’era. Mi disse: “Tu sei in un ventre di vacca”. Lo
sapevo. Dopo un po’ – eravamo in corso Vittorio –, pensò a voce alta: “L’Ina agli inizi del secolo ha fatto
nascere in Italia la Previdenza, azione degna di un maestro di libertà, di un
grandissimo muratore. E ha sempre dato
utili al Tesoro e prestiti ai più diversi Enti pubblici. Al Sud e al Nord. Nel
dopoguerra poi è stata, con la Dc di Fanfani (il Piano Casa), un formidabile investitore
istituzionale. Incredibile: negli anni ’80 ha anticipato tutti con le polizze Vita
Rivalutabili del professor Antonio Longo e ora – fatico a crederlo! – è pronta
a ripartire; prepara la Previdenza del prossimo millennio. Dobbiamo
assolutamente capire cosa vuole fare, come si orienta. E ha pure (è ovvio!) un
segreto organizzativo, commerciale. E tu ne sei parte. Ma, ti rendi conto?”
Un po’ mi rendevo conto e un po’ friggevo, temevo.
Erano i
primi di marzo del 1992: vigilia del terremoto di Mani pulite. L’intervista,
approvata da Troielli (“Ma, aspettiamo un po’”) non è stata pubblicata. Anche a
Troielli ho voluto bene. Di lui e del suo segreto parlerò un’altra volta.