Cancellare il Jobs act e ripristinare l’art. 18, dice Speranza (Leu; con M5s e Cgil). Significa lavoro rigido, lacci e contenzioso. “Ci riporta al secolo scorso”, ribatte Annamaria Furlan della Cisl. Eppure, manca qualcosa. Siamo nel guado. Occorre andare oltre e non separare Impresa e Lavoro; non indebolirli; piuttosto, rafforzarli e liberarli entrambi. Sono i nostri punti di forza. Con l’antagonismo perdiamo tutti.
Serve portare il lavoro a collaborare e concorrere con l’impresa, attraverso Istituzioni partecipate e servizi esterni all’impresa (Agenzie del Lavoro, Centri per l’impiego; le AFOL di Milano e Monza sono buoni esempi) in cui le tante iniziative per il Lavoro possano convergere e le Politiche attive possano decollare (orientamento, formazione, tutele economiche e di accompagnamento). Politiche di attivazione, anticipatrici dei problemi (crisi produttive e di relazione). Tutele europee, certe, ovvero a rischio assicurato. È facile e costa la metà.
Vanno fatti tre passi: 1° parlarne in Europa; 2° pensare a un progetto realista per l’Italia; 3° fare un test avanzato e di cuore a Milano, che è pronta (AFOL Metropolitana, Sindacati e Assolombarda).
Obiettivo: rifondare le relazioni e il dialogo tra Domanda e Offerta di Lavoro (fare il libero mercato che non c’è); favorire la partecipazione responsabile del Lavoro nell’Impresa; portare fuori il conflitto negativo (di relazione) e dare campo al dialogo produttivo, di merito. Per:
A. creare, innovare e avere cura di processi vasti (Industry 4.0), veloci (5G) e ad alti rischi (da gestire);
B. crescere in qualità e apprezzamento mondiale, riducendo volumi, ingombri, stress e inquinamento.
Diamo senso alla positiva novità dell’accordo Fca-Psa (ingresso in Cda di componenti in rappresentanza delle organizzazioni dei lavoratori). Possiamo fare meglio della Germania e ripartire sulla qualità dei prodotti, dei servizi (nostra vasta area di miglioramento) e delle relazioni industriali. Milano ne discuta a fondo.
Francesco Bizzotto
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