ANZIANI E CASE DI RIPOSO (RSA)
Dare senso alla giornata dell’anziano
(vita attiva, relazionale) sia il primo impegno delle Rsa. Vivrà meglio e più a
lungo. È una risorsa libera e liberante, necessaria in questo folle mondo
Chi viaggia attorno ai 70anni ha una
probabilità del 40% di finire male e in condizioni di non autosufficienza. Il
rischio si può gestire e subito dimezzare. In Germania dal 1994 c’è l’obbligo
di assicurarlo e la relativa polizza ha diversi caratteri e alternative.
L’innovazione più bella mira a fornire strutture, percorsi e servizi utili a prevenire
la dipendenza, favorire l’autonomia e recuperarla se capita di perderla. Il
successo nel prevenire e recuperare è al 50%. Nel Nord Europa l’abitare ricco di
servizi per l’autonomia, le relazioni e la cura è diffuso. È l’housing sociale:
pubblico e privato insieme “creano comunità resilienti e inclusive”, diceva un
suo gran sostenitore, Giuseppe Guzzetti, che ringrazio. E la domanda
dell’anziano è simile a quella dei giovani (case “taxi” – Censis –, smart e ben
servite).
Intanto,
una cosa è lampante: “Possiamo vivere bene e molto più a lungo (e morire bene)
se si riformano le strutture che oggi accolgono l’anziano”, ci dice
un’osservatrice interna al sistema. “Oggi gli rovinano e accorciano la vita”. Addirittura?
“Sì. Nella maggior parte delle Rsa, i più hanno problemi mentali. Chi c’è con
la testa preferisce rimanere a casa con la badante. I suoi problemi? Isolamento,
badanti non preparate, medici distratti e figli stressati. Se entra in Rsa si
accorge subito di essere finito in galera”. Così, senza colpa nè processo? “Ti danno
da mangiare e ti curano (igiene e salute) e basta”. In galera ci sono diritti e
tratti di umanità: c’è l’ora d’aria, la biblioteca, la palestra, i laboratori. “Nelle
Rsa ci sono poche iniziative di animazione e a chi c’è con la testa – se ha un
po’ di carattere e figli lontani – succede di essere messo tranquillo (un po’
sedato), per poterlo gestire e perché non si faccia male. Un meraviglioso
vecchietto dopo qualche mese è inebetito. E cosciente”. Perché dici vecchietto?
“Perché sta salendo la quota dei maschi”.
Allora,
ha ragione Marco Trabucchi – della Associazione Italiana Psicogeriatri – che
sul Corriere della sera del 6 giugno auspica una cura degli anziani fino a
“un’organizzazione della giornata alla ricerca di senso, un contatto positivo
con i famigliari, il rispetto assoluto della libertà”. Trabucchi parla d’innovazione
e risultati. “Non li vedo”. Cosa serve? “I familiari vanno coinvolti in modo serio
e formale, non manipolati”. E la libertà dell’anziano? Come renderla un
assoluto, anche rispetto alle personali indicazioni di cura? Quando è
accanimento? È il nodo più grande: rispettare la dignità; non accanirsi oltre
l’umanità. Come? “Dare senso alla giornata dell’anziano (con una vita attiva e
relazionale) dev’essere il primo impegno, se no è un inferno inaccettabile. E quando
è in deficit cognitivo o in stato di demenza, siamo all’anno zero”. Se viene
meno l’uso della ragione e/o della parola, i sentimenti restano vivissimi. “Sì.
Ricordo una signora in stato confusionale diventare rossa dall’emozione quando
il marito veniva a trovarla e le teneva la mano. E molti dementi sorridono e si
divertono se scherziamo, facciamo battute o raccontiamo sciocchezze tipo: ho
qui fuori un elicottero; ci facciamo un giro?”
La
demenza, lo stato confusionale, l’incapacità di parlare con senso logico (causalità
e non contraddizione) non riducono il dovere di rispettare la persona. Servono
innovazioni e investimenti ad hoc? “Sì. Penso basti una risorsa competente e
gioiosa, capace di attorniarsi di qualche volontario e sostenere il duro lavoro
del personale”. E perché non si fa? “Non è previsto, ma si pagherebbe. Vale
molto, fa risparmiare e rende competitivi”.
Fabio
Roversi Monaco, ex rettore dell’Università di Bologna, dice che vanno aggiornate
le età della vita e cambiato il modo di pensare. Siamo inclini a rottamare gli
anziani, invece si può trasformare una questione assistenziale e sanitaria in una
risorsa, una ricchezza, un bene relazionale che aiuta a crescere. L’anziano in
salute è libero e liberante; in lui vince il desiderio di immaginare, anticipare il futuro e fare verità, senza stress e
vincoli particolari. Una condizione creativa meravigliosa, utile, necessaria in
questo folle mondo.
Francesco Bizzotto