CORRUZIONE E
POLITICA
I Davigo dicano come fare Giustizia e stringere i tempi.
Il corrotto è favorito dall’isolamento. Lo vede solo Dio, e lui se
ne frega. Come selezionare chi ci dirige? La soluzione piramidale collassa.
Fare Rete, lavorare in gruppo. Anche per competere
Dopo lo
scandalo in Lombardia ho sentito un milanese dire: Basta guardarli in
faccia certi politici. E se succede qui, figurarsi dalle altre parti.
L’appello a Lombroso e la supponenza non portano lontano. Più utile la
riflessione di un giornalista: Servono una Giustizia veloce e una diversa
selezione di chi dirige il Paese. Nonostante la corruzione, noi qui abbiamo
la testa per andare oltre, purché se ne parli senza spocchia. Serve un vasto
confronto che sfoci in un evento aperto, organizzato da chi deve (Fontana,
Sala, i Sindaci lombardi). Ripeto: serve a poco il lamento d’occasione; serve
un dialogo (è anche una lotta) di sistema, aperto al mondo, coinvolgente e
mirato. Come Stoccarda per il progetto da 11 miliardi di trasporto urbano con
Stazione ferroviaria passante. Una meraviglia.
Concordo sulle due
priorità: riformare la Giustizia (autentico fittone della società che si
va indebolendo) e cambiare la selezione di chi ci dirige (la picchiata
della qualità parla). Sulla Giustizia chiedo a lei, ai Davigo, di fare proposte
innovative, confrontarsi, convincere. Sono loro i competenti e i gestori.
Riforme dall’esterno, non funzioneranno mai. Non ci dicano però che gli servono
altre strutture, altri soldi, altro potere. Devono piuttosto innovare, servire,
uscire dagli schemi; combinare il rigore e l’impressione di serietà con la
semplicità e la velocità. Il potere, caro Davigo, segue: è relazionale; è
questione di fiducia.
Ad esempio: abbiamo tutti
bisogno di un occhio esterno. Alcune aziende lo hanno immaginato: un testimone
sociale, credibile e autorevole; un team o un grande stimato e riconosciuto,
come l’archistar Renzo Piano. Per un certo periodo viene chiamato a essere,
appunto, arbitro, facilitatore e garante. Su cosa? Per esempio se mandare in
appello e cassazione alcune sentenze di prima istanza; se procedere in alcuni
casi (la corruzione in atto pubblico) per via immediata e risolutiva. Proposte
innovative, serie, semplici e popolari. Far convivere, appunto, rigore,
competenza e buon senso.
E sulla selezione di chi
decide anche per noi (PA, Governo, Istituzioni, Politica)? La cosa è
altrettanto delicata. Anzi, di più. In prospettiva decide anche sulla
Giustizia. Al vertice ci sono i Partiti, è chiaro? Sono loro che selezionano.
Come siamo messi, lì? Malino. Il “metodo democratico” della loro vita
interna lascia a desiderare. Se per caso uno viene scalato (il Pd) succede il
finimondo. Una guerra. E poi: come si amministra e governa? Per il 60% è
questione di alleanze e per il 30% di emergenze. Ai contenuti e alla
prospettiva resta un misero e vago 10%. Dovrebbe essere il 70, l’80%. Come
fare? Servono tre passi:
1. Riformare i Partiti, la loro vita interna. Trasparenza,
scalabilità, democrazia. Per esempio: il dibattito interno va orientato al
merito delle cose; i competenti devono avere voce e responsabilità; non possono
avervi troppo spazio gli organizzatori e i tatticismi (affermazioni sognanti o
contingenti), e buona notte ai suonatori. A tal fine, basta…
2. Inchiodare alla responsabilità, anche personale, i vertici di
Partiti e Istituzioni. Si decide male e s’incarta il Paese? Ne rispondono
(D.lgs. 231/01 responsabilità amministrativa). Non può essere che, sulla cosa
pubblica, le conseguenze non contino. Basta vincere.
3. Mixare nelle pubbliche
Istituzioni la soggettività liberale e il lavoro di gruppo; decisioni singole e
di gruppo. Passare dalla logica della Piramide (del Comando) a quella della
Rete (competenze, confronti, autonomie). Esalta le soggettività e raddoppia la
produttività.
Il 3°
punto può essere scatenante. La corruzione è largamente favorita dalla
frammentazione dei sistemi e dall’isolamento di chi decide. Lo vede solo Dio, e
lui se ne frega. Dal punto di vista pratico è un congelante. Fa perdere
efficacia ed efficienza. Per esempio: mentre la grande impresa ogni due o tre
anni si riorganizza, semplifica i processi e riduce i costi (espelle il 10% del
personale), la PA da sempre serra le file e mantiene strutture e occupazione.
Milano ha 134 Comuni (uno ogni tre chilometri in linea d’aria). Fanno tutti le
stesse cose, mentre c’è domanda di efficienza e nuovi ruoli. È giusto?
I Comuni devono consorziare servizi e lavorare in gruppo per
aree omogenee; dare ai problemi soluzioni nuove e fare ben altro. A partire dai
Sindaci. Se i Comuni del Nord Milano fanno squadra e decidono insieme,
acquistano peso politico e si fa la Città Metropolitana; Milano conta nel mondo
e attira investimenti: può fare come Stoccarda e i mercati si fidano. Chiaro?
Giustizia, corruzione, economia e Politica sono intrecciate.
Francesco Bizzotto