PD. UN
ELETTORATO IN SONNO
1° maggio 2019
Zingaretti (virgolettato
del Corriere della sera del 29 aprile scorso) parla di "Lavoro
giusto" e dice: "Dobbiamo aumentare i salari medio-bassi"; fare
un "taglio netto del Cuneo fiscale sul tempo indeterminato";
"aumentare le indennità per i tirocini"; "fare una legge
sull'equo compenso". Mi pare molto debole.
Il problema dei lavoratori
è questo: come giungere a un ruolo avanzato (responsabile, propositivo) e
dunque utile, apprezzato e riconosciuto? Molte le vie (l’Europa dice: fare
Politiche attive) e certo l’interesse della maggioranza delle imprese, di
qualunque tipo sia il lavoro. Dovrebbe essere il 1° obiettivo politico, per
rendere più forte il sistema Paese. E poi, non esiste che un segmento sociale
abbia riconoscimenti di status ed economici a prescindere, senza un suo
contributo forte e avanzato. Vale anche per i pensionati. C'è, è vero, una
questione di dignità, di civiltà e di equilibrio sociale. Ma, fare Politica
significa impostare le questioni in via normale, bella e giusta. E
l'emancipazione del lavoro? Si fa con il solo stipendio (beati in pantofole) o
anche e innanzitutto con il ruolo, magari da inventare (creativo, artistico,
volontario)? Come non vedere il (relativo) declino dei soldi?
Le imprese
furbo-conservatrici (il 20 / 30% che pensa di potersi permettere di competere
sui costi, senza innovare) mirano a tenere il lavoro fuori dal fare impresa. A
tenerlo "manodopera" con funzioni meccaniche separate, escluse o
antagoniste (che è la stessa cosa). Non funziona. La semplice cura del processo
(pensiamo alla velocità e complessità di relazioni del 5G) richiede
concentrazione, motivazione e capacità di gestire alti livelli di rischio. Per
inciso: metà del temuto Cyber risk è formato da comportamenti sciatti o
colpevoli (persone “presentiste”, non valorizzate e non soddisfatte).
Ora, gli stipendi sono
bassi perché il ruolo del lavoro non è promosso e quindi non é riconosciuto.
Marco Bentivogli lo ha capito ma è poco conseguente: rimane sul terreno
contrattuale, rivendicativo, limitato (non vola), mentre il 70 / 80% delle
imprese sente il lavoro come un grande Rischio (dopo quello tecnologico) del
fare impresa: per un valutare e immaginare di gruppo, un anticipare gli eventi
e un processare i Rischi in tranquilla sicurezza (safety, la chiama
Zygmunt Bauman). Un altro mondo. Una terra promessa.
Ma, il problema del Pd non
è Zingaretti. C’è, è vero, un ritardo storico della Sinistra, che è centralista
e paternalista, poco liberante. Il problema è il Pd, la sua pancia liberal;
solitaria e buonista, seduta ed egoista. Che va a rimorchio e sbrana i suoi
leader, e non serve al Paese. Un elettorato in sonno. Eppure, nessun Partito
(ma, si possono chiamare Partiti, a termini di Costituzione?) ha come il Pd un
patrimonio di competenze spendibili, spesso appassionate. Un patrimonio pure
disponibile che si fa, crede, gli affari suoi. Allora, il Pd non c’entra?
Zingaretti è innocente?
L'errore di Zingaretti è
che non schioda i silenziosi potentati locali (a partire dalla bella Milano, se
no è troppo dura). Non li chiama a organizzare il fare Politica di iscritti e
simpatizzanti per quel che sanno, per mettere a fuoco temi e settori, avviare
un ascolto diffuso e la produzione di idee e materiale non certo per lobby ma
per decisioni di governo.
Il problema di Zingaretti e del Pd è
organizzativo: accanto ai circoli territoriali frequentati da terze e quarte
età in declino, deve far decollare forti circoli di proposta e progetto. E
coltivare, promuovere politici dell'ascolto, della sintesi avanzata e del
coraggio (di intuire, decidere, motivare, rischiare il consenso). Ora,
Zingaretti lo dica, mostri questo orizzonte. Francesco Bizzotto,
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