UNIVERSITÀ CATTOLICA E POLITECNICO
NEBBIA A
MILANO
Pur convinto, con Franco
Volpi, filosofo vicentino mancato nel 2009 a 57 anni, che sia bene procedere
con la “ragionevole prudenza del pensiero”, prendo i casi di due
istituzioni di calibro e prestigio per fare critiche pesanti, con il dovuto
rispetto e senza pretese.
1° L’Università
Cattolica di Milano esce con questi risultati di ricerca del suo CeTIF: la
nuova sfida del mercato assicurativo è l’Instant insurance; fare piccole
polizze, per pochi giorni, via smartphone, senza intermediari. Sono pacchetti assicurativi
temporanei per importi contenuti di copertura e di premio. Si acquistano con un
clic dello smartphone. Et voilà! La loro caratteristica? Le parti rischiano
poco: piccoli rischi con – a ben vedere – alti costi implicati. Conviene? Solo
all’assicuratore (fa volumi). Ma, questi è nato nel XIII secolo per andare
oltre le Mutue, che coprivano rischi omogenei ripartendo i fondi raccolti:
finiti i fondi, finite le garanzie. L’assicuratore copriva con la sua
“promessa” (polizza) i grandi rischi dell’iniziativa individuale (innovativa,
esplorativa) che la logica delle Mutue rifiutava. È vero, siamo sensibili ai
piccoli rischi, ma – riflettiamo – quali conseguenze potrà avere un piccolo
danno? I costi implicati rendono conveniente tenerlo in proprio o assicurarlo
in altro modo. L’indirizzo di assicurare i piccoli rischi è sbagliato. Ma, la
ricerca? Berlusconi direbbe: siamo nel “paradosso del comma 22” (risposte
pilotate). Rimangono le domande: a cosa orientare l’assicuratore? Rispondo: ad
assicurare i grandi rischi di industry 4.0 e della globalizzazione. Possibile
che l’offerta non veda l’esigenza? Rispondo con il caso del Politecnico di
Milano.
2° Il Politecnico,
santuario laico, ha lanciato anni fa il Cineas, consorzio di formazione alla
Gestione del rischio (di cui è cuore la Prevenzione dei danni). Da un po’
annacqua la mission e fa il gambero: dà molto peso alle polizze, mentre tutto
invita (persino la legge: la 231/01) a essere responsabili, a investire (nella
Gestione) per prevenirli i danni. E perché la Cattolica e il Politecnico
sembrano avallare l’indirizzo che orienta a fare volumi finanziari (con poca
sostanza industriale) e alla polizza con poca prevenzione, poca Gestione?
C’è in
corso una lotta (e una crisi). Ci sono ottiche, interessi e
sensibilità diversi. Vincono i finanziari e perdono gli industriali? In parte.
Soprattutto, il mercato assicurativo è in una significativa crisi: teme il
grande rischio perché “collassano” i modi tradizionali di misurarlo (Ulrich
Beck); guardare al passato (una volta per tutte) dice sempre meno del futuro;
la Statistica, le tariffe, la separatezza spaziale e temporale non misurano più
il rischio e riservano amare sorprese (Cigni neri, dice Nassim Nicholas
Taleb). E il rischio è una probabilità, una misura; altrimenti è un pericolo
(Niklas Luhmann in Sociologia del rischio). Capite? Se sono bazzecole,
la Statistica ancora ce la fa, se sono grandi rischi, son dolori. È un dato,
per inciso, che manca a tutti gli economisti. Anche a Schumpeter.
Come
rendere misurati (probabilità) i rischi del nostro tempo? Serve un
approccio nuovo (e creativo). Serve, appunto, Gestire i rischi a tutto campo:
vederli e valutarli bene; misurarli in ipotesi e poi trattarli a dovere
(prevenzione e protezione); quindi ritenerne la parte sopportabile, utile a
responsabilizzare, e assicurare i grandi rischi che metterebbero in ginocchio.
Per fare questo percorso si deve uscire dagli uffici, valorizzare gli
intermediari, stare sul campo, accanto ai diversi soggetti influenti, a
osservare bene i processi, a relazionarsi con continuità (raccogliere e dare info),
per contribuire alla formazione del rischio, che così possiamo definire (alla
Bruno de Finetti) come soggettivo e attivo, relazionale e processuale, in linea
retta con il dettato della Meccanica dei quanti: chi si relaziona contribuisce
a dare forma all’evento atteso.
Ed è la
direttiva europea Solvency II a mettere la ciliegina su questa
torta. Dice: l’assicuratore è libero d’investire (5.000 miliardi) come vuole,
purché sia responsabile; faccia “investimenti prospettici” nelle grandi
infrastrutture materiali e sociali determinanti
per la
formazione dei rischi che ha in casa e che assumerà. Guardi avanti, concentrato
e proteso ad anticipare gli eventi. Ecco, la parola magica del moderno
rischiare è: anticipare.
Ma, la Politica e le
grandi PA non dovrebbero prioritariamente occuparsi di queste questioni
(organizzarsi per metterle a fuoco, dare vantaggi fiscali, fare governance,
ascoltati i competenti)?
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“Le modalità di calcolo del
rischio, come sono state sinora definite dalla scienza e dalle istituzioni
legali, collassano.” Ulrich Beck, La
società del rischio, Carocci, ‘00, p. 29
Francesco Bizzotto
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