lunedì 18 febbraio 2019

POLIZZA E GESTIONE DEL RISCHIO


UNIVERSITÀ CATTOLICA E POLITECNICO
NEBBIA A MILANO



Pur convinto, con Franco Volpi, filosofo vicentino mancato nel 2009 a 57 anni, che sia bene procedere con la “ragionevole prudenza del pensiero”, prendo i casi di due istituzioni di calibro e prestigio per fare critiche pesanti, con il dovuto rispetto e senza pretese.

L’Università Cattolica di Milano esce con questi risultati di ricerca del suo CeTIF: la nuova sfida del mercato assicurativo è l’Instant insurance; fare piccole polizze, per pochi giorni, via smartphone, senza intermediari. Sono pacchetti assicurativi temporanei per importi contenuti di copertura e di premio. Si acquistano con un clic dello smartphone. Et voilà! La loro caratteristica? Le parti rischiano poco: piccoli rischi con – a ben vedere – alti costi implicati. Conviene? Solo all’assicuratore (fa volumi). Ma, questi è nato nel XIII secolo per andare oltre le Mutue, che coprivano rischi omogenei ripartendo i fondi raccolti: finiti i fondi, finite le garanzie. L’assicuratore copriva con la sua “promessa” (polizza) i grandi rischi dell’iniziativa individuale (innovativa, esplorativa) che la logica delle Mutue rifiutava. È vero, siamo sensibili ai piccoli rischi, ma – riflettiamo – quali conseguenze potrà avere un piccolo danno? I costi implicati rendono conveniente tenerlo in proprio o assicurarlo in altro modo. L’indirizzo di assicurare i piccoli rischi è sbagliato. Ma, la ricerca? Berlusconi direbbe: siamo nel “paradosso del comma 22” (risposte pilotate). Rimangono le domande: a cosa orientare l’assicuratore? Rispondo: ad assicurare i grandi rischi di industry 4.0 e della globalizzazione. Possibile che l’offerta non veda l’esigenza? Rispondo con il caso del Politecnico di Milano.

Il Politecnico, santuario laico, ha lanciato anni fa il Cineas, consorzio di formazione alla Gestione del rischio (di cui è cuore la Prevenzione dei danni). Da un po’ annacqua la mission e fa il gambero: dà molto peso alle polizze, mentre tutto invita (persino la legge: la 231/01) a essere responsabili, a investire (nella Gestione) per prevenirli i danni. E perché la Cattolica e il Politecnico sembrano avallare l’indirizzo che orienta a fare volumi finanziari (con poca sostanza industriale) e alla polizza con poca prevenzione, poca Gestione?

C’è in corso una lotta (e una crisi). Ci sono ottiche, interessi e sensibilità diversi. Vincono i finanziari e perdono gli industriali? In parte. Soprattutto, il mercato assicurativo è in una significativa crisi: teme il grande rischio perché “collassano” i modi tradizionali di misurarlo (Ulrich Beck); guardare al passato (una volta per tutte) dice sempre meno del futuro; la Statistica, le tariffe, la separatezza spaziale e temporale non misurano più il rischio e riservano amare sorprese (Cigni neri, dice Nassim Nicholas Taleb). E il rischio è una probabilità, una misura; altrimenti è un pericolo (Niklas Luhmann in Sociologia del rischio). Capite? Se sono bazzecole, la Statistica ancora ce la fa, se sono grandi rischi, son dolori. È un dato, per inciso, che manca a tutti gli economisti. Anche a Schumpeter.

Come rendere misurati (probabilità) i rischi del nostro tempo? Serve un approccio nuovo (e creativo). Serve, appunto, Gestire i rischi a tutto campo: vederli e valutarli bene; misurarli in ipotesi e poi trattarli a dovere (prevenzione e protezione); quindi ritenerne la parte sopportabile, utile a responsabilizzare, e assicurare i grandi rischi che metterebbero in ginocchio. Per fare questo percorso si deve uscire dagli uffici, valorizzare gli intermediari, stare sul campo, accanto ai diversi soggetti influenti, a osservare bene i processi, a relazionarsi con continuità (raccogliere e dare info), per contribuire alla formazione del rischio, che così possiamo definire (alla Bruno de Finetti) come soggettivo e attivo, relazionale e processuale, in linea retta con il dettato della Meccanica dei quanti: chi si relaziona contribuisce a dare forma all’evento atteso.

Ed è la direttiva europea Solvency II a mettere la ciliegina su questa torta. Dice: l’assicuratore è libero d’investire (5.000 miliardi) come vuole, purché sia responsabile; faccia “investimenti prospettici” nelle grandi infrastrutture materiali e sociali determinanti

per la formazione dei rischi che ha in casa e che assumerà. Guardi avanti, concentrato e proteso ad anticipare gli eventi. Ecco, la parola magica del moderno rischiare è: anticipare.

Ma, la Politica e le grandi PA non dovrebbero prioritariamente occuparsi di queste questioni (organizzarsi per metterle a fuoco, dare vantaggi fiscali, fare governance, ascoltati i competenti)?

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“Le modalità di calcolo del rischio, come sono state sinora definite dalla scienza e dalle istituzioni legali, collassano.” Ulrich Beck, La società del rischio, Carocci, ‘00, p. 29


Francesco Bizzotto 

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