mercoledì 21 marzo 2018

Voto del 4 marzo ANALISI EULER HERMES


All’economia serve un governo?

Prima ancora che Moscovici dichiarasse che i mercati e la UE non sono preoccupati del risultato delle elezioni italiane, lo avevano già affermato gli operatori economici.
Infatti nell’ultimo report di Euler Hermes, società del gruppo Allianz, operante nell’assicurazione crediti, si sostiene che “Dopo il voto dello scorso 4 marzo, il Sistema Italia ,si appresta a ripartire dai fondamentali solidi sui quali l’economia nazionale ha ripreso a marciare negli ultimi due anni” e  presenta le principali leve macroeconomiche “che potranno consentire al Paese di liberare tutto il potenziale economico per proseguire sul sentiero virtuoso della crescita a un ritmo più elevato”.
“In un contesto congiunturale europeo positivo, grazie alla ripresa degli scambi e alle condizioni monetarie e finanziarie accomodanti, possiamo prevedere per l’Italia altri due anni di ciclo positivo con una crescita del PIL dell’1,4% nel 2018 e dell’1,2% nel 2019 L’economia sarà sostenuta dai consumi privati che ritorneranno in terreno positivo (+1,0%), dagli investimenti (+4,4%) e dalle esportazioni (+4,4% in termini reali)”.
Nello studio vengono analizzate alcune macro-aree di intervento per accrescere il potenziale del sistema economico nazionale.
Al primo punto c’è l’aumento del potere d’acquisto delle famiglie.
Sebbene i consumi privati siano stati il principale motore della crescita, negli ultimi anni il potere d’acquisto degli italiani si è rivelato inferiore rispetto a quello di latri paesi europei. Si potrebbe procedere con l’adozione di un regime per le imposte sul reddito più graduale rispetto a quello attuale per liberare più risorse. Il livello dei prezzi dell’energia al consumo, per esempio, rimane ancora superiore a quello di Francia e Spagna. Lo stesso vale per il settore dei servizi di pubblica utilità, in cui i prezzi non si sono adeguati rispetto ad altri paesi dell’area euro. Riformare questi settori con una maggior liberalizzazione contribuirebbe a diminuire la rigidità dei prezzi e a garantire un maggiore potere d’acquisto ai privati.
E’ necessario poi sbloccare i finanziamenti e gli investimenti
Le banche italiane si trovano in una posizione decisamente migliore rispetto a un anno fa. Lo stock totale delle sofferenze è diminuito di 104 miliardi di Euro, attestandosi a 274 miliardi. Nonostante questo, evidenziano i curatori dello studio, la maggioranza delle sofferenze continua a essere di natura aziendale, circa il 70%. Una soluzione potrebbe essere migliorare le regole per i prestiti alle imprese, intervento che faciliterebbe la valutazione e la vendita degli stock, consentendo agli Istituti di credito di migliorare l’erogazione del credito.
Le PMI potrebbero giocare un ruolo ancora più decisivo per il rilancio del Paese purchè si adottino provvedimenti concreti di sostegno e misure per rendere la loro vita più semplice. Sarebbe utile ritoccare ancora verso il basso l’aliquota delle imposte da reddito, rendendola più graduale, così come si potrebbero mitigare maggiormente gli oneri sociali a carico del datore di lavoro, migliorando così la competitività delle PMI sui mercati internazionali.
Un tema fondamentale riguarda i tempi di pagamento tra imprese: il tempo medio di incasso è di 85 giorni. Sarebbe interessante ipotizzare un incentivo fiscale o addirittura uno sgravio per le aziende che riescono a ridurre i ritardi di pagamento a un livello accettabile, inoltre, anticipare la fatturazione elettronica obbligatoria al gennaio 2019 rappresenterebbe un importante passo in avanti.
“Grazie al miglioramento del clima economico le imprese italiane sono più affidabili nei pagamenti commerciali, nonostante alcune problematiche non siano ancora state risolte come, ad esempio, il rientro dei debiti della Pubblica Amministrazione. Il trend delle abitudini di pagamento a livello nazionale è in miglioramento da cinque anni a questa parte e il numero delle insolvenze è calato di conseguenza (-12% nel 2017, -10% nel 2018)  “Il fermento che si riscontra nelle start-up è un altro elemento virtuoso della nostra economia, in particolare per quanto riguarda l’innovazione tecnologica (ICT) e negli investimenti esteri. I maggiori rischi all’orizzonte sono al momento ravvisabili nella fine dei programmi di allentamento monetario europei, in particolare per i settori più indebitati “
Il coraggio delle riforme e le iniziative mirate a rendere il “Sistema Italia” più attraente stanno portando alcuni frutti, ma il Paese necessita di una strategia e di un piano per migliorare la propria immagine per quanto riguarda burocrazia, procedimenti giudiziari e settori protetti. I risultati anche nel 2018, saranno ancora una volta da traino per l’intera economia del Paese, con le esportazioni del settore macchinari e attrezzature che aumenteranno di altri 6,9 miliardi di Euro rispetto al 2017, seguite da quelle del settore chimico (+4,6 miliardi) e tessile (+3,4 miliardi).
L’Italia si classifica al ventinovesimo posto (tra 115 paesi) nell’Indice di digitalizzazione. Le performance della logistica e il contesto economico stanno migliorando, ma la qualità della connettività lascia ancora molto a desiderare. L’innovazione, inclusa la qualità della ricerca scientifica e l’aumento delle competenze dei lavoratori, migliorando la formazione, sono asset importanti.
Più internet e più fibra sono state sempre all’ordine del giorno di chi ha governato in questi ultimi 20 anni, ma poco è stato fatto.
Dopo tutto in questi anni sono state senza governo Spagna, Belgio, Olanda , per ultima la Germania, e la crescita di economia e diseguaglianze sono continuate , forse la vera riflessione dovrebbe essere su questi aspetti.
Per cui che ci siano le elezioni tra 6 mesi o tra 5 anni, il paese andrà avanti lo stesso.



Massimo Cingolani


lunedì 19 marzo 2018

DOPO LA SCONFITTA


SINISTRA A TERRA



La Sinistra è a terra. Condizione ideale per ripararsi e rifornirsi. Vedo 4 nodi. (1°) il lavoro, il core business. Il Jobs act senza forti Istituzioni locali per le Politiche attive, crea ingorghi di precarietà. Qui, giocato il primo tempo, pare finita la partita. Così, regolato un po’ di lavoro nero, cresciuta l’occupazione, diminuita di 2/3 la conflittualità, abbiamo fatto la flessibilità: chi non si piega all’impresa, in un modo o nell’altro salta, se ne va, come è giusto se ci sono condizioni di rispetto e reciprocità, di tutela e mobilità. Se il lavoro non mi soddisfa, voglio crescere e non c’è spazio, m’impegno e non m’intendo, uno Stato serio mi aiuta per tempo a formarmi, cambiare, rischiare. Obiettivo: il miglior lavoratore con il miglior imprenditore. È l’ABC di quel che si deve fare. Giocare anche il secondo tempo. Diciamolo: l’impresa di suo, non ama la concorrenza, anche quella del Capitale umano, indispensabile per innovare.

Ma, è fragile la rappresentanza politica (2°), concepita alla vecchia e meritoria maniera: tutelare e proteggere deboli ed esclusi. E attendere che lo siano. Con il profluvio che sappiamo di ragioni e racconti, tutti veri e difensivi, negativi. La loro speranza? Che vada io al potere, a governare. Sappiamo che non è così, e che i lavoratori hanno più bisogno di promozione che di protezione (copyright Marco Bentivogli), più di partecipazione che di distribuzione; e l’impresa più di risorse collaborative che di manodopera tipo merce. Così, alla Sinistra sono mancati (in positivo): l’emancipazione del lavoro (responsabile, utile allo sviluppo delle forze produttive); il conflitto (di merito, costruttivo); la società (dialogica e fondata su reti e autonomie). Ha mitizzato (sterilizzato) l’uguaglianza e pensa ancora che la Democrazia debba sfociare in qualche forma di comunitarismo o Socialismo. Il filosofo Franco Volpi ebbe a dire il contrario: dalle idee socialiste protettive (e quindi centraliste) alla Democrazia radicata, aperta, plurale.

Con Galli Della Loggia penso che, se non è la Politica a impostare il futuro, sgomitiamo, arranchiamo e ci facciamo male. Così, la Sinistra ha più responsabilità dell’impresa e dei sindacati. E gli altri Partiti? C’è un problema. Il sistema dei Partiti (3°) non è in regola e non è all’altezza della Politica che serve. I Partiti decidono e s’immischiano nella PA, senza il “concorrere con metodo democratico” previsto dall’art. 49 della Costituzione: vita interna, obbligo di bilancio, contendibilità vera, responsabilità amministrativa. Finiscono per fare i tram delle carriere. Non ci siamo. Caricano di rischi il Paese e non ne rispondono. È contrario al D.lgs. 231/01. Devono fare il DVR (Documento di valutazione dei rischi). Con un’aggravante: l’organizzazione interna è spesso inconsistente. Finite le narrazioni (prospettive definite a tavolino), dove e come attingono alle competenze per governare?

Infine, rispetto alle scelte di Governo, il problema è di decisioni e progetti, certo non di risorse (4°). I soldi per fare le cose ci sono e un po’ si perdono in rivoli di spreco e (dicunt) corruzione. Non penso a Sicilia e dintorni e nemmeno alle burocrazie ministeriali. Non mi permetto. Con Sabino Cassese, dico che possiamo tagliare i rami bassi della PA. Milano ha uno sproposito di 134 Comuni (uno ogni tre chilometri in linea d’aria!) e dice di non poter realizzare la Città Metropolitana perché non ha risorse. Sala proponga a Fontana un progetto visionario che renda la Lombardia leader in Europa: infrastrutture innovative per il trasporto di merci e persone, il riassetto idrogeologico e la vivibilità ambientale; per gestire e rendere belli e sostenibili i rischi in cui siamo. Così non va. E le risorse? Proponga di aggregare i Municipi, a partire da Milano: da 134 a 20 / 30; per vedere bene i problemi, lavorare in gruppo e trasparenza (senza licenziare), rilanciare l’utilità e il ruolo della PA e risparmiare un miliardo l’anno (Politecnico). Si guardi attorno: a questo miliardo se ne aggiungeranno molti altri. Non vada a Roma con il cappello in mano. Lanci un Crowdfunding (investi su Milano e la Lombardia). Che segnale ai cittadini e ai mercati!

Francesco Bizzotto

giovedì 15 marzo 2018

BELLA INTERVISTA AL PRESIDENTE ANIA


L’assicuratore per la prevenzione


Fiducia nel dialogo e collaborazione tra Pubblico e Privato
“Una gestione ex ante dei rischi, e non più ex post dei danni”, per “la ripresa strutturale e sostenibile”



Con la bella intervista del 1° marzo rilasciata ad Antonella Baccaro del Corriere della Sera, che riportiamo di seguito, Maria Bianca Farina, presidente dell’Ania (dal 2015) e di Poste Italiane (dal 2017), schiera l’Assicuratore con il presidente Mattarella, che ha auspicato con forza che il Paese cambi passo rispetto ai rischi e alle ricorrenti catastrofi, naturali per modo di dire: si doti di una cultura e di strumenti di Prevenzione.

Dice Farina: “L’obiettivo comune è arrivare a una gestione ex ante dei rischi, e non più ex post dei danni”. Elementare e difficilissimo. Provate a dirlo al sistema Sanitario, centrato sull’attesa (della malattia) e sul rimedio! Assicuratori sulla via di Damasco? No.

Competenti del rischio con una grande storia, che hanno maturato la lezione del matematico applicato Bruno de Finetti (1906 – 1985): la probabilità (il rischio) è grado di fiducia personale; attiva, dinamica, non statica. E io penso che fare Prevenzione meriti una fiscalità di vantaggio.

È il dato macro. Poi ci sono i temi del rapporto tra Pubblico e Privato e degli investimenti infrastrutturali per stare al mondo, ripartire con l’innovazione, la qualità e il lavoro. Mancano le risorse? L’Assicuratore – investitore istituzionale da 800 miliardi – mette una chip di 15 miliardi. E non è generosità. L’Europa con Solvency II gli chiede di fare “investimenti prospettici” (gestire in grande i rischi). Perché stare in attesa e assicurare, riserva dolori e obbliga a volare basso. Già Ulrich Beck lo aveva detto: “Le modalità di calcolo del rischio (…) collassano.” (La società del rischio, Carocci ‘00, p. 29).

L’offerta è storica, al di là delle concorrenze interne (Poste pensa di vendere anche polizze Danni e RCA). Perché rinuncia alla autoreferenzialità (statistica) e propone la collaborazione tra Pubblico e Privato. I piani si vanno intrecciando: mentre autonomia con responsabilità/imprenditività resta la plateale incompetenza della PA (con eccezioni: non a caso l’IVASS, Istituto per la vigilanza sulle Assicurazioni), visione e sostenibilità stanno andando al cuore dell’attività privata. E una buona Polizza 4.0 ne può essere garante. Per inciso: a monte della PA ci sono i Partiti che devono darsi regole, a termini di Costituzione, e possono organizzarsi per recuperare competenza che – come il rischio – è relazionale: mettere l’orecchio a terra, comprendere e con-vincere (fare sintesi creative, sorprendenti).

Molti gli spunti offerti da Maria Bianca Farina. Mi piace immaginare che, quando parla di infrastrutture immateriali, si riferisca al Lavoro. Cosa potrebbe voler dire Assicurare (investire e garantire) il Lavoro? Forse, contribuire a ridefinirlo e promuoverlo, a non starne mai fuori, costretti o neet o attaccati a un posto che non piace. Promuovere è più di proteggere e distribuire (l’ossessione della sinistra alla Piketty e Cacciari); è liberare, dare ali; fare produttività e giustizia. Allora diventano sostenibili le dovute (nel tempo dei robot) tutele economiche nella difficoltà (nel “sinistro”).

In generale – poiché libertà è rischio e responsabilità, se no è noia e violenza – servono polizze, strumenti di solidarietà impersonale, scelta, su misura e pagata. E per il Lavoro? Serve un’Istituzione ad hoc: potenti Agenzie pubbliche partecipate, dialogiche, orientate ad anticipare i problemi e, appunto, assicurate (qualcuno interessato a non avere “sinistri”; che non guadagni sui disoccupati, detta fuori dai denti). Per contribuire al nuovo, creare ponti: tra le attività di mercato e quelle di servizio alla PA (ad esempio nelle scuole); tra le imprese innovative e le mille terre del sociale, fino alla miniera del Volontariato delle competenze, per professionisti e neoimprese. A Milano e a Monza Brianza c’è già il prototipo, l’Agenzia Formazione Orientamento Lavoro (AFOL).



Insomma, con Hans Jonas:

…“Io credo […] alla forza inventiva dell’uomo e alla sua scaltrezza vitale, alla sua capacità di vedere, progettare, dominarsi, fare e seguire leggi. Egli inventerà anche degli strumenti contro ciò che proviene da lui medesimo.” Sull’orlo dell’abisso, G. Einaudi, ’00, p. 44



Francesco Bizzotto
Qui il link per leggere l'intervista a Bianca Maria Farina "infrastrutture, un fondo di 15 miliardi"

mercoledì 7 marzo 2018

JOB ACT FREE? Resta la pura assistenza


LAVORO CHIAMA EUROPA



Servono Politiche europee di Mobilità e Concorrenza, anticipatrici dei problemi

Bene il Governo. Il Jobs act è un sentiero di Libertà e Partecipazione



Lavoro: il Governo ha operato bene; giova ripeterlo. Il Jobs act è un percorso a due binari: 1° un clima nuovo in azienda (un assumere e licenziare più facili per i nuovi, con minore sicurezza del posto, crollo delle liti e pochi licenziamenti), e 2° maggiori tutele per tutti, fuori, nel territorio, in termini economici, di orientamento, formazione e incontro tra Domanda e Offerta. Il primo binario ha ridotto i diritti in azienda (articolo 18). Il secondo ha istituito l’ANPAL, l’Agenzia nazionale delle Politiche attive, per fare come dice l’Europa: forti azioni di accompagnamento per trovare e cambiare lavoro se l’azienda o il rapporto non va.

È evidente che siamo fermi al primo binario (il clima). Le Politiche attive, perso il referendum, sono rimaste al palo (regionale). Ma, il guaio vero era l’idea di poter fare senza le imprese. Vi ha posto rimedio la riforma delle Camere di commercio (2017) che impegna il sistema a contribuire alle Politiche attive. Così il Governo ha messo il pilastro fondamentale all’edificio, con l’obiettivo di sapere qual è la Domanda di lavoro (e qualcosa si muove), per Orientare e Formare in modo più consapevole, e quindi responsabilizzare un po’ tutti, dalle famiglie ai formatori aziendali e alle Università (giusta l’autonomia, non l’autoreferenzialità).

Impresa titanica. Urge un carico istituzionale europeo. Il problema è di tutti, Francia e Italia per primi. Ognuno per sé, indebolisce l’Europa e offre spazio agli amici di Trump e Putin. Serve un Regolamento dell’Ue che segni un percorso ormai chiaro: lasciare andare l’antagonismo del ‘900 e scommettere sul sistema impresa, sulla nostra capacità di anticipare i problemi e così renderli sostenibili (come è per i rischi). Possiamo garantire a tutti diritti, aiuti e tutele ma non più in azienda (al 95% ha meno di 5 dipendenti), nel territorio. In azienda è indispensabile l’armonia delle relazioni e, semmai, il conflitto di merito.

Per alzare il tasso di contributo alle attività da parte di tutti. Così, l’intrapresa realizza visioni e progetti in libertà, con minori vincoli, e il lavoro vi partecipa se trova spazio e sintonia. Altrimenti cambia. Al centro si pongono le (buone) relazioni di collaborazione, gli apporti attivi, la sostanza, per esaltare il nostro punto di forza: creare, innovare, farci apprezzare (tenere alti i prezzi) e convincere a investire e a non de localizzare. Si possono forse imporre i prezzi e gli investimenti? Come dire: realizzare insieme il sogno schumpeteriano d’impresa e quello marxiano di emancipazione del lavoro. Il contributo passivo (manodopera) e la rigidità che se ne frega della relazione, sono fuori dal mondo e ci condannano tutti (imprese, lavoratori, Europa).

Così, non si capisce l’dea Jobs act free fiorita prima a Roma (Acea) a poi a Napoli, se non in termini di accomodamento alle crisi e agli andazzi. Significa lasciare il lavoro – anche il più umile, che certo merita di essere capito e tutelato – fuori dalla porta (della dignità, del contributo attivo e responsabile). È incapacità di comprendere i problemi delle imprese e delle città. “Qui facciamo sul serio”, ha detto Enrico Panini, assessore di Napoli al Lavoro e pure alle Attività produttive. In una lunga intervista al Corriere del Mezzogiorno (25.02.’18) non dice una parola sulla volontà e possibilità della larga maggioranza dei lavoratori di contribuire a risanare e rilanciare il sistema delle imprese pubbliche e private napoletane. Per l’assessore, fare impresa ed ente pubblico ha come obiettivo posti di lavoro garantiti. Non esiste. Perché non funziona; non si paga; pagano altri. Ce lo vogliamo porre il problema?

Francesco Bizzotto