Ho detto che la cura delle
relazioni (formazione di base e oltre) è importante per fare impresa e andare
nel mondo. Per fare l’economia che serve: libera, appassionata. La relazione è
curiosità, apertura, reciprocità, rispetto. È un tratto che imposta la vita,
fino alla 4° età. Cosa si prospetta, infatti? Chi viaggia attorno ai 70anni ha
una probabilità del 40% di vivere a lungo in condizioni di non autosufficienza
e solo. Con risorse pubbliche scarse. È il rischio personale più grave. A dire
il vero, “rischio” implica anche azione e misura di risultato (una probabilità,
che oggi si ottiene con capacità di prevedere e anticipare; di creare). Qui,
siamo in mezzo al guado: sappiamo e non agiamo.
Invece in Germania è dal
1994 che l’assicurazione di questo rischio è obbligatoria. La relativa polizza
è la “Long Term Care”. Può essere formulata in molti modi. L’innovazione più
bella mira a fornire strutture, percorsi e servizi utili non solo a curare la
malattia, la dipendenza. Anche a ridurne il rischio. Anticipare, evitare il
danno. E recuperare l’autosufficienza se succede di perderla. Prevenire e
recuperare è facile: il successo è al 50%. La probabilità così si può ridurre
dal 40 al 20% e meno.
Si tratta di riflettere e
investire nei servizi e nelle strutture del caso. Abbattendo il muro tra
pubblico e privato. Torna attuale la lezione di Elinor Ostrom (1933 – 2012;
Nobel per l’economia 2009) sul modo di tutelare i beni comuni: unire le forze,
procedere per gradi, con chiari obiettivi. Nel nostro caso: chiamare l’assicuratore
al dialogo; vedere come e cosa fanno altrove (Usa, Germania); leggere il
servizio assicurativo nel suo doppio ruolo di investitore istituzionale che
crea una solidarietà personale e libera, su misura e responsabile; puntare
molto sui percorsi di prevenzione e di recupero. Non possiamo far troppo conto
sulle badanti. Possiamo, ad esempio, creare strutture ad hoc (Case di
Autonomia, Relazioni e Servizi per la 4° età) che ci accolgano nel bisogno e
prima. In realtà, torna necessario un modo di abitare con ampi tratti solidali,
comunitari, con sicuri spazi di autonomia e con tutti i servizi necessari
(conviviali, tecnici, informatici, culturali, salutistici, infermieristici e di
assistenza). Un modo di abitare relazionale a tutto tondo, a cui ci dobbiamo
formare, che costa la metà rispetto a quello tradizionale e che piace anche ai
giovani (è la “Casa taxi” di cui ha parlato il Censis).
E intanto? Rimane il tema
della relazione nella 4° età di adesso. Un’emergenza. Nelle “Case di riposo”,
dove finiscono i nostri vecchi (e domani noi), si deve agire molto di più in
modo relazionale. Qui occorre investire; formare e praticare la relazione,
ovvero la reciprocità, l’umanità, il dialogo, il rispetto e la partecipazione
di gestione. Non possono essere luoghi in cui si tiene in vita e si spreme
l’anziano (e i figli e le Istituzioni) in uno stato di prigioniero, a cui sono
forniti servizi di sopravvivenza (materiali, igienico nutritivi), e il resto è
volontariato. Anche qui si tratta di anticipare: la Magistratura. Se ne deve
parlare alla luce del sole (oggi è vergogna). E si deve introdurre il principio
/ dovere di curare le relazioni della 4° età. Con personale dedicato e formando
tutti alla cultura – repetita iuvant – della reciprocità, del dialogo e
del rispetto. Anche e soprattutto per chi ha deficit cognitivi (la maggior
parte), in larga misura prodotti da anni di solitudine e cattive relazioni.
Verrebbe da dire che è compito della Politica avviare il
cambiamento. Ma, anche qui, la Politica siamo noi. E l’attesa, la delega e il
silenzio è il peggior modo di farla.
Francesco BIZZOTTO
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