mercoledì 29 luglio 2015

EXPO E ASSICURAZIONI


 CULTURA DEL RISCHIO IN AGRICOLTURA

Parlare di Expo e assicurazioni, non vuol dire necessariamente indagare su gare poco trasparenti, ma significa anche dibattere in positivo di cultura della prevenzione. A questo proposito, un’associazione di intermediari, più precisamente di agenti, durante il periodo dell’Esposizione ha organizzato una serie di convegni laboratorio per approfondire in maniera scientifica il rapporto tra agricoltura e assicurazioni, in particolare il “trasferimento al sistema assicurativo dei rischi della filiera dei prodotti enogastronomici italiani di qualità“.

Il mondo delle assicurazioni non può far mancare il suo contributo a un settore come quello dell’agroalimentare, che costituisce una colonna portante dell’economia e il principale volano del nostro sviluppo sui mercati esteri. Non si deve poi dimenticare che le compagnie di assicurazione, in particolare nell’allora Regno Lombardo Veneto, nacquero per tutelare gli agricoltori dagli incendi e dalla grandine.

Il settore agroalimentare riveste nel nostro Paese una notevole importanza, ma è anche grande la sua vulnerabilità rispetto a un’ampia casistica di pericoli ed è necessario far capire agli imprenditori l’importanza di una gestione del rischio integrata, trasversale e altamente qualificata.

Quella agricola è un’attività continuamente esposta al rischio; in particolare dai fattori esterni di sistema, quali le condizioni ambientali e climatiche che incidono direttamente sui risultati economici dell’esercizio, che per loro natura sono difficilmente assoggettabili al controllo imprenditoriale. Oltre a questi vi è il rischio di mercato, riferito al prezzo di vendita dei prodotti, rischio connesso al costo dei fattori produttivi da acquistare fino ad arrivare al processo di globalizzazione delle politiche agricole. Vi è dunque la necessità di attuare strategie di controllo dei pericoli che portino a una riduzione dell’esposizione dell’azienda in caso di eventi avversi.

Le difficoltà avvertite dall’agricoltore sono di due tipi, quelle legate alle avversità biotiche e a quelle abiotiche, che generano il rischio di produzione, ossia che le rese e la qualità prodotta siano inferiori alle attese. Per biotiche si intendono i parassiti di origine animale come gli insetti, oppure non parassitarie come le erbe infestanti. Quella abiotiche sono quelle di natura meteo-climatica come la siccità, il vento sciroccale forte, le temperature, la grandine, o di “altro tipo” quali l’inquinamento del suolo, dell’acqua e dell’aria, l’uso non corretto di diserbanti, gli incendi.

Il paradigma di tutti questi tipi di alea è il frumento, una coltura che per la sua capacità di adattarsi ha esteso il proprio areale di coltivazione ai cinque continenti, ora i cambiamenti climatici veloci rischiano di mettere in crisi questa preziosa risorsa dell’umanità. Tendenzialmente, ci si attende una intensificazione delle incertezze e delle incognite dei principali parametri di riferimento, dalle temperature, alle rese e alle qualità organolettiche. Le problematiche relative alla coltivazione del frumento caratterizzate dall’insorgenza di nuove patologie vegetali sono solo l’inizio di un nuovo interesse al rischio in agricoltura.

Nel nostro paese ci sono poi delle specificità di attenzione come il fenomeno della contraffazione, che provoca danni enormi al Made in Italy, non solo in termini economico -produttivi, ma identitari, per questo richiede uno sforzo sinergico: un’operazione culturale volta ad evidenziare le ripercussioni “sociali” di questa tipologia di danno e soluzioni innovative per contrastarla. Il settore assicurativo può giocare un ruolo strategico nella misura in cui, sarà in grado di qualificarsi come “security manager” innescando un circolo virtuoso di progresso e futuro.

Ogni settimana nello Spazio economico europeo (SEE) si verificano 22 ritiri di prodotti alimentari dal mercato a causa dei possibili danni che possono arrecare ai consumatori, negli Stati Unti il numero sale a 30. Dall’analisi delle informazioni, obbligatorie e facoltative, presenti sulle etichette emerge l’importanza cruciale del controllo della filiera produttiva e il suo valore in termini di vantaggio competitivo. Infatti un solo ingrediente contaminato può rendere necessario il ritiro e la sostituzione del prodotto e causare una prolungata interruzione di attività, nonché un grave danno di reputazione e una perdita di profitto.

Il rischio reputazionale si colloca ai primi posti nella lista dei top business risk e la diffusione di internet e dei social media espone a ulteriori pericoli il “brand” delle aziende, in particolare quelle di piccola dimensione, che non possiedono gli strumenti interni per fronteggiare una crisi d’immagine. In questo senso il ruolo del mondo assicurativo è da un lato quello di creare una cultura del rischio etica, consapevole e volta a far comprendere al management l’importanza di processi e strutture che tutelano i valori intangibili; dall’altro quello di sviluppare garanzie specifiche di crisis mitigation e financial loss.

Il primo concetto da chiarire quando si parla di filiere agroalimentari è che un alimento è tale se, e solo se, è sicuro. Ciò posto, ogni alimento è soggetto a una diversa esposizione al rischio, non solo inerente il suo stato di conservazione, ma dipendente dalle sue caratteristiche intrinseche che tendenzialmente lo possono esporre o proteggere dai microorganismi. Alimenti comunemente considerati sicuri come i vegetali sono in realtà i maggiori responsabili dei casi più frequenti di ospedalizzazione per intossicazione alimentare. Infine, in un’ottica di filiera occorre considerare che spesso l’anello debole è costituito dal consumatore e dal suo comportamento dal momento in cui acquista un alimento a quando poi lo consuma.

Queste iniziative terminano con una semplice battuta: “in ordine al manifestarsi dei rischi in agricoltura, occorre attrezzarsi con strumenti adeguati o affidarsi all’intercessione dei santi? con riferimento al miracolo di San Grato “… la grandine cade nel pozzo risparmiando le campagne …”.

Massimo Cingolani

ASSICURARE LA SALUTE

C’È UN CAVALIERE BIANCO?

Bologna Medicina, maggio 2015. L’appello di Luc Montagnier, premio Nobel 2008: «Nei nostri Paesi mancano sì i fondi alla ricerca. Pubblici e privati. Ma c’è un fatto, più importante: serve più spirito di innovazione». E nel 2012 aveva detto: «La nuova medicina deve essere innanzitutto preventiva e personalizzata». Cambiamo il sistema Salute. Apriamo alla concorrenza (correre insieme per obiettivi condivisi) per fare spazio alla Prevenzione e premiare le eccellenze. Chiamiamo il soggetto più interessato alla Prevenzione delle malattie e alla Personalizzazione delle cure: l’Assicuratore. Farà arrivare risorse aggiuntive per due vie. E guardiamo al rischio di non Auto-sufficienza in età avanzata. Si può dimezzare con la Prevenzione e la Riabilitazione. Serve un progetto di respiro, che abbia consenso. Serve la Politica.

Tira aria di tagli alle prestazioni sanitarie. Ma al sistema, stanco di cure gestionali, servono prospettive e apertura. Investimenti, non ristrettezze. Risorse aggiuntive, ricerca e innovazione, non chiusure e tagli. Ora che il consumo leggero si è contratto e il risparmio è aumentato (siamo primi al mondo, secondo Piketty), c’è spazio per un’offerta di percorsi e servizi di cura della Salute. Possono farci risparmiare un sacco di soldi. Vedo le due iniziative di Montagnier per attrarre investimenti e un soggetto (un cavaliere bianco) interessato a favorirle, per due vie, dirò:

1° La Prevenzione. Si tratta di rompere il monopolio del rimedio (anticipare la cura). Investire in percorsi di prevenzione di malattie, infortuni, epidemie comportamentali. La chiusura qui porta a eccessi specialistici (carenza di visione) ed è alla base del lievitare del rischio di responsabilità dei medici. Non a caso nell’antica Cina venivano pagati per il solo tempo della Salute. È una scelta etica. E, come convincere il monopolio ad aprirsi? Con…

2° La Personalizzazione. È esigenza espressa. Rimette al centro il cittadino e si piega al suo carattere. Gli offre possibilità di scelta nel merito, non pro forma, come nel sistema di cura lombardo. Gli fa scegliere priorità, percorsi, comportamenti. E poi gli specialisti, le terapie alternative, i tempi del ricovero, il comfort. Implica un concorrere alla sua soddisfazione. E un lasciarsi misurare da lui. Un concorrere tra operatori di Prevenzione, cliniche e ospedali, e all’interno degli stessi ospedali. È il senso dei reparti solventi. Questa concorrenza sortirà come effetto un qualificarsi del privato e l’innalzarsi dello standard di base. A cominciare dai tempi delle prestazioni. Oggi da piangere.

E qual è il cavaliere bianco economicamente interessato a prospettive così virtuose? L’Assicuratore. Un mestiere con una storia tra le più antiche. Quasi millenaria. Eppure con un’immagine offuscata e un respiro affannoso. Non siamo più nel XVII secolo, quando alle porte di Milano si leggevano cartelli con scritto: “Vietato l’accesso a zingari e assicuratori”. Tuttavia è necessario che l’Assicuratore si esprima meglio, si sbilanci di più, si affermi. Si renda disponibile a innovare, investire, dare garanzie e rischiare sulla Salute, com’è nel suo DNA.

È un mediatore orientato ai grandi numeri e interessato alla Salute, cioè a non pagare sinistri. Ed è un investitore strategico, di lungo periodo, con questo nuovo orizzonte: investire per rendere misurati i grandi rischi. In nessun altro modo può renderli assicurabili. Dunque, può far giungere risorse alle strutture che sanno eccellere per due vie: l’investimento diretto su grandi progetti e la scelta (a costo mediato, accessibile) del cittadino. Offre spesso nelle sue polizze “Sanitarie” percorsi di Prevenzione che possono essere ampliati e mirati. Mi diceva un’esperta: bastano tre visite in età scolare per ridurre del 50% le malattie in età adulta. Fate quattro conti!

Quella dell’Assicuratore è una funzione di solidarietà impersonale (scelta, su misura e pagata) nei grandi rischi. Una funzione, che va oltre la gestione comunitaria (mutualistica) dei rischi omogenei, dei diritti. Tiene insieme libertà d’iniziativa, di rischio, e sicurezza di relazioni sociali.

La logica dell’Assicuratore, fin dai tempi di Alfonso Desiata, è integrativa del pubblico (non sostitutiva). Si tratta, allora, non di delegare ma di definire un progetto e un rapporto istituzionale. Un progetto politico che abbia consenso su un chiaro indirizzo: salvaguardare, innovare e integrare il sistema Sanitario. Lo fa da vent’anni la Germania.

E la Germania è un buon riferimento anche per il capitolo non scritto più delicato, di cui si discute in questi giorni a Bologna: il rischio di non Auto-sufficienza in età avanzata. Quasi metà delle famiglie sperimenta la sofferenza e la fatica di questa malattia. Non possiamo chiudere gli occhi e lasciare sprecare fiumi di risorse in rimedi senza progetto. E soprattutto senza porre al centro della gestione di questo rischio i due punti indicati da Montagnier: la Prevenzione (che qui significa anche Recupero, Riabilitazione: possibile al 50%) e la Personalizzazione, che implica anche responsabilità (pensarci bene, per tempo).

Diamoci, dunque, questi obiettivi: garantire, non tagliare, le Prestazioni di base, attirare risorse con la Personalizzazione che premia le Eccellenze, rompere il monopolio della Cura con la Prevenzione, investire in Ricerca e per l’Auto-sufficienza in Età avanzata.

Obiettivi possibili? Solo con un’articolata e plurale discussione politica. La Politica: la carità più grande, diceva Paolo VI. Milano e la Lombardia lo sanno. Ci mettano il cuore e la testa.

Francesco Bizzotto