lunedì 27 gennaio 2020

PER RICORDARE EMANUELE SEVERINO


IL MIO RICORDO DEGLI ETERNI

Desidero, con questa nota, ricordare Emanuele Severino, morto a 90 anni il 17 c.m., e riflettere su come possiamo meglio esplorare e rischiarare i territori della Possibilità – al centro del suo interesse – in cui ci troviamo a vagare. Siamo eccitati e incerti, confusi e timorosi. La Possibilità è apertura e potenza. Ci espone a esiti opposti, ha detto. Sfugge ormai al divino e al sacro, come al potere e ai potenti. Dipende dai nostri sguardi, scopi e progetti; da scelte personali, politiche e istituzionali, che sono erranti. Siamo abbandonati al sogno e al potere di scienza, tecnica e razionalità strumentale. Un sogno ad alta probabilità di errore.

È una sfida da affrontare a cuore aperto. Non va nascosta la realtà, pur pericolosa e indefinita. Siamo infatti al Cigno nero: possibilità estreme, positive e negative, incredibili, ansiogene, in particolare nelle grandi città (vedi in Cina oggi!). Qual è l’esigenza? Trasformare il Cigno nero in rischio, cioè misura, Giusta Misura. Dice Emanuele Severino nella sua autobiografia (Il mio ricordo degli eterni, Rcs Libri, 2011):

"La verità è (...) nel rischio, nell'avventura, nella scommessa. Essere nella verità significa diventare consapevoli della inevitabilità del rischio"

Se posso permettermi, dal basso del mio specialismo … Sempre più chiaramente la misura, necessaria al rischiare, si definisce non già (non tanto) guardando al passato, alla frequenza degli eventi, alle statistiche, bensì attrezzandosi e imparando a illuminare il futuro (rischiarare, appunto) per meglio riflettere, vedere e valutare (opzioni, relazioni, processi); per anticipare gli eventi e prendere decisioni libere, ben ponderate; per vivere bene. Nel linguaggio di Severino: praticare il "destino della necessità", lo stare, il non pensare in modo affannoso e strumentale. È evidente che non ci siamo, e lo sappiamo. Il cambiamento climatico è prova ormai lampante della nostra corsa pericolosa, insensata.

Per inciso: le città (la cui aria rendeva liberi, e oggi avvelena anche) hanno possibilità e responsabilità grandi: devono cercare risposte praticabili alla necessità di rischiare (stare, illuminare, anticipare). È un sottile pensare avanti: un modo di essere che induce a rallentare, volere bene, stare vicino alla realtà; concentrarsi e informarsi; osservarla, cogliere e ammirarne la bellezza; esplorare e apprezzarne il lato in fiore (il valore, l'utilità) e insieme il lato in ombra (le conseguenze indesiderate). Pensare avanti è contemplare e apre a mille rivoli di libertà, immaginazione, anticipazione creativa, e a mille nuove azioni, nuovi processi, ben orientati e diritti. Gioiosi ed eterni perché belli, giusti e armoniosi.

Ecco, l’idea dell’eternità delle cose, degli eventi, delle vite – tipica del pensiero di Severino – può forse essere intesa come ritmo armonico di bellezza e giustizia (parole chiave). Possiamo trovare tracce di eternità in un bimbo, in una poesia, in una canzone, nel camminare composto, consapevole, nella bellezza dei fiumi e delle montagne, nella meditazione (contemplare a partire da se stessi, dal corpo).

“Meditare è conoscere l’eterno nella fugacità dell’istante;

un istante diritto, ben orientato” (Jean-Yves Leloup, L’esicasmo)

Allora, la produttività dei sistemi andrà alle stelle, così la qualità delle cose e la sicurezza intesa come safety (Bauman: la sicurezza attiva, capace, pronta, competente e abile nel correre grandi rischi). Una sicurezza che rende belli e sostenibili i rischi della prospettiva. La sostenibilità, infatti, parte dal nostro interno.

Sì. Perché “noi siamo Re che credono di essere mendicanti. Siamo la Gioia che crede di essere tristezza”, ha detto Emanuele Severino a Cesano Maderno (Milano) il 19.10.’08.

Francesco Bizzotto – gennaio 2020

venerdì 17 gennaio 2020

CANCELLARE IL JOB ACT E RIPRISTINARE L'ART. 18?


Cancellare il Jobs act e ripristinare l’art. 18, dice Speranza (Leu; con M5s e Cgil). Significa lavoro rigido, lacci e contenzioso. “Ci riporta al secolo scorso”, ribatte Annamaria Furlan della Cisl. Eppure, manca qualcosa. Siamo nel guado. Occorre andare oltre e non separare Impresa e Lavoro; non indebolirli; piuttosto, rafforzarli e liberarli entrambi. Sono i nostri punti di forza. Con l’antagonismo perdiamo tutti.
Serve portare il lavoro a collaborare e concorrere con l’impresa, attraverso Istituzioni partecipate e servizi esterni all’impresa (Agenzie del Lavoro, Centri per l’impiego; le AFOL di Milano e Monza sono buoni esempi) in cui le tante iniziative per il Lavoro possano convergere e le Politiche attive possano decollare (orientamento, formazione, tutele economiche e di accompagnamento). Politiche di attivazione, anticipatrici dei problemi (crisi produttive e di relazione). Tutele europee, certe, ovvero a rischio assicurato. È facile e costa la metà.
Vanno fatti tre passi: 1° parlarne in Europa; 2° pensare a un progetto realista per l’Italia; 3° fare un test avanzato e di cuore a Milano, che è pronta (AFOL Metropolitana, Sindacati e Assolombarda).
Obiettivo: rifondare le relazioni e il dialogo tra Domanda e Offerta di Lavoro (fare il libero mercato che non c’è); favorire la partecipazione responsabile del Lavoro nell’Impresa; portare fuori il conflitto negativo (di relazione) e dare campo al dialogo produttivo, di merito. Per:
A. creare, innovare e avere cura di processi vasti (Industry 4.0), veloci (5G) e ad alti rischi (da gestire);
B. crescere in qualità e apprezzamento mondiale, riducendo volumi, ingombri, stress e inquinamento.
Diamo senso alla positiva novità dell’accordo Fca-Psa (ingresso in Cda di componenti in rappresentanza delle organizzazioni dei lavoratori). Possiamo fare meglio della Germania e ripartire sulla qualità dei prodotti, dei servizi (nostra vasta area di miglioramento) e delle relazioni industriali. Milano ne discuta a fondo.

Francesco Bizzotto

REAZIONE DIFENSIVA A MINACCE ESTERNE?


COS’E’ IL SOVRANISMO? BOH!
Le analisi sul sovranismo sono spesso superficiali e condizionate dalla propaganda, tant’è vero che spesso lo si accomuna in maniera semplicistica al fascismo, oppure al nazionalismo, al razzismo in genere, limitando così ogni possibilità di analisi approfondita. Il sovranismo è una reazione difensiva e pertanto non è paragonabile al nazionalismo che è un fenomeno aggressivo ed espansivo. Il nazionalismo e poi il fascismo si ponevano oltre a motivazioni economiche, anche motivazioni ideali, infatti gli europei erano spinti verso altri continenti anche dalla convinzione etnocentrica di avere la responsabilità di diffondere la civiltà bianca. Poiché l’Europa considerava di aver raggiunto un progresso ineccepibile in molti campi, soprattutto in ambito tecnologico, sociale e medico, giudicava che questo stile di vita dovesse essere imposto nei territori considerati “più arretrati”. In particolare i diritti umani erano un campo per il quale gli inglesi si ritenevano chiamati ad esportarli, poiché ad esempio in India alcune sette allora praticavano ancora dei sacrifici umani , o in alcune parti dell’Africa Centrale era presente il cannibalismo; costumi ai quali l’intervento più o meno violento degli europei mise fine. Lo stesso fascismo si vantava di aver abolito la schiavitù in Etiopia. La missione civilizzatrice si evolse e si rafforzò anche con le teorie sullo “spazio vitale”. I nazionalisti costruivano ponti per invadere, per poterci far passare sopra i carri armati.

L’ultima versione, di queste teorie furono l’esportazione della democrazia, con interventi unilaterali senza mandato di organismi sovranazionali.  Ora i sovranisti non vogliono conquistare nessuno, i muri al posto dei ponti sono edificati per non essere invasi, la stessa economia globale è percepita, non senza delle ragioni obiettive, come una minaccia per la propria comunità.  L’America di Bush ha invaso l’Iraq, Trump vuole limitare la presenza USA in tutte le aree dove sono presenti le sue truppe. Chi per anni ha gridato “yankee go home” se ne rammarica, invece di vedere un’opportunità

La crisi economica, ha riportato al centro la famiglia come strumento di difesa da disoccupazione e precarietà, favorendo il senso di appartenenza e l’identità territoriale. Anche la canzone “Bella Ciao”, decontestualizzata appare sovranista. In mancanza di analisi appropriate, c’è il rischio che si parli un linguaggio che non potrà farsi capire.