mercoledì 27 agosto 2025

PONTE SULLO STRETTO

CHI E COME LO ASSICURA?

È CARTINA DI TORNASOLE

Il Ponte sullo Stretto di Messina è un esempio di come si può governare: decidere, orientare, fare scelte e opere strategiche, rischiare il consenso.

Governare è il primo Rischiare: motivare e decidere cambiamenti significativi, ben valutati. Per un dover essere condiviso. In particolare nelle grandi infrastrutture materiali e sociali. Decidere indirizzi di pubblico interesse, influenti su molte libere attività. Governare significa urbanizzare il vivere civile, tenendo conto di conoscenze e interessi, e scoraggiare decisioni che non rispettino il contesto: selvagge, distruttive, insostenibili.

Volete un cattivo esempio “sociale” di governo che riguarda destra e sinistra? Le Agenzie per la flessibilità / mobilità del Lavoro, fatte male in Italia quasi ovunque (anche a Milano), a dispetto dell’indirizzo europeo. Con danno per tutti: un clima spesso avverso alla libertà d’impresa; a fiducia e collaborazione, a cura, creatività e innovazione. Quel che serve, caduta la foglia di fico dell’efficienza (Mario Draghi).

Il ministro Salvini ha dunque il diritto e la responsabilità di decidere, e ha ragione quando dice che le grandi infrastrutture sono utili a rilanciare i territori. Il Ponte sullo Stretto di Messina è un’occasione. Le infrastrutture di mobilità scatenano imprenditorialità e potere. Liberano e favoriscono le governance, le Reti locali.

Sì, il Ponte è (Renato Brunetta sul Corriere del 19 u.s.) “una infrastruttura europea, catalizzatore di riequilibrio e di maggiore crescita per l’intero Continente”.

E, localmente? Quel che non si è fatto a Milano, cioè la Citta Metropolitana (la governance dell’area europea – secondo l’Ocse – a più alta densità di imprenditori e professionisti), si può fare nello Stretto. Messina e Reggio possono coinvolgere (rispettare, valorizzare) i loro dintorni, fino allo strategico porto di Gioia Tauro. Fare “Città Mediterranea”, con i loro tesori e le loro foreste.

E, proviamo a immaginare: quale può essere lo strumento chiave – che vuole il Ponte – di un progetto per la Città Metropolitana dello Stretto? Una linea di trasporto su ferrovia (un Metrò) per persone e per merci, da Reggio a Messina e ai suoi quartieri a sud e, a nord, da Villa San Giovanni fino a Gioia Tauro.

Il Ponte ha senso per il futuro di un’area strategica di contatto tra l’Europa e il sud del Mediterraneo in fermento (dalla Turchia all’Africa). Certo, dipende da come si fa. Dipende dal progetto e dai fattori di cui si tiene conto, a cui si dà la parola. Un lavoro complesso per la ricchezza e l’intreccio di cultura, storia e valori, come di conoscenze, competenze e interessi. Ecco: un adeguato Rischiare (decidere) invita ad allargare lo sguardo su questo intreccio (con occhi europei) per Gestire l’opera con saldo positivo.

Qui il ministro Salvini (il governo) ci sembra in grave difetto. Non ci avventuriamo nei meandri delle motivazioni contrarie. Tutte meritano ascolto e risposta. A chi lamenta che ci sono altre priorità (Gratteri), chiediamo di uscire da vecchi schemi, in regioni in cui 42 case su 100 sono abusive (Fuksas). Un po’ ci fidiamo dei visionari del Politecnico di Milano che, studiando il nostro Ponte nella loro Galleria del vento, hanno insegnato al mondo. E comunque ne facciamo una questione di modi di decidere (di Rischiare). Prendiamo allora in considerazione i due aspetti chiave a cui abbiamo accennato:

1° il Dialogo e l’esplorazione di base – istituzionale, sociale, valoriale e tecnica – per avere elementi, fare consenso e governance. Dare la parola, ascoltare, per decisioni, certo a maggioranza, seriamente condivise. Un esempio. Stoccarda, per il suo Passante ferroviario e il collegamento con la rete urbana di Metrò (un investimento ad oggi da 12 miliardi, come il Ponte), ha prodotto un larghissimo dibattito con tanto di comitati pro e contro, canali televisivi dedicati e referendum confermativo (vinto al 58%) nel 2011;

2° la specifica Gestione dei Rischi che l’opera comporta. È necessario che sia avanzata, innovativa. Temiamo che qui si stia lavorando vecchia maniera, alla carlona. Non abbiamo elementi e li chiediamo. E, poiché al 70% il mercato della Gestione dei Rischi lo fanno le Assicurazioni (e negli Usa l’80% delle Assicurazioni offre servizi di Risk management, mentre da noi solo il 10%), abbiamo chiesto e chiediamo al ministro Salvini: chi e come assicura il Ponte? Abbiamo visto altrove polizze dilungarsi in modo estenuante per concludere con scarse coperture per i grandi Rischi. Polizze fatte male.

Sul 1° punto il governo è stato spiccio, talché il prudente quotidiano Avvenire del 17 agosto u.s. invita a riflettere: “L’infrastruttura di un ponte – dice – può sembrare un atto di progresso. Ma custodire una distanza può essere un atto di civiltà”. E ancora: “Lo Stretto è soglia pericolosa: un luogo di passaggio angusto che mette alla prova l’uomo di fronte all’ignoto e alla morte, in cui il confine tra sicurezza e abisso si fa sottilissimo”. Per concludere: “La questione tecnica diventa secondaria rispetto alla questione culturale, che appare trascurata e forse umiliata”.

Aggiungiamo qui due sole posizioni politiche: contraria al Ponte la sindaca Giuseppina Caminiti di Villa San Giovanni, la cittadina calabra più coinvolta (“la fase degli studi da noi richiesta doveva essere anticipata”, ha detto), mentre Roberto Occhiuto, presidente della Calabria, rassicura: «Con il Ponte sullo Stretto investimenti sui territori, opere complementari, occupazione e crescita. (…) Il Sud sarà il cuore del Mediterraneo». Così, il giudizio sul 1° punto (Dialogo e Cultura) ci pare frani in negativo per il governo Meloni.

Sul 2° punto – il nodo della Gestione dei Rischi di una tale opera in un tal luogo – stiamo all’essenziale. Va presentato, motivato e discusso il piano di Risk management. Lo vogliamo adeguato e sorprendente. Perché il Ponte sia un “bel rischio”, direbbe Deborah Lupton, dell’università UNSW di Sydney, che ha studiato i rischi, fino al digitale e alla negazione del cambiamento climatico. Due suoi testi: Il rischio, ed. Il Mulino, 2003 e Sociologia digitale, ed. Pearson Italia, 2018.

Prendiamo a esempio il ponte di tre km che collega San Francisco a Marin County e guarda il Pacifico. In fase di costruzione fu posta sotto il ponte una rete che salvò decine di operai. Questa rete per il Ponte di Messina è prevista? Intendiamo: una moderna rete di sicurezza, cioè una Gestione dei Rischi all’altezza dei tempi. Una rete protettiva per chi vi lavorerà e per tutti gli interessati, fino a Villa San Giovanni, alle due città e regioni; al Paese. Per dare concretezza al tema responsabilità.

È bene guardare ai vantaggi che potremo trarre dal Ponte, come fa il presidente Occhiuto. Lo abbiamo fatto anche qui. Osserviamo e occupiamoci anche dei Rischi che l’opera porta con sé. Dell’ombra che proietta. Questo osservare e gestire bene i Rischi (le possibilità di danni) realizza – dicono gli anglosassoni – un vedere meglio i vantaggi. E contribuisce ad armonizzare le relazioni implicate. Lo sforzo di armonizzare le relazioni chiarisce significati e risvolti, aumenta a sua volta i vantaggi attesi e rafforza ciascuna parte. Perché armonizzare le relazioni è anche un armare, rendere tutti più forti, dice Massimo Cacciari. In questo senso il Rischio carica (migliora) la Possibilità e anche la Democrazia. Il nostro tempo, ingordo di Possibilità, ha troppo trascurato il Rischio, l’ombra.

Non bastasse, l’Ue ha ispirato il Decreto legislativo 231/01(nota) che attribuisce una responsabilità personale (di fatto penale) a chi gestisce male i Rischi di cui deve rispondere. È la principale preoccupazione (si diceva nel 2010) del 40% degli imprenditori. 

Vediamo allora come può essere impostata una avanzata Gestione dei Rischi. Diciamo la nostra e sappiamo che si può fare meglio e di più.

Miriamo al cuore del problema, per essere brevi qui e seri con il futuro (trent’anni). Abbiamo in precedenti note detto cosa sia il Rischio (una misura) e lo abbiamo distinto dal Pericolo (non valutato, non condiviso). Abbiamo definito l’azzardo, l’agire sconsiderato, senza misura: hybris per i greci, approdati in Calabria e Sicilia – la Magna Grecia – dall’VIII secolo a.C. E abbiamo presentato l’Assicuratore: sta al fianco degli innovatori coraggiosi, ne condivide i grandi Rischi; si fa garante del buon rischiare, ne risponde.

Al centro della Gestione dei Rischi c’è, dunque, l’Assicurazione. Ne è cartina di tornasole; dice del loro peso. Vuoi capire se un certo rischiare è serio? Guarda le Assicurazioni! La compagnia petrolifera che negli anni ’90 voleva perforare il Polo Nord, vi ha rinunciato perché si è ritrovata senza copertura assicurativa: era un azzardo. E come deve essere impostata l’Assicurazione? Abbiamo il sostegno di ChatGPT (pubblicato in questo blog) e chiamiamo a testimone l’EU che ha fatto un lavoro da pioniera con Solvency II: impegna le compagnie di Assicurazione – muovono 12mila miliardi – a fare “investimenti infrastrutturali prospettici” per formare i trend dei Rischi e rendere sicuri i loro bilanci. È un invito a investire per anticipare i danni. Lo dice anche il presidente Mattarella.

L’Assicurazione del Ponte può, dunque, essere “prospettica” – cioè, mirare alla Prevenzione – e quindi dinamica (non statica: una polizza che dorme fino alla scadenza o a un sinistro), processuale (che segue in tempo reale le attività) e quindi relazionale e “adattiva” (suggerisce ChatGPT); quantistica, sottolineiamo, cioè aperta e attenta ad ampie influenze, positive e negative. È l’Isola che non c’è, che cerchiamo e vogliamo. Sì. Il Risk management del Ponte può essere un bel test di “Assicurazione prospettica”. Sicilia e Calabria, porta d’Europa a cultura ellenica, lo meritano.

Facile a dirsi? Il digitale (l’AI) rende possibile condividere in tempo reale molti aspetti del Rischio (e lavorarci, correggere i “protocolli operativi”: ci sono?). Ad esempio, alcune impressioni e valutazioni, i piccoli danni e gli incidenti mancati per poco (Near miss). Per padroneggiare i Rischi e continuare a fare (con il Politecnico) cultura dei Ponti in fieri.

PS. Problema: le separazioni (interne alle Assicurazioni) tra specialisti tecnici e ruoli commerciali e di intermediazione. Siamo abituati a prendercela con i gestori della finanza, ma sbagliamo. A dominare sono i commerciali con infarinature tecniche decrepite. E il digitale? Solo per essere veloci. Possiamo tutti Rischiare meglio.

 Nota. D.lgs. 231/01 – Disciplina la responsabilità amministrativa (della persona fisica e giuridica) – "nominalmente amministrativa, di fatto penale" – "in caso di mancata adozione di adeguati modelli organizzativi e gestionali atti a prevenire" i danni. Da “RM nelle imprese italiane”, di Giorgino e Travaglini, Ed. Il Sole 24 Ore, 2008, p. 19.

Francesco Bizzotto

 

 

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