“ACCOMPAGNARE” E “ANTICIPARE”
Fare Opinione pubblica sul Lavorare e Rischiare:
Lavorare è Rischiare.
Urgono nuove idee. Vengono, con-vincono se escono dal chiuso.
*LAVORO. Milano propone un bel “Patto per il lavoro”. Promuova gruppi
di ricerca, progetto, iniziativa, dal Ticino al Garda. Chiami la Lombardia, le
sue mille città. Coinvolga i molti competenti e appassionati. Obiettivo: coltivare
fiducia, anticipare le crisi produttive o relazionali. Fa risparmiare
sofferenze, costa poco e renderà la Lombardia un buon esempio, imbattibile su
tutti i mercati.
*RISCHIO. Generali investe su "servizi che prevengono i rischi,
oltre che sulla copertura del danno", sulla base di "criteri di
sostenibilità". Come dire: sostenibile è il rischiare consapevole,
attrezzato, accompagnato (direbbe Dante); che fa gioco d’anticipo. Agenti e
Broker assicurativi – che fanno i soloni – escano dal conflitto d’interessi e si
schierino per la “qualità”. Chiediamoglielo! Parliamone!
Milano è
cruciale e merita fiducia e investimenti, perché ha sempre offerto chance di
espressione e realizzazione. Leader europea di capitale umano (Ocse), negli
anni ‘60 aveva dai 60 ai 90mila studenti serali. Un bell’accompagnare alla crescita
e alla mobilità! Ora, nella ricerca di libertà – che è un viaggio, un processo:
un lavorare e rischiare bene, per liberare e liberarsi – è decisivo essere
accompagnati. Lo afferma Dante nella Divina Commedia. Noi molto spesso siamo
soli in questo viaggio: nel lavorare e rischiare.
Ma, a
Milano e non solo, ci sono idee e strutture in campo che meritano. Ne ho spesso
scritto. Riprendo questi temi solo per cenni. Miro a dire perché fatichiamo a
fare come il presidente Mattarella: dare spazio al nuovo (ai Draghi). Dirò:
perché non discutiamo aperta-mente; non approfondiamo. Lasciamo campo a chi solo
descrive, o isola, o falsa le cose. Le idee, infatti, si precisano e con-vincono
se diventano pubblica opinione.
LAVORO. È ormai chiaro che qui sono
centrali le Politiche attive. Fare in modo che imprese e lavoratori si attivino:
dialogare, scegliersi, collaborare. E che mirino alla fiducia e soddisfazione reciproche,
belle in sé e produttive. E se non c’è soddisfazione? Vanno create le giuste
procedure per lasciarsi. Così si anticipano le crisi produttive e relazionali. Si
pensa ai licenziamenti, ma il 65% dei dipendenti è insoddisfatto, ha il morale
a terra e vuole cambiare, dimettersi. Non merita un aiuto a essere più contento
e produttivo? È la soluzione in positivo. Affrontarlo in negativo, in difesa (esplosa
la crisi) complica tutto.
A Milano
c'è abbondanza sia di Domanda (delle imprese) sia di Offerta (di lavoro). C'è
pure l'Istituzione AFOL Metropolitana, che ha messo a sistema la grande
tradizione meneghina di sostegno al lavoro, e ci sono molte Agenzie private. Eppure,
è scarso il dialogo (match) tra Domanda e Offerta. Non gira Fiducia! L'Orientamento,
la Formazione e l'Accompagnamento sono poco sistematici, ed è mancata in toto una
riflessione sulla Convergenza delle molte iniziative in campo: se ne contiamo
gli uffici, nelle nostre città, ci prende lo sconforto. E poi, cosa
incredibile, l’impresa è poco coinvolta, non vi partecipa.
Ora, una
cosa s'è chiarita: non è questione di soldi ma di idee, progetti e loro messa a
terra, oltre l’abitudine pelosa di assistere quando si può “attivare”. Ci sono tante
risorse pubbliche e private, europee, nazionali, locali, e molte strutture, ma
ai destinatari arrivano solo le pur benedette tutele. Mi azzardo a dire: corrono
troppi soldi. Ascoltiamo l’Europa: ci dice di coinvolgere i competenti, gli
interessati, le rappresentanze (sindacali, d’imprese e professioni, le Camere
di commercio). Unire, ascoltare, guardare avanti. Fare rete.
Forse, la
priorità è un mix trasparente di pubblico e privato. E discutere aperta-mente, a
fondo. A Milano Sala ha proposto un bel Patto per il lavoro. Promuova gruppi
lombardi (dal Ticino al Garda) di ricerca, proposta, pubblica iniziativa: idee,
testimonianze, pratiche esemplari. Il nord Europa fa da dieci a venti volte di
più in risultati, qualità ed efficienza.
RISCHIO. Questo secondo tema, centrale
nel liberarsi, è molto sottostimato. Il Covid ha dato la sveglia ma ci stiamo
riaddormentando. Anche qui è questione di approccio e di sensibilità della
pubblica opinione. Se non miriamo a lei, a una innovativa cultura del bel
rischiare (che è latente e liberante), non maturano le responsabilità e ci
aspettano guai.
Faccio un
esempio macro. In questi giorni si parla di Generali, compagnia di
assicurazioni leader in Europa. C'è battaglia tra azionisti per il rinnovo o
meno del ceo Phlippe Donnet. Mediobanca lo sostiene; contro sono Caltagirone e
Del Vecchio. Non è solo questione di denaro e potere, se il presidente di Generali
Gabriele Galateri di Genola ha ritenuto di dire al Corriere della sera del 14
cm che la compagnia si sposterà su "servizi che prevengono i rischi, oltre
che sulla copertura del danno", sulla base di "criteri di
sostenibilità". È uno spunto che ha valenza strategica. L'Assicuratore si
orienta ad agire sia ex post (tutelare) sia ex ante (prevenire, anticipare); mira
a gestire a tutto campo i rischi. Sostenibilità,
infatti, chiama a un rischiare consapevole, ben attrezzato, accompagnato. Un
lavoro fatto bene!
Egli riprende
l'antica prassi che (dal 1300 al 1700) misurava i rischi, stava loro vicino e
quindi assicurava: raccoglieva informazioni sulla intrapresa; consigliava difese
e protezioni del trasporto; dialogava con le Istituzioni. Accompagnava. E dal
1700 a oggi cosa ha fatto? Si è molto fidato del passato, delle frequenze di danno,
della Statistiche, divenute ora Big data, importanti ma… Lui sa che l’umano è nuovo
e creativo in ogni suo istante. Lo diceva agli inizi del ‘900 Georg Simmel. Così,
è saggio coltivare le relazioni, dati qualitativi: fare anche gioco d’anticipo.
Appunto. Penso che sia l’unico modo per rendere misurati i rischi del nostro
tempo. Come per il lavoro. Questioni che l’Europa può ben mettere a fuoco.
Chiarisco
l’esempio. Uno scontro di idee è in corso nel mondo Assicurativo. Non solo da
noi. Un orientamento “quantitativo” dice: puntiamo a piccoli rischi (un piccolo
mercato con alti margini), molta finanza, poca politica industriale, tecnologia
e Big data a gogò. Un altro orientamento (“qualitativo”) dice: puntiamo a grandi
rischi (a un grande ruolo e mercato), molta politica industriale e tecnologica,
sana finanza, molte relazioni e Small data mirati. Capite bene che se non c’è
un forte indirizzo europeo e di governo (con vantaggio fiscale per chi innova)
e se non scende in campo anche la pubblica opinione, lo scontro si trascina. Ma,
ad ascoltare il Covid e l’Ambiente, il tempo è scaduto in materia di rischi.
Aspetto delicato:
si tratta anche di vincere un certo spirito di conservazione (di fatto – e non
solo, temo – alleato dei “quantitativi”), molto forte nelle reti di vendita, per
abitudini, esclusioni e per un plateale conflitto d’interessi da cui non ci si schioda.
Agenti e Broker si devono schierare per la “qualità”: chiediamoglielo ogni
volta che li sentiamo fare i soloni!
Ho voluto
mostrare che, in materia di libertà – che è un percorso, un processo personale
e sociale che induce a vivere bene e dipende da come governiamo il “lavorare” e
il “rischiare” – se non c’è una pressione dei cittadini, della pubblica
opinione, informata e formata, ci attardiamo oltre misura. Il nuovo non passa e
siamo tutti un po’ irresponsabili. Serve un dibattito largo, che coinvolga i
competenti e gli appassionati, con i Partiti e le PA. Non un talkshow superficiale,
esibizioni in cui si denuncia e si passa ad altro.
Francesco
Bizzotto