lunedì 1 aprile 2019

STUDIO E LAVORO:LA DANIMARCA E NOI


UN REDDITO PER STUDIARE, AD ESEMPIO

Attività, Studio, Lavoro: serve non separare, un approccio positivo e responsabile, istituzionale



Per risolvere i problemi dell’economia, del debito, del lavoro e della povertà occorre favorire la vita attiva, l’impegno, l’autonomia e la mobilità sociale. Serve un approccio positivo, dinamico, anticipatore e integrato. Leggo sul Corriere della sera del 28 cm che in Danimarca, dopo le scuole medie superiori, i giovani ricevono un reddito dallo Stato per studiare (minimo se stanno in casa, 825 euro al mese se autonomi). Così, s’impegnano in mille attività di scuola, lavoro e ricerca, e l’immagine delle pubbliche Istituzioni è positiva.

“Lo scopo fondamentale di questo schema di aiuti [uno stipendio per studiare] è la mobilità sociale. Nessuno studente capace dev’essere costretto a rinunciare agli studi perché non ha i mezzi. (David Elmegaard Jensen, funzionario dell’Agenzia che eroga lo stipendio agli studenti).

L’Italia, invece, parte dalla crescita: arricchirci, reggere il debito e tutelare il bisogno – fermo il resto; cioè senza riforme, senza toccare niente e nessuno. Non funziona. L’impostazione è sbagliata; nasconde la polvere, fa gioco di rimessa. Aspettare poi il danno per tutelare e risarcire ha costi folli e alimenta la spirale furberia, rancore, antistato.

1°. La crescita. Deve essere armoniosa, quindi di qualità, se no ci annega. Richiede una fiscalità di vantaggio (che è il rischio politico). Il punto è: valutare le possibilità nelle loro promesse e nei loro pericoli (da trasformare in rischi, cioè azioni misurate). Il 5G ad esempio: moltiplica per cento la velocità tecnica. È sostenibile? Non perdiamo il controllo?

2°. La povertà e il lavoro vanno affrontati alla danese. La Mobilità cambia tutto e sdrammatizza; riduce il rancore, anticipa la precarietà e il bisogno. E costa la metà.

La situazione merita un dibattito largo (europeo, aperto al mondo) con un preciso obiettivo: servono Istituzioni nuove per

 capire dove va la tecnica (con quali conseguenze, anche di lungo termine) e Governare le libere attività d’intrapresa (prima dei Cigni neri: i disastri);

 fare Politiche attive dei lavori, dipendenti e autonomi. Per promuoverli, non tutelarli: se prima non attiva, non promuove, la tutela serve il tutelante!



Approccio istituzionale significa continuità di riflessione, progettazione e azione convergente. Basta iniziative saltuarie, emergenziali e scollegate (ogni interesse e specialismo per sé, isolato, vociante e incomprensibile ai più). Istituzione è questo: fare sistema e affermare la logica relazionale accanto a quella personale. È il lascito della cultura europea: contemplazione e progetto, impegno personale e relazione, correre e concorrere, libertà e giustizia, misura e armonia. Per un discorso universale e credibile; per rimuovere gli ostacoli che discriminano e seminano odio; per agire bene.

È cosa che richiede un vasto impegno intellettuale e il recupero, ad esempio:

1. della manualità, il nostro punto di forza (Giulio Giorello: la storia inizia dalle mani);

2. di una formazione aperta e continua (civica, a base filosofico - umanistica) e

3. di una sicurezza intesa come Safety: è la sicurezza che deriva non dalla riduzione dei rischi ma dalla capacità di reggerli e correrli, dice Zygmunt Bauman. Le nostre leggi sulla sicurezza – 81/08 – fanno quasi il contrario.



Le mani, la formazione e la sicurezza come safety sono tre fondamentali.

Milano ha la responsabilità di esplorare terreni nuovi (il dibattito che non c’è) e aprire sentieri laterali. Due esempi: rilanciare la sua Agenzia Formazione, Orientamento e Lavoro (AFOL) Metropolitana; riformare la PA locale (asciugare, fare efficienza ed efficacia; ridurre i Municipi da 134 – uno ogni tre chilometri! – a 30). Qui balla un raddoppio di ruolo della PA e un risparmio di un miliardo l’anno. Così, cresce la fiducia e cala il debito.

Francesco Bizzotto 

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