sabato 26 novembre 2011

Assicurazioni e calamità naturali

Un contributo al dibattito del gruppo di lavoro Network Assicuratori Lombardia
“Ciò che è comune alla massima quantità di individui riceve la minima cura” (Aristotele)

Dopo le alluvioni in Liguria, assistiamo a un preoccupante silenzio da parte delle pubbliche istituzioni (sono finiti i soldi) e anche da parte degli assicuratori (il rischio è ormai troppo elevato). Eppure non ci si può rassegnare. È palese che le Amministrazioni locali non sono riuscite a fare né buona manutenzione del territorio, né efficace prevenzione, mentre i cambiamenti climatici e la densità abitativa e di infrastrutture rendono il tema prioritario. E richiedono iniziative fuori da vecchi schemi.
E’ drammaticamente all’ordine del giorno la necessità di chiamare a raccolta tutte le energie per attuare un valido sistema di prevenzione e protezione, a partire dalla cura del territorio fino alla all’indennizzo dei danni materiali e all’erogazione degli aiuti alla ricostruzione.
Elementi tutti sui quali l’assicurazione può svolgere un ruolo fondamentale di sostegno non solo economico, ma anche di stimolo e controllo di una buona amministrazione finalizzata alla messa in sicurezza del territorio.
Le assicurazioni, economicamente interessate alle buone regole e alla prevenzione, possono affiancare le Amministrazioni locali e cercare strade nuove.
Una polizza avrebbe diversi vantaggi: primo costringerebbe ad irrigidire le regole edilizie,infatti delle costruzioni a norma sarebbero il prerequisito necessario per la stipulazione del contratto.
Secondo, in caso di disastri naturali i danni alle abitazioni sarebbero coperti dalle polizze, lasciando allo Stato la ricostruzione delle infrastrutture quali ponti, acquedotti, strade.
L’unica proposta di legge presentata, ma mai discussa, fu la n 5018 presentata il 24 Giugno 1998 dai deputati Camoirano, Lorenzetti e Vigni.
Si specificava che la politica di intervento statuale era stata prevalentemente concepita come mero soccorso all’emergenza e alla ricostruzione. Tale politica è stata posta a totale carico finanziario dello Stato con effetti negativi. Il più grave è l’avere indebolito lo spirito della solidarietà inducendo i cittadini colpiti ad attese risarcitorie integrali, senza contare i gravi inconvenienti di gestione, soprattutto nella ricostruzione successiva all’evento ctastrofico.
Ha poi determinato una rilevante spesa pubblica che negli ultimi 35 anni ha elargito milioni e milioni di euro, erogati in termini di assistenza svincolata da ogni serio criterio di programmazione.
La sollecitazione a modernizzare l’approccio al problema di tutelare al meglio le vite ed i beni della comunità è stata ormai discussa in vari consessi internazionali, la proposta più apprezzata è stata quella formulata dalla delegazione governativa italiana all’assemblea ONU di Yokohama nel 1995. Ma nonostante questo, per paradosso il nostro paese rimane quello più arretrato su questo fronte legislativo.
Noi come sempre siamo molto bravi a proporre leggi e regolamenti belli ma scarsamente praticati, basti pensare al nuovo Codice della Strada.

Le strategie di previsione e prevenzione si basano su alcuni capisaldi che sono:
1) La riduzione sistematica del rischio,con azioni e interventi che devono essere attuati prima che il danno si concretizzi in forma di disastro o catastrofe.Si tratta di una razionalizzazione del rapporto tra ambiente e insediamenti antropici ottenuta con il controllo pianificato della sicurezza su tutto il territorio.
2) La preparazione e l’approntamento dell’organizzazione di protezione civile e, in particolare, la predispozione delle forze, dei mezzi, delle misure organizzative, delle procedure operative.
3) L’elaborazione e la predisposizione dei programmi e dei modelli da applicare per la riabilitazione e la riparazione definitiva dei danni che possono essere causati da un evento catastrofale.
All’interno della spesa storica per l’attività di soccorso e ricostruzione,si possono liberare delle risorse attraverso un sistema misto che affianchi, come avviene in molti paesi colpiti spesso da simili eventi catastrofali, all’intervento statuale l’intermediazione assicurativa,opportunamente incentivata attraverso specifici provvedimenti fiscali.
Nel caso si optasse per un’assicurazione privata obbligatoria con l’estensione della copertura incendio sarebbe fondamentale che la valutazione dei rischi sia lasciata autonomamente alle Compagnie senza interventi “politici” non supportati da valutazioni tecniche.
Un altro aspetto sarebbe la creazione di un fondo di garanzia in grado di intervenire in forma integrativa per eventi di particolare gravità.
Il terremoto in Abruzzo come le recenti alluvioni hanno evidenziato casi di abusivismo e mancate verifiche; il pubblico controlla poco e male per i suoi conflitti d’interesse e spesso anche per amministrazioni coinvolte nella corruzione.
Una compagnia di assicurazione ,il cui compito è stimare i rischi per costruire il premio,sarebbe invece motivata a pretendere dai controllori che le norme siano rispettate, pena la non assicurabilità dei beni.
Inoltre il modello assicurativo risarcirebbe direttamente i soggetti danneggiati affidando loro le risorse necessarie per la ricostruzione ed evitando che si perdano nelle inefficienze, nei ritardi, negli sprechi della macchina burocratica e nella corruzione, per non parlare della criminalità organizzata.
Il risarcimento diretto consente ai danneggiati di essere padroni delle proprie scelte.
La ricostruzione deve avere un senso per l’individuo, uno se vuole può anche decidere di allontanarsi da un territorio che lo angoscia per ricostruirsi la vita da un’altra parte, e questa è una grande scelta di libertà individuale ed economica.
In questo dibattito, che si ripete da decine di anni dopo ogni terremoto o alluvione,sarà importante il ruolo degli agenti per sensibilizzare i cittadini sull’importanza di questo rischio e per offrire un’adeguata consulenza. Ben altro che un’altra tassa, come sostenuto da chi ha scarsa attenzione al bene comune e alla previdenza!

Elinor Ostrom, Nobel per l'economia 2009, ricorda le parole di Aristotele e indica un modo sperimentato per gestire al meglio i beni collettivi ed evitarne la ricorrente tragedia: attori pubblici e privati formino istituzioni empiriche e incrementali, sulla base di scelte strategiche localmente condivise. La sua lezione: l'adattabilità istituzionale e il dialogo dei competenti è prerequisito per la salvaguardia dei beni collettivi sul lungo periodo.

Serve un accordo nazionale di riferimento per l'iniziativa locale. In questi termini:
  • un forte richiamo e irrigidimento sulle regole di costruzione;
  • la diffusione agevolata di assicurazioni catastrofali, iniziando dalle zone a minor  rischio;
  • tali assicurazioni tutelino solo chi rispetta le regole e prevedano, oltre che diversi premi, anche vari livelli di partecipazione al rischio da parte dello Stato;
  • per le zone più mal messe, l'assicuratore svolga il ruolo di gestore dei risarcimenti che lo Stato o l'Amministrazione locale dovranno effettuare ugualmente;
  • i premi raccolti siano “reimpiegati sul territorio per eliminare o ridurre drasticamente i rischi”. È un'idea di Guido Salerno Aletta, apparsa su Milano Finanza del 5 cm.
     
Lo stesso Aletta ricorda che spesso le regole di prevenzione e protezione definite dagli assicuratori sono divenute standard accettati da tutti (ad esempio nel trasporto di valori e marittimo). Può succedere anche per le catastrofi naturali, se le Amministrazioni locali e gli assicuratori sapranno darsi un vero appuntamento e ascoltarsi.

Francesco Bizzotto
Massimo Cingolani
Lamberto Peri
Radames Viola

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