martedì 27 febbraio 2018

ELEZIONI POLITICHE 2018


una scelta ragionata

NEL 2017 L’ITALIA HA AVUTO UNA CRESCITA ECONOMICA DOPPIA RISPETTO ALLE PREVISIONI. E’ TORNATA LA FIDUCIA DEI MERCATI VERSO IL NOSTRO PAESE, NON SIAMO PIU’ I SORVEGLIATI SPECIALI D’EUROPA.

Noi contiamo sulla capacità di ragionamento, sulla voglia di conoscere e non sulla paura e i rancori che molti alimentano.

Per questo non abbiamo il libro dei sogni (e siamo gli unici), delle promesse impossibili.

Abbiamo un programma delle 100 cose fatte (davvero) e delle 100 cose da fare ancora, che trovate qui: http://ftp.partitodemocratico.it/politiche2018/programma-100x100-A4web-7febOK.pdf

MOLTO RESTA ANCORA DA REALIZZARE PER AGGANCIARE I PAESI EUROPEI PIU’ PERFORMANTI, MA LA STRADA TRACCIATA NEGLI ULTIMI TRE ANNI E’ QUELLA GIUSTA.

tra ripresa e incertezza

IL 4 MARZO NON VANIFICHIAMO I BUONI RISULTATI RAGGIUNTI CON IMPEGNO E SACRIFICIO DI TANTA PARTE DEGLI ITALIANI.

VI CHIEDIAMO UN VOTO AL PD E ALLA COALIZIONE DI CENTROSINISTRA, UN VOTO UTILE PER NON FAR RICADERE IL PAESE IN QUELLE CONDIZIONI DI INCERTEZZA E DEBOLEZZA SUPERATE CON TANTA FATICA.

Nella scheda ROSA e in quella GIALLA (Camera e Senato) è sufficiente barrare il simbolo del PD.

mercoledì 14 febbraio 2018

IL NETWORK PER IL PROGRAMMA DI GORI


LOMBARDIA PUBBLICO E PRIVATO:
DIALOGO E COLLABORAZIONE

Il Network Assicuratori del Pd auspica il dialogo tra Assicuratori (nella loro duplice veste di investitori istituzionali e di attori di solidarietà responsabile) e Pubbliche Istituzioni milanesi e lombarde. Obiettivo: favorire un percorso di reciproca collaborazione.
La Lombardia (con Milano) ha l’esigenza di ripensare, con sguardo policentrico, le infrastrutture del tessuto urbano. Per essere competitiva, attrarre risorse umane e finanziarie, ridurre i rischi ambientali (congestione del traffico, inquinamento, fenomeni atmosferici abnormi) e trarne vantaggi (energia dalla falda idrica; maggiore mobilità sicura).
Le imprese assicuratrici sono impegnate in un mercato aperto all’Europa, con ampi margini di sviluppo interno e buone chance (tecniche, culturali e patrimoniali) esterne.
Solvency II è la direttiva europea del comparto assicurativo che “mette al centro (…) la qualità e quantità di rischi che ogni impresa si assume con le sue decisioni di impegno verso gli assicurati e di investimento delle disponibilità finanziarie”. “La nuova disciplina prudenziale (…) collega strettamente i requisiti di capitale ai rischi del portafoglio assicurativo”. Mira a “prevenire le crisi”. Così IVASS (l’Istituto italiano di vigilanza) nella sua pubblicazione “Solvency II”, che prosegue: “Maggiori sono i rischi che decidono di coprire con le loro polizze, maggiore è il capitale di cui devono disporre.” Il Consiglio di amministrazione “approva anche le politiche di valutazione e gestione dei rischi nonché i piani di emergenza, di riservazione, di riassicurazione e delle altre tecniche per la mitigazione dei rischi.” La compagnia di assicurazioni è chiamata a darsi un “cruscotto del rischio” che determini, “sulla base delle valutazioni attuali e prospettiche dei rischi, la propensione al rischio dell’impresa in coerenza con l’obiettivo di salvaguardia del patrimonio della stessa”. Ne consegue – stante l’ampia libertà d’investimento prevista – un delicato ruolo di “governance” del Cda: “politiche scritte” per una “struttura organizzativa trasparente” che realizzi una “chiara ripartizione e un’appropriata separazione delle responsabilità e un sistema efficace per garantire la trasmissione delle informazioni”. Solvency II chiama così anche gli Intermediari ad assumere ruolo e responsabilità nuovi.
Solvency II capovolge la storia degli ultimi tre secoli del mestiere di assicuratore e lo riporta alle politiche d’impresa dei suoi primi quattro secoli, quando non aveva lo strumento statistico (Blaise Pascal, 1662) e guardava poco agli eventi del passato per valutare le probabilità di danno. Compiva, appunto, valutazioni prospettiche dei rischi: valutazioni soggettive e attive; pesava l’uomo, il processo, il percorso, anche ponendosi in relazione con le Istituzioni influenti: Venezia favoriva l’armamento delle navi commerciali e proibiva, ad esempio, di navigare di notte tra le isole della Dalmazia.
Il presidente dell’IVASS Salvatore Rossi (Insurance Trade.it, 2 marzo 2016) ha detto: “Il passaggio dall’approccio statico di Solvency I, basato su dati storici, a uno prospettico come quello di Solvency II è rivoluzionario”.

Seguono alcuni esempi di Temi per il dibattito lombardo tra PA e Mercato Assicurativo:
A. INFRASTRUTTURE DEL TERRITORIO. Riprogettare le infrastrutture del sistema policentrico lombardo (una esigenza matura) richiede visione, grandi progetti e ingenti capitali. Riguarda in primo luogo il trasporto di persone e di merci e il conseguente riassetto idrogeologico. Obiettivo: aumentare mobilità, attrattività e competitività, e ridurre i grandi rischi del traffico, dell’ambiente e catastrofali. La partecipazione dell’Assicuratore (investimenti e polizze) sarebbe segnale di affidabilità dei progetti.
B. SALUTE. Riteniamo che la cura della Salute debba avere a base la Personalizzazione delle cure e la Prevenzione di malattie e infortuni. L’Assicuratore può integrare e personalizzare il sistema Sanitario Pubblico (sino alla tutela del rischio di Non Autosufficienza, che per un 70enne è oggi al 40%) ed è economicamente interessato alla prevenzione. Anzi, la prevenzione dei danni è propriamente conseguente all’indirizzo di Solvency II.
C. CASA. Risorsa tipica del lombardo: ne è proprietario l’80% (Francia e Germania sono tra il 40 e il 50%). A Milano l’85% è proprietario di casa e il 40% è ultra 60enne. Le polizze e garanzie per la casa meritano sostegno e sviluppo. Vi sono segnali di difficoltà: si vende la nuda proprietà della casa per risolvere i problemi dell’età avanzata.
D. AZIENDE. È il fronte dei rischi grandi e complessi. È interesse del Paese che anche i servizi assicurativi avanzino sul terreno di Industry 4.0, della interconnessione, delle relazioni di rete, in tempo reale; che abbiano campo e trovino mercato interno e d’esportazione. Possiamo definire queste relazioni prospettiche, cioè capaci di dare ai rischi d’impresa una forma (probabilità) vincente nel mondo e compatibile con l’ambiente.
E. CULTURA DELLA PREVENZIONE. La visione prospettica dei rischi (Solvency II) richiede una crescita culturale della società e il suo orientarsi alla Gestione dei rischi, alla prevenzione, come ha fortemente auspicato il presidente Mattarella. Tra pubbliche Istituzioni e compagnie di assicurazioni – come è stato fatto per la RCA – c’è un comune interesse a sviluppare ricerche, consapevolezza e iniziative su questo terreno.
F. IL FIUME SEVESO COME ESEMPIO E TEST. Tre azioni per gestire e ridurre subito il rischio di danni da esondazione di questo fiume, spina nel fianco del nord Milano. Ipotesi definita con Aipai – Associazione di periti liquidatori Incendio e Rischi Diversi – e gli assessori Franco D'Alfonso e Marco Granelli del Comune di Milano, nel marzo 2015:
1. la segnalazione di percorsi e riferimenti previsti o consigliati dalla Protezione civile;
2. opere di protezione per negozi, cantine e altri ambienti esposti al rischio;
3. una assicurazione privata innovativa e facoltativa dei beni interessati, messa a punto e offerta da un pool di compagnie di assicurazione milanesi.

Un’indagine realizzata nel 2014 dal consorzio Cineas del Politecnico di Milano tra le persone danneggiate da calamità naturali, evidenzia che:
 l’attuale sistema non funziona per il 75% della popolazione a rischio;
 un sistema misto pubblico / privato (Assicurazioni) è ritenuto migliorativo per il 65%;
 il 54% degli intervistati è propenso a stipulare una polizza (72% se a premio deducibile).

“La riduzione del rischio di catastrofi deve diventare parte integrante della politica di
sviluppo dell'Unione. (…) Gli strumenti per la gestione delle catastrofi devono fare maggiormente appello a soluzioni assicurative. (…) Se sono ben pensate e trasparenti, le polizze assicurative possono essere quindi uno strumento di mercato capace di scoraggiare comportamenti avventati e promuovere la consapevolezza dei rischi.”
Kristalina Georgieva, Commissione europea, 18.10.'11.

"Trent'anni fa l'onda di piena del Po scendeva al delta in 5 giorni. Oggi in 5 ore.” 

Armando Gariboldi, naturalista, agrotecnico, giornalista scientifico.





lunedì 5 febbraio 2018

RAPPRESENTANZA E COMPETENZA




 POLITICA TRASPARENTE

La rappresentanza politica? Farne una rete progettuale: lobby trasparenti di interessi e competenze (orizzontali e verticali)



In tutti i campi prevalgono opinioni descrittive che non espongono e non danno risposte. L’obiettivo? Catturare attenzioni, non scontentare, stare davanti, in pole. È cultura del comando, con varie sfumature. Prendo a esempio alcuni calibri da 90 della comunicazione politica. Il sociologo Giuseppe De Rita, creatore del Censis e di suggestive immagini del Paese, alla Tintoretto: ha fotografato il diffuso rancore verso i mediocri influenti. L’ultimo suo scatto (Corriere, 30 gennaio) ci mostra “cittadini vagotonici”, indifferenti, egoisti e incapaci a vivere in comunità. Ci vorrebbe “qualche vena nuova di obiettivi, sentiti come comuni”.

Il politologo Paolo Franchi (Corriere, 1° febbraio) gli risponde che non basta descrivere gli stati d’animo. Serve una Politica che stia due passi avanti e abbia “una narrazione di sé (…) e una visione del presente e del futuro”; che sappia “volare alto”. Ma, i partiti sono ridotti a “casse di risonanza per il loro segretario”. Conclude auspicando che l’antico “tirare a campare” prevalga “sul rancore, che è sempre una gran brutta bestia.”

Invece il sondaggista Ilvo Diamanti (rapporto Demos per Repubblica) rileva una marcata sfiducia negli eletti e nel sistema di rappresentanza, e insieme un impegno a cambiare le cose, con un 40% ottimista, contro il 16% pessimista. Ricorda che “la partecipazione genera fiducia”, e cita Umberto Galimberti che ha parlato di “nichilismo attivo” dei giovani. Disincanto, ricerca e disponibilità, dunque.

Dove metter mano e come? Vedo la Politica al centro (proporre visioni e orientare il Paese e le Istituzioni), e i partiti, che ne sono lo strumento democratico di base, devono ripensare il loro assetto, con riferimento alla Costituzione (regole di trasparenza e decisione) e alla organizzazione. E questo non è un aspetto secondario. Visto il tramonto (che merita rispetto) delle grandi immaginazioni e narrazioni del futuro – ideologie, costruzioni di élite –, perde senso il tono autosufficiente della Politica, che infatti ha prodotto l’attesa dell’uomo forte da parte di due cittadini su tre.

Va ridefinita come rete che parte dai rappresentanti e non finisce lì. Gli eletti (come? con Primarie?) devono rapportarsi agli elettori in modi non occasionali ma strutturati e vincolanti: in orizzontale, sul territorio, e in verticale, nel confronto con i competenti che sanno delle cose e delle compatibilità. Le competenze sono un grande patrimonio di equilibrio. Per far perdere peso a linguaggi e pratiche politichesi e populiste (confusi luoghi comuni e pericolose semplificazioni), può servire prevedere e organizzare, nei partiti o al loro fianco, un dialogo di merito (contenuti) e di interessi. Poi, chi deve decide. E motiva, rende conto. È un rischio – alimentare lobby trasparenti di progetto – con sbocchi gestiti dalla dialettica democratica (di cui sono parte i giornalisti e opinionisti).

Il Lavoro, a esempio. Qui il merito delle cose e i diretti interessati sono stati tagliati fuori da rappresentanti e competenti intermedi (le Associazioni delle parti e i giuslavoristi). Con la Politica e i partiti ad arrancare confusi e spesso strumentali. E il Jobs act? Ha fatto due cose e se n’è vista solo una: ha dilatato la possibilità teorica dell’impresa di licenziare (il nuovo clima ha ridotto il contenzioso) e quella del lavoratore di essere accompagnato a trovare e cambiare lavoro, con l’Agenzia nazionale per le Politiche attive e poi con la riforma delle Camere di commercio che impegna le imprese a contribuirvi. Ora, le Camere di commercio stanno mettendo in evidenza le professionalità che servono alle imprese. Ma le Politiche attive (di competenza regionale) non si vedono. E, pur pressati dall’Europa, non se ne parla.

Dal nichilismo attivo dei giovani e dal rancore dei molti si esce con cose serie. È disincanto sveglio, aggressivo e disponibile che ora si astiene. Il peggio può ancora venire

Francesco Bizzotto