DOMARE LA POTENZA DEL RISCHIO
Libero mercato ed etica del
rischiare. Lavorare bene, vivere bene è la via per misurare i rischi. È il modo
per gestirli. Al ministro Roberto Cingolani diciamo: lavoriamo a una Assicurazione
europea per la Prevenzione. E a Milano: un
po’ rallentiamo! Diamo spazio alla pratica del passo alternato.
Di Francesco Bizzotto, Bruno Contigiani e Ferruccio Rito (*) – marzo 2021
Ora, sul rischio e la sua Gestione creativa, sono bravi gli
anglosassoni che (North Carolina State University – ERM Initiative, 04.03.2021)
invitano gli attori economici a pensare non più in termini di Risk management
ma di “Risk governance” (il “rischio come parte dei processi di pianificazione
strategica e di spesa delle organizzazioni”). E i Risk manager? Facciano in
modo che le Gestioni dei rischi “aggiungano valore strategico”. Dicono: le
imprese non separino affari e rischi (dedicandosi ai primi e tamponando i
secondi). E chi si occupa dei rischi non sia autoreferenziale: contenga i danni
creando valore, non produca costi e impacci. Sono aree di crescita belle e
mature.
Così, il mercato assicurativo londinese sta pagando miliardi
alle imprese per mancati guadagni nella pandemia. La Suprema corte inglese ha
infatti giudicato non esclusa dalle polizze “All risk” l’ordinanza pubblica di
lockdown, ovvero il Rischio Ignoto pur sganciato dalla materialità del danno. La
questione è aperta anche negli Usa. Talché gli Assicuratori si presentano oggi con
capacità di assunzione dei rischi molto ridotte (e premi in rialzo). Va detto
che il Rischio Ignoto catastrofale, per essere assicurato su larga scala, richiede
un pool Pubblico / Privato e una politica nuova, centrata sulla Prevenzione. Quello
londinese è il mercato che anni fa rifiutava la polizza e faceva recedere chi
voleva perforare il Polo Nord in cerca di petrolio: è un azzardo, non un
rischio. Gente seria.
Diciamo al ministro per la Transizione ecologica Roberto
Cingolani: valuti l’idea di creare una Assicurazione europea (Tax-free) di
Gestione “All risk” Danni e Responsabilità, che miri a Prevenire i danni, oltre
che garantirne la liquidazione ex post. Le aziende, crediamo, sono pronte per
un Marchio di Qualità e Sostenibilità dei progetti e delle intraprese. Per un
circolo virtuoso di mercato e una cultura del rischiare all’altezza della
meravigliosa (e tremenda) potenza tecnica a nostre mani. È un mezzo per
rendere, a un tempo e in tendenza, certificata e garantita (safely) la sostenibilità.
Basterà? No. Perché l’uomo ha un’intelligenza in difficoltà
quando deve osservare i processi, i percorsi, i rischi; tende al risultato,
all’azzardo, all’opacità, al pericolo. Ha detto Henri Bergson: “È il risultato delle azioni che ci
interessa. […] Noi siamo interamente
tesi al fine da realizzare. […] La
mente si dirige di colpo allo scopo, ossia alla visione schematica e
semplificata dell’atto nel suo essere immaginato come compiuto.” L'evoluzione
creatrice (1941), Cortina 2002, p. 244.
Al sistema di Gestione o Governo dei rischi serve un invito, un
pungolo gentile (nudge, dice Richard
Thaler, Nobel per l’Economia 2017): l’ancoraggio al lato umano, etico,
creativo, che sollecita sia l’attenzione al processo, la presenza mentale nel
rischio, sia lo sguardo lungo, l’attenzione alle conseguenze dell’agire, alla
prospettiva. È l’umano dell’uomo (Vasilij
Grossman), la sostenibilità che si fa cura, bella e giusta, come la verità.
Presenza mentale e sguardo lungo: due aspetti decisivi.
E, come è messo il nostro mercato, gli operatori? Sono molte le
imprese che, pur nella pandemia, innovano, puntano sulla qualità, fanno rete
con i collaboratori, esportano e sono in crescita. Le esportazioni della
manifattura sono cresciute nel 2020 del 3,3%. Sono prontissime. E gli
Assicuratori? Pure. Sono nati qui, nel XIV secolo, per sostenere i commercianti
coraggiosi che allungavano le corse, solcavano gli oceani e venivano esclusi
dalle Mutue perché il loro rischio ne faceva sballare la logica di omogeneità.
Il mercato, dunque, c’è. Tocca al Governo, all’Europa. È questione di
indirizzo, di qualità normativa e di giusto vantaggio fiscale per chi rischia
il nuovo.
Ricapitoliamo. Sottoponiamo due iniziative “politiche”, la 1° al
ministro, la 2° a Milano:
2. E l’umano
dell’uomo, come favorirlo e farlo emergere? Servono iniziative locali che
possano essere di esempio a livello nazionale o anche mondiale. Milano, lo può
fare; può essere leader di un pensiero che si trasformi in messaggio, invitando
tutti a fare pause di riflessione, alla cura del benessere aziendale e
individuale. Trovare, attraverso la pratica della formazione continua, il tempo
per dare alle persone gli strumenti per navigare nell'incertezza con una
visione di lungo periodo. Una metropoli veloce non è una metropoli frenetica,
bensì una città che conosce la pratica del passo alternato (corro sì, e poi
rallento; penso, mi concentro e poi respiro e lascio andare; faccio affari e
scelte etiche). Anche qui l’Assicuratore può dare il suo sostegno: è invitato
dall’Europa (con Solvency II) a mettere in sicurezza i bilanci con “investimenti
infrastrutturali prospettici” (sia materiali sia immateriali); a investire
per rendere misurati i rischi del futuro. Come il cacio sui maccheroni! Certo,
chi di dovere ne deve parlare, perché si trovino i giusti equilibri.
Assicuratori a tutto gas sulla via di Damasco? No. L’Assicuratore è interessato alla misura del rischio, perché senza non lo può assicurare (non è un rischio; è un pericolo). Ha bisogno di un modo nuovo di definirla, trovarla, la misura. Quello vecchio (la statistica e ora i Big data, lo sguardo rivolto al passato) gli basta per i piccoli rischi gestiti con il digitale. E i grandi rischi d’impresa nei mercati aperti? Gli serve anche il gioco ex ante, ha detto Maria Bianca Farina, presidente di Ania, l’Associazione delle compagnie di Assicurazione, che non dimentica la missione (stare vicino ai coraggiosi e capaci, agli innovatori, nel grande rischio). Infatti: non c’è una via, un modo per anticipare il rischio. Lavorare bene, vivere bene è la via. Esattamente quel che serve.
Il nostro è un esempio di
contributo, per uscire dalla crisi. Perché, ormai è chiaro: non è questione di
soldi ma di idee e progetti credibili. Pensiamo che molti comparti e
specialisti possano mettere in campo e matchare buone idee. Nel Privato e nel Pubblico.
Li invitiamo a farlo.
(*) Francesco Bizzotto è ricercatore e formatore
nel mondo assicurativo, e docente nel master di Risk Management dell’Università
Dante Alighieri di Reggio Calabria.
Bruno Contigiani è fondatore dell’Associazione L'Arte del Vivere con Lentezza e ideatore della Giornata della Lentezza. Ha scritto diversi libri in materia, tra cui Vivere con lentezza (Orme editori, 2008) e Lavorare con lentezza, Dalai, Baldini e Castoldi. Nel 2005 ha fondato L'Arte del Vivere con Lentezza Onlus e ideato La Giornata della Lentezza, giunta alla quindicesima edizione.
Ferruccio Rito è broker e consulente assicurativo e di gestione dei rischi. È titolare della Consultass S.r.l. di Milano.