IMPRESA NUOVA
PER MILANO
Fare impresa
più e meglio. Innovare e responsabilizzare tutti. Investire e rischiare.
Solo così
guariremo. Dalla noia.
Milano (la Lombardia) può
far conto sul suo apprezzato sistema d’imprese. Faranno la verità, la via
d’uscita. Impresa vuol dire investimento personale, responsabilità, abilità nel
trovare buone idee e titolarità: se non con-vinci, se non vendi,
chiudi; se sbagli e fai danni – nel breve e nel lungo periodo – paghi; e ti è
impedito l’azzardo, andare oltre una certa soglia di rischio.
Pongo due temi d’impresa
intrecciati: di compatibilità umana e ambientale. 1° la Rete (oltre la Piramide,
il comando, la violenza) e 2° il Rischio, l’altra faccia della Possibilità,
perché “tutto ciò che è in potenza, è in potenza gli opposti” –
Aristotele. Su questi due temi, il liberalismo non c’è, nemmeno Schumpeter.
Elinor Ostrom (1933 – 2012) |
Quindi, non penso all’impresa isolata ed eroica di quest’ultimo, che ci risolve i problemi (e noi ce la spassiamo), ma a una impresa nuova, coinvolgente, fatta di diffusa e gioiosa assunzione di titolarità
(responsabilità), e poi alla
collaborazione tra Privato e Pubblico (incrementale, per tentativi ed
errori, sulla base di obiettivi condivisi, dice Elinor Ostrom, prima donna
Nobel per l’economia, 2009).
Penso a un nuovo (adeguato) spirito del 1948: si
lavorava 12 ore al giorno e poi si andava a ballare (Cazzullo in Giuro che
non avrò più fame).
L’impresa lasciata sola
farà disastri (li sta facendo, e adesso è niente: ucciderà la Terra). E la
colpa non è di Trump. Siamo tutti colpevoli. Perché c’è chi sbaglia e chi sta
adagiato e non s’impegna, mira al reddito e alla pensione. Siamo un po’ tutti Neet,
giovani con pretese, pensionati giramondo, belli sognanti, politicanti e
dipendenti “presentisti” (presenti e assenti).
Non basterà la buona
volontà e gli appelli alla morale, al buon senso, al bene comune. Ci vuol
altro: si dovrà fare più impresa e meglio; dire parole di verità sugli egoismi
secolari (e drammatici) degli imprenditori e sulle visioni corte di sempre,
loro e dell’entourage di intellettuali e apparatchik che li circonda (e si
nutre, stuzzicandoli e coprendoli).
Due i temi, dunque, su cui
innovare e rilanciare l’impresa: fare Rete e Rischiare. Comprendere come va il
mondo (ascoltare, rispettare, condividere; cioè includere risorse creative) e
zavorrarci, tenerci con i piedi per terra, ancorati alla realtà. Andare oltre
la logica del comando, che non funziona più, e fare di ogni Possibilità e
desiderio una cosa vera, a due facce: un Rischio, somma di opportunità sperate
e danni temuti. Da valutare! I diritti? Sono fole per manodopera che tira sera,
e l’uguaglianza un mito pericoloso (sale sulla libertà). Servono Giustizia e
Chance per tutti (formazione, occasioni, possibilità / rischi, appunto).
Accettare, ammirare, apprezzare differenze. E fare sobrietà e solidarietà.
Ancora crescita quantitativa? 1°: che noia! 2°: l’Occidente è il 20% e consuma
l’80% delle risorse. Rientriamo, prima che arrivino i cigni neri della tecnica
e delle società.
Fare Rete di autonomie
(imprenditività) e vedere le straordinarie Possibilità che la scienza ci offre
per quel che sono: Rischi, da gestire, da imparare a correre; non da ridurre,
da togliere, come dice la vulgata a tutti i livelli (vedi il D.lgs. 81/08 –
Sicurezza e salute nei luoghi di lavoro). La nuova impresa deve porsi il
problema delle Conseguenze dell’agire, perché i Rischi aumenteranno. E non sia
chiusa, separata; si mischi al Pubblico e alle Istituzioni. Faremo cose
straordinarie (correremo grandi Rischi) e scopriremo risorse finanziarie e
creative che non immaginiamo.
E la PA? Va bene così? No davvero.
Milano ci pensa e si apre al privato. Ma, alla PA locale serve un bagno di
umiltà: fondere Municipi e consorziare servizi (senza licenziare). Ha 134
Comuni, uno ogni tre km.; può risparmiare un miliardo l’anno. Sviluppare i
sistemi informativi e il suo ruolo (hub di relazioni tra gli attori e di
soluzione dei problemi per giovani, famiglie, imprese, investitori).
E la Politica? La “prima
virtù” (Paolo VI) è messa male, anche a Milano. Parla di sé stessa.
Francesco Bizzotto