Il futuro di una
sconfitta
Il risultato del referendum è indiscutibile. Alta
partecipazione al voto, dato sempre e comunque positivo, risultato nettamente a
favore del NO.
Da qui un’assunzione di responsabilità da parte del
Presidente del Consiglio che, visto il ruolo diretto svolto nella stesura
della riforma, ha ritenuto di rassegnare le proprie dimissioni (è in corso,
mentre scrivo lunedì sera, l’incontro con il presidente Mattarella). Ma,
come sempre, credo si debba fare lo sforzo di guardare un po’ più dentro un
risultato e un po’ più in là delle prime reazioni.
Se infatti il confronto si è sempre più spostato su un
SI o un NO al Governo (avendo fatto davvero numerosi incontri quasi sempre i
contrari hanno usato questo argomento) e non certo il merito della riforma, è
con quest’ottica che si deve guardare al risultato. Ed allora appare evidente
che, con una partecipazione presumibilmente pari a quella di elezioni
politiche, il PD di Renzi, praticamente in solitudine, ha raggiunto il 40%
di voti.
Non sufficiente per approvare la riforma, non certo in
linea con le speranze della vigilia, ma che si confronta con un 60% davvero
difficile da catalogare ed analizzare. M5S, Lega, Fratelli d’Italia e Forza
Italia fanno a gara nell’attribuirsi il merito del risultato. Gli strali di
Grillo, Di Maio, e compagnia bella, i toni roboanti di Salvini, il ritorno di
Berlusconi, con il coro dei D’Alema, Fassina ecc., sono li a dimostrarlo.
Allora, al di là dei passaggi dei prossimi giorni, il Presidente Mattarella
è una garanzia: bisogna guardare più in là, alle prossime elezioni, a come
arrivarci e con chi.
Su una cosa non può esserci dubbio. Il PD ha futuro
se è unito e se sa rappresentare quella novità che ha saputo trasmettere agli
elettori nel momento della sua nascita. Non può avere al suo interno
nostalgici del passato, professionisti del “fare minoranza”, autoreferenziati
che con grande tranquillità assumono posizioni opposte rispetto le decisioni
prese in direzioni e riunioni dei gruppi parlamentari. Certo che ci vuole capacità
di dialogo, certo che c’è bisogno di saper includere, certo che c’è
bisogno di generare alleanze, ma altrettanto certa è la necessità di
lealtà e di rispetto delle regole di democrazia interna ad un partito. E’ in
questo che si distingue la serietà e la responsabilità dall’opportunismo
e dal puro personalismo, non nel senso di Maritain, ma di D’Alema.
Ora si dovrà garantire il necessario contributo per
superare questo ennesima difficoltà, bisognerà farlo con la serietà e la
consapevolezza di chi ha una radicata cultura di Governo, ma anche con
l’accortezza di affrontare a testa alta e con la schiena dritta il confronto
con chi, in alternativa a noi, concorrerà alla guida del Paese. Non possiamo
farci logorare dalle responsabilità mentre altri ci sparano addosso.
Si accomodino al tavolo delle proposte, non a quello
delle proteste. Sperimentino la differenza tra usare i problemi e provare a
risolverli. Su questo, anche loro si misurino con il consenso! Alcuni di
questi, Lega, lo ha già fatto, tutti ricordiamo come…
Gian Antonio GIRELLI
Pubblicato il 5 dicembre 2016 su BlogDem