giovedì 30 giugno 2022

PARTITI

 

DARE SPAZIO AI COMPETENTI 

BADARE AL COME, PRIMA CHE AL COSA

Dare al mondo buoni esempi di Democrazia.

Battere i Putin di oggi e di domani. 

Bell'Editoriale di Angelo Panebianco (Corriere della sera di oggi, 30 giugno). Indica a FdI e Pd le rispettive aree di crescita, per vincere le prossime elezioni politiche. 

Azione meritoria: dissipare gli equivoci, qualificare la Politica. Prova di Democrazia. 

"Sovranità e interesse nazionale non coincidono", dice a FdI. Questo interesse si difende "partecipando al gioco dell'integrazione, non tentando di allentarne i vincoli". 

E al Pd? Non privilegiare le alleanze, "per battere le destre". "Finite le vecchie ideologie, devi spiegare cosa vuoi fare. E solo dopo, di risulta, devi dire contro chi sei". Vecchia storia: cosa vuoi? Perché vuoi potere? 

Chiaro, lineare. Forse le indicazioni valgono per tutti i Partiti. Tutti troppo centrati sul consenso a breve: vincere! 

A Panebianco ci permettiamo di obiettare che per vincere (e recuperare un bel po' del 50% che non vota) forse non bastano queste puntuali indicazioni. Forse, serve uno scarto di qualità nel MODO di fare Politica.

La vera domanda (latente, da interpretare, a cui dare risposte creative) riguarda, ci pare, il COME fare Politica, la via per giungere al COSA. 

Nella concentrazione sul COSA c'è molto centralismo, un po' di supponenza e fallimenti evidenti: la complessità delle cose; la cronaca di troppe riforme. 

Per giungere a progetti di cambiamento credibili, praticabili, convincenti, i Partiti devono organizzarsi in modo scientifico (oltre che "democratico", rispettoso della Costituzone). 

Devono dare seriamente spazio ai competenti della propria parte, per sviluppare progetti di cambiamento, secondo indirizzi di parte, appunto. Prendere sul serio il potere. Gestirlo seriamente. Scientificamente.

E dare al mondo buoni esempi di vita democratica. Così, crediamo, si battono i Putin (i violenti) di oggi e di domani. 

Francesco BIZZOTTO

martedì 14 giugno 2022

PROBABILITA’ SOGGETTIVA E RELAZIONI RESPONSABILI

BRUNO DE FINETTI  

E L'ASSICURATORE

Mirare all'impossibile: anticipare i rischi! 

Dedico la riflessione che segue alla Calabria, alla Città di Calabria, multicentrica e bellissima. Ai suoi coraggiosi giovani che non smettono di immaginare e lottare per l'impossibile... Francesco BIZZOTTO

116 anni fa, il 13 giugno 1906, nasceva in Austria, a Innsbruck, Bruno de Finetti, matematico applicato e, per un po', Assicuratore, alle Generali. Morirà a Roma il 20 luglio 1985. 

Dobbiamo a sua figlia Fulvia l'uscita nel 2006 del suo testo "L'invenzione della verità", scientifico e appassionato, diceva il filosofo della scienza milanese Giulio Giorello. 

Teorico della Probabilità soggettiva - che fa perno sulle informazioni disponibili, su atteggiamenti, comportamenti e attese - de Finetti invita l'Assicuratore (ci pare) a orientarsi di più alla Relazione con gli Assicurati, alla Prevenzione dei danni. A non fidarsi troppo della statistica, del digitale, dei Big data. 

L'ho scoperto nei primi anni '80, poco convinto dal modo statico con cui noi Assicuratori assumevamo i rischi, specie i grandi, quelli di nostra competenza: con le Tariffe, osservando cioè il passato. Il passato sa poco del futuro, direbbe de Finetti. 

Certo, facevamo molte altre valutazioni, e sconti e aggravi. Ma il mercato sottostimava (come sottostima) la Probabilità vera, che è sempre il prodotto di un incontro di soggetti. Un fatto culturale. Nel nostro caso: attivo, relazionale.

Ne ebbi poi conferme a contatto con i commerciali dell'Ina Assitalia di Milano (1987), in specie da una donna straordinaria, Valentina Mascetti, titolare di "Futuro Donna". Le piaceva la prospettiva della vendita che mostra il futuro, mette un tassello, lo anticipa. Il Futuro? Sarà Donna, relazionale e creativo; domerà il rischio.

Sì, la Probabilità di danno dipende anche da noi Assicuratori. Sui rischi assicurati abbiamo responsabilità, perché siamo influenti, volenti o nolenti. E lo siamo in generale: ad esempio quando compriamo il Debito pubblico.

È il combinato disposto della Probabilità soggettiva di de Finetti e della Meccanica quantistica di Heisenberg. È un fardello che esalta l'Assicuratore. Ha infatti un duplice ruolo formale (garantire, liberare nel rischio) e finanziario (essere attento investitore istituzionale "infrastrutturale prospettico", dice l'Europa: investire guardando avanti; preparare il terreno al rischiare sostenibile). 

Un duplice ruolo necessario, a fronte della grande variabilità degli eventi attesi (fino a 400 volte, dicono gli scienziati, per quelli ambientali). Ce ne stiamo accorgendo. 

Un ruolo largamente incompreso dalla Politica. Fa bella eccezione, come dicevo, l'Europa che li chiama a un ruolo strategico: investire sulle infrastrutture materiali e sociali. Il massimo.

Certo, i progetti politici dovranno avere i caratteri di affidabilità richiesti dagli Assicuratori, che investono a garanzia degli Assicurati. Il rischio di sbagliare va ridotto al minimo. Come per il Cyber risk: anticipato! Mirare all'impossibile.

giovedì 9 giugno 2022

EUROPA E LAVORO

 SALARIO MINIMO?

Meglio Politiche attive europee...

Ho fiducia nell'Europa, tanto più ora, di fronte a una Russia che tradisce la sua grande cultura. L'Europa aiuterà l'Ucraina a liberarsi e la Russia a ritrovarsi.
E sul lavoro? Anche qui ho fiducia e chiedo un cambio di passo, una Politica comune europea. Le Politiche attive (e il Reddito di Cittadinanza, condizionato, per chi proprio non ce la fa: pochi) rendono forse inutile in Italia il salario minimo. Comunque, insisterei prima su Politiche "attive" anziché "difensive".
Politiche attive del lavoro significa Orientare, Formare, Accompagnare al dialogo le offerte di lavoro e le domande delle imprese. E non significa "Aspettare le crisi" (produttive o relazionali). Deve significare "Anticipare" il più possibile i licenziamenti, muovendo in Relazione tra loro gli attori e creando le giuste prospettive. Vuoi licenziare o assumere? Sei insoddisfatto e vuoi andartene, dimetterti, cambiare? Facile, se si vuole. Nel nord Europa si fa. Basta:
1° rafforzare le Istituzioni ad hoc (bene il Pnrr) oltre la diatriba pubblico / privato (che, separati, sono due alibi),
2° dare un vantaggio fiscale a chi s'impegna in questo senso (al dialogo) e
3° accettare un balzo (un raddoppio?!) del tasso di Concorrenza nel fare attività. Una sfida, sì, per l'intrapresa e il lavoro (per entrambi): concorrere nel curare e soddisfare i collaboratori, da un lato, e l'impresa, il suo mercato, dall'altro. È il 1° Rischio percepito dalle imprese negli Usa! È nelle corde delle nostre PMI, e alla portata delle grandi imprese. E il lavoro? Tra disincanti e crisi, penso sia pronto.
Un salario minimo è doveroso per realtà deboli
In cui mancano condizioni di dignità. Tuttavia, anche qui preferirei attivare, dare un corso e un percorso di crescita e cambiamento, prima che due euro in più all'ora.
In generale, se attivi, chiami a concorrere, a partecipare, ad assumere responsabilità. A rischiare e innovare. Ingaggi davvero.
Che prospettiva! È auspicata dal Nobel 2006 per l'economia Phelps. Così, la produttività d'impresa va alle stelle e il ruolo & valore del lavoro (gli stipendi) anche. La quadratura del cerchio. E l'Italia è imbattibile sui mercati.
Ora, dove si può fare questo passo se non a Milano? Milano dia il buon esempio (europeo).
Sala, con la sua storica AFOL Metropolitana, e i Sindacati e Assolombarda, si trovino, si chiudano in una stanza e... buttino via la chiave finché non raggiungono un accordo.
E, se vogliono osare in grande, chiamino anche altri privati competenti e interessati: ad esempio l'Assicuratore, che cerca terreni di rilancio soprattutto in termini infrastrutturali (d'investimento prospettico, dice l'Europa), per mettere in sicurezza i bilanci mettendo in sicurezza il futuro. Cosa vale più del lavoro e dell'armonia d'impresa?

Francesco BIZZOTTO

domenica 5 giugno 2022

CHIEF IDEAS OFFICER

 INNOVAZIONE AL RADDOPPIO!

PER INNOVARE, RISCHIARE!

Bella intervista a Edmund Phelps – premio Nobel per l'economia 2006 –  di Giuliana Ferraino (Corriere della sera, 1.6, p. 29).
Phelps dice che il tasso di innovazione oggi è la metà di quello che sarebbe se tutti innovassimo.
Phelps:
- Abbiamo bisogno di Ceo e manager capaci di apprezzare e valorizzare le idee dei loro collaboratori.
Serve un cambiamento nella gestione delle persone.
- Il lavoro? Deve essere gratificante, significativo, appagante, coinvolgente.

Vedo utile mettere in relazione questa prospettiva con la significativa indagine PwC tra i Direttori di grandi aziende Usa sui >Rischi percepiti nel 2021. Ne ho già parlato. Credo che piacerebbe a Phelps. Perché Innovare non è lineare. Significa Rischiare. È un processo pericoloso da gestire. Bisogna starci attenti!
Secondo PwC emergono due chiari macro Rischi (che in questi giorni qua e là rimbalzano):
■ La gestione dei talenti è in cima all'elenco delle priorità e dei rischi. Le imprese si differenziano per competere come datori di lavoro (75%); cercano di essere "datori di lavoro scelti".
■ Rischi "ESG" (secondo l'indicazione Onu): Ambiente, Inclusione sociale, Decisioni condivise. È un imperativo aziendale (per il 52%) strategico (per il 64%).
E nei team del Risk management appare il "Responsabile delle preoccupazioni" (Chief Worry Officer). Si prende cura di eventi insoliti e timori sussurrati (da competenti).
Credo che Phelps lo vorrebbe Chief Ideas Officer, e gli assegnerebbe il ruolo di far emergere sia le belle occasioni, le chance di performance, le Possibilità, sia i timori, le preoccupazioni, i Rischi. Nella cultura Usa d'impresa da sempre viaggiano insieme.

Quale morale? Al nostro orizzonte appare un sorprendente e risolutivo approccio relazionale: positivo, produttivo e promettente. Umano a tutto tondo.
Le nostre PMI (e molte grandi) sono all'altezza della sfida e ben predisposte.
Basta poco. Dare un vantaggio fiscale alle Reti d'impresa che si pongano l'obiettivo di coinvolgere le persone per innovare e gestire (reggere) i grandi rischi in cui siamo.
E a Milano? Aprire un dialogo.

Francesco Bizzotto

mercoledì 1 giugno 2022

AIUTARE A FIORIRE & RISCHIARE

 

IL MERITO. IL LAVORO

Serve un vantaggio fiscale per le Reti (sistemi di relazioni libere, scelte)

 

 

Dare spazio a chi se lo merita: è lo slogan più democratico e la paura degli autocrati che temono d’essere scalzati dai giovani, dalle donne, dai migliori. Questi, cosa vogliono? Spazio orizzontale (cambiare) e verticale (potere). Ora, qual è lo stato del “Merito”, della Mobilità sociale, nel confronto europeo? L’Università Cattolica di Milano dice che siamo all’ultimo posto. In testa Finlandia (che ha una premier, Sanna Marin, qui a lato, di 36 anni!), Svezia e Danimarca. Più brava di noi anche la Spagna. E quali sono le nostre aree di crescita? Queste:


 

A.   Il sistema educativo. Vecchia storia. Darei la parola a Umberto Galimberti e metterei in mobilità o assistenza (licenzierei) chi insegna senza amore. Servono Istituti scolastici con piena autonomia e responsabilità, dice il milanese Giovanni Cominelli. Che verifichino la “vocazione”, assumano e premino il “merito” degli insegnanti.

B.   Le pari opportunità. Non esistono. Il 23% dei giovani non studia e non lavora. Un familismo mortifero impedisce la fioritura di figli e nipoti. E le Istituzioni? Quasi assenti.

C.   Attrarre talenti. Siamo scarsi (Enti e imprese) nell’attirare collaboratori, dipendenti e autonomi, e nel soddisfarli. È il rischio più alto per imprese e sistemi. Ci sono progetti.

 

Qui l’Europa può fare contaminazione positiva: dare voce alle idee e pratiche migliori, a chi s’impegna, nei diversi ambiti. È il nostro punto di forza ed è concorrenza solidale, conflitto rispettoso, nel merito delle cose. È vera amicizia. Anche l’Italia, beninteso, ha eccellenze da vantare: in tante PMI ed Enti esemplari, nel food, nella meccanica di precisione, nel turismo d’arte, nel volontariato. Siamo un Paese straordinario che deve innovare per ben conservare e competere. Vedo in stretta relazione i nostri tre punti deboli.



 

Insegnare con amore (A.) significa innanzitutto Orientare: avere presente, essere in relazione con il mondo (di cosa avrà bisogno?) e comprendere il prezioso bene che si va educando. Orientarlo a formarsi con riferimento al mondo; certo, a partire da desideri e punti di forza. Pensarci. Rivalutare, ad esempio, la manualità, la mano, diceva Giulio Giorello. E mostrare possibilità come “chance”, alla Dahrendorf: occasioni, aiuto, impegno e rischio personali; nulla di scontato. Educare come aiutare a Fiorire & Rischiare. Fondamentale.

 

Pari opportunità (B.), allora, non potrà significare diritto come attesa passiva o aggressiva (“Mi devi!”) ma accompagnamento, formazione, consapevolezza: dove e come posso crescere? Non banalizzo il diritto. È patto sociale (di Sicurezza) decisivo, ma deve farsi Libertà e sostanza. Se no, è forma stantia, conservazione. Il diritto è base e strumento per vedere bene e muovere oltre: entrare nel merito di ciò che vale, delle attività e dei loro frutti. Rispettare il lavoro è liberarlo, non ingabbiarlo nel diritto, non rimanere sul formale: le ore lavorate, la presenza, il contratto e il compito. C’è ben altro oltre agli aspetti formali, come sa bene chi immagina, intraprende e rischia. In questo senso il diritto, sia individuale sia collettivo, è lì per essere superato. Per farsi partecipazione, sostanza.

 

E per attrare talenti (C.)? Devi avere un sogno, e dimostrarti capace di soddisfare i collaboratori. Quelli che hai. Chiamarli a testimoniare. Non promesse e vagheggi. È il primo rischio delle attività organizzate ed è una valanga. Le imprese lo sanno, mentre gli Enti sono indietro; ci devono pensare. “Esselunga” a Pioltello (Milano, Contado) farà un quartier generale – ha detto Marina Caprotti al Corriere della sera, 26 c.m. – che mostri “la centralità delle nostre persone, che rappresentano il motore della crescita e della capacità di innovare della nostra azienda”. Certo, c’è una dinamica da rivitalizzare negli Enti e nelle Imprese: occorre abilitare i protagonisti (chance!), sapendo che “il protagonismo non è mai una concessione. Si conquista.” (Cristina Tajani, Città prossime, Guerini e Associati, 2021, p. 118). E la questione delle retribuzioni (ferme qui da 30anni e cresciute in Europa del 30%!) è anche conseguenza dello stallo di protagonismo (cioè di sana produttività) del lavoro.

 

Come i bravi architetti amano le periferie e innovano le città (Renzo Piano: rammendare le periferie. Mario Cucinella: sconfiggere l’idea di periferia), così la Politica deve amare e innovare l’intrapresa e il lavoro (i nostri diversi ruoli e modi di essere attivi). La scienza consente di sconfiggere il lavoro come periferia, come fatica, sia con l’introduzione di macchine e intelligenza artificiale (si elimina il lavoro ripetitivo), sia con la latente e snobbata valorizzazione degli aspetti relazionali, interpretativi, creativi (in tempo reale) nelle attività.

 

Rammendare l’Impresa e il Lavoro significa intrecciare nuovi fili, tracciare sentieri, oltre i diritti, le tutele (la statica, il controllo: l’esclusione); oltre le separazioni e gli attriti del ‘900. Dare spazio al “Lavoro dello Spirito”, motore scientifico d’innovazione e crescita sostenibili. Per inciso: solo questo lavoro (che in Risk management chiamo Contemplativo) consente di reggere i Rischi in cui siamo! E il Lavoro dello Spirito non mira certo alla libertà frustrante del tempo libero (fare quello che mi pare e piace). Questa periferia delle attività che è il lavoro, va negata come periferia: posta in Rete nel sistema che intraprende. Per relazioni responsabili che utilizzino al meglio le competenze. Diamo un vantaggio fiscale alle Reti!

 

 

Qui mi pare sarebbero venuti a parare sindacalisti sottili del secolo scorso come Bruno Trentin, comunista della Cgil (“La libertà viene prima”), Pierre Carniti, cattolico socialista della Cisl (“Osare più democrazia”) e Giorgio Benvenuto, socialista della Uil (“Essere cittadini”). Erano i leader (foto a lato) della Federazione Lavoratori Metalmeccanici – FLM negli anni ‘70.

 

E qui mira il Governo Draghi con l’investimento di 5 miliardi del Pnrr sui Centri per l’impiego e le Politiche attive del lavoro: creare forti Enti dedicati di collaborazione e soluzione di problemi e crisi produttive o di relazione. Dialogo, anticipazione. Enti in cui siano coinvolte le parti sociali, con i competenti pubblici e privati. Il ministro Orlando invita la Lombardia e Milano a renderli “parti attive rispetto a obiettivi, controlli, risultati”, in accordo con gli Enti locali periferici. Governance! È indicazione europea e nostro ritardo stellare.

 

 


Così, matureranno nuovi Diritti e un nuovo tipo di Conflitto
: produttivo, di contenuto, di sostanza; un lavoro che concorre. Nel milanese si stanno mettendo le fondamenta con patti territoriali (nel comune di Milano, nella Martesana, nel Legnanese). Rammendare, curare le periferie, i lavori, per la buona salute e la tenuta dei sistemi. E garantire redditi e pensioni; sradicare il precariato senza prospettive (il sale che irrigidisce il lavoratore), precisa per parte sua Massimo Bonini – Cgil di Milano. E ha ragione: quando sei laureato e i lavoretti, le 10 ore al giorno di fatto, i sabati disponibili, durano tre, cinque, dieci anni (“E pedala!”), è ingiustizia anticostituzionale. Checché ne dicano i soloni.

 

Le risorse per farlo ci sono, abbondanti. È questione di idee, progetti, fiducia. Serve sguardo lungo e coraggio. Equivale a dare spazio al Merito, alla Mobilità sociale, e tenere alte al vento le bandiere della Libertà e della Democrazia. Perché, conquistare la Pace (comunque intesa) implica cambiare noi, alla radice. Non basta cambiare in superficie. Se non qui, su cosa merita investire con scienza e orgoglio?


Francesco Bizzotto (ex presidente di AFOL Nord Milano)