martedì 22 febbraio 2022

SALUTE IN LOMBARDIA, UN FALLIMENTO POLITICO

Stare sul Territorio e…

PREVENIRE, CURARE, PERSONALIZZARE

 La pandemia dimostra che serve un sistema prossimo ai cittadini e impegnato a prevenire le malattie. Su entrambi questi punti la Sanità lombarda registra un plateale fallimento politico.

E la Cura del malato? e l’ospedale? Esprimono eccellenze e possono personalizzare le prestazioni.

La mediazione della spesa per differenze integrative (di personalizzazione) farà in modo che curarsi al meglio sia un diritto di tutte le famiglie, e canalizzerà risorse aggiuntive in particolare nel sistema pubblico, negli ospedali. Curarsi al meglio non può essere un privilegio di pochi!

 La pandemia ha reso evidente la necessità di presidi di territorio che – con i Medici di famiglia – affrontino il tema Salute alla radice, nei momenti di difficoltà, paura, incertezza. Qui, molto spesso, motivazioni e indicazioni di comportamento semplici – e un buon rapporto personale – sono autentiche medicine guaritrici. Di questi presidi c’è bisogno per ridurre l’impatto (e le sofferenze) delle “epidemie comportamentali”, per alleggerire i Pronto soccorso degli ospedali e per risparmiare. In Lombardia il governo mette 1,2 miliardi del Pnrr per fare 203 “Case di Comunità”. Limitarsi ad aspettare e curare in ospedale le malattie (agire ex Post) diventa sempre più pericoloso; aumenta tragicamente i problemi.

 Il Sistema sanitario, dunque, deve valorizzare i medici di base e avvicinarsi ai cittadini con specifiche strutture. Si tratta di agire per prevenire le malattie e, nel caso, curarle ponendo attenzione alle esigenze personali. Possiamo dire: ci sono due basilari questioni politiche, di indirizzo (la Prossimità e la Prevenzione) e due pratiche di rimedio (la Cura delle malattie e la Personalizzazione, che è frontiera del servizio). Quello della Lombardia è un fallimento politico totale, nonostante le eccellenze di Cura che abbiamo negli ospedali.

 Sulla Prevenzione (il gioco ex Ante) c’è poco nulla, infatti. Siamo a zero. Qui i Dipartimenti creati – una “confusione organizzativa” – “disgregano in modo tombale la prevenzione”, ha detto il Pd milanese. Eppure, l’art. 32 della Costituzione vede la “Salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. E la legge 833 del 1978 parla di promozione, mantenimento e recupero della Salute. Promuovere la Salute implica in primo luogo prevenire le malattie, non accomodarsi e aspettarle e curarle!

 Notazioni storiche sulla Prevenzione:

A.   Una ricerca CENSIS – AIOP (1986 – 1989) auspicava un sistema sanitario pubblico – privato, “veicolo di moltiplicazione delle possibilità di scelta e di efficienza del sistema”, con obiettivi di “trasparenza, personalizzazione e gestione autonoma e preventiva della salute”. Chiaro: meno si fa Prevenzione, più si gonfia il rimedio.

B.   "Tre visite mirate in età scolare (a occhi, orecchi, articolazioni) possono ridurre del 50% le malattie da adulti". Così diceva (20 anni fa) una medica milanese del Policlinico a noi Assicuratori che volevamo innovare e promuovere la Salute (e avere meno "sinistri"). “Inserite percorsi di Prevenzione delle malattie nelle polizze”. In parte, è stato fatto.

C.   E Silvio Garattini, presidente dell’Istituto di ricerca Mario Negri, ha dichiarato al quotidiano Avvenire il 14 gennaio u.s.: i “Centri di medicina della Comunità” devono essere “avamposti della prevenzione” e definire nuovi rapporti di collaborazione tra medici di territorio e ospedali.

 E la Personalizzazione? Lo standard di base (di Cura) del Servizio Sanitario pubblico è una garanzia fondamentale. Eppure non soddisfa. Siamo cambiati. Chiediamo di poter scegliere, integrare, Personalizzare il servizio. Queste integrazioni possono costituire una fonte di finanziamenti aggiuntivi necessari al sistema per innovare sia la Prevenzione (ex Ante) sia la Cura (il rimedio ex Post), nel pubblico e nel privato. Se non si dà spazio al diritto di riconoscimento personale, il sistema pubblico muore; va dritto dove sta andando in Lombardia: verso una privatizzazione burocratica e distaccata, ingiusta, sbagliata.

 Non basta, infatti, scegliere tra Ospedale e Clinica privata (convenzionata), se non si scelgono differenze di sostanza (le cure, i tempi e i modi di Cura). Facciamo esempi di cosa vorremmo poter scegliere, e pagare: le terapie extra “LEA” (i Livelli Essenziali di Assistenza o prestazioni che il SSN è tenuto a fornire a tutti i cittadini), lo specialista, il personale infermieristico, il comfort e, soprattutto, i tempi. I tempi di diagnosi e Cura in regime di Servizio pubblico sono un problema esplosivo; in Lombardia, a volte, una farsa.

 Ma, ai fini delle Cure (ex Post) c'è una realtà positiva da far crescere: i reparti per Solventi degli ospedali. Vi si distingue il Servizio di base dalla Personalizzazione. Consentono di pagare una differenza di servizio; di non pagarlo due volte, prima con la fiscalità e poi privatamente. E gli ospedali pubblici hanno interesse a offrire – come diritto per tutti, non solo per chi ha abbondanza di cash – percorsi di integrazione dei “LEA”, del Servizio di base. Hanno infatti eccellenze che spesso non si trovano nel privato. Contrariamente a quel che si pensa, l’Integrazione dei “LEA” (la Personalizzazione) favorisce l’ospedale pubblico: gli fa arrivare risorse aggiuntive meritate, che derivano dalla sua capacità di soddisfare le esigenze del cittadino. Ed è giusto così. Il privato si organizzi: faccia pagare solo differenze e investa sulle eccellenze, si specializzi. È il suo ruolo.

 Allora, la scelta formale – sbandierata in Lombardia – tra “pubblico” e “privato accreditato” è un inganno se favorisce un privato che vuole decidere su quali patologie intervenire, mentre fatica a stare al passo con il pubblico; ed è una manipolazione quando non scegliamo nel merito dei Servizi; nulla al di là del già pagato con le tasse (i “LEA”).

 Ribadiamo: il DPCM 12 gennaio 2017 ha stabilito un preciso indirizzo (“tre grandi livelli”) del SSN (Prevenzione, Assistenza nei distretti e Assistenza ospedaliera), mentre il bilancio della Lombardia (come di molte regioni) è destinato per l’80% a servizi (ex Post) di Cura ospedaliera – meritoria! – delle malattie. Qui si certifica, lo ribadiamo, il fallimento politico.

 Ancora sulla Personalizzazione:

1.    Servono approfondimenti e verifiche dei percorsi e reparti solventi. Per non sbagliare. Ed è chiaro che non si può pensare a un regime integrativo del SSN senza portare a trasparenza ed equilibrio il grave problema dei “tempi” delle prestazioni pubbliche.

2.    Le famiglie mettono cifre significative per avere un servizio oltre il pubblico (oltre i “LEA”). Molte volte per accorciare i “tempi”. La spesa che la famiglia paga cash, privatamente, è di oltre 30 miliardi. Spesso paga due volte, prima con le tasse e poi cash, anziché pagare solo per differenza. E sono cifre che pochi si possono permettere.

3.    Se l’integrazione – pagare solo differenze di prestazione – fosse un diritto per tutti (come deve!), allora sarebbe mediabile e virtuosa; e andrebbe a finanziare i migliori.

 Oggi, la Mediazione interessa solo un 3% delle spese familiari. Mediare significa pagare una cifra (un “premio”) annuale sostenibile e liberarsi del problema: trasferire il rischio di dover pagare cifre importanti per curarsi. Pensiamo alle Mutue sanitarie che, con premi modesti, offrono coperture significative per rischi pur limitati, e alle Assicurazioni le cui coperture sono estese ai grandi rischi del caso: curarsi al meglio in ogni angolo del globo, anche senza limiti di spesa. Entrambe le mediazioni, se integrative, hanno costi contenuti.

La mediazione mutualistica e assicurativa può essere sia personale sia collettiva: aziendale o di categoria professionale o di territorio. Deve sciogliere alcuni nodi: selezione all’ingresso, durata e rescindibilità, trattamenti in base all’età e massimali di spesa. Può, inoltre, con gli anni, far crescere la copertura del rischio di “non Autosufficienza in età avanzata”: un rischio tremendo; un’ombra, per i 70enni, con probabilità 0.4; quasi uno su due. Può infine, molto contribuire a sanare il fallimento attuale: l’assenza di Prevenzione. Un contributo interessato: infatti, chi è chiamato a pagare agirà per contenere i “sinistri”.

l’Europa, con la direttiva Solvency II, impegna le Assicurazioni a guardare avanti, farsi “prospettiche”: liberalizza l’allocazione delle loro riserve (oltre 10mila miliardi, a garanzia degli assicurati) e li impegna a fare “investimenti infrastrutturali prospettici”; a lavorare anche ex Ante, per mettere in sicurezza i loro bilanci, oltre che ex Post per pagare i “sinistri”. Geniale Europa! Così verranno favorite le iniziative sia di Prevenzione sia di Cura avanzate. Obiettivo dell’Europa è la stabilità dei bilanci e, indirettamente, rendere misurati e assicurabili i rischi in questione. Gli Assicuratori, quindi, guardano con favore, sono interessati, sia alle infrastrutture e alla ricerca del caso, sia alle risorse professionali e alla loro formazione. Anche perché i loro strumenti “statistici” (che guardano al passato e consentono autoreferenzialità) sono sempre meno affidabili; dicono ormai poco del futuro. Il futuro è creativo.

Abbiamo voluto sottolineare che porre al centro l'interesse del cittadino crea prospettive ideali sia per soddisfare le sue esigenze, sia per premiare le istituzioni eccellenti, sia per contenere le spese.

Francesco Bizzotto

 

lunedì 7 febbraio 2022

NEL CONTADO

 Una città a portata di ascensore. Per l’uomo che trae gioia dal rischio

10 CITY LIFE

Dedico questa riflessione al professor Domenico Siclari, spento dal Covid a 37 anni. Responsabile del master di Risk management dell’Università Dante Alighieri di Reggio Calabria, mi ha incoraggiato a esplorare e scrivere (rischiando la prospettiva interdisciplinare) sulle condizioni di sostenibilità dei rischi.

ABSTRACT. Il Risk management ritiene decisive le infrastrutture materiali e sociali. Milano si dia una
visione e decida di crescere in verticale con grandi infrastrutture di vita, lavoro, servizi pubblici e privati alla portata; e si asciughi in orizzontale, per rivedere terra, verde, bellezza. Per servire e formare la donna e l’uomo nuovi, latenti e necessari: contemplativi in relazione, capaci di misurare ciò che non è misurabile, cioè di Gestire come Anticipare i grovigli di Possibilità & Rischi del nostro tempo, del digitale. Dove, in particolare? Nei suoi due terzi di periferie, nel Contado, che è malmesso, mentre vi è concentrato il Capitale umano. 10 CityLife nel Contado: un test di Città Metropolitana policentrica. 

l contemplativo in relazione somiglia all’Oltre-uomo di Nietzsche (letto da Massimo Cacciari): non mira a dominare ma a servire e armonizzare; ama la terra, non il sottosuolo del risentimento; vive, pratica un eterno presente, perché ha in sé passato e futuro, in una certa misura. Non si lascia tarpare e isolare dalla tecnica, dai mezzi! È concentrato, sereno, e quindi creativo, innovativo. Già nel 1200 Gioacchino da Fiore, “di spirito profetico dotato” (Dante), proponeva comunità in cui diverse scelte di vita stessero insieme, per servirsi e arricchirsi liberamente. Così Milano: rinnovi l’abitare, valorizzi il Contado! Caleranno i prezzi e riprenderà senso storico il suo centro.

Per continuare a competere nel mondo, Milano deve pensare e agire in grande. È bella e dinamica ma le sue periferie (i due terzi) la rendono sgraziata. L’Ocse anni fa diceva che nei Nord di Milano vive la più alta concentrazione di Capitale umano d’Europa: piccoli imprenditori e professionisti, autonomi e dipendenti. Per i due terzi sono pendolari: fanno girare enti, istituzioni e marchi (fiere, moda, design) della città; ne sono la spina dorsale creativa. La riprova? “La comunità silenziosa delle imprese e dei lavoratori del Contado” nel 2020 ha fatto crescere le esportazioni del 3,3% (Dario Di Vico sul Corriere della sera). Nel Contado c’è sia il punto di forza (che attrae investimenti) sia il punto debole di Milano.

 Abbiamo trascurato il retroterra del Capitale umano, che se ci pianta lui (se si dimette: penso ai giovani, che sono lì lì), siamo nelle canne! È la risorsa (le competenze) a cui si è appellato Carlo Bonomi nella corsa vincente per il vertice di Confindustria. Quale retroterra? Le infrastrutture di vita, lavoro, trasporto (casa, attività, servizi, volontariato), che poi fanno metà della produttività, tanto più ora, con il Covid. Sono penose le condizioni materiali del Contado! Tarpano la creatività. La libertà imprenditiva è qui umiliata e incatenata. Un fallimento urbanistico, e non di adesso. Matteo Bolocan (che insegna al Politecnico) ha detto a La Repubblica del 3 febbraio: Milano “si è caratterizzata per una fortissima centralizzazione dello sviluppo urbano”. Serve “una riforma spaziale”. Appunto.

 Allora, nel Contado pensiamo e costruiamo dieci CityLife in rete (con il metrò dabbasso). Facciamo un test in verticale per il vivere, lavorare, con-correre in modo prossimo in tutti i sensi. E sostenibile. Parigi ha un progetto (Grand Paris Express: 30 miliardi) di reti metropolitane che nel 2030 servirà 12 milioni di abitanti (l’Ile de France). Ora, o scateniamo la libertà imprenditiva, che crea e gestisce rischi misurati, o vince Putin. Questa democrazia formale è a rischio di ribaltarsi.

 

Nel Contado di Milano è alto il potenziale di crescita del Capitale umano e dei Servizi. Può rendere la città fortissima, in particolare nei Servizi alle attività (nostro punto debole). E l’apprezzato manifatturiero lombardo – veneto – emiliano potrà fare ancora meglio. Pensiamo al digitale e a banche, assicurazioni, PA, università: il contributo alle imprese e alle famiglie è spesso ingessato, inespresso. Ogni specialista, nel suo ambito, lo sa.

 I servizi assicurativi, ad esempio: sia le Direzioni delle compagnie sia Agenti e Broker possono – se si orientano, come devono, alla Gestione dei rischi, alla Prevenzione dei danni – raddoppiare gli incassi e triplicare l’utilità per sé e per i clienti, per il sistema. E l’Università? Ha detto Stefano Boeri: “A Milano ci sono 200mila studenti, da tutto il mondo. Bisogna credere nell’edilizia sociale per la vita universitaria e degli studenti, che cresceranno”. Una Milano più grande, giovane e in ricerca: un guadagno per tutti.

 Un progetto visionario per l’Oltre-uomo

 Sia chiaro: la grande Impresa e il Capitale finanziario sono molto importanti. E io miro alle esigenze del Capitale umano imprenditivo, impegnato, disponibile (l’80%?), che si sente o vuole essere ingaggiato nel rischio d’impresa. Desidera che la città stia dalla sua parte.

 Si tratta di servirlo con scelte urbanistiche e infrastrutture lungimiranti: mixare gli spazi di casa, lavoro (in parte, come sappiamo), servizi pubblici e privati, trasporti e salute; farli prossimi, a portata di ascensore. Pensare alla funzionalità e alle attese degli utenti. Sì, la casa 4.0: hub digitale di vita che (con numeri significativi, calcolabili) consente una radicale riduzione di tempi persi, ingombri, inquinamento e pericoli. Ri-emergeranno il vuoto, il verde, gli ecosistemi e gli antichi borghi che meritano, con chiesetta e osteria.

 I giovani vi troveranno la “Casa taxi” che cercano (Censis), e tutti avremo vicini spazi di meditazione e la “Casa della salute”, baluardo di prevenzione delle malattie, per Silvio Garattini. Ed è ciò che serve anche all’invecchiare attivo. A 70anni il rischio di dipendenza in età avanzata è tremendo: 40%. La città a cui penso può ridurlo al 10% e allungare la vita in salute. Leggo che, al Parco Lambro si sono ripristinati i campi coltivati a marcita, come nel Medioevo. Una rinascita: “foraggio fresco tutto l’anno” e ripopolamento animale.

 A cosa miro? A un contesto urbano ampio e plurale, di reciproca cura, attenzione e soddisfazione, che favorisca il formarsi di una risorsa umana auto-sostenibile: individuale & sociale, imprenditiva & responsabile, concentrata & aperta al mondo; soddisfatta, in pace, e quindi creativa, innovativa. Ricorda l’Oltre-uomo di Nietzsche letto da Massimo Cacciari: oltre ogni superbia, non mira al banale dominare ma a donare, armonizzare, servire; ama la terra, non il sottosuolo dell’invidia e del risentimento; ama l’eterno presente perché ha in sé passato e futuro, in una certa misura. L’Oltre-uomo non si lascia tarpare, isolare dalla tecnica! Sereno ed equilibrato, è padrone dei mezzi e si realizza.

 Chiamo questo tipo di donna e uomo “contemplativo relazionale” laico, europeo. È un ideale non utopico ma necessario per gestire i rischi e trarre sia gioia sia benessere da digitale e Intelligenza artificiale; dalla potenza della nostra vita. Senza di lui, sono trappole (i rischi) e illusioni (i vantaggi); se non c’è balzo verso il tipo d’uomo intravisto anche da Gioacchino da Fiore nel 1200. Auspicava, dirò più avanti, una stagione dello Spirito.

 Milano si orienti a operare scelte che consentano di reggere i rischi della prospettiva. Si può fare in modo leggero, europeo, esemplare. Guardiamoci attorno. Commercio tradizionale e luoghi pubblici sono al minimo nel Contado: spazi improbabili, chiusi o in rovina, dove o è deprimente l’esercizio o lo è il gestore. E la grande distribuzione? Pensa a se stessa: concentrazioni e ingorghi esagerati, che accentuano l’isolamento. Mentre il Covid mostra “i drammatici tratti di una città fantasma” (Matteo Bolocan, del Politecnico, a La Repubblica, 3 febbraio), sappiamo che “il 40% della CO2 è prodotto dal sistema costruttivo” e possiamo mirare a un “condizionamento naturale degli edifici”, come in certe ville venete del XVII secolo. Lo ha detto Mario Cucinella.

 Occorre un progetto visionario per Milano, che tenga insieme pubblico e privato, oltre le contrapposizioni pelose che lasciano campo agli illiberali di entrambe le parti. Va pensato e discusso come rete policentrica a vasto raggio, per la Lombardia e oltre. Per farlo emergere serve un certo clima e consenso, che viene prima, ovvio. Ecco il senso del parlarne e fare un grande test: 10 CityLife proposte dal Sindaco Sala in concerto con i Sindaci del Contado. Fare Città Metropolitana. Se non a Milano, dove? Le risorse ci sono, sovrabbondanti. Manchiamo di prospettive e progetti credibili che suscitino fiducia.

 L’assicuratore prospettico e i “grovigli” del digitale. Ri-costruire

 Ho fatto l’esempio dell’assicuratore, che ormai è “prospettico”, guarda avanti. È tenuto a esserlo (Solvency II) per mettere in sicurezza i bilanci. È dunque interessato a come ci strutturiamo; può aiutarci a costruire sia l’hardware, le infrastrutture materiali, sia l’uomo nuovo che serve: contemplativo relazionale; capace di cavalcare e reggere i rischi; di anticipare gli eventi nei “grovigli” del digitale, “non prevedibili per forma e conseguenze” (Deborah Lupton, Sociologia digitale). Certo, l’assicuratore è un attore diffidente (ne ha donde) che gestisce soldi propri a garanzia degli assicurati. Non è blandibile.

 E ha una tale storia nell’immobiliare da far pensare subito a lui se si immagina di ri-fare gran parte del costruito nelle nostre città. La presenza dell’assicuratore a Milano è significativa sia a CityLife (Generali e Allianz) sia a Porta nuova (la torre / alveare di UnipolSai dell’architetto Cucinella e la rinnovata sede di Axa). Ed è in linea con la tradizione. Pensiamo al Piano INA Casa di Fanfani (1949: 350mila case popolari), e ai 19.000 immobili di pregio costruiti da INA – Assitalia (il gruppo del Ministero del Tesoro, ora fuso in Generali) nei centri storici, a firma dei più grandi architetti del secolo scorso.

 Perché ri-costruire? È evidente: abbiamo esagerato nell’occupare e inquinare suolo e sottosuolo. E poi il vecchio costruito qua e là inizia a crollare e a uccidere. La vita di un edificio è di 70 anni, dice Cucinella. Siamo al limite, mentre abbiamo idee e mezzi per fare molto meglio. Il “110%” va usato, ma non come rappezzo! È tempo di ri-pensare, cambiare, liberare. Di questo si tratta. La via della crescita smisurata, quantitativa (e dei belletti), porta disastri. Quella critica, innovativa, è sensata. È la via della qualità.

 Le esigenze (e le risorse) degli anziani e del centro città

 Sulla qualità siamo tutti pronti a investire, specie gli anziani. Sono il 25%, oltre 700mila a Milano. Immagino la metà di loro interessata a prendere parte ai progetti di cui parlo. Temono la solitudine, e sanno che nel rischio di non autosufficienza (LTC – Long Term Care) non si può troppo – non è giusto – far conto sui figli. Risparmiano per questo. Anche gli assicuratori, che possono coprire questo rischio, sono orientati a soluzioni strutturali: abitazioni ben servite (e ben gestite!) per la vita autonoma, comunitaria e sociale. Qui un finanziamento collettivo (un crowdfunding) avrebbe un successo immediato. E c’è spazio sia per l’affitto attivo, responsabile, sia per l’acquisto di diritti di abitazione a vita.

 E poi c’è un’altra ragione forte: i prezzi delle case a Milano, in zone sia centrali sia semi periferiche, sono insostenibili. Città studi, si dice, viaggia sui 6mila euro a mq. Come pensiamo di risolvere il problema? Penalizzando questo o quello? Solo valorizzando le periferie, innovando le concezioni urbanistiche, si alleggerisce la pressione sul centro, che deriva dall’apprezzamento del bello, del comodo. Il centro ritroverà senso ed equilibrio.

 Gioacchino da Fiore, Nietzsche e Milano

 Ho detto che l’abitare e l’uomo nuovi (capaci di Gestire i rischi) ricordano quelli immaginati da Gioacchino da Fiore in Calabria nel 1200, per liberare le persone dalle schiavitù di allora (la gleba o la soldataglia; servire i potenti o fare la guerra). “Di spirito profetico dotato” (Dante), mirava a organizzare comunità formate da diverse condizioni di vita, solidali e liberamente accedibili: dalle famiglie ai gruppi di ricerca o servizio o contemplativi (monaci), agli anziani, ricchi di saggezza e bisognosi di aiuto. Sostenuto da tutti i papi (Lucio III, Urbano III, Celestino III) e re (il normanno Tancredi ed Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa) del suo tempo, propugnava una stagione nuova: dello Spirito, cioè della Libertà, dell’amicizia, dopo quella del Padre (ebraismo) e del Figlio (cristianesimo). Una stagione di libertà, autorealizzazione e fratellanza; di dialogo che nessuno esclude e tutti rispetta. Era la versione religiosa (monastica) delle potenti città laiche cantate da Henri Pirenne (Le città del Medioevo), da cui le nostre città, la scienza, lo sviluppo.

 Ora, la città laica ha vinto e insieme perso: è incartata, non ha formato la donna e l’uomo capaci di Gestire la potenza in campo (le Possibilità / Rischi). Perché “la possibilità è una forma di inganno”, se a determinare il senso delle cose non è il loro ambivalente apparire. È il Nietzsche che di sé diceva: “Io non sono un uomo, sono dinamite”. Il suo Oltre-uomo – che accetta le contraddizioni come l’oceano i fiumi – ha sguardo che vede anche l’ombra (il rischio), oltre al lato in fiore (il vantaggio) delle possibilità (della potenza). Separare il laico dal religioso non ha più senso. Unico è lo Spirito che serve, in linea con la scienza.

 Milano rifletta in modo sistematico e mirato, non occasionale, episodico. Definisca visioni e prospettive della città che serve: equilibrata, che metta le persone in condizione di vivere e lavorare bene, e così Anticipare gli eventi e Gestire a dovere i rischi della vita e delle attività; una città che crei attorno consenso e renda sostenibile il digitale. È una via, mi pare, per fare grande Milano.

 L’appello è per le parti politiche (il sindaco Sala, i Sindaci del Contado, i partiti) e anche per i corpi intermedi: sindacati, associazioni d’imprese e di professioni, realtà civiche e di volontariato. La regola della polis (ognuno al suo compito, tutti partecipi e responsabili) non esclude il conflitto. Anzi. I Sindaci del Contado prendano posizioni forti, determinate.

 Milano deve qualcosa al Paese e all’Europa. E poi, non è questo il momento di lanciare idee e persone per giungere tra 5 anni a votare e scegliere in consapevolezza un bel Gruppo di Amministratori e un bravo Sindaco della Città Metropolitana? Non è adesso il tempo, se non vogliamo tirarla per le lunghe e poi correre un alto rischio di sbagliare?

Francesco Bizzotto