lunedì 24 gennaio 2022

LO SCONTRO TRA AZIONISTI

 GENERALI

Ferruccio de Bortoli su L'Economia del Corriere della sera di oggi: mettersi d'accordo e Gestire al meglio gli attivi (un terzo del Pil).

      Bella e puntuale riflessione di de Bortoli: ritrovare la governance "per attrarre investitori seri", e studiare "aggregazioni e sinergie" per gestire al meglio gli investimenti.
Siamo d'accordo, e diamo seguito: il cuore è la governance (condividere, decidere in trasparenza, a partire dalle questioni strategiche).
Ci sembra – ribadiamo – che vadano assunti come riferimenti l'utilità per gli Assicurati e una prospettiva di crescita, stabilità e apprezzamento dell'impresa, dell'offerta.
Qui sono centrali gli "attivi". L'Europa con Solvency II inpegna gli Assicuratori a fare "investimenti infrastrutturali prospettici", per mettere in sicurezza i bilanci e contribuire alla sostenibilità dei rischi futuri.
Ed è una prospettiva strategica condivisa: investire sulle grandi infrastrutture significa Assicurare anche ex ante, non solo ex post.
È esattamente quello che desiderano gli Assicurati: prevenire il più possibile i danni, oltre che indennizzarli (o risarcirli) quando succede. Una prospettiva resa esplicita dal presidente di Generali Gabriele Galateri e considerata, anni fa, rivoluzionaria da Salvatore Rossi, primo presidente di Ivass.
E allora? È importante dirle le cose. E di più: farle, tempificarle, affrontando i nodi che sono lì da decenni. Per esempio: se la rete di vendita (agenti e broker) guadagna quasi solo sui volumi d'incasso, e guadagna di meno se io faccio Prevenzione, siamo in conflitto d'interessi. Non ci siamo. E tutto rischia di finire (finisce facile) nelle sabbie mobili della finanza con sguardo industriale annebbiato. Dei soldi per i soldi. Auguriamo buona fortuna alle Generali!

giovedì 20 gennaio 2022

LA STRATEGIA E IL FUTURO

 GENERALI. BATTAGLIA PER IL CEO

Investire e competere per la Prevenzione dei danni,  per la Sostenibilità.

La battaglia per il Ceo di Generali si fa incandescente. Il presidente Galateri ha indicato un orizzonte innovativo per questo competitor globale: investire e operare anche ex ante (prevenire i danni; mirare alla sostenibilità delle attività), oltre che ex post (indennizzare e risarcire).
Il Governo può utilmente ridurre le tasse (oggi al 22,25%) sulle polizze che prevedono percorsi di Prevenzione, Servizi per la Sostenibilità.
La Prevenzione è la via maestra per poter misurare (e quindi assicurare nel tempo) il Rischio moderno. Anzi, sempre più la probabilità di danno (il Rischio) è questione di Giusta Misura (la Métrion degli antichi Greci), per definizione relazionale, saggia, condivisa; anticipatrice.
Bain & Company sostiene che nel mondo gli Assicuratori "mirano ad aumentare la protezione con la prevenzione" e il digitale (Iot) consentirà loro di capire meglio i rischi e prevenire i danni. È una bella notizia.
E Generali? Lo chiediamo con il rispetto dovuto a un campione storico di lungimiranza e autonomia: quanto investirà – da qui al 2030 – per competere su Servizi di Prevenzione dei danni, per la Sostenibilità?

lunedì 10 gennaio 2022

INVESTITORI ISTITUZIONALI

 Per un vasto e innovativo ruolo

“ASSICURATORI PROSPETTICI”

Chiediamo loro di destinare un po’ dello spazio vuoto creato dal Covid alla donna e all’uomo nuovi – contemplativi – capaci di misurare e reggere i Rischi. Lo vuole l’Europa (Solvency II). A City Life, il sindaco Sala proponga un luogo simbolico per la Mindfulness 4.0. Un faro per noi, naviganti di mari difficili

“Nonostante il progresso e la crescita della nostra conoscenza, o forse a causa […], il futuro sarà sempre meno prevedibile” (p. 21). “Finora abbiamo giocato alla roulette russa, adesso smettiamo e andiamo a cercarci un lavoro serio” (p. 132). Il Cigno nero, Nassim Nicholas Taleb – Il Saggiatore, Milano, 2008.

Nell’immaginario, gli Assicuratori hanno tanti soldi, tempi lunghi e uno strano ciclo economico: prima incassano, poi forse – e speriamo di no! – ci indennizzano danni o risarciscono terze parti. Storciamo il naso perché abbiamo idee confuse su ciò di cui si occupano: il Rischio, la probabilità di danno valutata, misurata, sotto relativo controllo. Con il Covid si fa strada la consapevolezza: il Rischio è chiave di volta di tutto; se ne perdiamo la misura, crolla il mondo. Viaggia in parallelo con le attività; ne è il lato in ombra, mentre Scienza e Tecnica galoppanti mostrano spesso un infantile ghigno predatorio. Penso alla pesca a strascico che pare essere la ricerca di base e non solo; devasta e ci riporta sia gioielli, sia bombe, sia virus. “La possibilità è una forma di inganno”, diceva Nietzsche, perché a determinare il senso delle cose non è il loro ambivalente apparire. Appunto.

Nella pandemia, gli Assicuratori si sono presi uno spavento. Sono al mondo per occuparsi dei grandi Rischi della intrapresa innovativa; quella che nel XIII – XV secolo osava commerciare con l’Islam e solcare l’Oceano, verso territori mitici. I coraggiosi uscivano dai ranghi del commercio (del Rischio) tradizionale e venivano esclusi dalla protezione delle Mutue, perché queste ripartivano risorse raccolte tra pari; erano garanti di piccoli Rischi omogenei. L’Assicuratore affiancava gli imprenditori che fiutavano nuove opportunità e ricchezze. Dai Veneziani e Genovesi agli Inglesi. Infatti, da qui vengono i migliori Assicuratori, ora raggelati dal Covid. Cosa è successo?

I sinistri tradizionali sono calati forse di un 30% (incidenti stradali; danni materiali), ma s’è impennato il danno che è conseguenza immateriale (mancato guadagno) di sinistri immateriali (i lockdown). Questo Rischio “ignoto” di solito è escluso dalle garanzie, ma le normative anglosassoni hanno chiamato gli Assicuratori più aperti (le polizze All risk) a pagare miliardi di indennizzi. Lo stanno facendo con una certa allerta, senza batter ciglio.

Mi chiedo: guardiamo al fieno che, da noi, mettono in cascina per il calo dei sinistri (RCA, Infortuni: piccoli Rischi gestibili con le Mutue, sostiene l’ART market Usa – Alternative Risk Transfer), oppure guardiamo avanti e chiediamo loro di investire per accompagnarci al nuovo rischiare, di occuparsi dei grandi rischi di questo tempo? Io sono per la seconda. Lo ho scritto molte volte: innovare! Basterebbe un bit di incentivo fiscale…

Ora, ci siamo accorti che il Covid-19 non è un Rischio (incerto ma valutato, misurato, sostenibile). È un Pericolo – secondo Niklas Luhmann – per molti aspetti sfuggente (decisioni, cause, conseguenze). Diciamolo: siamo immersi in Pericoli e fatichiamo a prender loro le misure, a renderli Rischi. Un eccesso di quantità e vecchiume senza limiti ci sta ribaltando. Rallentiamo, puntiamo alla crescita di qualità, alla misura, con riduzione di quantità, sprechi e inquinanti, per via di innovazione. Come faceva il Nord Milano attorno agli anni ’10. Come in montagna, prendiamo un passo che reggeremo.

Gli argomenti non convincono? Dobbiamo sapere che c’è di peggio. Sono in arrivo i Cigni neri, frutto della pesca a strascico: imprevedibili, incredibili, spesso con un lato meraviglioso, che ci lascia a bocca aperta; e, c’è da scommettere, con risvolto di disastri inimmaginabili. Hans Jonas ha detto: ci fermerà solo una catastrofe. Il Cigno nero è un evento di enorme impatto, spiegabile solo a posteriori. Possiamo anticiparlo? Sì.

Per trasformare Pericoli e Cigni neri in Rischi, dobbiamo metterci di buona lena, fare trasparenza e sistematiche valutazioni a priori del potenziale di danno delle attività. Prevenire. Basta attività irresponsabili! Si tratta di raccogliere l’enigmatica sfida posta da Galileo a base della scienza: “Misura ciò che è misurabile, e rendi misurabile ciò che non lo è”. Ha ragione Massimo Cacciari: ci salverà la scienza che si fa filosofia. Per ora, la Meccanica quantistica ha detto invano che non siamo esterni agli eventi, che non ci sono sostanze, oggetti separati, ma ci sono soggetti influenti e relazioni, più o meno armoniose.

Come fare per trasformare Pericoli e Cigni neri in Rischi (misurati, sostenibili), lo ha intravisto l’Unione europea con la direttiva Solvency II che regola l’altra metà del ruolo di Assicuratore: egli può assicurare perché è un potente investitore istituzionale di lungo periodo. L’Europa ha liberalizzato le riserve degli Assicuratori (oltre 10mila miliardi, a fronte delle loro promesse-polizze), impegnandoli nel contempo, per mettere in sicurezza i bilanci, a fare “investimenti infrastrutturali prospettici”. Ora, sono “Assicuratori prospettici”.

Dice loro l’Ue: per avere bilanci sicuri e un futuro florido – a garanzia degli assicurati e degli azionisti – dovete investire su infrastrutture che favoriscano il rischiare sostenibile, cioè con esiti positivi (somma algebrica tra Vantaggi e Danni delle attività). Elementare e difficile. Infatti si sta ancora cercando l’assetto giusto di Solvency II: norma rivoluzionaria, la definì Salvatore Rossi, primo presidente di Ivass, l’Agenzia di vigilanza del settore. Sottolineo che gli Assicuratori italiani, come quelli veneziani e genovesi del XIV secolo, sono assai lungimiranti; certo lo sono più della maggior parte dei politici nostrani.

Precisiamo: Solvency II parla anche di infrastrutture sociali. Ho molto detto delle Politiche attive del lavoro, che necessitano sia di forti Istituzioni a gestione insieme pubblica e privata (in cui far convergere le iniziative), sia di una specifica garanzia assicurativa, europea e attivatrice. Un cambiamento maturo nel modo di lavorare: può dare all’Europa vantaggi di libertà e iniziativa spiazzanti il mondo. Ora dico che l’innovazione più importante viene prima: riguarda da vicino la donna e l’uomo che servono per reggere i Rischi della prospettiva; compresi, ovvio, quelli del lavorare impegnato e responsabile.

Che tipo di donna e uomo serve, dunque, per misurare (anticipare, prevenire) il Cigno nero? Autonomo e in buon equilibrio (parte cognitiva e parte emotivo / affettiva) con se stesso e nelle relazioni scelte o necessarie. Una meraviglia su due gambe! Una donna e uomo ben presenti e in pace, in cammino, pronti a vedere bene, percepire e agire. Non certo ansiosi e stressati (ora lo sono!). Ho detto: come il mitico Ayrton Senna della Formula 1: concentrato, immagina il percorso, ne anticipa i punti performanti e critici. Così preparato e presente che quando parte la gara, la processa al meglio, sicuro, in scioltezza.

Sto parlando di donne e uomini “contemplativi” a tutto tondo. E contemplare ha, per me, un triplice significato: A. Agire misurato, B. Vedere bene e C. Meditare. Fondamentale. Di come agire ho detto: Ayrton Senna. Vedere bene significa che conosco e osservo a fondo la realtà, ne colgo sia la bellezza sia l’utilità, il valore (apprezzo, critico e innovo). E il meditare? Meditiamo quando siamo sull’attimo presente: “Respira, sorridi, vai piano”, dice il buddhista impegnato Thich Nhat Hanh. Serve tempo e pratica di silenzio. Se mediti, poi vedi bene (apprezzi, innovi) e quindi agisci bene; immagini una realtà giusta; la anticipi, la crei. Fai verità. E solo “chi fa la verità viene alla luce” (Gesù in Giovanni 3,14), cioè rischiara il cammino (“lampada per i miei passi” – parole del cardinale Carlo Maria Martini) e rischia in modo misurato e quindi sostenibile.

Questo tipo di donna e di uomo – che pratica una Mindfulness 4.0 – merita a Milano un manifesto, un luogo simbolico di promozione e pratica, che lo aiuti a interconnettersi con se stesso e con il mondo. Mi piace immaginare che i grattacieli di City Life di Generali e Allianz possano offrirlo questo luogo. Gli spazi vuoti creati dal lavoro digitale a distanza lo permettono. La casa della Mindfulness 4.0: un faro, uno splendido avviso ai naviganti di questi mari. Essi hanno un futuro pari a quello dei coraggiosi che in passato solcavano gli oceani. Sono certo che gli Assicuratori valuterebbero con interesse e generosità un progetto di Milano (del sindaco Sala) in tal senso. Perché sanno che senza l’uomo (intero) in prospettiva non c’è misura, non c’è Rischio e quindi non ci potrà essere Assicurazione.

Saremo sempre più liberi, responsabili e a rischio di naufragio. Abbiamo bisogno di fari che ci facciano sentire meno isolati e più accompagnati, integrati e orientati. Più felici.

Il problema non è la forza manipolatrice di internet o delle fake news (o della tecnica). Lo è – ci direbbe Martini – la debolezza della donna e dell’uomo del nostro tempo; la fragilità della loro vita ed equilibrio interiori. Benessere e poca gioia: questo è il nostro problema!

Francesco Bizzotto