giovedì 11 marzo 2021

SOSTENIBILITÀ

 DOMARE LA POTENZA DEL RISCHIO

Libero mercato ed etica del rischiare. Lavorare bene, vivere bene è la via per misurare i rischi. È il modo per gestirli. Al ministro Roberto Cingolani diciamo: lavoriamo a una Assicurazione europea per la Prevenzione. E a Milano: un po’ rallentiamo! Diamo spazio alla pratica del passo alternato.

 

Di Francesco Bizzotto, Bruno Contigiani e Ferruccio Rito (*) – marzo 2021


 La Pandemia è un salto di qualità e un allarme. Stiamo andando, in diversi campi, per azzardi e pericoli. Dove azzardo è eccesso, tracotanza irresponsabile: vediamo il lato profittabile della possibilità e non anche l’ombra, l’incertezza, le conseguenze indesiderate. E pericolo? È possibilità di danno poco indagata o mal valutata, opaca, ha detto Niklas Luhmann. Non diciamo “rischi” perché rischio è probabilità valutata, misurata. E ad azzardi e pericoli, cosa segue? Eventi incredibili, impensabili, sorprendenti, sia positivi sia negativi (Cigni neri); e, prima o poi, catastrofi, fenomeni di estrema variabilità (400 volte, dice la scienza); quindi, ansia, affanno e danni a impatto crescente e difficile rimedio. Fino, temiamo, all’irrimediabile che distrugge, piega, annichilisce.

 

Ora, sul rischio e la sua Gestione creativa, sono bravi gli anglosassoni che (North Carolina State University – ERM Initiative, 04.03.2021) invitano gli attori economici a pensare non più in termini di Risk management ma di “Risk governance” (il “rischio come parte dei processi di pianificazione strategica e di spesa delle organizzazioni”). E i Risk manager? Facciano in modo che le Gestioni dei rischi “aggiungano valore strategico”. Dicono: le imprese non separino affari e rischi (dedicandosi ai primi e tamponando i secondi). E chi si occupa dei rischi non sia autoreferenziale: contenga i danni creando valore, non produca costi e impacci. Sono aree di crescita belle e mature.

 

Così, il mercato assicurativo londinese sta pagando miliardi alle imprese per mancati guadagni nella pandemia. La Suprema corte inglese ha infatti giudicato non esclusa dalle polizze “All risk” l’ordinanza pubblica di lockdown, ovvero il Rischio Ignoto pur sganciato dalla materialità del danno. La questione è aperta anche negli Usa. Talché gli Assicuratori si presentano oggi con capacità di assunzione dei rischi molto ridotte (e premi in rialzo). Va detto che il Rischio Ignoto catastrofale, per essere assicurato su larga scala, richiede un pool Pubblico / Privato e una politica nuova, centrata sulla Prevenzione. Quello londinese è il mercato che anni fa rifiutava la polizza e faceva recedere chi voleva perforare il Polo Nord in cerca di petrolio: è un azzardo, non un rischio. Gente seria.

 

Diciamo al ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani: valuti l’idea di creare una Assicurazione europea (Tax-free) di Gestione “All risk” Danni e Responsabilità, che miri a Prevenire i danni, oltre che garantirne la liquidazione ex post. Le aziende, crediamo, sono pronte per un Marchio di Qualità e Sostenibilità dei progetti e delle intraprese. Per un circolo virtuoso di mercato e una cultura del rischiare all’altezza della meravigliosa (e tremenda) potenza tecnica a nostre mani. È un mezzo per rendere, a un tempo e in tendenza, certificata e garantita (safely) la sostenibilità.

 

Basterà? No. Perché l’uomo ha un’intelligenza in difficoltà quando deve osservare i processi, i percorsi, i rischi; tende al risultato, all’azzardo, all’opacità, al pericolo. Ha detto Henri Bergson: “È il risultato delle azioni che ci interessa. […] Noi siamo interamente tesi al fine da realizzare. […] La mente si dirige di colpo allo scopo, ossia alla visione schematica e semplificata dell’atto nel suo essere immaginato come compiuto.” L'evoluzione creatrice (1941), Cortina 2002, p. 244.

 

Al sistema di Gestione o Governo dei rischi serve un invito, un pungolo gentile (nudge, dice Richard Thaler, Nobel per l’Economia 2017): l’ancoraggio al lato umano, etico, creativo, che sollecita sia l’attenzione al processo, la presenza mentale nel rischio, sia lo sguardo lungo, l’attenzione alle conseguenze dell’agire, alla prospettiva. È l’umano dell’uomo (Vasilij Grossman), la sostenibilità che si fa cura, bella e giusta, come la verità. Presenza mentale e sguardo lungo: due aspetti decisivi.

 

E, come è messo il nostro mercato, gli operatori? Sono molte le imprese che, pur nella pandemia, innovano, puntano sulla qualità, fanno rete con i collaboratori, esportano e sono in crescita. Le esportazioni della manifattura sono cresciute nel 2020 del 3,3%. Sono prontissime. E gli Assicuratori? Pure. Sono nati qui, nel XIV secolo, per sostenere i commercianti coraggiosi che allungavano le corse, solcavano gli oceani e venivano esclusi dalle Mutue perché il loro rischio ne faceva sballare la logica di omogeneità. Il mercato, dunque, c’è. Tocca al Governo, all’Europa. È questione di indirizzo, di qualità normativa e di giusto vantaggio fiscale per chi rischia il nuovo.

 

Ricapitoliamo. Sottoponiamo due iniziative “politiche”, la 1° al ministro, la 2° a Milano:

 

1.    La sostenibilità. Per fare chiarezza sulla pratica d’intrapresa sostenibile serve individuare soggetti che abbiano interesse allo scopo. L’Assicuratore può essere un “Cavaliere bianco” della Gestione dei rischi con polizze “All risk” Danni propri e Responsabilità, che coprano anche il mancato guadagno da Rischio Ignoto (e danno immateriale). In realtà siamo di fronte a “Pericoli” ignoti che possono dar luogo a disastri. Come li misuriamo e finanziamo, senza fare nuovo debito? Serve un pool specifico con garanzia pubblica, meglio se a livello europeo (molti i modi), che investa anche in ricerca. Le polizze (significa promesse) del pool devono premiare con chiarezza la Prevenzione. Sarebbero un Marchio di Qualità e Sostenibilità. Una polizza europea predittiva Tax-free, con una certa soglia di qualità. In molti Paesi Ocse queste polizze sono obbligatorie. È cosa da valutare.

 

2.     E l’umano dell’uomo, come favorirlo e farlo emergere? Servono iniziative locali che possano essere di esempio a livello nazionale o anche mondiale. Milano, lo può fare; può essere leader di un pensiero che si trasformi in messaggio, invitando tutti a fare pause di riflessione, alla cura del benessere aziendale e individuale. Trovare, attraverso la pratica della formazione continua, il tempo per dare alle persone gli strumenti per navigare nell'incertezza con una visione di lungo periodo. Una metropoli veloce non è una metropoli frenetica, bensì una città che conosce la pratica del passo alternato (corro sì, e poi rallento; penso, mi concentro e poi respiro e lascio andare; faccio affari e scelte etiche). Anche qui l’Assicuratore può dare il suo sostegno: è invitato dall’Europa (con Solvency II) a mettere in sicurezza i bilanci con “investimenti infrastrutturali prospettici” (sia materiali sia immateriali); a investire per rendere misurati i rischi del futuro. Come il cacio sui maccheroni! Certo, chi di dovere ne deve parlare, perché si trovino i giusti equilibri.

 

Assicuratori a tutto gas sulla via di Damasco? No. L’Assicuratore è interessato alla misura del rischio, perché senza non lo può assicurare (non è un rischio; è un pericolo). Ha bisogno di un modo nuovo di definirla, trovarla, la misura. Quello vecchio (la statistica e ora i Big data, lo sguardo rivolto al passato) gli basta per i piccoli rischi gestiti con il digitale. E i grandi rischi d’impresa nei mercati aperti? Gli serve anche il gioco ex ante, ha detto Maria Bianca Farina, presidente di Ania, l’Associazione delle compagnie di Assicurazione, che non dimentica la missione (stare vicino ai coraggiosi e capaci, agli innovatori, nel grande rischio). Infatti: non c’è una via, un modo per anticipare il rischio. Lavorare bene, vivere bene è la via. Esattamente quel che serve.

Il nostro è un esempio di contributo, per uscire dalla crisi. Perché, ormai è chiaro: non è questione di soldi ma di idee e progetti credibili. Pensiamo che molti comparti e specialisti possano mettere in campo e matchare buone idee. Nel Privato e nel Pubblico. Li invitiamo a farlo.

(*) Francesco Bizzotto è ricercatore e formatore nel mondo assicurativo, e docente nel master di Risk Management dell’Università Dante Alighieri di Reggio Calabria.

Bruno Contigiani è fondatore dell’Associazione L'Arte del Vivere con Lentezza e ideatore della Giornata della Lentezza. Ha scritto diversi libri in materia, tra cui Vivere con lentezza (Orme editori, 2008) e Lavorare con lentezza, Dalai, Baldini e Castoldi. Nel 2005 ha fondato L'Arte del Vivere con Lentezza Onlus e ideato La Giornata della Lentezza, giunta alla quindicesima edizione.

Ferruccio Rito è broker e consulente assicurativo e di gestione dei rischi. È titolare della Consultass S.r.l. di Milano.