giovedì 30 dicembre 2021

RISORSE UMANE

 MARTELLARE E PRETENDERE O COINVOLGERE?

METÀ DEGLI IMBARCATI NON REMA.
COME FIGLIUOLO, MIRIAMO AL 90%!

"La verità è nel rischio, nell'avventura, nella scommessa. Essere nella verità significa diventare consapevoli della inevitabilità del rischio".

Emanuele Severino, Il mio scontro con la Chiesa, Ed. Rizzoli, 2001, p.9.

 

"Italia innovativa per natura (ma non riesce a crederci)". È il titolo di un bel articolo di Massimo Sideri sul Corriere della sera di oggi. Siamo il paese dell'anno per The Economist. INNOVARE, CREARE: è il nostro punto di forza: rafforziamolo!
L'ONU ha indicato come centrali i temi Ambiente, Società, Governance (ESG).
Mettiamo tra le riforme del momento un vantaggio fiscale per le imprese che (obiettivo INNOVARE) coinvolgano i collaboratori - dipendenti e autonomi - nella Governance d'impresa. Uno stimolo semplice (in Parlamento ci sono diversi progetti di legge) accompagnato da percorsi di favore per chiudere la collaborazione - dimissione o licenziamento - in casi in cui si prospettino crisi produttive o relazionali. Con assicurazione di tutela incorporata. Nessuno venga lasciato in difficoltà: aiutare l'impresa a riorganizzarsi o vendere e il collaboratore a formarsi e ricollocarsi. L'imprenditore giusto con il collaboratore giusto.
E nella PA sia un impegno formale, finalmente: coinvolgere le Risorse umane, non martellare e pretendere!
Diciamo la verità: siamo bravi, andiamo bene, e metà degli imbarcati non rema, perché scontenta, insoddisfatta e quindi presentista. Smettiamola di cercare il colpevole. Facciamo come Figliuolo: miriamo ad avere il 90% dalla nostra, soddisfatto!
Accettiamo il rischio del momento. Vediamone il lato bello, avventuroso. Scommettiamo sull'INNOVAZIONE!
Possiamo essere ottimisti, perché rischiare (valutare i rischi) è una probabilità sempre più slegata dal passato (dalle frequenze degli eventi, dalla statistica) e sempre più nelle mani dell'uomo. Una vera potenza. Sta a noi rischiarare la prospettiva, innovare, rischiare!

Francesco Bizzotto  

martedì 21 dicembre 2021

CONDIZIONI DI LIBERTA’

 “ACCOMPAGNARE” E “ANTICIPARE”

Fare Opinione pubblica sul Lavorare e Rischiare:

Lavorare è Rischiare. Urgono nuove idee. Vengono, con-vincono se escono dal chiuso.

*   *LAVORO. Milano propone un bel “Patto per il lavoro”. Promuova gruppi di ricerca, progetto, iniziativa, dal Ticino al Garda. Chiami la Lombardia, le sue mille città. Coinvolga i molti competenti e appassionati. Obiettivo: coltivare fiducia, anticipare le crisi produttive o relazionali. Fa risparmiare sofferenze, costa poco e renderà la Lombardia un buon esempio, imbattibile su tutti i mercati.

*   *RISCHIO. Generali investe su "servizi che prevengono i rischi, oltre che sulla copertura del danno", sulla base di "criteri di sostenibilità". Come dire: sostenibile è il rischiare consapevole, attrezzato, accompagnato (direbbe Dante); che fa gioco d’anticipo. Agenti e Broker assicurativi – che fanno i soloni – escano dal conflitto d’interessi e si schierino per la “qualità”. Chiediamoglielo! Parliamone!

Milano è cruciale e merita fiducia e investimenti, perché ha sempre offerto chance di espressione e realizzazione. Leader europea di capitale umano (Ocse), negli anni ‘60 aveva dai 60 ai 90mila studenti serali. Un bell’accompagnare alla crescita e alla mobilità! Ora, nella ricerca di libertà – che è un viaggio, un processo: un lavorare e rischiare bene, per liberare e liberarsi – è decisivo essere accompagnati. Lo afferma Dante nella Divina Commedia. Noi molto spesso siamo soli in questo viaggio: nel lavorare e rischiare.

Ma, a Milano e non solo, ci sono idee e strutture in campo che meritano. Ne ho spesso scritto. Riprendo questi temi solo per cenni. Miro a dire perché fatichiamo a fare come il presidente Mattarella: dare spazio al nuovo (ai Draghi). Dirò: perché non discutiamo aperta-mente; non approfondiamo. Lasciamo campo a chi solo descrive, o isola, o falsa le cose. Le idee, infatti, si precisano e con-vincono se diventano pubblica opinione.

LAVORO. È ormai chiaro che qui sono centrali le Politiche attive. Fare in modo che imprese e lavoratori si attivino: dialogare, scegliersi, collaborare. E che mirino alla fiducia e soddisfazione reciproche, belle in sé e produttive. E se non c’è soddisfazione? Vanno create le giuste procedure per lasciarsi. Così si anticipano le crisi produttive e relazionali. Si pensa ai licenziamenti, ma il 65% dei dipendenti è insoddisfatto, ha il morale a terra e vuole cambiare, dimettersi. Non merita un aiuto a essere più contento e produttivo? È la soluzione in positivo. Affrontarlo in negativo, in difesa (esplosa la crisi) complica tutto.

A Milano c'è abbondanza sia di Domanda (delle imprese) sia di Offerta (di lavoro). C'è pure l'Istituzione AFOL Metropolitana, che ha messo a sistema la grande tradizione meneghina di sostegno al lavoro, e ci sono molte Agenzie private. Eppure, è scarso il dialogo (match) tra Domanda e Offerta. Non gira Fiducia! L'Orientamento, la Formazione e l'Accompagnamento sono poco sistematici, ed è mancata in toto una riflessione sulla Convergenza delle molte iniziative in campo: se ne contiamo gli uffici, nelle nostre città, ci prende lo sconforto. E poi, cosa incredibile, l’impresa è poco coinvolta, non vi partecipa.

Ora, una cosa s'è chiarita: non è questione di soldi ma di idee, progetti e loro messa a terra, oltre l’abitudine pelosa di assistere quando si può “attivare”. Ci sono tante risorse pubbliche e private, europee, nazionali, locali, e molte strutture, ma ai destinatari arrivano solo le pur benedette tutele. Mi azzardo a dire: corrono troppi soldi. Ascoltiamo l’Europa: ci dice di coinvolgere i competenti, gli interessati, le rappresentanze (sindacali, d’imprese e professioni, le Camere di commercio). Unire, ascoltare, guardare avanti. Fare rete.

Forse, la priorità è un mix trasparente di pubblico e privato. E discutere aperta-mente, a fondo. A Milano Sala ha proposto un bel Patto per il lavoro. Promuova gruppi lombardi (dal Ticino al Garda) di ricerca, proposta, pubblica iniziativa: idee, testimonianze, pratiche esemplari. Il nord Europa fa da dieci a venti volte di più in risultati, qualità ed efficienza. 

RISCHIO. Questo secondo tema, centrale nel liberarsi, è molto sottostimato. Il Covid ha dato la sveglia ma ci stiamo riaddormentando. Anche qui è questione di approccio e di sensibilità della pubblica opinione. Se non miriamo a lei, a una innovativa cultura del bel rischiare (che è latente e liberante), non maturano le responsabilità e ci aspettano guai.

Faccio un esempio macro. In questi giorni si parla di Generali, compagnia di assicurazioni leader in Europa. C'è battaglia tra azionisti per il rinnovo o meno del ceo Phlippe Donnet. Mediobanca lo sostiene; contro sono Caltagirone e Del Vecchio. Non è solo questione di denaro e potere, se il presidente di Generali Gabriele Galateri di Genola ha ritenuto di dire al Corriere della sera del 14 cm che la compagnia si sposterà su "servizi che prevengono i rischi, oltre che sulla copertura del danno", sulla base di "criteri di sostenibilità". È uno spunto che ha valenza strategica. L'Assicuratore si orienta ad agire sia ex post (tutelare) sia ex ante (prevenire, anticipare); mira a gestire a tutto campo i rischi. Sostenibilità, infatti, chiama a un rischiare consapevole, ben attrezzato, accompagnato. Un lavoro fatto bene!

Egli riprende l'antica prassi che (dal 1300 al 1700) misurava i rischi, stava loro vicino e quindi assicurava: raccoglieva informazioni sulla intrapresa; consigliava difese e protezioni del trasporto; dialogava con le Istituzioni. Accompagnava. E dal 1700 a oggi cosa ha fatto? Si è molto fidato del passato, delle frequenze di danno, della Statistiche, divenute ora Big data, importanti ma… Lui sa che l’umano è nuovo e creativo in ogni suo istante. Lo diceva agli inizi del ‘900 Georg Simmel. Così, è saggio coltivare le relazioni, dati qualitativi: fare anche gioco d’anticipo. Appunto. Penso che sia l’unico modo per rendere misurati i rischi del nostro tempo. Come per il lavoro. Questioni che l’Europa può ben mettere a fuoco.

Chiarisco l’esempio. Uno scontro di idee è in corso nel mondo Assicurativo. Non solo da noi. Un orientamento “quantitativo” dice: puntiamo a piccoli rischi (un piccolo mercato con alti margini), molta finanza, poca politica industriale, tecnologia e Big data a gogò. Un altro orientamento (“qualitativo”) dice: puntiamo a grandi rischi (a un grande ruolo e mercato), molta politica industriale e tecnologica, sana finanza, molte relazioni e Small data mirati. Capite bene che se non c’è un forte indirizzo europeo e di governo (con vantaggio fiscale per chi innova) e se non scende in campo anche la pubblica opinione, lo scontro si trascina. Ma, ad ascoltare il Covid e l’Ambiente, il tempo è scaduto in materia di rischi.

Aspetto delicato: si tratta anche di vincere un certo spirito di conservazione (di fatto – e non solo, temo – alleato dei “quantitativi”), molto forte nelle reti di vendita, per abitudini, esclusioni e per un plateale conflitto d’interessi da cui non ci si schioda. Agenti e Broker si devono schierare per la “qualità”: chiediamoglielo ogni volta che li sentiamo fare i soloni!

Ho voluto mostrare che, in materia di libertà – che è un percorso, un processo personale e sociale che induce a vivere bene e dipende da come governiamo il “lavorare” e il “rischiare” – se non c’è una pressione dei cittadini, della pubblica opinione, informata e formata, ci attardiamo oltre misura. Il nuovo non passa e siamo tutti un po’ irresponsabili. Serve un dibattito largo, che coinvolga i competenti e gli appassionati, con i Partiti e le PA. Non un talkshow superficiale, esibizioni in cui si denuncia e si passa ad altro.

 

Francesco Bizzotto

 

martedì 14 dicembre 2021

GENERALI 14.12.21

Nelle Generali (una grande tradizione di autonomia e lungimiranza) continua lo scontro per il Ceo. Potere e denaro? 

Ci sta un indirizzo del Governo che orienti alla Gestione dei Rischi, alla Prevenzione dei danni, a introdurre Servizi innovativi per le imprese e la Sostenibilità delle attività. 

 

Ci sta anche un bel vantaggio fiscale per l'Assicurazione prospettica (europea), che guarda avanti, che forma le tendenze e misura - secondo l'auspicio di Galileo - ciò che non si può misurare (il rischio del nostro tempo).

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mercoledì 24 novembre 2021

TRA IL FIORENTINO E IL ROMANO

ALLA POLITICA SERVE MILANO

Proviamo a uscire da schemi e schieramenti di un dibattito a volte debole, surreale

Tra il fiorentino e il romano (Renzi e Calenda) ci vorrebbe un milanese. I due sono in rotta a causa del "divide et impera", e la Milano politica è terra bruciacchiata. Guardiamo i Partiti. Chi conta a Milano? Nessuno. Un lavoro accurato. Eppure, senza Milano cosa vuoi combinare in Italia?

Dice Taradash: alla fine i cespugli riformisti faranno pace, si accorderanno con l'Ulivetto (Pd e M5s) e batteremo gli amici di Orbàn, Meloni e Salvini. E l'Europa sarà salva.

Può succedere, ma la malattia della sinistra che odia il vicino (Saragat, Craxi, Renzi e, domani, Enrico) è cosa profonda: riguarda la cultura, che ha preso il limite di quella liberale: il potere come comando solitario. Una cultura, dunque, centralista, elitaria, che finisce sempre per cercare (e poi massacrare) un leader. Inadeguata, a sinistra come a destra. In Politica come nell'impresa.

Con questa cultura "non vinceremo mai" (interpreto Nanni Moretti). Beninteso: né la sinistra né la destra. Così l'instabilità sarà un destino. Ecco la radice dell'instabilità!

In che senso alla Politica serve / manca Milano? Breviter: Milano crea, innova; incarna il "pragmatico e aristotelico" spirito europeo che ha fatto questo mondo (Massimo Cacciari). Milano ha visioni e competenze. Che mancano da morire alla Politica.

Allora, Riformisti o Centristi e Civici devono mettere in questione la vecchia sinistra dei leader dialettici e spregiudicati (in realtà "capri espiatori") e mostrare possibile una Politica ricca di visioni (respiro) e competenze, cioè progetti. Basta tatticismi da far cadere le braccia e allontanare dal voto!

Milano è capitale europea delle competenze (Ocse). Attirano investimenti, fanno Gruppo, Rete, e sono imbattibili nel mondo.

Le competenze e la progettualità trasparente devono avere spazi formali, per Statuto, in Partiti che rispettino la Costituzione, che operino con "metodo democratico", che siano scalabili e discutano del merito positivo delle cose e non di aria fritta e potere.

In questo senso Letta (il Pd) ha filo da tessere. Ricordo la sua attenzione (unico) al Network Assicuratori - Pd di Milano e il magistrale colpo di "cacciavite" che fece nascere l'Ivass, l'Istituto di vigilanza del mondo assicurativo.

La partita è apertissima. Serve anche che Milano (i competenti) un po' si svegli.

Francesco BIZZOTTO

lunedì 22 novembre 2021

DAL MONDO CON I SUOI RISCHI A CHI LI ASSICURA

 

Guardiamoci attorno. Dimostriamoci utili protagonisti. Gli affari verranno.

RIFORMA DELLA SANITA’: UN DIBATTITO A MILANO

CASE DELLA SALUTE DI TERRITORIO

Chi è il soggetto chiave per anticipare malattie e sofferenze?

In Lombardia si discute di Case della Salute, di territorio. Per non intasare Pronto Soccorso e Ospedali. Il tema è: Ridurre le sofferenze; Investire per la Salute (e per risparmiare); Prevenire le malattie e Curare, rimediare, in prossimità. La Sanità occupa l’80% del bilancio regionale. Si può fare meglio.

Non lasciamo fuori il soggetto privato chiave, interessato alla Giusta misura del rischio Salute: l'Assicuratore. Ha interesse economico alla Salute ed è impegnato dall'Europa (con Solvency II, per mettere in sicurezza i bilanci) a giocare la sua partita sia ex-ante sia ex-post. Sia con investimenti infrastrutturali prospettici sia con polizze (e indennizzi) su misura. Esattamente quel che serve.

Tanto l'Ospedale pubblico quanto la Clinica privata hanno un gran bisogno di stimoli e cultura del Personalizzare e dell'Anticipare. Per non sprecare e non far soffrire.

O qualcuno pensa che, in materia, si possa solo “rimediare” (tanto al chilo, uguale per tutti), ovvero dormire tranquilli e attendere il prossimo disastro sanitario o ambientale?

 “TRATTATO DEL QUIRINALE” FRANCIA E ITALIA

UN BEL TRATTATO. È DEMOCRAZIA!

Da Assicuratori una sottolineatura e due auspici

In queste settimane si conclude un bellissimo "Trattato del Quirinale" tra Francia e Italia. Verrà firmato a Roma il 25 c.m. da Macron e Draghi. S'impegnano a far lavorare insieme i Parlamenti, su undici punti fondamentali, con lo sguardo attento (in materia di Esteri) a Mediterraneo, Balcani e Africa.

Macron e Draghi fanno fare all'Europa un significativo passo avanti.

Sottolineiamo la prevista modalità di lavoro: discutere e decidere (comunque sia) insieme, apertamente. Fare Rete, non opache piramidi d'improbabili comandi. Trarre ricchezza dalla ricchezza di ciascuno. È la Democrazia!

E ci auguriamo anche due sviluppi: mixare pubblico e privato a ogni occasione. E impegnare i progetti significativi (pubblici e privati) a significativi percorsi di Gestione dei rischi implicati, a partire dalle questioni strategiche. "Risk governance", si dice in Usa. Perché non v'è progetto che non abbia le sue ombre. Devono essere misurate, sostenibili, alla radice.

a cura di Francesco BIZZOTTO


mercoledì 17 novembre 2021

PUBBLICO E PRIVATO INSIEME

DAL PREDARE AL RISCHIARE

Aiutiamo imprese e persone a gestire bene i rischi. A Prevenire i danni. Serve una cultura attenta, contemplativa, capace di correre grandi rischi in scioltezza. Dal mondo Assicurativo e dei Risk manager un contributo innovativo

Pubblico e Privato devono investire insieme per contenere le emissioni di CO2 e il riscaldamento della Terra. Lo hanno detto sia Mario Draghi sia Carlo d'Inghilterra. "I soldi ci sono" (Draghi). Come dire: è un problema di visione, convergenza, progetti, realizzazione. È l’indicazione di Elinor Ostrom, prima donna Nobel per l’Economia (2009) su come “governare i beni collettivi”. Si deve poi andare a vedere come ciascuno fa la propria parte. Come lavoriamo e viviamo? Dobbiamo innovare e concorrere, contribuire.

Ad esempio gli Assicuratori. Sono molto interessati, per ovvi motivi. Il riscaldamento del clima li espone a rischi (e sinistri) impensabili, in tendenza catastrofali (Cigni neri li ha chiamati Nassim Nicholas Taleb). Come il Covid. Lo stesso rischio base (l’Incendio) di attività, imprese ed enti, con il surriscaldamento aumenta la sua probabilità. Incendi e Catastrofi imprevedibili (con variabilità dei fenomeni fino a 400 volte, dicono gli esperti) fanno saltare lo strumento di misura storico: la statistica, la frequenza dei danni.

Per l’Assicuratore, e per tutti noi, il futuro non si dice guardando al passato (geniale intuizione di Pascal – XVII secolo). Il passato è storia utile, non oracolo. Il futuro è creativo in ogni suo istante (Georg Simmel); è attesa soggettiva (Bruno de Finetti). E il “possibile” è potenza nelle nostre mani. Ma, "tutto ciò che è in potenza, è in potenza gli opposti". Così già Aristotele, ci ricordava Emanuele Severino. Dunque, c'è speranza. Possiamo dare ai rischi (e al futuro) una misura. È necessaria, perché rischio è probabilità, misura appunto. Se non è misurato, non è un rischio, è un’incertezza. Niklas Luhmann lo chiama pericolo.

Ripensiamo, allora, all'invito di Galileo Galilei: "Misura ciò che è misurabile e rendi misurabile ciò che non lo è” (il Cigno nero). E come misurare ciò che non si può misurare? È il problema che turba i sonni di Assicuratori e di Risk manager. Questi in Usa (Università della North Carolina) propongono di passare dalla Gestione alla Governance dei rischi, che dice di trasparenza e condivisione delle decisioni, a partire dalle strategie. Serve il salto di qualità raccomandato dall’Onu: ESG – Ambiente, Inclusione sociale, Governance.

L'Assicuratore dunque ha interesse a entrare in questa logica. Già la direttiva europea Solvency II – per la sicurezza dei suoi bilanci – lo orienta a fare “investimenti infrastrutturali prospettici” (ridurre i rischi della prospettiva). Può mettere in campo anche servizi di accompagnamento al rischio: contribuire a una cultura attenta, concentrata, capace di correre grandi rischi in scioltezza. Servizi che mirino, accanto alla Protezione (ex post), alla Prevenzione (ex ante). Anticipare I danni, i Cigni neri. Lo sostiene da anni la stessa presidente dell'Ania, l'Associazione delle compagnie di assicurazioni italiane, Maria Bianca Farina. Meritano un vantaggio fiscale le polizze che contribuiscono alla Prevenzione.

Ora lo vediamo: la Governance dei rischi (della nostra potenza) è condizione di libertà. E Dante – ci ricorda Massimo Cacciari – dice che la libertà (un dono del dio) richiede di essere accompagnati, per non fallire: "Da solo, dove credi di andare? Non ce la farai se non sei aiutato, sostenuto, indirizzato". Essere liberi? Significa rischiare in Giusta misura. Non isoliamo il problema ambientale. C’è il cuore e l’intelligenza dell’uomo da affinare. Infatti, abbiamo difficoltà a curare il processo (il rischio), dice Henri Bergson. Tendiamo a bypassarlo. Ci avventiamo sui risultati con atteggiamento predatorio. Ascoltiamolo:

“È il risultato delle azioni che ci interessa. […] Noi siamo interamente tesi al fine da realizzare. […] La mente si dirige di colpo allo scopo, ossia alla visione schematica e semplificata dell’atto nel suo essere immaginato come compiuto. […] L’intelligenza rappresenta dunque alla attività solo degli scopi da raggiungere, ovvero dei punti di stasi. E, di scopo raggiunto in scopo raggiunto, di stasi in stasi, la nostra attività si sposta attraverso una serie di salti, durante i quali la nostra coscienza si distoglie il più possibile dal movimento che si compie [dal processo, dal rischio] per conservare soltanto l’immagine anticipata del movimento compiuto. […] Esaminate da vicino ciò che avete in mente quando parlate di un’azione che sta compiendosi. C’è l’idea di cambiamento, è ovvio, ma rimane nascosta, in penombra, mentre in piena luce c’è la figura immobile dell’atto considerato come se si fosse già compiuto. […] La conoscenza si riferisce a uno stato, anziché a un cambiamento. […] La mente si ritrova sempre ad assumere una prospettiva di stabilità su ciò che è instabile.” Henri Bergson, L'evoluzione creatrice (1941), Cortina ‘02, pagg. 244 - 248.

Ci attende un lavoro di lunga lena per convincere i nostri automatismi predatori e far crescere un’intelligenza riflessiva. Vedo tre step per Assicuratori e Risk makers.

1. Un certo Comportamento. Quale? Quello (si racconta) di Ayrton Senna, pilota di Formula 1. Grande Concentrazione e Immaginazione, prima della gara: cosa farò? Come? Perché? Dove mi esalterò? Dove potrò fallire? Anticipo il percorso. Porto al massimo la Concentrazione. Riprendo le misure al mio rischiare. Sono pronto? Vado, agisco e alterno il mio passo: lento e veloce, quando serve. In tre parole: Immagino, Anticipo, Processo. Il nemico di questo comportamento necessario è il Multitasking (fare due, tre cose insieme).

2. Ma, per giungere a questo Comportamento, serve un Atteggiamento a cui non siamo predisposti (Bergson). Serve un'intelligenza del percorso, della Via, del Processo. Dove rischiamo la vita. Serve un Atteggiamento riflessivo, aderente, creativo. Volto a ben osservare la realtà nell'insieme e nel dettaglio, ammirarne la bellezza (vederne il lato in fiore) e apprezzarne l’importanza, il valore. Le tre parole chiave: Osservare, Ammirare, Apprezzare.

3. Quest'uomo nuovo (in Comportamento e Atteggiamento) non può che avere una base personale di qualità nuova, che deriverà da una preparazione e una pratica adeguate: consapevolezza e pace interiore; un certo distacco attivo; un’armonia personale. È il radicamento Contemplativo raccomandato da tutte le tradizioni spirituali. Ad esempio dalla LCWR – Leadership Conference of Women Religious; sono suore cattoliche americane, meravigliosamente attive su tutti i fronti e capaci di coglierne insieme problematicità e bellezza. La pratica del personale radicamento Contemplativo (o pacificazione attiva) è riassumibile nell’invito del monaco buddhista “impegnato” Thich Nhat Hanh: Respira, Rallenta, Sorridi.

Non dogmi ma doti per l'uomo nuovo che cerchiamo. Poi, la realtà la vedremo: ci sorprenderà.

Francesco Bizzotto

mercoledì 10 novembre 2021

LA SVOLTA BUONA

IL "REDDITO" APRE AL LAVORO.

BENE BRUNETTA. MILANO SIA INTERPRETE

 A Brunetta il Corriere della sera dedica oggi un paginone. Una bella intervista di Federico Fubini. Brunetta, come me, è diaspora socialista; lui a destra, io a sinistra.

È artefice, "nella stanza di Mario Draghi", con l'assenso di Orlando, di un bel "compromesso articolato" (con Di Maio) sul reddito di cittadinanza: dei 3,8 milioni di beneficiari, un terzo è occupabile; dovranno presentarsi una volta al mese al Centro per l'impiego.

Brunetta ha ragione: "per collocare le persone bisogna parlarci, conoscerle, confrontarsi in presenza". E al secondo rifiuto di un posto di lavoro, si perde il diritto al "reddito".

Bene che l'interessato possa scegliere l'Agenzia privata ma, dico, attenzione che non sia parcheggiato e scartato. L'impresa che paga una ricerca mirata non può fare qui quel che si deve: porre al centro il cittadino.

Cosa succederà? Quel terzo si attiverà e ringrazierà. Perché lavoro è dignità.

Centrale, dice Brunetta, è rafforzare i Centri per l'impiego, le Agenzie pubbliche (AFOL Metropolitana a Milano: una grande storia!).

Noto che abbiamo qui un decimo delle risorse della Germania. Per questo non butterei d'emblèe i Navigator. Ma, non sono informato.

Con le Agenzie del lavoro private, sia concorrenza e collaborazione, non pastrocchi. In tema di lavoro l'indirizzo e il controllo pubblico sono necessari.

Piuttosto, aprire al privato come dice l'Europa: chiamare contributi diversi e originali. Penso al Corriere della sera che, per qualche mese, fece un bellissimo inserto Lavoro, poi scomparso; e all'Assicuratore, tenuto e interessato a fare investimenti prospettici in infrastrutture anche sociali (Solvency II). Potrebbe investire qui e "assicurare" il lavoro. Si attiverebbe per ridurli i "sinistri", capace di finanziare una task force delle parti sociali che anticipi crisi e licenziamenti. Che prospettiva!

Bene, dunque, Brunetta, Draghi, Di Maio e Orlando. Sono ottimista. Attraverso il "reddito" può apparire la Politica del lavoro che cerchiamo e che serve. Milano ne sia interprete.

Francesco Bizzotto (ex presidente di AFOL Nord Milano)

lunedì 8 novembre 2021

POLITICA DEL LAVORO

CONFINDUSTRIA NON SCARICHI DRAGHI

Il Nord ne discuta apertamente

Alziamoci in volo, per difendere Draghi. E rilanciare il Paese, che se lo merita. Aziende e professionisti, dipendenti e autonomi: a fare gruppo e impresa siamo imbattibili.

Il Pnrr sul Lavoro è ad alto rischio di pateracchio, se anche Confindustria (Il Sole 24 Ore di ieri) prende la distanza dando l'ultima parola a un protagonista istituzionale di primo piano: Maurizio del Conte, ordinario di Diritto del lavoro in Bocconi e — ma non lo dice: ah, professori! — attuale presidente dell'Agenzia Metropolitana di Milano (Afol) e primo presidente di Anpal (2015). Del Conte: "Pompare denaro in un sistema inefficiente non può che aumentarne il tasso di inefficienza". Profezia che si avvererà se...

Se si inseguono i tecnicismi e non si alza un dibattito vero tra competenti, appassionati e interessati, in particolare nel triangolo Nord (Emilia, Lombardia, Veneto). Se non si va alla sostanza e non si tracciano chiare linee d'indirizzo. Poi verranno i tecnici. Il miracolo Draghi non basterà a far fronte alle corazzate degli interessi volgari, volti a tutelare, assistere, prodigare risorse per soggiogare. Non sanno fare altro. Sono fuori posto.

Ora, è forse inutile cercare correttivi, introdurre pensate. L'impianto Pnrr è nelle mani di regioni, apparati, persone per bene e interessi opachi. Ed è pure sbagliato lasciare Draghi nelle canne.

L'obiettivo. Passare dal sistema che sa solo assistere e sprecare (il 18% dei disoccupati si è rivolto a un Centro per l'impiego pubblico — con quale esito? —, contro il 41% Ocse) a un sistema chiaramente indirizzato a promuovere il Lavoro, attivarlo, anticipare i problemi: Orientare, Formare e Accompagnare nel Dialogo tra la sua Offerta e la Domanda delle imprese. Senza, certo, lasciare alcuno in difficoltà, umiliato.

Va ritrovato il bandolo politico della matassa del Lavoro. Altrimenti avranno ragione Landini e la Fiom, sul terreno sociale, a difenderlo e basta. Se il diritto collettivo è in crisi, non cerchiamo miopi vendette; aiutiamolo con il diritto individuale. È quel che penso.

E non è questione illuminista, razionale, di idee soltanto. È questione di sensibilità, opinione e sostegno pubblici. Di valore sociale percepito. Qual è il valore sociale oggi del Lavoro? Un residuo, in attesa della prossima macchina. Non è vero, se il tema è la sua creatività e cura relazionale (per la qualità e innovazione delle nostre offerte). Se è questo l'interesse, insieme, del lavoratore e dell'impresa. Io credo lo sia, perché "la libertà viene prima" (Bruno Trentin).

Difendiamo il Pnrr e l'operato di Draghi, e lanciamo un grande dibattito sul Lavoro e il Futuro. Un dibattito che manca da troppi anni. Dice Giovanni Cominelli nel numero di Linkiesta di oggi: "Solo nel movimento reale si potranno sciogliere differenze, bizantinismi teorici, personalismi e narcisismi". Ben detto, Cominelli!

Francesco Bizzotto

giovedì 21 ottobre 2021

ASSICURATORI PER IL G20: PUBBLICO E PRIVATO INSIEME

INVESTIRE E PROTEGGERE 

UN IMPEGNO SIA EX-ANTE SIA EX-POST

 In partnership con la Presidenza italiana del G20, l'Associazione nazionale imprese assicuratrici – Ania – ha organizzato un "Insurance Summit", un confronto globale di approcci e prospettive per "ensuring a prosperous future for people and the planet". Bella iniziativa!

Come sempre, il semplice ascolto di idee ed esperienze apre prospettive, innova il pensiero, arricchisce. È la modalità di crescita europea, occidentale. Il nostro incredibile punto di forza: parlare, esporsi, e ascoltare, rispettare.

La presidente di Ania, Maria Bianca Farina, si è detta favorevole alla collaborazione tra Pubblico e Privato in termini sia di investimenti sia di garanzie, su tutti i fronti aperti: dalle Catastrofi naturali ai rischi per la Salute e per il sistema Previdenza. Con quale approccio? Oltre a garantire ex-post, anche anticipare, mettere in campo iniziative ex-ante, ha detto Farina. Sono molti i mercati e gli operatori che si orientano alla Prevenzione dei danni, sollecitati dall'indirizzo Onu ESG (Ambiente, Inclusione sociale, Sistema di decisioni o Governance).

Un esempio. Il giovane dirigente del mondo assicurativo giapponese Masamichi Kono ha detto del loro modo di gestire l'offerta di polizze Vita. Un Servizio basato su tre principi (tre P):

— Prontezza. Implica comprensione: conoscere, capire il linguaggio del rischio, della probabilità. Qui, per inciso, noi italiani siamo messi male: solo il 20% è pronto e capisce, ha detto un intervento successivo;

— Protezione. Oltre alla componente risparmio e rischio Morte, le polizze Vita possono garantire un capitale o una rendita o un servizio di cura in caso di Invalidità permanente e di Perdita di autonomia (dipendenza in età avanzata);

— Prevenzione dei danni al sistema psico fisico. Si tratta di indirizzare a stili di vita e abitudini, comportamenti sani e misurati. È il cuore della Prevenzione. Terreno fondamentale per dare una misura al rischio Vita e del vivere. Per renderlo la Probabilità che è necessario sia e che spesso non è.

Memorabile, ricorda Masamichi Kono, la battuta di Woody Allen: Mi dicono che vivrò fino a 100 anni, ma io mi sono organizzato per gli 80. Che farò negli altri 20? Ovvio che ci si debba pensare molto prima con abitudini e comportamenti appropriati e con investimenti mirati. L'Assicuratore è impegnato a parlarne, suggerirli, incentivarli.

Complimenti all'Ania e alla sua Presidente Maria Bianca Farina per questa pratica di confronto aperto. Conferma il magico momento dell'Italia nel contesto globale.

Francesco Bizzotto

mercoledì 13 ottobre 2021

CAMBIAMENTI CLIMATICI

 ECOLOGISMO RADICALE E UMANESIMO AMBIENTALE, CHI CI SALVERÀ?

Circa 30 anni fa, Al Gore, allora vicepresidente degli Stati Uniti durante l’era Clinton, inizia la battaglia sui cambiamenti climatici, sottolineando l’” effetto serra”.

La guerra all’” effetto serra” che fu fatta colpevolizzando chi usava le bombolette per la schiuma da barba, dimenticandosi il freon degli impianti di condizionamento industriale, fu il primo caso di disinformazione di massa sui cambiamenti climatici.

Nel 2006 produce il documentario Una scomoda verità (An Inconvenient Truth) sui pericoli e sulle ripercussioni del riscaldamento globale della Terra, presentato al Festival di Cannes e premiato.

Nel mondo però il lavoro fu accolto come l’opera di chi aveva perso le elezioni e doveva trovare qualcosa da fare. Anche in Italia il film fu per lo più ignorato, troppo distante l’impianto divulgativo dalle impostazioni accademiche.

Ad oggi, il rapporto Climate Change 2021 delle Nazioni Unite costituisce il più aggiornato studio sui cambiamenti climatici, che combina e mette a confronto tutte le prove finora disponibili, con l’osservazione di simulazioni effettuate a livello globale e locale, ed afferma che non vi sono dubbi scientifici sul fatto che siano stati proprio gli esseri umani ad alimentare le cause di questo cambiamento. L’unica vera incertezza che rimane, dicono i suoi autori, è se il mondo sarà effettivamente capace di evitare un futuro più oscuro di quello che ha già cominciato a delinearsi.
Pubblicato in un periodo sconvolto da incendi, inondazioni e ondate di calore, arriva a pochissimi mesi dal vertice che si terrà il prossimo novembre in Scozia, nel corso del quale i leader mondiali dovranno affrontare le crescenti pressioni dell’opinione pubblica, invita ad agire con la massima urgenza per rallentare il riscaldamento della Terra.
Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha definito i risultati di questo lavoro “un codice rosso per l’umanità”.

Lo sforzo fatto finora per rallentare il cambiamento climatico si è rivelato gravemente insufficiente: invece che ridurre le emissioni, l’inquinamento da gas serra è ancora in crescita e i paesi del mondo non sono riusciti, neanche lontanamente, a raggiungere gli obiettivi fissati con l’accordo sul clima raggiunto a Parigi nel 2015.

Secondo il rapporto, l’umanità ha ancora la possibilità di rilasciare circa 500 giga-tonnellate in più di anidride carbonica – l’equivalente di 10 anni delle attuali emissioni globali – per avere la possibilità di limitare il riscaldamento di appena 1,5 gradi.

L’aumento della temperatura media globale produrrà cali del fatturato aziendale e, più in generale, dell’attività economica di una regione. L’agricoltura è forse il caso più significativo, con l’innalzamento delle temperature che sta rendendo di fatto alcuni terreni inadatti alle coltivazioni.

Si sommano anche elevati costi sociali: alcuni studi hanno evidenziato una correlazione fra cambiamento climatico, riduzione delle risorse disponibili e possibile incremento dei conflitti armati. Anche se difficile da quantificare in maniera precisa, avrà effetti concreti sulle attività economiche e sociale.

In Italia abbiamo appena osservato fenomeni atmosferici di una violenza mai vista, accompagnati da grandinate con enormi chicchi di ghiaccio. Sono stati devastati campi, automobili, industrie e abitazioni.

Le prime ad accorgersi di questo mutamento sono state le Compagnie di assicurazioni, infatti in città come Milano, la garanzia Eventi Naturali costa più del furto. Questo dato è interessante anche per chi fa della “sicurezza” una battaglia continua.

Quella del 2021 è stata l’estate più calda in Europa negli ultimi 30 anni, di 1 grado superiore alla media del periodo 1991 – 2020. In Europa l’estate di quest’anno ha superato di 0,1 gradi le precedenti estati più calde, quelle del 2010 e del 2018. A livello mondiale, agosto 2021 è stato il terzo agosto più caldo mai registrato superiore di poco più di 0,3 gradi rispetto alla media 1991-2020.

Il giugno del 2021 è stato il quarto più caldo dal 1991 nel mondo, il secondo in Europa e il più caldo in assoluto in Nord America. Luglio è stato il terzo mese per calore mai registrato al mondo in trent’anni, il secondo in Europa.

Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista Science, il riscaldamento globale può portare anche freddo estremo e nevicate eccezionali. Questo perché se l’Artico si riscalda, i vortici freddi di vento che girano sopra di esso si allungano, e finiscono sull’Asia e sull’America settentrionale, provocando ondate di gelo ed eventi invernali estremi. È quello che è successo, ad esempio, nel febbraio scorso, quando si sono verificate delle tempeste di neve eccezionali sul Texas, che hanno fatto decine di morti e lasciato quattro milioni di case e uffici senza corrente.

Il freddo eccezionale è spesso citato dai negazionisti come prova della sopravvalutazione del riscaldamento e basta poco per confutarlo.

Anche l’Agenda 2030, che ha come scopo uno sviluppo sostenibile, ha tra gli obiettivi la lotta ai cambiamenti climatici.

Il fatto che su questo tema si confrontino posizioni diverse, come sui vaccini, in cui prevalgono le certezze ideologiche su quelle scientifiche è l’aspetto più grave.

Dimenticare e sottovalutare le ragioni di quelle categorie sociali e di quei paesi che dovrebbero rinunciare allo sviluppo, è forse il pericolo più grande per una transizione ecologica che distribuisca i costi in maniera equa.

L’ecologismo radicale invece di avvicinare le persone a scelte più sostenibili, le può allontanare.

Come sostiene Michael Shellenberger, autore di “L’apocalisse può attendere. Errori e falsi allarmi dell’ecologismo radicale”, “l’umanesimo ambientale alla fine avrà la meglio sull’ambientalismo apocalittico, perché la stragrande maggioranza della popolazione mondiale tiene sia alla prosperità economica sia alla natura, perché vuole la natura insieme alla prosperità”.

Massimo Cingolani

martedì 28 settembre 2021

UNA LEZIONE DALL’ ESPERIENZA VISSUTA

FRATELLI MAGGIORI QUINTA TAPPA

LAVORARE IN CONFLITTO D’INTERESSI

Di Alberto Scudo, Agente di Assicurazioni, ho un ricordo vivo seppur lontano. Un bel professionista ci aiuta a comprendere il Conflitto d’interessi che esaspera ancor oggi le tensioni Agenti – Compagnie. È il nodo che impedisce alle Assicurazioni di contribuire come possono e devono alla sostenibilità dei Rischi. Il mio ricordo è parte di un contesto nascente, esaltante: il Veneto vincente degli anni ’70

Il ricordo di persone conosciute fa emergere tratti di carattere, contraddizioni e buone pratiche: insegnamenti. Nei ricordi troviamo sia radici e idee sia intuizioni perse e nodi ancora non sciolti. Il ricordo, testimone senza pretese, è un atto sociale e un racconto di noi. Nulla va perduto, se miriamo a fare bene.

 

Qui, lascio traccia di Alberto Scudo che negli anni 70 era Agente a Bassano del Grappa della romana “Intercontinentale Assicurazioni”. Aveva poco più di 40 anni quando io 27, nel 1976, anno clou. Ero un tecnico dei rischi industriali, dipendente della compagnia. Alberto ci rappresentava a Bassano: vendeva le nostre polizze (significa “promesse”). Era stimato e cultore di umanità, di libertà e di tradizioni venete. Un liberale radicale un po’ anticlericale, a volte fuori luogo nella sua terra. Credeva nel darse da fare, no dormire fin tardi e lamentarse, e pretendere, e ‘ndare dal prete.

 

Gestiva bene la sua Agenzia ma non era soddisfatto. Mancava sempre qualcosa: o i clienti facevano i furbi, o la Direzione aveva politiche di assunzione dei rischi fuori mercato, o si doveva (ma non poteva) investire sulla gestione. Un po’ si lamentava ma poi correva. Intuitivo, trattava con onestà il suo conflitto d’interessi (più incassava, più guadagnava) con i clienti, sempre pronti (questi) ad asciugarle le polizze, a prevenire il più possibile i danni. Con lui in Agenzia c’era la moglie: fine, equilibrata, riservata, lo sosteneva e completava. Qualche anno dopo, troppo presto, è mancata. Una mazzata tremenda che lo ha minato.

 

Aveva una vera passione politica, mirata a favorire l’iniziativa individuale: la soluzione di tutti i problemi. Era stato consigliere del Partito liberale in Comune. Soprattutto, era in lotta perpetua con gli uomini di potere (democristiani in specie; luie! – scrofe! – il suo consueto epiteto) che in Veneto tessevano in quegli anni la tela dello sviluppo, intrecciando fili sociali: banche, imprese, parrocchie, sindacalisti moderati, professionisti, sindaci e notabili; il ceto dirigente a cui i potenti di allora davano un respiro nazionale e oltre. Un ceto che parlava in dialetto e metteva il territorio, “la zente” (la gente) davanti ai partiti televisivi e alle idee divisive, che si dicevano in italiano. Un ceto che voleva crescere e far crescere, e si apriva al mondo. Caro Alberto, aveva sostanzialmente ragione!

 

Mi piacerebbe dirtelo e guardarti negli occhi. Viste le cose dopo quasi 50 anni, penso che saresti d’accordo ma, ugualmente, scuoteresti la testa. Tu parlavi di iniziativa personale, io di giustizia sociale. Adesso ti direi: conta tenere insieme le parti, dialogare, motivare e vedere cosa matura, come si mettono le cose; mirare a capire le ragioni un po’ di tutti. Importano la coesione, il buon senso, l’equilibrio, per esempio ambientale. Qui sì, avrei da ridire. Ma, insisterei, va cercata la quadra insieme; una certa armonia. Per te la quadra era sporcarsi le mani, compromessi inaccettabili se qualcuno non pedalava, non tirava. Oggi, sulla responsabilità (che, sola, fonda la libertà) ti darei ragione. Deve stare alla pari con l’elemento collaborativo e solidale. E tu, dopo una battuta, un sorriso, un’ombretta, mi diresti proemo! (proviamo!). Eri idealista e pragmatico: No stemo perdar tempo.

 

Alberto era molto cordiale. Io allora facevo il sindacalista e per lui ero un demonio di sinistra, strano perché lavoravo duro, ero sempre disponibile e m’impegnavo. Intervenivo nella sua Agenzia per valutare se e come assumere grandi rischi industriali (fare le polizze di aziende). Mi curava da vicino che lo facessi al meglio. Non si fidava.

 

E io andavo volentieri a Bassano a vedere imprese. Allora, organizzava tre o quattro incontri. Partivamo al mattino presto: prima una scappata in Agenzia; poi il caffè, ma solo dopo aver gustato una sardina in saor su un crostino di pane e bevuto un sorso di vino. Passavamo davanti al fruttivendolo e Alberto lo blandiva e, sottovoce, insultava: ladro! El te vende pi aqua che verdura! Non mancava di portarmi a incassare qualche polizza da clienti speciali. Mi diceva: La xe scola, e ghi da capire come che gira ‘sto mondo.

 

Una sera d’inverno, mi portò in una cascina in collina a incassare una RC Auto. Sorrisi e battute salaci. Il contadino ci aspettava e volle che vedessi tutto e assaggiassi la sua soppressa e il vino. Un’ampia stalla con sopra i fienili: un classico. Osservai l’impianto elettrico rifatto con canaline di sicurezza. Alberto me l’aveva detto. Gli feci i complimenti: un bel investimento. Mi mostrò la certificazione. Ne presi buona nota, per la prossima riforma della polizza Incendio: ci stava uno sconto che, in parte, ripagava l’investimento. Sì, erano occasioni formative. E la fiducia dei clienti ti marchia e impegna; un dono che commuove.

 

Quella sera, poi, fu speciale perché Alberto non aveva voluto che andassi in albergo. Di solito non accadeva, ma aveva insistito: mi voleva a cena da lui; “te ste qua, che magari femo tardi e no te ghe da corare”. Aveva amici da presentarmi. La sua casa era una bella villa quadrata su due piani con un ampio pre-ingresso, aperto e coperto, e una lucina sempre accesa, dai tempi del nonno. La cucina era grande, ben attrezzata. Fu serata di lessi, con brodo caldo e l’immancabile cren (la tipica radice acidula e pungente).

 

La sua generosità era esagerata: mi raccontò che due ispettori romani, venuti a fare un controllo (Gera tuto a posto, sospirò) se ne tornarono con un cappone ciascuno, beo e neto.

 

Un’altra volta era teso: dovevamo fare il preventivo a una media azienda (oggetti di materia plastica) ed eravamo in concorrenza con un Broker. Il Broker rappresenta l’azienda e cerca l’assicuratore del caso. L’Agente (Scudo) rappresentava noi, vendeva le nostre polizze, i nostri Servizi. Come d’accordo, Scudo aveva raccolto molte informazioni sull’imprenditore (investiva ed era serio, solido, stimato), sulla produzione (diversificata, apprezzata), sui dirigenti e sul personale dipendente (c’erano in azienda buoni rapporti e reciproco rispetto: molta serietà e concentrazione; un bel clima).

 

La prima impressione confermò la fotografia di Alberto. L’imprenditore voleva vedere e valutare. Pensai che non era la solita questione di sconti. Mi lasciava parlare e mi seguiva nei ragionamenti. Mi pesava e mi piaceva. Si mostrò sensibile al rischio del fermo di attività (Danni indiretti); non gli bastava assicurare i Danni (incendi) ai beni e le Responsabilità, che temeva. Siamo a metà anni ’70: una bella consapevolezza. Così giocai la mia carta preferita: il nostro approccio di Servizio, di Gestione dinamica dei rischi.

 

Chiesi qual era il cuore dell’azienda e dov’era imbattibile e perché; quando s’era formato questo vantaggio e cosa significava, e temeva. Approfondii i valori economici coinvolti e i timori, le probabilità di danno. Quali sinistri erano accaduti (o quasi) a lui e nel suo campo? E quali le iniziative, gli investimenti fatti per oliare i processi, aumentare la produttività prevenendo i danni e proteggendo beni e persone? Si fece prudente e preciso, tecnico.

 

Gli piacquero le idee dei “quasi” sinistri, dei danni sfiorati, e della produttività ottenuta occupandosi dei rischi sia nei punti di forza sia in quelli deboli. Io apprezzavo il suo stile; mi era vicino. Sondai la disponibilità a fare altri cambiamenti. “Perché no?” disse. Gli chiesi allora se poteva ridurre nei reparti le giacenze di merci, oli, scarti di lavorazione, imballaggi. Non lo avremmo formalizzato nella polizza, ma consideravamo importanti gli spazi vuoti, l’ordine e la pulizia dei locali. Con polveri, manutenzioni e qualità delle relazioni interne, erano i miei pallini. Si guardò attorno e acconsentì: “Ci organizziamo. Le faccio sapere”.

 

Allora, giocai la mia carta finale. Gli avrei fatto due preventivi: uno a premio e garanzia pieni, e uno con una franchigia (da valutare) e uno sconto del 10%. Perché tenere in proprio (con una franchigia) i piccoli rischi? Comportano alti costi di gestione e sono leggeri da reggere; l’azienda poi, se crede, può responsabilizzare i reparti. Vidi che s’incuriosì.

 

Io, in ufficio, impostai così le polizze: descrizione del rischio aperta e premio su misura di cliente che investe sulla sicurezza ed è disponibile. Con il mio rilancio: uno sconto del 10% se accettava una franchigia frontale di 500mila lire (mille euro). Come andò? Scudo portò a casa il cliente, che creò un magazzino separato per scorte, scarti e imballaggi, e scelse la franchigia. Più avanti passammo a salutarlo. I reparti erano lindi, bellissimi.

 

Quella volta – contento del lavoro che avevamo fatto: noaltri se ghemo merità l’afare. Deso vedemo – mi portò a pranzo in uno di quei ristoranti che erano santuari dei commerci: un ampio camino centrale aperto e attrezzato per il cibo alla brace; una cucina eccezionale, con molti piatti della tradizione. Scudo era conosciuto e quella una piazza di affari. Dai tavoli partivano occhiate curiose, sorrisi e saluti veloci; svelti e riservati i camerieri. Questo era il Veneto degli anni ’70: umile e insieme determinato a laorare e vére parte a sto mondo. La sua parte se la prese, e come! Se ha esagerato (sviluppi urbani smisurati, inquinamenti e stress) è per la cultura in cui tutti siamo: scatenati, non sappiamo darci limiti.

 

Anche in quella occasione Alberto volle, pensoso, approfondire all’incirca così il mio approccio tecnico: “Tu non fotografi l’azienda; cerchi e metti in evidenza i suoi punti di forza, i suoi investimenti per la sicurezza, e lavori sui punti deboli, sui rischi, per ridurli. Infine la chiami a partecipare alle polizze: si prende una franchigia? Gli fai un bel sconto. Bravo! Riduci i rischi per la Compagnia e… le mie provvigioni! Diventiamo competitivi, ma a mie spese! Polizze asciutte e clienti contenti. Anca mi, par carità, so contento, però me piasaria, se coro e laoro puito, guadagnar de pi, no de meno”. Dubbio legittimo – obiettavo – ma così si gestiscono clienti strategici (passibili di sviluppi); si batte la concorrenza e si hanno meno sinistri (e meno gravi). Sul medio periodo, anche tu guadagni di più. Annuiva, non convinto.

 

Scudo ogni tanto veniva a Milano per fare qualche polizza speciale o risolvere pratiche amministrative: il suo incubo. Era ben voluto. Partiva presto da Bassano e arrivava nei nostri splendidi uffici in via Morigi verso le 9. Una mattina lo vidi arrivare e trasalii, perché eravamo in sciopero per il contratto nazionale e stavamo facendo un picchetto. Non c’era nessuno negli uffici; era inutile che salisse. Alberto? Furente e tentato di venire alle mani. Ma temeva anche. A Milano non si sentiva a suo agio. Gli offrii un caffè e cercai di calmarlo. Mi disse qualcosa del genere: Quando finio ‘sta paiasada? Te me e paghi ti ste quatro ore perse?! Mi scusai e cercai di farlo ragionare ma… Aveva ragione lui: non puoi scioperare così, senza rispettare i molti coinvolti. Me la fece pesare? Sì. Sempre. E io ancora mi scuso.

 

Dal ricordo di Alberto Scudo traggo questa morale: rispettiamo, attribuiamo valore sia al singolo sia al ruolo in cui è impegnato. E curiamo le relazioni. È l’uno-due vincente! Occorre riflettere meglio sulla architettura delle relazioni. Credo sia la condizione perché tutti (anche le Assicurazioni) possiamo cogliere opportunità di contributo, sviluppo, guadagno. Avere cura delle reti reali: mirare a relazioni coinvolgenti, di qualità, armoniose. Nel mondo assicurativo: superare la diffusa autoreferenzialità; trovare il modo di premiare più il Servizio e meno i volumi finanziari. E che Servizio! Prevenire i danni per rendere sostenibili i rischi.

 

Questo è il punto chiave a cui lavorare per alleggerire le forti tensioni – sbagliate, muscolari, distributive – in essere tra Compagnie e Agenti di Assicurazioni: mettere al centro il Servizio e il cliente! E mirare alla sua soddisfazione; misurarla. Scatenare qui la concorrenza. Superare il conflitto che persiste tra l’interesse dell’Agente o Broker e di una parte potente (la finanza) delle Compagnie e l’interesse dei clienti (e del Paese): prevenire i danni, rendere davvero misurati, sostenibili, i rischi (oggi non lo sono misurati e sostenibili!), responsabilizzare i collaboratori e ridurre sinistri e premi delle polizze.

Francesco Bizzotto